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Convenzione europea dei diritti dell\u0027uomo (CEDU), art. 6, paragrafo 2; Carta dei diritti fondamentali dell\u0027Unione europea (CDFUE), art. 48; direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016, artt. 3 e 4.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003eIn via subordinata: Processo penale – Impugnazioni – Decisione sugli effetti civili nel caso di estinzione del reato per prescrizione – Previsione che, quando nei confronti dell\u0027imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la Corte di cassazione, nel dichiarare estinto il reato per prescrizione, decidono sull\u0027impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli effetti civili – Interpretazione del diritto vivente rappresentato dalle sentenze delle Sezioni unite della Corte di cassazione n. 35490 del 2009 e n. 36208 del 2024 nella parte in cui si afferma \"nel giudizio di appello avverso la sentenza di condanna dell’imputato anche al risarcimento dei danni, il giudice, intervenuta nelle more l’estinzione del reato per prescrizione, non può limitarsi a prendere atto della causa estintiva, adottando le conseguenti statuizioni civili fondate sui criteri enunciati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 182 del 2021, ma è comunque tenuto, stante la presenza della parte civile, a valutare, anche a fronte di prove insufficienti o contraddittorie, la sussistenza dei presupposti per l’assoluzione nel merito – Violazione del diritto alla presunzione di innocenza, come declinato dalla giurisprudenza della Corte EDU e affermato dal diritto dell\u0027Unione europea”.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e- Codice di procedura penale, art. 578, comma 1.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e- Costituzione, artt. 11 e 117, primo comma; 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B.","altre_parti":"Bevilacqua Sandro","testo_atto":"N. 64 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 dicembre 2024\n\r\nOrdinanza del 13 dicembre 2024 della Corte d\u0027appello di Lecce nel\nprocedimento penale a carico di S. B.. \n \nProcesso penale - Impugnazioni - Decisione sugli effetti civili nel\n caso di estinzione del reato per prescrizione - Previsione che,\n quando nei confronti dell\u0027imputato e\u0027 stata pronunciata condanna,\n anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni\n cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di\n appello e la Corte di cassazione, nel dichiarare estinto il reato\n per prescrizione, decidono sull\u0027impugnazione ai soli effetti delle\n disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli effetti\n civili - Mancata previsione che, analogamente alla norma di cui al\n comma 1-bis dell\u0027art. 578 cod. proc. pen., se l\u0027impugnazione non e\u0027\n inammissibile, il giudice di appello (o la Corte di cassazione)\n rinviano per la prosecuzione al giudice o alla sezione civile\n competente nello stesso grado, che decidono sulle questioni civili\n utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle\n eventualmente acquisite nel giudizio civile. \nIn via subordinata: Processo penale - Impugnazioni - Decisione sugli\n effetti civili nel caso di estinzione del reato per prescrizione -\n Previsione che, quando nei confronti dell\u0027imputato e\u0027 stata\n pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al\n risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte\n civile, il giudice di appello e la Corte di cassazione, nel\n dichiarare estinto il reato per prescrizione, decidono\n sull\u0027impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi\n della sentenza che concernono gli effetti civili - Interpretazione\n del diritto vivente rappresentato dalle sentenze delle Sezioni\n unite della Corte di cassazione n. 35490 del 2009 e n. 36208 del\n 2024 nella parte in cui si afferma «nel giudizio di appello avverso\n la sentenza di condanna dell\u0027imputato anche al risarcimento dei\n danni, il giudice, intervenuta nelle more l\u0027estinzione del reato\n per prescrizione, non puo\u0027 limitarsi a prendere atto della causa\n estintiva, adottando le conseguenti statuizioni civili fondate sui\n criteri enunciati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 182\n del 2021, ma e\u0027 comunque tenuto, stante la presenza della parte\n civile, a valutare, anche a fronte di prove insufficienti o\n contraddittorie, la sussistenza dei presupposti per l\u0027assoluzione\n nel merito». \n- Codice di procedura penale, art. 578, comma 1. \n\n\r\n(GU n. 16 del 16-04-2025)\n\r\n \n CORTE DI APPELLO DI LECCE \n \n \n Sezione Unica Penale \n \n Composta dai sigg.: \n dott. Francesco Ottaviano, Presidente; \n dott. Giuseppe Biondi, consigliere rel.; \n dott. Luca Colitta, consigliere; \n Letti gli atti del procedimento penale in epigrafe indicato a\ncarico di: \n B. S., nato a ... il ..., ivi residente alla via F.S.\nPortaluri n. 3 ... difeso di fiducia dall\u0027avv. Dimitry Conte del Foro\ndi Lecce, imputato del reato di cui all\u0027art. 646 e 61 n. 11 c.p. per\nessersi, approfittando della relazione di collaborazione e dipendenza\ndalla societa\u0027 « ... », che in data ... lo aveva assunto come\noperatore di vendita/prima categoria appartenente alla categoria\ndipendenti settore terziario distruzione servizi/CCNL, indebitamente\nappropriato di svariati incassi ricevuti dalla clientela per la\nvendita di merce per un totale complessivo di euro ..., che avrebbe\ndovuto versare alla sopradetta societa\u0027, omettendo di consegnarla e\ntrattenendola per se\u0027. \n In ... , accertato il ... \n Parte civile costituita: \n Societa\u0027 ... , in persona di ..., nella sua qualita\u0027 di\namministratore delegato, rappresentata e difesa dall\u0027avv. Francesco\nCaroleo Grimaldi del Foro di Roma. \n \n Osserva: \n \n1. Premessa e svolgimento del processo. \n Con sentenza del Tribunale di Lecce in data 8 settembre 2021 B.\nS. veniva ritenuto responsabile del reato ascrittogli limitatamente\nai fatti commessi dal ... in poi e, riconosciute le circostanze\nattenuanti generiche, veniva condannato alla pena di mesi tre di\nreclusione e euro 300,00 di multa, oltre al pagamento delle spese\nprocessuali. Il B. veniva, altresi\u0027, condannato a risarcire il danno\nalla costituita parte civile, liquidato in euro ..., oltre interessi\nsino al soddisfo, nonche\u0027 alla rifusione delle spese di lite in\nfavore della parte civile, quantificate in complessivi euro ... per\ncompensi professionali, oltre accessori di legge. Veniva concessa la\nsospensione condizionale della pena, subordinatamente al risarcimento\ndel danno, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della\nsentenza. \n Avverso la citata sentenza proponeva tempestivo appello il\ndifensore dell\u0027imputato, censurando la pronuncia sulla base dei\nseguenti motivi: \n 1. Con il primo motivo di appello si sostiene l\u0027insussistenza del\nfatto per il mancato raggiungimento della prova del reato contestato.\nAvrebbe dovuto farsi carico del cosiddetto onere della prova il\nquerelante. Tuttavia, i pagamenti effettuati dai clienti e riscossi\ndal B. sarebbero avvenuti tramite assegni non trasferibili intestati\na ... , come anche confermato dai testi d\u0027accusa. Alcuni clienti a\nvolte pagavano in contanti, circostanza quest\u0027ultima non confermata\nda alcun riscontro documentale. Inoltre, tutti i testi di accusa non\navrebbero saputo indicare se le somme asseritamente pagate dai\nclienti fossero state realmente versate, eccetto pochi casi di\nclienti che fornivano la fotocopia dell\u0027assegno. Dunque, non sarebbe\nstata fornita la prova che gli ammanchi dei clienti gestiti dal\nvenditore B. fossero derivati da un contegno illecito dell\u0027imputato,\nche tratteneva tali somme. Tanto perche\u0027 i clienti non fornivano la\nprova del loro avvenuto pagamento al B., ma lo dichiaravano in modo\nunilaterale, senza fornire riscontro, e dopo molto tempo, ovvero solo\nquando l\u0027ufficio recupero crediti della ..., come indicato dalla\nresponsabile del settore, la teste ..., verificando la situazione\npatrimoniale della societa\u0027, notando le situazioni debitorie di vari\nclienti, chiamava i medesimi per la riscossione. Peraltro, i soli\nclienti che fornivano la prova dei pagamenti esibivano la copia degli\nassegni intestati alla ... e non trasferibili. D\u0027altra parte, i\ncontrolli venivano eseguiti da parte della ... quando il B. non era\npiu\u0027 un dipendente della societa\u0027. Le dichiarazioni della teste ...\nsarebbero contraddittorie. \n La stessa riconosceva una mail prodotta dalla difesa, inviata\ndalla ... al B. in data ... e ..., con cui l\u0027azienda contestava gli\nammanchi all\u0027imputato gia\u0027 nell\u0027anno ... e lo licenziava. La querela,\npero\u0027, veniva sporta solo nel ... . Il B. vantava un credito nei\nconfronti della ... e sul punto la Cassazione si e\u0027 espressa\naffermando che il dipendente che trattiene delle somme, errando nel\nritenersi creditore dell\u0027azienda, non commetterebbe reato. \n 2. Con il secondo motivo di impugnazione si eccepisce\nl\u0027estinzione del reato per prescrizione, atteso che i fatti\naddebitati al B. risalirebbero al ..., come anche indicato dal\ngiudice di prime cure. \n Si conclude, pertanto, chiedendo in via principale l\u0027assoluzione\ndell\u0027imputato perche\u0027 il fatto non sussiste, anche con formula\ndubitativa non essendo stata raggiunta la prova del reato contestato,\nin subordine dichiararsi il non doversi procedere a seguito di\nestinzione del reato per intervenuta prescrizione. \n All\u0027odierna udienza del 13 dicembre 2024, che si e\u0027 tenuta ai\nsensi dell\u0027art. 23-bis del decreto-legge n. 137/2020, convertito con\nmodifiche dalla legge n. 176/2020, lette le conclusioni scritte delle\nparti, pervenute a mezzo PEC, e\u0027 stata emessa la seguente ordinanza,\nche verra\u0027 comunicata alle parti. \n2. In punto di rilevanza della questione. \n2.1. L\u0027applicazione nel caso di specie dell\u0027art. 578, comma 1, del\ncodice di procedura penale, oggetto delle censure di\nincostituzionalita\u0027. \n Va osservato che il reato ascritto al B. e\u0027 effettivamente\nestinto per prescrizione. Invero, come emerge pacificamente dalla\nlettura della sentenza di primo grado (pag. 6, 7, 8 e 9), al momento\ndella lettura del dispositivo della sentenza impugnata non\nrisultavano estinti per prescrizione i fatti asseritamente commessi\ndopo il mese di ..., e, precisamente, i fatti asseritamente commessi\ndal ... al ... (somme asseritamente non versate per un importo pari a\neuro ...). Orbene, anche tenendo conto dei periodi di sospensione\ncalcolati dal primo giudice (giorni 64 per il rinvio in conseguenza\ndella pandemia da COVID-19 e giorni 61 per il rinvio dell\u002711 novembre\n2020 per il legittimo impedimento del difensore dell\u0027imputato)\ntermine di prescrizione e\u0027 venuto a maturare per tutti i fatti tra il\n15 dicembre 2021 e il 30 giugno 2022. \n Tuttavia, e\u0027 costituita e presente nel giudizio la parte civile.\nIn primo grado, il B. riconosciuto colpevole del reato ascrittogli,\ne\u0027 stato condannato a risarcire il danno nei confronti della parte\nprivata, liquidato in euro ... \n Con l\u0027appello, come visto, si chiede l\u0027assoluzione dell\u0027imputato,\nanche con formula dubitativa, e, quindi, anche ai sensi dell\u0027art. 530\ncpv. del codice di procedura penale. Orbene, ai sensi dell\u0027art. 574,\ncomma 4, del codice di procedura penale l\u0027impugnazione cosi\u0027 proposta\nestende i suoi effetti alla pronuncia di condanna al risarcimento del\ndanno e alla rifusione delle spese processuali. Pertanto, questa\nCorte e\u0027 chiamata a fare applicazione nel caso di specie della norrna\ndi cui all\u0027art. 578, comma 1, del codice di procedura penale, a mente\ndella quale, «quando nei confronti dell\u0027imputato e\u0027 stata pronunciata\ncondanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei\ndanni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di\nappello e la Corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per\namnistia o per prescrizione, decidono sull\u0027impugnazione ai soli\neffetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono\ngli interessi civili» (mentre, ove non fossero stati proposti motivi\nsulla responsabilita\u0027, neppure civile - ad esempio motivi solo sul\ntrattamento sanzionatorio, genericamente inteso -, questa Corte non\navrebbe dovuto pronunciarsi sulle statuizioni civili ex art. 578 del\ncodice di procedura penale, che sarebbero rimaste, quindi,\nautomaticamente ferme, anche in seguito alla declaratoria di\nestinzione del reato per prescrizione, in mancanza di doglianze\nsull\u0027affermazione di responsabilita\u0027: vedi sul punto Cass. pen. sez.\nV, 13 novembre 2023, n. 6380/24, fattispecie di ricorso per\ncassazione, avverso sentenza di conferma della condanna in appello\nper delitto di bancarotta fraudolenta e di condanna al risarcimento\ndel danno, con il quale si lamentava solo il mancato riconoscimento\ndel beneficio di cui all\u0027art. 163 c.p., in cui la Cassazione,\nritenuto fondato il motivo, si limitava solo ad annullare senza\nrinvio la sentenza impugnata per la sopravvenuta estinzione del reato\nper prescrizione, affermando il principio di diritto di cui sopra). \n2.2. L\u0027art. 578, comma 1, del codice di procedura penale\nnell\u0027interpretazione della Corte costituzionale. \n Come e\u0027 noto, questa disposizione e\u0027 stata oggetto in passato di\ndubbi di legittimita\u0027 costituzionale, posti proprio da questa Corte\ncon due ordinanze. La questione venne dichiarata infondata dalla\nCorte costituzionale con la nota sentenza n. 182 del 2021. \n Si invocava - per il tramite dei parametri interposti di cui agli\narticoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione - il principio della\npresunzione di innocenza operante nell\u0027ambito dell\u0027ordinamento sia\nconvenzionale (art. 6, paragrafo 2, CEDU), sia europeo (art. 48\nCDFUE, unitamente agli articoli 3 e 4 della direttiva 2016/343/UE),\nil quale vieta che la persona, accusata di avere commesso un reato e\nsottoposta ad un procedimento penale conclusosi con proscioglimento\n(in rito o in merito), possa poi essere trattata dalle pubbliche\nautorita\u0027 come se fosse colpevole del reato precedentemente\ncontestatole. \n In particolare, tale principio veniva posto in rilievo in\nrelazione alla fattispecie della prescrizione quale causa di\nestinzione del reato (art. 157, primo comma, c.p.), istituto questo\nla cui valenza sostanziale e\u0027 stata confermata dalla Corte\ncostituzionale (sentenze n. 140 del 2021 e n. 278 del 2020). Questa\nCorte dubitava della conformita\u0027 dell\u0027art. 578 del codice di\nprocedura penale al principio della presunzione di innocenza, come\ndeclinato dalla giurisprudenza CEDU e come risultante\ndall\u0027ordinamento dell\u0027Unione europea, nella misura in cui si assumeva\nche, per decidere sull\u0027impugnazione ai soli effetti delle\ndisposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli effetti\ncivili, si dovesse accertare, seppure incidenter tantum, la\nresponsabilita\u0027 penale dell\u0027imputato per il reato estinto per\nprescrizione e in relazione al quale occorreva, invece, pronunciare\nuna sentenza di proscioglimento dall\u0027accusa. \n La Corte costituzionale, dopo avere ricostruito il quadro\nnormativo europeo (sia del diritto della CEDU che dell\u0027Unione\neuropea, alla luce della pertinente giurisprudenza delle due\nrispettive Corti - quella di Strasburgo e quella del Lussemburgo -),\npassando a verificare se il giudice dell\u0027appello penale, che, in\napplicazione della disposizione censurata, e\u0027 chiamato a decidere\nsull\u0027impugnazione ai soli effetti civili dopo avere dichiarato\nl\u0027estinzione del reato, debba effettivamente procedere ad una\nrivalutazione complessiva della responsabilita\u0027 penale dell\u0027imputato,\nnonostante l\u0027intervenuta estinzione del reato per prescrizione e il\nproscioglimento dall\u0027accusa penale, ritenne che, nella situazione\nprocessuale di cui alla disposizione censurata, che vede il reato\nessere estinto per prescrizione e quindi l\u0027imputato prosciolto\ndall\u0027accusa, il giudice non era affatto chiamato a formulare, sia\npure «incidenter tantum», un giudizio di colpevolezza penale quale\npresupposto della decisione, di conferma o di riforma, sui capi della\nsentenza impugnata che concernono gli interessi civili. \n In particolare, argomento\u0027 la Corte, «anzitutto, un tale giudizio\nnon e\u0027 richiesto dal tenore testuale della disposizione censurata\n(art. 578 del codice di procedura penale) che, a differenza di quella\nimmediatamente successiva (art. 578-bis del codice di procedura\npenale), non prevede il «previo accertamento della responsabilita\u0027\ndell\u0027imputato». Il confronto tra l\u0027art. 578 e l\u0027art. 578-bis del\ncodice di procedura penale e\u0027 rilevante proprio al fine di chiarire\nl\u0027ambito della cognizione richiesta dalla norma sospettata di\nillegittimita\u0027 costituzionale. L\u0027art. 578-bis concerne l\u0027ipotesi in\ncui la «coda» di accertamento richiesto al giudice dell\u0027impugnazione\npenale, in seguito alla sopravvenuta causa estintiva del reato (per\nprescrizione o amnistia), che travolge la condanna emessa nel grado\nprecedente, concerne non gia\u0027 gli interessi civili, ma la\nsussistenza, o meno, dei presupposti di un provvedimento avente\nnatura punitiva secondo i canoni interpretativi della giurisprudenza\ndi Strasburgo. Diversamente dall\u0027art. 578, infatti, l\u0027art. 578-bis\npresuppone, ai fini della sua applicazione, non gia\u0027 che nel grado\nprecedente sia stata pronunciata condanna risarcitoria o restitutoria\nin favore della parte civile, bensi\u0027 che sia stata ordinata la\n«confisca in casi particolari» di cui al primo comma dell\u0027art.\n240-bis del codice penale o di altre disposizioni di legge o la\nconfisca prevista dall\u0027art. 322-ter del codice penale. In questo\ncaso, pur rilevata la causa estintiva del reato, essendo il giudice\nchiamato a valutare i presupposti della conferma, o meno, di una\nsanzione di carattere punitivo ai sensi dell\u0027art. 7 CEDU, la\ndichiarazione di responsabilita\u0027 dell \u0027imputato in ordine al reato\nascrittogli non solo e\u0027 consentita, ma e\u0027 anzi doverosa, poiche\u0027 non\nsi puo\u0027 irrogare una pena senza il giudizio sulla sussistenza di una\nresponsabilita\u0027 personale, sebbene sia sufficiente che tale giudizio\nrisulti nella «sostanza dell\u0027accertamento» contenuto nella\nmotivazione della sentenza, non essendo necessario che assuma, in\ndispositivo, la «forma della pronuncia» di condanna (sentenza n. 49\ndel 2015; Corte EDU, sentenza ... S.r.l. e altri contro Italia). Il\ndettato dell\u0027art. 578-bis codice procedura penale risponde a tale\nesigenza, imponendo al giudice del gravame penale, chiamato a\ndecidere sulla confisca dopo aver rilevato la causa estintiva del\nreato, il «previo accertamento della responsabilita\u0027 dell\u0027imputato».\nL\u0027art. 578 del codice di procedura penale, invece, non contiene\nanaloga clausola, sicche\u0027 l\u0027ambito della cognizione da esso richiesta\nal giudice penale ai fini del provvedimento sull\u0027azione civile, deve\nessere ricostruito dall\u0027interprete, il quale, nel condurre l\u0027esegesi\nconvenzionalmente orientata della norma, ha come parametro\nconvenzionale di riferimento proprio l\u0027art. 6 CEDU, nella stabile e\nconsolidata interpretazione datane dalla giurisprudenza di\nStrasburgo, nonche\u0027 l\u0027art. 48 CDFUE.» \n Aggiunse, poi, il giudice delle leggi che «tale esegesi - a ben\nvedere - non trova ostacolo nella giurisprudenza di legittimita\u0027 che\nil giudice rimettente richiama a fondamento delle sue censure di\nillegittimita\u0027 costituzionale con riferimento sia ai rapporti tra\nl\u0027immediata declaratoria delle cause di non punibilita\u0027 e\nl\u0027assoluzione per insufficienza o contraddittorieta\u0027 della prova\n(articoli 129 e 530, comma 2, del codice di procedura penale), sia\nall\u0027individuazione del giudice competente per il giudizio di rinvio\nin seguito a cassazione delle statuizioni civili (art. 622 del codice\ndi procedura penale), sia all\u0027impugnabilita\u0027 con revisione (art. 630,\ncomma 1, lettera c, del codice di procedura penale) della sentenza\ndel giudice di appello di conferma della condanna risarcitoria in\nseguito a proscioglimento dell\u0027imputato per prescrizione del reato.\nDa una parte il principio di diritto (Corte di cassazione, Sezioni\nunite penali, sentenza 28 maggio-15 settembre 2009, n. 35490) -\nsecondo cui, in deroga alla regola generale, il proscioglimento nel\nmerito, in caso di contraddittorieta\u0027 o insufficienza della prova,\nprevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non\npunibilita\u0027, quando, in sede di appello, sopravvenuta l\u0027estinzione\ndel reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della\nparte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni\ncivili - presuppone, per un verso, il carattere «pieno» o «integrale»\ndella cognizione del giudice dell\u0027impugnazione penale (il quale non\npuo\u0027 limitarsi a confermare o riformare immotivatamente le\nstatuizioni civili emesse in primo grado, ma deve esaminare\ncompiutamente i motivi di gravame sottopostigli, avuto riguardo al\ncompendio probatorio e dandone poi conto in motivazione); per altro\nverso, non presuppone (ne\u0027 implica) che il giudice, nel conoscere\ndella domanda civile, debba altresi\u0027 formulare, esplicitamente o\nmeno, un giudizio sulla colpevolezza dell\u0027imputato e debba effettuare\nun accertamento, principale o incidentale, sulla sua responsabilita\u0027\npenale, ben potendo contenere l\u0027apprezzamento richiestogli entro i\nconfini della responsabilita\u0027 civile (in seguito, ex plurimis, Corte\ndi cassazione, sezione sesta penale, sentenza 20 marzo-8 aprile 2013,\nn. 16155; sezione quarta penale, sentenze 21-28 novembre 2018, n.\n53354 e 16 novembre-12 dicembre 2018, n. 55519). Piu\u0027 in generale la\ngiurisprudenza (Corte di cassazione, Sezioni unite penali, sentenza\n18 luglio-27 settembre 2013, n. 40109), pronunciandosi sul vizio di\nmotivazione che puo\u0027 inficiare la decisione emessa dal giudice di\nappello ai sensi dell\u0027art. 578 del codice di procedura penale, ha\naffermato che, in conseguenza del rilievo del predetto vizio (e della\nsusseguente cassazione della sentenza) il rinvio debba essere fatto\nsempre al giudice civile e non al giudice penale, in applicazione\ndell\u0027art. 622 del codice di procedura penale, proprio in ragione, non\ngia\u0027 del mancato accertamento incidentale della responsabilita\u0027\npenale dell\u0027imputato, ma dell\u0027omesso esame dei motivi di gravame, ove\nla condanna risarcitoria confermata dal giudice di appello sia\nfondata sul mero presupposto della «non evidente estraneita\u0027»\ndell\u0027imputato ai fatti di reato contestatigli. La giurisprudenza\nsuccessiva ha dato continuita\u0027 a tale principio (Corte di cassazione,\nsezione prima penale, sentenza 14 gennaio-9 ottobre 2014, n. 42039;\nsezione sesta penale, sentenze 21 gennaio-6 febbraio 2014, n. 5888 e\n23 settembre-6 novembre 2015, n. 44685): la cognizione del giudice\ndell\u0027impugnazione penale, ex art. 578 del codice di procedura penale,\ne\u0027 funzionale alla conferma delle statuizioni civili, attraverso il\ncompleto esame dei motivi di impugnazione volto all\u0027accertamento dei\nrequisiti costitutivi dell\u0027illecito civile posto a fondamento della\nobbligazione risarcitoria o restitutoria. Il giudice penale\ndell\u0027impugnazione e\u0027 chiamato ad accertare i presupposti\ndell\u0027illecito civile e nient\u0027affatto la responsabilita\u0027 penale\ndell\u0027imputato, ormai prosciolto per essere il reato estinto per\nprescrizione. Ne\u0027 cio\u0027 e\u0027 revocato in dubbio dall\u0027affermata\nammissibilita\u0027 della istanza di revisione avverso la pronuncia di\ncondanna al risarcimento del danno ex art. 578 del codice di\nprocedura penale (Corte di cassazione, Sezioni unite penali, sentenza\n25 ottobre 2018-7 febbraio 2019, n. 6141). L\u0027ammissibilita\u0027 di questa\nimpugnazione straordinaria e\u0027 conseguenza dell ibridazione delle\nregole processuali che rimangono quelle del rito penale anche quando\nnel giudizio residua soltanto una domanda civilistica in ordine alla\nquale si e\u0027 pronunciato il giudice dell\u0027impugnazione ai sensi\ndell\u0027art. 578 del codice di procedura penale (in generale, sentenza\nn. 176 del 2019). Ma dall\u0027applicazione delle regole di rito non puo\u0027\ninferirsi che il giudice della revisione ex art. 630 del codice di\nprocedura penale, non diversamente dal giudice d\u0027appello o di\ncassazione ex art. 578 del codice di procedura penale, debba\npronunciarsi sulla responsabilita\u0027 penale di chi e\u0027 stato\ndefinitivamente prosciolto. La responsabilita\u0027, oggetto della\ncognizione del giudice, e\u0027 pur sempre quella da atto illecito ex art.\n2043 del codice civile.» \n Escluso, a giudizio della Corte, ogni ostacolo sia nel dato\ntestuale della disposizione di cui all\u0027art. 578 del codice di\nprocedura penale, sia nel diritto vivente risultante dalla\ngiurisprudenza di legittimita\u0027, si poteva accedere ad\nun\u0027interpretazione conforme della norma agli indicati parametri\ninterposti. \n E l\u0027interpretazione conforme di cui si faceva promotrice la\nConsulta era questa: «il giudice dell\u0027impugnazione penale, nel\ndecidere sulla domanda risarcitoria, non e\u0027 chiamato a verificare se\nsi sia integrata la fattispecie penale tipica contemplata dalla norma\nincriminatrice, in cui si iscrive il fatto di reato di volta in volta\ncontestato; egli deve invece accertare se sia integrata la\nfattispecie civilistica dell\u0027illecito aquiliano (art. 2043 del codice\ncivile). Con riguardo al «fatto» - come storicamente considerato\nnell\u0027imputazione penale - il giudice dell\u0027impugnazione e\u0027 chiamato a\nvalutarne gli effetti giuridici, chiedendosi, non gia\u0027 se esso\npresenti gli elementi costitutivi della condotta criminosa tipica\n(commissiva od omissiva) contestata all\u0027imputato come reato,\ncontestualmente dichiarato estinto per prescrizione, ma piuttosto se\nquella condotta sia stata idonea a provocare un «danno ingiusto»\nsecondo l\u0027art. 2043 codice civile, e cioe\u0027 se, nei suoi effetti\nsfavorevoli al danneggiato, essa si sia tradotta nella lesione di una\nsituazione giuridica soggettiva civilmente sanzionabile con il\nrisarcimento del danno. Nel contesto di questa cognizione rilevano\nsia l\u0027evento lesivo della situazione soggettiva di cui e\u0027 titolare la\npersona danneggiata, sia le conseguenze risarcibili della lesione,\nche possono essere di natura sia patrimoniale che non patrimoniale.\nLa mancanza di un accertamento incidentale della responsabilita\u0027\npenale in ordine al reato estinto per prescrizione non preclude la\npossibilita\u0027 per il danneggiato di ottenere l\u0027accertamento giudiziale\ndel suo diritto al risarcimento del danno, anche non patrimoniale, la\ncui tutela deve essere assicurata, nella valutazione sistemica e\nbilanciata dei valori di rilevanza costituzionale al pari di quella,\nper l\u0027imputato, derivante dalla presunzione di innocenza. Il danno\nnon patrimoniale ha il contenuto chiarito, da tempo, dalla\ngiurisprudenza (a partire da Corte di cassazione, Sezioni unite\ncivili, sentenze 24 giugno-11 novembre 2008, n. 26972, n. 26793, n.\n26794 e n. 26795) e quindi sussiste sia nei casi espressamente\nprevisti dalla legge al di fuori delle fattispecie di reato (art.\n2059 codice civile), sia nei casi di lesione «non bagatellare» di\ninteressi della persona elevati a valori costituzionali, sia infine,\nin tutte le ipotesi di derivazione del pregiudizio da un illecito\ncivile coincidente con una fattispecie penale (art. 185 codice\npenale). In quest\u0027ultima ipotesi l\u0027illecito civile pur fondandosi\nsull\u0027elemento materiale e psicologico del reato, tuttavia risponde a\ndiverse finalita\u0027 e richiama un distinto regime probatorio.\nL\u0027esigenza di rispetto della presunzione di innocenza dell\u0027imputato\nnon preclude al giudice penale dell\u0027impugnazione di effettuare tale\naccertamento onde liquidare anche il danno non patrimoniale di cui\nall\u0027art 185 codice penale. La natura civilistica dell\u0027accertamento\nrichiesto dalla disposizione censurata al giudice penale\ndell\u0027impugnazione, differenziato dall\u0027(ormai precluso) accertamento\ndella responsabilita\u0027 penale quanto alle pretese risarcitorie e\nrestitutorie della parte civile, emerge riguardo sia al nesso\ncausale, sia all\u0027elemento soggettivo dell\u0027illecito. Il giudice, in\nparticolare, non accerta la causalita\u0027 penalistica che lega la\ncondotta (azione od omissione) all\u0027evento in base alla regola\ndell\u0027«alto grado di probabilita\u0027 logica» (Corte di cassazione,\nSezioni unite penali, sentenza 10 luglio-11 settembre 2002, n.\n30328). Per l\u0027illecito civile vale, invece, il criterio del «piu\u0027\nprobabile che non» o della «probabilita\u0027 prevalente» che consente di\nritenere adeguatamente dimostrata (e dunque processualmente provata)\nuna determinata ipotesi fattuale se essa, avuto riguardo ai\ncomplessivi risultati delle prove dichiarative e documentali, appare\npiu\u0027 probabile di ogni altra ipotesi e in particolare dell\u0027ipotesi\ncontraria (in tal senso e\u0027 la giurisprudenza a partire da Corte di\ncassazione, Sezioni unite civili, sentenze 11 gennaio 2008, n. 576,\nn. 581, n. 582 e n. 584). L\u0027autonomia dell\u0027accertamento dell\u0027illecito\ncivile non e\u0027 revocata in dubbio dalla circostanza che esso si svolga\ndinanzi al giudice penale e sia condotto applicando le regole\nprocessuali e probatorie del processo penale (art. 573 del codice di\nprocedura penale). L\u0027applicazione dello statuto della prova penale e\u0027\npieno e concerne sia i mezzi di prova (sara\u0027 cosi\u0027 ammissibile e\nutilizzabile, ad esempio, la testimonianza della persona offesa che\nnel processo civile sarebbe interdetta dall\u0027art. 246 del codice di\nprocedura civile), sia le modalita\u0027 di assunzione della prova (le\nprove costituende saranno cosi\u0027 assunte per cross examination ex art.\n499 del codice di procedura penale e non per interrogatorio diretto\ndel giudice), le quali ricalcheranno pedissequamente quelle da\nosservare nell\u0027accertamento della responsabilita\u0027 penale: ove ne\nricorrano i presupposti, dunque, il giudice dell\u0027appello penale,\nrilevata l\u0027estinzione del reato, potra\u0027 - o talora dovra\u0027 (Corte di\ncassazione, Sezioni unite penali, sentenza 28 gennaio-4 giugno 2021,\nn. 22065) - procedere alla rinnovazione dell\u0027istruzione\ndibattimentale al fine di decidere sull\u0027impugnazione ai soli effetti\ncivili (art. 603, comma 3-bis, del codice di procedura penale).» \n Aggiunse ancora la Corte che «l\u0027approdo dell\u0027interpretazione\nlogico-sistematica della norma processuale censurata assicura, quanto\nal cosiddetto secondo aspetto della presunzione di innocenza, la\nconformita\u0027 alla richiamata giurisprudenza della Corte di Strasburgo,\nla quale, mentre da un lato ha ammonito che, «se la decisione\nnazionale sul risarcimento dovesse contenere una dichiarazione che\nimputa la responsabilita\u0027 penale alla parte convenuta, cio\u0027\nsolleverebbe una questione che rientra nell\u0027ambito dell\u0027art. 6\n[paragrafo] 2 della Convenzione» (Corte EDU, sentenza Pasquini contro\nRepubblica di San Marino), dall\u0027altro lato ha anche avvertito che\nl\u0027applicazione del diritto alla presunzione di innocenza in favore\ndell\u0027imputato non deve ridondare a danno del diritto della vittima al\nrisarcimento del danno (in particolare, Corte EDU, sentenza Ringvold\ncontro Norvegia). Una volta dichiarata la sopravvenuta causa\nestintiva del reato, in applicazione dell\u0027art. 578 del codice di\nprocedura penale, l\u0027imputato avra\u0027 diritto a che la sua\nresponsabilita\u0027 penale non sia piu\u0027 rimessa in discussione, ma la\nparte civile avra\u0027 diritto al pieno accertamento dell\u0027obbligazione\nrisarcitoria. Con la disposizione censurata il legislatore ha operato\nun bilanciamento tra le esigenze sottese all\u0027operativita\u0027 del\nprincipio generale di accessorieta\u0027 dell\u0027azione civile rispetto\nall\u0027azione penale (che esclude la decisione sul capo civile\nnell\u0027ipotesi di proscioglimento) e le esigenze di tutela\ndell\u0027interesse del danneggiato, costituito parte civile. Quando il\nproscioglimento viene pronunciato in grado di appello o di\nlegittimita\u0027, in seguito ad una valida condanna emessa nei gradi\nprecedenti, la regola dell\u0027accessorieta\u0027 (che comporta il sacrificio\ndell\u0027interesse della parte civile) subisce dei temperamenti, poiche\u0027\nessa continua ad essere applicabile nelle ipotesi di assoluzione nel\nmerito e di sopravvenienza di cause estintive del reato riconducibili\nalla volonta\u0027 delle parti (ad esempio remissione di querela), ma non\ntrova applicazione allorche\u0027 la dichiarazione di non doversi\nprocedere dipenda dalla sopravvenienza di una causa estintiva del\nreato riconducibile a prescrizione o ad amnistia, nel qual caso\nprevale l\u0027interesse della parte civile a conservare le utilita\u0027\nottenute nel corso del processo, che continua dinanzi allo stesso\ngiudice penale, sebbene sia mutato l\u0027ambito della cognizione\nrichiestagli, che va circoscritta alla responsabilita\u0027 civile.» \n «In conclusione - chioso\u0027 il giudice delle leggi - il giudice\ndell\u0027impugnazione penale (giudice di appello o Corte di cassazione),\nspogliatosi della cognizione sulla responsabilita\u0027 penale\ndell\u0027imputato in seguito alla declaratoria di estinzione del reato\nper sopravvenuta prescrizione (o per sopravvenuta amnistia), deve\nprovvedere - in applicazione della disposizione censurata -\nsull\u0027impugnazione ai soli effetti civili, confermando, riformando o\nannullando la condanna gia\u0027 emessa nel grado precedente, sulla base\ndi un accertamento che impinge unicamente sugli elementi costitutivi\ndell\u0027illecito civile, senza poter riconoscere, neppure incidenter\ntantum, la responsabilita\u0027 dell\u0027imputato per il reato estinto.» \n Cosi\u0027 interpretato, l\u0027art. 578 del codice di procedura penale non\nviolava il diritto dell\u0027imputato alla presunzione di innocenza come\ndeclinato nell\u0027ordinamento convenzionale dalla giurisprudenza della\nCorte EDU e come riconosciuto nell\u0027ordinamento dell\u0027Unione europea. \n2.3. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell\u0027uomo\nsuccessiva alla sentenza della Corte costituzionale n. 182/2021. \n Giova evidenziare che la pronuncia della Corte costituzionale n.\n182 del 2021 e\u0027 stata oggetto di valutazione da parte della Corte\neuropea dei diritti dell\u0027uomo (vedi Corte EDU 18 novembre 2021, ...\nc. Italia; Corte EDU, 15 settembre 2023, ... c. Italia, sebbene i\ncasi oggetto delle due sentenze afferissero all\u0027applicazione della\nfattispecie di cui all\u0027art. 576 del codice di procedura penale), che\nne ha apprezzato l\u0027equilibrio di sistema tra il principio di\naccessorieta\u0027 dell\u0027azione civile e le esigenze di tutela\ndell\u0027interesse del danneggiato, costituitosi parte civile,\nevidenziandone la piena compatibilita\u0027 con la CEDU. \n2.4. La riforma c.d. Cartabia. \n L\u0027interpretazione, convenzionalmente e eurounitariamente\nconsiderata, dell\u0027art. 578 del codice di procedura penale proposta\ndalla Corte costituzionale e\u0027 stata senza dubbio tenuta presente dal\nlegislatore della riforma c.d. Cartabia nell\u0027apportare le necessarie\nmodifiche in punto di rapporti tra azione civile e azione penale\nnell\u0027ambito del processo penale. \n Invero, gia\u0027 con la legge n. 134/2021, nell\u0027introdurre il nuovo\nistituto dell\u0027improcedibilita\u0027 per superamento dei termini di durata\nmassima del giudizio di impugnazione (art. 344-bis del codice di\nprocedura penale), operativo in relazione alle impugnazioni aventi ad\noggetto reati commessi dal 1° gennaio 2020 (art. 2, comma 3, legge n.\n134/2021), il legislatore si e\u0027 preoccupato di disciplinare la\nfattispecie relativa alla declaratoria di improcedibilita\u0027 inerente\nun processo nel quale risulta costituita la parte civile, conclusosi\nin primo grado con la condanna dell\u0027imputato anche al risarcimento\ndel danno, inserendo nell\u0027art. 578 del codice di procedura penale una\nspecifica disposizione (il comma 1-bis introdotto dall\u0027art. 2, comma\n2, lettera b) della legge n. 134/2021). \n Il comma 1-bis dell\u0027art. 578 del codice di procedura penale in\norigine cosi\u0027 prevedeva: «quando nei confronti dell\u0027imputato e\u0027 stata\npronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al\nrisarcimento dei danni cagionati dal reato in favore della parte\ncivile, il giudice di appello e la Corte di cassazione, nel\ndichiarare improcedibile l\u0027azione penale per il superamento dei\ntermini di cui ai commi 1 e 2 dell\u0027art. 344-bis, rinviano per la\nprosecuzione al giudice civile competente per valore in grado di\nappello, che decide valutando le prove acquisite nel processo\npenale». \n Successivamente, in attuazione della delega di cui all\u0027art. 1\ncomma 13 lettera d) della legge n. 134/2021, il legislatore delegato\n(art. 33 del decreto legislativo n. 150/2022) e\u0027 intervenuto a\nmodificare il comma 1-bis dell\u0027art. 578 del codice di procedura\npenale, ad aggiungervi il comma 1-ter, e a modificare l\u0027art. 573 del\ncodice di procedura penale, aggiungendovi il comma 1-bis. \n Nella sua attuale formulazione il comma 1-bis dell\u0027art. 578 del\ncodice di procedura penale cosi\u0027 statuisce: «quando nei confronti\ndell\u0027imputato e\u0027 stata pronunciata condanna, anche generica, alle\nrestituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato in\nfavore della parte civile, e in ogni caso di impugnazione della\nsentenza anche per gli interessi civili, il giudice di appello e la\nCorte di cassazione, se l\u0027impugnazione non e\u0027 inammissibile, nel\ndichiarare improcedibile l\u0027azione penale per il superamento dei\ntermini di cui ai commi 1 e 2 dell\u0027art. 344-bis, rinviano per la\nprosecuzione al giudice o alla sezione civile competente nello stesso\ngrado, che decidono sulle questioni civili utilizzando le prove\nacquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel\ngiudizio civile». Il comma 1-ter prevede che «nei casi di cui al\ncomma 1-bis, gli effetti del sequestro conservativo disposto a\ngaranzia delle obbligazioni civili derivanti dal reato, permangono\nfino a che la sentenza che decide sulle questioni civili non e\u0027 piu\u0027\nsoggetta a impugnazione». L\u0027art. 573, comma 1-bis, del codice di\nprocedura penale cosi\u0027 dispone: «quando la sentenza e\u0027 impugnata per\ni soli interessi civili, il giudice di appello e la Corte di\ncassazione, se l\u0027impugnazione non e\u0027 inammissibile, rinviano per la\nprosecuzione, rispettivamente al giudice o alla sezione civile\ncompetente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove\nacquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel\ngiudizio civile». Come chiarito dalle Sezioni unite (Cass. pen. sez.\nun., 25 maggio 2023, n. 38841), quest\u0027ultima disposizione si applica\nalle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente\nai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta\nin epoca successiva al 30 dicembre 2022, quale data di entrata in\nvigore della predetta disposizione. \n Si legge testualmente nella relazione illustrativa che ha\naccompagnato l\u0027entrata in vigore del decreto legislativo n. 150/2022:\n«analoga contraddizione sistematica, in ragione del carattere\nprocessuale e impediente della pronuncia di improcedibilita\u0027,\nprodurrebbe una prosecuzione del giudizio di impugnazione ai soli\neffetti civili, considerata la natura accessoria dell\u0027azione civile\nnel processo penale. A tale ultimo riguardo, peraltro, soccorre un\nulteriore dato sistematico, ricavabile dalla disposizione gia\u0027 in\nvigore introdotta nel comma 1-bis dell\u0027art. 578 del codice di\nprocedura penale, ad opera della legge n. 134 del 2021, secondo cui,\nin caso di condanna per la responsabilita\u0027 civile, il giudice\ndell\u0027impugnazione, nel dichiarare improcedibile l\u0027azione penale ai\nsensi dell\u0027art. 344-bis del codice di procedura penale, rinvia per la\nprosecuzione al giudice civile. Il legislatore, per quanto concerne i\nrapporti tra improcedibilita\u0027 e azione civile, ha quindi scelto di\npercorrere una «terza via», mediana rispetto alla soluzione di\nlasciare al giudice penale il compito di decidere sulla domanda\nrisarcitoria nonostante l\u0027improcedibilita\u0027 e a quella di imporre una\nriproposizione della domanda al giudice civile di primo grado. La\nscelta punta a ridurre il carico di lavoro del giudice penale nella\nfase delle impugnazioni, assicurando il diritto della parte civile a\nuna decisione sull\u0027azione risarcitoria in tempi non irragionevoli. In\ncoerenza con tale scelta e con la ratio stessa della legge n.\n134/2021, pertanto, si propone di attuare la delega in ordine ai\nrapporti tra improcedibilita\u0027 dell\u0027azione penale e azione civile\ntrasferendo la decisione al giudice civile. L\u0027opzione di trasferire\nal giudice civile la decisione sull\u0027impugnazione, dopo la formazione\ndel giudicato sui capi penali, sviluppa il percorso esegetico seguito\ndalla giurisprudenza costituzionale relativa all\u0027art. 578, comma 1,\ndel codice di procedura penale e, quindi, si basa sul presupposto\nche, per non incorrere in violazioni della presunzione d\u0027innocenza\ndell\u0027imputato, e\u0027 necessario restringere l\u0027oggetto di accertamento al\nsolo diritto del danneggiato al risarcimento del danno, dopo lo\nspartiacque del giudicato. E\u0027 pertanto ragionevole attribuire il\ncompito di decidere al giudice civile, in una situazione in cui\ndevono essere verificati gli estremi della responsabilita\u0027 civile,\nsenza poter accertare nemmeno incidentalmente la responsabilita\u0027\npenale. Cio\u0027 accade gia\u0027, secondo la sentenza costituzionale n. 182\ndel 2021, nelle ipotesi coperte dall\u0027art. 578, comma 1, del codice di\nprocedura penale dove «il giudice penale, nel decidere sulla domanda\nrisarcitoria, non e\u0027 chiamato a verificare se si sia integrata la\nfattispecie penale tipica contemplata dalla norma incriminatrice», ma\n«se sia integrata la fattispecie civilistica dell\u0027illecito aquiliano\n(art. 2043 codice civile)», valutando quindi se la condotta\ncontestata «si sia tradotta nella lesione di una situazione giuridica\nsoggettiva civilmente sanzionabile con il risarcimento del danno».\nSecondo la Corte costituzionale, «la mancanza di un accertamento\nincidentale della responsabilita\u0027 penale in ordine al reato estinto\nper prescrizione non preclude la possibilita\u0027 per il danneggiato di\nottenere l\u0027accertamento giudiziale del suo diritto al risarcimento\ndel danno, anche non patrimoniale, la cui tutela deve essere\nassicurata, nella valutazione sistemica e bilanciata dei valori di\nrilevanza costituzionale al pari di quella, per l\u0027imputato, derivante\ndalla presunzione di innocenza» (sentenza n. 182/2021, par. 14 m.).\nQuesta ricostruzione e\u0027 stata portata alle logiche conseguenze in\nsede di attuazione della direttiva di cui all\u0027art. 1, comma 13,\nlettera d) della legge delega, nella parte in cui impone di\ndisciplinare i rapporti tra l\u0027improcedibilita\u0027 dell\u0027azione penale e\nl\u0027azione civile. L\u0027art. 578, comma 1-bis, del codice di procedura\npenale e\u0027 stato pertanto modificato, includendo il riferimento ad\n«ogni caso» di impugnazione della sentenza «anche» per gli interessi\ncivili (quindi anche in mancanza di una pronuncia di condanna alle\nrestituzioni o al risarcimento dei danni). La «prosecuzione» del\nprocesso davanti al giudice civile, disposta dopo il necessario\ncontrollo del giudice penale sull\u0027assenza di cause d\u0027inammissibilita\u0027\ndell\u0027impugnazione, non determina effetti pregiudizievoli per la parte\ncivile o per l\u0027imputato ne\u0027 dal punto di vista cognitivo, in quanto\nil giudice competente deve decidere tutte le «questioni civili», con\nesclusione di quelle penali coperte dal giudicato (la decisione\ncivile non potrebbe quindi incidere sulla presunzione d\u0027innocenza),\nne\u0027 dal punto di vista probatorio, in quanto restano utilizzabili le\nprove acquisite nel processo penale, in contraddittorio con\nl\u0027imputato, oltre a quelle eventualmente acquisite nel giudizio\ncivile. Onde salvaguardare anche le cautele reali che assistono la\ndomanda civile in sede penale, si introduce, con il nuovo comma 1-ter\ndell\u0027art. 578 del codice di procedura penale, una disposizione che -\nin deroga a quanto previsto dall\u0027art. 317, comma 4, del codice di\nprocedura penale (a tal fine opportunamente interpolato) - prevede,\nnel caso di trasferimento dell\u0027azione civile, la persistenza degli\neffetti del sequestro conservativo disposto a garanzia delle\nobbligazioni civili derivanti dal reato fino a che la sentenza che\ndecide sulle questioni civili non sia piu\u0027 soggetta a impugnazione.\nInoltre, per attuare la seconda parte della direttiva di cui alla\nlettera d), e\u0027 stata conseguentemente disciplinata l\u0027ipotesi\ndell\u0027impugnazione per i soli interessi civili, introducendo nel nuovo\ncomma 1-bis dell\u0027art. 573 del codice di procedura penale l\u0027innovativa\nregola del trasferimento della decisione al giudice civile, dopo la\nverifica imprescindibile sulla non inammissibilita\u0027 dell\u0027atto svolta\ndal giudice penale. Naturalmente, occorre attribuire il diritto\nd\u0027impugnare, in prima battuta, come se si trattasse di\nun\u0027impugnazione anche agli effetti civili (quindi come se vi fosse\nanche l\u0027impugnazione agli effetti penali del pubblico ministero o\ndell\u0027imputato), situazione coperta dall\u0027art. 573, comma 1, del codice\ndi procedura penale. L\u0027art. 573, comma 1-bis, c.p.p. diventa\napplicabile dopo che il giudice penale dell\u0027impugnazione abbia\nverificato l\u0027assenza d\u0027impugnazione anche agli effetti penali. Questa\nscelta del legislatore delegato determina un ulteriore risparmio di\nrisorse, nell\u0027ottica di implementare l\u0027efficienza giudiziaria nella\nfase delle impugnazioni, e non si pone in conflitto con la\ngiurisprudenza costituzionale, data la limitazione della cognizione\ndel giudice civile alle «questioni civili». Il giudice civile non\npotrebbe pertanto accertare incidentalmente il tema gia\u0027 definito\ndella responsabilita\u0027 penale, neppure nel caso di appello proposto\ndalla sola parte civile avverso la sentenza di assoluzione\ndell\u0027imputato, con una soluzione normativa che evita i profili\nd\u0027illegittimita\u0027 ravvisati dalla sentenza della Corte costituzionale\nn. 176 del 2019, rispetto all\u0027eventualita\u0027 di un accertamento\ndell\u0027illecito penale compiuto in sede civile. Con il rinvio\ndell\u0027appello o del ricorso al giudice civile l\u0027oggetto di\naccertamento non cambierebbe, ma si restringerebbe, dal momento che\nla domanda risarcitoria da illecito civile e\u0027 gia\u0027 implicita alla\ndomanda risarcitoria da illecito penale (l\u0027illecito penale implica\nl\u0027illecito civile). Non vi sarebbe pertanto una modificazione della\ndomanda risarcitoria nel passaggio dal giudizio penale a quello\ncivile. Ragionevolmente, l\u0027eventualita\u0027 dovra\u0027 essere prevista dal\ndanneggiato dal reato sin dal momento della costituzione di parte\ncivile, atto che pertanto dovra\u0027 contenere l\u0027esposizione delle\nragioni che giustificano «la domanda agli effetti civili», secondo\nl\u0027innovata formulazione dell\u0027art. 78, lettera d), del codice di\nprocedura penale. In conseguenza della disciplina dettata per i\nrapporti fra improcedibilita\u0027 dell\u0027azione penale, azione civile e\nconfisca, si introducono due ulteriori misure al fine di prevenire\nl\u0027eventuale prodursi di cause di improcedibilita\u0027 e, nel caso in cui\nle stesse dovessero comunque verificarsi, evitare il pregiudizio che\nun ritardo nella declaratoria di improcedibilita\u0027 potrebbe produrre\nall\u0027azione della parte civile e alle esigenze di pronta attivazione\ndell\u0027autorita\u0027 giudiziaria compente per le misure di prevenzione.»\n(relazione illustrativa pubblica in Gazzetta Ufficiale della\nRepubblica italiana - Serie generale - n. 245 del 19 ottobre 2022,\npag. 329 e ss.). \n E\u0027 di tutta evidenza l\u0027importanza che ha avuto la sentenza della\nCorte costituzionale n. 182 del 2021 nelle scelte operate dal\nlegislatore della riforma c.d. Cartabia, finalizzate ad attribuire al\ngiudice civile il prosieguo del giudizio di impugnazione ogni volta\nche permangono esclusivamente in gioco interessi civili. \n In buona sostanza, venuta meno la vicenda penale (vuoi perche\u0027\ndichiarata improcedibile l\u0027azione penale ai sensi dell\u0027art. 344-bis\ndel codice di procedura penale, vuoi perche\u0027 l\u0027impugnazione risulta\nproposta solo per gli interessi civili) il legislatore della riforma\nc.d. Cartabia ha previsto che il giudizio prosegue solo per gli\ninteressi civili dinanzi al giudice civile, al fine, da un lato, di\nsgravare il giudice penale dalla decisione sull\u0027impugnazione,\nalleggerendo, in tale modo, i relativi ruoli di udienza, dall\u0027altra,\ndi salvaguardare la presunzione di innocenza dell\u0027imputato. \n In questo contesto, di rinnovata modulazione dei rapporti tra\nazione penale e azione civile nell\u0027ambito del processo penale, si\ninserisce la sentenza di recente pronunciata dalle Sezioni unite\n(vedi Cassazione pen. sez. un., 28.3.-27.9.2024, n. 36208, ... c/\n...), che costituisce la novita\u0027 che ha deterrninato la necessita\u0027 di\nricorrere nuovamente alla Corte costituzionale. \n2.5. La sentenza delle Sezioni unite ... (Cass. pen sez. un.\n28.3.-27.9.2024, n. 36208). \n Come e\u0027 noto, con ordinanza dell\u00278 giugno 2023, la IV Sezione\nPenale della Cassazione rimetteva alle Sezioni unite la questione\ninerente al sindacato del giudice di appello e alla regola di\ngiudizio applicabile a fronte del gravame proposto dall\u0027imputato,\ncondannato in primo grado anche al risarcimento del danno, che non\nabbia rinunciato alla prescrizione. In particolare, la Sezione\nrimettente riteneva che, per quanto interpretativa di rigetto, la\nsentenza n. 182 del 2021 della Corte costituzionale costituiva\ntermine di riferimento non eludibile, poiche\u0027 la soluzione adottata\nappariva comporre in un ragionevole equilibrio i diversi valori in\ngioco, ponendosi nella linea di tendenza anche normativa di una\nsempre piu\u0027 evidente distinzione tra azione penale e azione civile,\nmentre la pronuncia delle Sezioni unite ... (Cass. pen. sez. un. 28\nmaggio 2009, n. 35490) sarebbe stata espressione di un diritto\nvivente per il quale la presunzione di innocenza non era chiamata a\nsvolgere, nell\u0027ambito dei rapporti tra azione penale e azione civile,\nil ruolo di principio ordinatore, inscrivendosi in un contesto\nculturale che trasmetteva all\u0027azione civile le regole del giudizio\npenale in cui era stata ospitata. Intendendo dissentire dal principio\nenunciato dalle Sez. Un. ..., il collegio rimetteva la questione alle\nSezioni unite, chiamate a pronunciarsi sul seguente quesito: «se, nel\ngiudizio di appello promosso avverso la sentenza di condanna\ndell\u0027imputato anche al risarcimento dei danni, il giudice,\nintervenuta nelle more l\u0027estinzione del reato per prescrizione, possa\npronunciare l\u0027assoluzione nel merito anche a fronte di prove\ninsufficienti o contraddittorie, sulla base della regola di giudizio\nprocessual-penalistica dell\u0027oltre ogni ragionevole dubbio, ovvero\ndebba far prevalere la declaratoria di estinzione del reato per\nprescrizione, pronunciandosi sulle statuizioni civili secondo la\nregola processual-civilistica del piu\u0027 probabile che non». \n Le Sezioni unite (vedi Cassazione pen. sez. un., 28.3.-27.9.2024,\nn. 36208, ... c/ ...), hanno affermato il seguente principio di\ndiritto: «nel giudizio di appello avverso la sentenza di condanna\ndell\u0027imputato anche al risarcimento dei danni, il giudice,\nintervenuta nelle more l\u0027estinzione del reato per prescrizione, non\npuo\u0027 limitarsi a prendere atto della causa estintiva, adottando le\nconseguenti statuizioni civili fondate sui criteri enunciati dalla\nsentenza della Corte costituzionale n. 182 del 2021, ma e\u0027 comunque\ntenuto, stante la presenza della parte civile, a valutare, anche a\nfronte di prove insufficienti o contraddittorie, la sussistenza dei\npresupposti per l\u0027assoluzione nel merito.» \n Il ragionamento delle Sezioni unite si e\u0027 sviluppato partendo da\nquanto affermato dalle Sez. Un. ... . Si legge, invero, nella\nsentenza: «le Sezioni unite, chiamate a dirimere il contrasto circa\nla prevalenza o meno del proscioglimento nel merito rispetto alla\ndichiarazione immediata di una causa di non punibilita\u0027 nel caso di\ncontraddittorieta\u0027 o insufficienza della prova, hanno espresso il\nprincipio per cui «all\u0027esito del giudizio, il proscioglimento nel\nmerito, in caso di contraddittorieta\u0027 o insufficienza della prova,\nnon prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non\npunibilita\u0027, salvo che, in sede di appello, sopravvenuta una causa\nestintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la\npresenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle\nstatuizioni civili». La pronuncia, muovendo dal criterio di\nbilanciamento espresso dalla Corte costituzionale (sentenze n. 175\ndel 1971 e n. 275 del 1990, ordinanze nn. 300 e 362 del 1991) per cui\nl\u0027equilibrio del sistema e\u0027 garantito dalla possibilita\u0027 per\nl\u0027imputato di rinunciare alle cause estintive del reato (amnistia o\nprescrizione), ha confermato la prevalenza dell\u0027obbligo di immediata\ndeclaratoria delle cause di non punibilita\u0027, dovendosi privilegiare\nin linea di principio le esigenze di speditezza sottese al disposto\ndell\u0027art. 129 del codice di procedura penale. Le Sezioni unite hanno,\npero\u0027, osservato che l\u0027enunciato dell\u0027art. 578 del codice di\nprocedura penale dischiude, in presenza della parte civile, al\ngiudice di appello la porta della «cognizione piena»; tale\nconstatazione ha condotto ad affermare il principio, favorevole\nall\u0027imputato, della prevalenza, in tal caso, del proscioglimento nel\nmerito secondo la regola dettata dall\u0027art. 530, commi 1 e 2, del\ncodice di procedura penale sulle esigenze di speditezza delle quali\ne\u0027 espressione la declaratoria ai sensi dell\u0027art. 129 del codice di\nprocedura penale. La pronuncia ha messo in luce che l\u0027orientamento\ndella giurisprudenza costituzionale, che aveva indicato nel diritto\ndell\u0027imputato a rinunciare all\u0027amnistia e alla prescrizione il punto\ndi equilibrio sul quale riposa la legittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art 129, comma 2, del codice di procedura penale, lasciava in\nombra la regola per cui, in presenza della parte civile, il giudice\ne\u0027 tenuto a valutare nel merito, anche al maturare di una causa\nestintiva del reato, il compendio probatorio gia\u0027 acquisito ai fini\ndelle statuizioni civili. Cio\u0027 rende recessivo l\u0027obbligo per il\ngiudice di appello di attenersi a canoni di economia processuale\nrispetto al dovere di «conoscere» il merito della causa, aprendo in\ntal modo il varco alla tutela dei diritti fondamentali della persona\nimputata. L\u0027accertamento del diritto al risarcimento del danno da\nreato implica, infatti, nel rispetto del contraddittorio, anche il\ndiritto alla prova contraria, garantito a livello costituzionale\ndall\u0027art. 111, terzo comma, della Costituzione e dall\u0027art. 495, comma\n2, del codice di procedura penale in conformita\u0027 all\u0027art 6 § 3\nlettera d) CEDU. Divenendo recessiva l\u0027esigenza di speditezza del\nprocesso, pur in presenza della causa estintiva e in assenza di\nrinuncia dell\u0027imputato ad avvalersi della stessa, e\u0027 logico che\nriemerga l\u0027imperativo di assolvere l\u0027imputato non solo a fronte\ndell\u0027evidenza dell\u0027innocenza, come espressamente previsto dall\u0027art\n129, comma 2, del codice di procedura penale, ma anche nel caso in\ncui, pur essendovi alcuni elementi probatori a carico, essi siano\ninidonei a fondare una dichiarazione di responsabilita\u0027 penale\nsecondo la regola di giudizio di cui al secondo comma dell\u0027art. 530\ndel codice di rito. Lo sviluppo argomentativo della sentenza ... e\u0027\nintegrato dall\u0027ulteriore constatazione che il parametro dell\u0027evidenza\nsancito dall\u0027art. 129, comma 2, del codice di procedura penale, e con\nesso lo sbarramento a ogni ulteriore attivita\u0027 processuale, non\naltera il susseguirsi delle fasi processuali allorche\u0027 il fenomeno\nestintivo emerga, piuttosto che nella fase istruttoria, in quella\ndecisoria. Prevedendo, dunque, l\u0027art. 578 del codice di procedura\npenale il potere di cognizione piena del giudice di appello alla\nduplice condizione della presenza della parte civile e della\nricorrenza del fenomeno estintivo della prescrizione (o\ndell\u0027amnistia), alle medesime condizioni le Sezioni unite hanno\nammesso l\u0027esito assolutorio, anche ai sensi dell\u0027art. 530, comma 2,\ndel codice di procedura penale, con prevalenza sulla causa\nestintiva». In definitiva, secondo le Sezioni unite, «la disposizione\ndell\u0027art. 578 del codice di procedura penale prevede eccezionalmente,\nin presenza della parte civile, da un lato, la cognizione piena\nsull\u0027accusa penale del giudice di appello pur a fronte di\nprescrizione maturata; dall\u0027altro, il permanere del potere di\ncognizione del giudice di appello sugli interessi civili a seguito di\ndeclaratoria di prescrizione. Nel primo caso, argomentando dal potere\ndi cognizione piena del giudice di appello in presenza della parte\ncivile, Sez. Un. ... consente l\u0027assoluzione nel merito per mancanza o\ninsufficienza della prova, pur essendo maturata la prescrizione; nel\nsecondo caso, che ha formato oggetto dell\u0027esame della Corte\ncostituzionale nella sentenza n. 182 del 2021, si tratta della\nvalutazione della responsabilita\u0027 civile da parte del giudice\ndell\u0027impugnazione penale a seguito di dichiarazione di prescrizione\ndel reato in appello». \n Dopo avere ripercorso gli argomenti della sentenza della Corte\ncostituzionale n. 182 del 2021, le Sezioni unite hanno ritenuto che\nnon vi fosse incompatibilita\u0027 tra le due pronunce (Sez. Un. ... e\nCorte costituzionale n. 182/2021), partendo dal presupposto che «la\nsentenza interpretativa di rigetto del Giudice delle leggi pone un\nvincolo negativo di interpretazione [...] nel senso che il giudice a\nquo non puo\u0027 attribuire alla disposizione di legge la portata\nesegetica ritenuta non corretta dalla Corte costituzionale, pur\nrestando libero di optare a favore di differenti soluzioni\nermeneutiche che, ancorche\u0027 non coincidenti con quelle della sentenza\ninterpretativa di rigetto, non collidano con norme e principi\ncostituzionali». Pertanto, a parere delle Sezioni unite, «il vincolo\nnegativo posto dalla sentenza n. 182 cit. implica che l\u0027art. 578 del\ncodice di procedura penale non puo\u0027 essere interpretato nel senso che\nl\u0027accertamento della responsabilita\u0027 civile da parte del giudice di\nappello penale, esaurita la vicenda penale con la declaratoria di\nprescrizione del reato, equivalga ad affermazione, sia pur incidenter\ntantum, di responsabilita\u0027 penale. La ratio della pronuncia della\nConsulta e\u0027 quella di evitare che, attraverso l\u0027esame del fatto\nimposto dall\u0027art. 578 del codice di procedura penale ai soli fini\ndelle statuizioni sulla responsabilita\u0027 civile, si giunga ad\naffermare de facto la responsabilita\u0027 penale, cosi\u0027 violando il\nprincipio di presunzione di non colpevolezza. La situazione\nprocessuale oggetto della pronuncia della Consulta riguarda il caso\nin cui «il giudice dell\u0027impugnazione (giudice di appello o Corte di\ncassazione), spogliatosi della cognizione sulla responsabilita\u0027\npenale dell\u0027imputato in seguito alla declaratoria di estinzione del\nreato per prescrizione (o per sopravvenuta amnistia), deve provvedere\n- in applicazione della disposizione censurata - sull\u0027impugnazione\nagli effetti civili». Il principio espresso da «Sez. U. ... opera,\ninvece, nel caso in cui non sia venuta meno per il giudice\ndell\u0027impugnazione penale la cognizione sulla responsabilita\u0027 penale\ndell\u0027imputato. In altre parole, l\u0027esigenza di tutela della\npresunzione d\u0027innocenza nei rapporti tra proscioglimento in rito\ndell\u0027accusa penale epotere cognitivo del giudice dell\u0027impugnazione\nsugli interessi civili non si pone nell\u0027ambito applicativo del\nprincipio espresso da Sez. U. ... concernente la possibilita\u0027 per il\ngiudice penale di privilegiare l\u0027assoluzione nel merito dell\u0027accusa\npenale sulla declaratoria diprescrizione, con parallela revoca delle\nstatuizioni civili». \n Concludendo, secondo le Sezioni unite, «il principio consacrato\nin Sez. U. ... che assicura la piu\u0027 ampia tutela del diritto di\ndifesa, non puo\u0027 ritenersi in contrasto con la tutela della\npresunzione di innocenza. L\u0027intervento della Consulta pone come punto\nfermo che alla pronuncia di estinzione del reato ai sensi dell\u0027art.\n578 del codice di procedura penale non possa accompagnarsi, secondo\nuna lettura convenzionalmente orientata della disposizione,\nl\u0027affermazione, sia pure incidentale, della responsabilita\u0027 penale\ndell\u0027autore del danno. La tesi che fa derivare da tale esegesi il\nripudio del principio espresso da Sez. U. ... finisce per imporre al\ngiudice di appello la mera presa d\u0027atto della causa estintiva. Tale\nragionamento incorre, tuttavia, nel paradosso di negare, in virtu\u0027\ndel principio di presunta innocenza, la possibilita\u0027 per il giudice\ndi valutare i presupposti dell\u0027assoluzione nel merito, che\nrappresenta l\u0027obiettivo primario del diritto di difesa. Il Collegio\nritiene che, invece, per le ragioni di non incompatibilita\u0027 tra la\npronuncia della Consulta e quella delle Sezioni unite in precedenza\nespresse, il vincolo negativo derivante dall\u0027interprete dalla\npronuncia costituzionale non incida sul principio affermato dalla\nsentenza ... . Tanto piu\u0027 che l\u0027imputato potrebbe avere scelto di non\nrinunciare alla causa estintiva confidando nel diritto vivente\noriginatosi da tale sentenza e dalla consolidata giurisprudenza di\nlegittimita\u0027 che vi ha fatto seguito». \n Le Sezioni unite ... ribadiscono, dunque, che i principi espressi\ndalle Sezioni Unite ... costituiscono «diritto vivente» (vedi punto\n4. del Considerato in diritto».) e ne ribadiscono la perdurante\nvalidita\u0027 anche dopo la sentenza n. 182 del 2021 della Consulta,\nritenendo le due pronunce del tutto compatibili tra loro. Cio\u0027 fanno\noperando un netto distinguo tra i momenti valutativi del giudice di\nappello nella fattispecie prevista dall\u0027art. 578 del codice di\nprocedura penale: in un primo momento, infatti, quello in cui operano\ni principi espressi dalle Sezioni unite ..., il giudice di appello ha\ncognitio plena penale, potendo giungere all\u0027assoluzione\ndell\u0027imputato, anche ai sensi dell\u0027art. 530 cpv. del codice di\nprocedura penale, facendo applicazione delle regole di giudizio del\nprocesso penale; in un secondo momento, quello successivo alla\ndeclaratoria di prescrizione del reato, in cui entrano, invece, in\ngioco i principi posti dalla sentenza del giudice delle leggi n.\n182/2021, il giudice di appello dismette i panni del giudice penale\nper porsi «il cappello del giudice civile» e giudicare delle residue\nquestioni civili secondo le regole di giudizio proprie del giudizio\ncivile. In questo secondo momento del giudizio di impugnazione,\nsvolto secondo il disposto dell\u0027art. 578 del codice di procedura\npenale, il giudice di appello sarebbe legato al rispetto del vincolo\nnegativo posto dalla sentenza della Consulta, che implica che\nl\u0027accertamento della responsabilita\u0027 civile, esaurita la vicenda\npenale con la declaratoria di prescrizione del reato, non puo\u0027\nequivalere ad affermazione, sia pure incidenter tantum, di\nresponsabilita\u0027 penale. \n2.6. La rilevanza della questione di legittimita\u0027 costituzionale alla\nluce del «diritto vivente» espresso dalle Sezioni unite Calpitano. \n La soluzione esegetica percorsa dalle Sezioni unite non sembra\nconsiderare che i due momenti che integrerebbero il complessivo\ngiudizio previsto dall\u0027art. 578 del codice di procedura penale non\nsono formalmente distinti e svolti in due autonomi procedimenti,\ndinanzi a due diversi giudici, che si concludono anche con due\ndistinti provvedimenti. Il giudizio di appello, considerato nella\nfattispecie di cui all\u0027art. 578 del codice di procedura penale, e\u0027\nunico e si svolge dinanzi alla stessa Corte (di appello o di\ncassazione), che manifesta e argomenta la sua conclusiva decisione\ncon un\u0027unica sentenza. \n Secondo il «diritto vivente», ribadito dalle Sezioni unite ...,\nnell\u0027unica sentenza, prevista a conclusione del giudizio di appello\ndi cui all\u0027art. 578 del codice di procedura penale, la Corte, sulla\nbase dell\u0027impugnazione proposta e nel rispetto del principio\ndevolutivo, deve dapprima giudicare l\u0027imputato in ordine alla sua\nresponsabilita\u0027 penale secondo le regole proprie del giudizio penale,\nassolvendolo, se ricorrono anche i presupposti di cui all\u0027art. 530\ncpv. del codice di procedura penale, e invece dichiarando\nl\u0027estinzione del reato per prescrizione, ove tali presupposti non\nricorrano; quindi, deve occuparsi delle residue questioni civili\nsecondo le regole proprie del giudizio civile, teoricamente senza\nalcun riferimento, neppure incidentale, alla colpevolezza\ndell\u0027imputato. Tuttavia, nel momento in cui, riconoscendo che non vi\nsono i presupposti per assolvere l\u0027imputato, anche ai sensi dell\u0027art.\n530 cpv. del codice di procedura penale, la Corte di appello dichiara\nestinto il reato per prescrizione, nella sostanza afferma che\nl\u0027imputato avrebbe dovuto essere riconosciuto colpevole al di la\u0027 di\nogni ragionevole dubbio. Invero, nella mancata assoluzione (che\nsarebbe possibile anche ai sensi dell\u0027art. 530 cpv. del codice di\nprocedura penale) e nella declaratoria di estinzione del reato per\nprescrizione e\u0027 necessariamente contenuto un giudizio incidentale di\ncolpevolezza dell\u0027imputato, che precede e che costituisce il\npresupposto per poi giungere ad occuparsi delle residue questioni\ncivili. In buona sostanza, la conclusiva sentenza del giudizio di\nappello svoltosi ai sensi dell\u0027art. 578 del codice di procedura\npenale, nel momento in cui dichiara l\u0027estinzione del reato per\nprescrizione, confermando le statuizioni civili, seguendo il «diritto\nvivente», finisce con il contenere in se\u0027 necessariamente un\ngiudizio, almeno incidentale, di colpevolezza dell\u0027imputato. \n Non a caso, infatti, le Sezioni unite, facendo applicazione del\n«diritto vivente» espresso dalle Sezioni unite ... (e oggi ribadito\ndalle Sezioni unite ...), avevano ritenuto, in passato,\n«revisionabile» la sentenza di prescrizione, confermativa delle\nstatuizioni civili, emessa ai sensi dell\u0027art. 578 del codice di\nprocedura penale. Invero, a differenza della mera sentenza\ndichiarativa della prescrizione del reato in primo grado, che non\npuo\u0027 mai essere ritenuta sentenza di «condanna», non comportando\nl\u0027attribuzione dello status di condannato nei riguardi dell\u0027imputato,\nla sentenza di appello che, dichiarando l\u0027estinzione del reato per\nprescrizione, confermi le statuizioni civili, viene ad essere\nequiparata, nella sostanza, ad una sentenza di «condanna». Le Sezioni\nunite, infatti, hanno affermato l\u0027ammissibilita\u0027, sia agli effetti\npenali che civili, della revisione richiesta ai sensi dell\u0027art. 630,\ncomma 1, lettera c), del codice di procedura penale, della sentenza\ndel giudice di appello che, prosciogliendo l\u0027imputato per\nl\u0027estinzione del reato dovuta a prescrizione o amnistia, e decidendo\nsull\u0027impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi\nconcernenti gli interessi civili, abbia confermato la condanna al\nrisarcimento dei danni nei confronti della parte civile (Cass. pen.\nsez. un. 25 ottobre 2018, n. 6141/19,). Invero, si legge nella\nsentenza, nel caso previsto dall\u0027art. 578 del codice di procedura\npenale, come nell\u0027analogo caso di cui all\u0027art. 578-bis del codice di\nprocedura penale, l\u0027imputato va ritenuto «condannato» sebbene ai soli\nfini delle statuizioni civili o di confisca, e, dunque, la relativa\nsentenza potra\u0027 essere oggetto di revisione; ma questi casi sono\nradicalmente diversi da quelli in cui alla sentenza di prescrizione\nnon si accompagna la statuizione civile o quella di confisca, perche\u0027\nin questi casi l\u0027imputato non potra\u0027 essere ritenuto un «condannato».\n«Non puo\u0027 quindi dubitarsi - si legge nella citata sentenza delle\nSezioni unite n. 6141/19 - che la statuizione di condanna agli\neffetti civili, pronunciata ai sensi dell\u0027art. 578, di per se\u0027\nsuscettibile - se ingiusta - di arrecare pregiudizio all\u0027interessato\ncon riguardo alla sfera patrimoniale, contenga necessariamente, anche\nse incidentalmente, una implicita quanto ineludibile affermazione di\nresponsabilita\u0027 tout court operata, a cognizione piena, in relazione\nal fatto-reato causativo del danno, certamente suscettibile di\narrecare pregiudizio all\u0027interessato anche con riguardo alla sfera\ndei diritti della personalita\u0027. La contestualita\u0027 delle pronunzie di\nestinzione del reato e di condanna alle statuizioni civili evidenzia,\ninfatti, la sussistenza di un inscindibile collegamento tra\nl\u0027affermazione di responsabilita\u0027 agli effetti civili e la mancata\npronunzia liberatoria, anche nel merito, agli effetti penali, che e\u0027\nsenz\u0027altro idonea a produrre un apprezzabile pregiudizio al diritto\nall\u0027onore dell\u0027imputato, con superamento - in concreto - della\npresunzione costituzionale di non colpevolezza». \n La Corte costituzionale, con la sentenza interpretativa di\nrigetto n. 182 del 2021, aveva ritenuto di superare il problema,\naffermando che il principio di diritto sostenuto dalle Sezioni unite\n... presupponeva, per un verso, il carattere «pieno» o «integrale»\ndella cognizione del giudice dell\u0027impugnazione penale (il quale non\npoteva limitarsi a confermare o riformare immotivatamente le\nstatuizioni civili emesse in primo grado, ma doveva esaminare\ncompiutamente i motivi di gravame sottopostigli, avuto riguardo al\ncompendio probatorio e dandone conto poi in motivazione), per altro\nverso, non presupponeva (ne\u0027 implicava) che il giudice, nel conoscere\ndella domanda civile, dovesse altresi\u0027 formulare, esplicitamente o\nmeno, un giudizio sulla colpevolezza dell\u0027imputato e dovesse\neffettuare un accertamento, principale o incidentale, sulla sua\nresponsabilita\u0027 penale, ben potendo contenere l\u0027apprezzamento\nrichiestogli entro i confini della responsabilita\u0027 civile. Cio\u0027 non\npoteva ritenersi revocato in dubbio dall\u0027affermata ammissibilita\u0027\ndell\u0027istanza di revisione avverso la pronuncia di condanna al\nrisarcimento del danno ex art. 578 del codice di procedura penale,\ngiacche\u0027 l\u0027ammissibilita\u0027 di questa impugnazione straordinaria si\nfaceva discendere, come conseguenza, dall\u0027ibridazione delle regole\nprocessuali che rimangono quelle del rito penale, anche quando nel\ngiudizio residua soltanto la domanda civilistica in ordine alla quale\nsi e\u0027 pronunciato il giudice dell\u0027impugnazione ai sensi dell\u0027art. 578\ndel codice di procedura penale. \n In definitiva, secondo la Corte costituzionale, a differenza\ndell\u0027art. 578-bis del codice di procedura penale, che richiedeva,\ntestualmente, il previo accertamento della responsabilita\u0027\ndell\u0027imputato, l\u0027art. 578 del codice di procedura penale non\nconteneva analoga clausola, sicche\u0027 l\u0027ambito di cognizione da esso\nrichiesta al giudice penale ai fini del provvedimento sull\u0027azione\ncivile doveva essere ricostruito dall\u0027interprete, nel rispetto\ndell\u0027art. 6 CEDU e dell\u0027art. 48 CDFUE, come interpretati dalle\nrispettive Corti. «Con l\u0027art. 578 del codice di procedura penale\n(affermava la Consulta) il legislatore aveva operato un bilanciamento\ntra le esigenze sottese all\u0027operativita\u0027 del principio generale di\naccessorieta\u0027 dell\u0027azione civile rispetto all\u0027azione penale (che\nesclude la decisione sul capo civile nell\u0027ipotesi di proscioglimento)\ne le esigenze di tutela dell\u0027interesse del danneggiato, costituito\nparte civile. Quando il proscioglimento viene pronunciato in grado di\nappello, o di legittimita\u0027, in seguito ad una valida condanna emessa\nnei gradi precedenti, la regola dell\u0027accessorieta\u0027 (che comporta il\nsacrificio dell\u0027interesse della parte civile) subisce dei\ntemperamenti, poiche\u0027 essa continua ad essere applicabile nelle\nipotesi di assoluzione nel merito e di sopravvenienza di cause\nestintive del reato riconducibili alla volonta\u0027 delle parti (ad\nesempio remissione di querela), ma non trova applicazione allorche\u0027\nla dichiarazione di non doversi procedere dipenda dalla\nsopravvenienza di una causa estintiva del reato riconducibile a\nprescrizione o amnistia, nel quale caso prevale l\u0027interesse della\nparte civile a conservare le utilita\u0027 ottenute nel corso del\nprocesso, che continua innanzi allo stesso giudice penale, sebbene\nsia mutato l\u0027ambito di cognizione richiestagli, che va circoscritta\nalla responsabilita\u0027 civile». Questo passo della sentenza n. 182 del\n2021 non sembra consentire con riguardo all\u0027art. 578 del codice di\nprocedura penale il duplice giudizio previsto dal «diritto vivente»,\ncosi\u0027 come ritenuto dalle Sez. Un. ... . Ma sembrerebbe rappresentare\nsemplicemente che le esigenze di tutela della parte civile soccombono\na fronte del proscioglimento nel merito in appello (in un giudizio in\ncui, evidentemente, non e\u0027 maturata la causa estintiva del reato per\nprescrizione o amnistia), ovvero di sopravvenienza di cause estintive\ndel reato riconducibili alla volonta\u0027 delle parti (ad esempio,\nremissione di querela), ipotesi distinte da quella di cui all\u0027art.\n578 del codice di procedura penale, dove, cosi\u0027 testualmente la\nConsulta, «Il giudice dell\u0027impugnazione penale (giudice di appello o\nCorte di cassazione), spogliatosi della cognizione sulla\nresponsabilita\u0027 penale dell\u0027imputato in seguito alla declaratoria di\nestinzione del reato per sopravvenuta prescrizione (o per\nsopravvenuta amnistia), deve provvedere - in applicazione della\ndisposizione censurata - sull\u0027impugnazione ai soli effetti civili,\nconfermando, riformando o annullando la condanna gia\u0027 emessa nel\ngrado precedente, sulla base di un accertamento che impinge\nunicamente sugli elementi costitutivi dell\u0027illecito civile, senza\npotere riconoscere, neppure incidenter tantum, la responsabilita\u0027\ndell\u0027imputato per il reato estinto». \n In buona sostanza, nell\u0027interpretazione convenzionalmente e\neurounitariamente conforme offerta dalla Consulta della disposizione\ndi cui all\u0027art. 578, comma 1, del codice di procedura penale il\ngiudice di appello, constatata l\u0027estinzione del reato per\nprescrizione o amnistia (constatazione che non dovrebbe essere\npreceduta da alcuna verifica in ordine alla responsabilita\u0027 penale\ndell\u0027imputato), deve compiere un unico giudizio, avente carattere\npieno ed integrale, rispetto all\u0027impugnazione proposta, ma avente ad\noggetto non piu\u0027 la responsabilita\u0027 penale dell\u0027imputato, bensi\u0027 la\nresponsabilita\u0027 civile, secondo le regole proprie del giudizio\ncivile. \n La Cassazione, pero\u0027, nel suo piu\u0027 alto Consesso, ha ribadito il\n«diritto vivente» espresso dalle Sezioni unite ..., che, come visto,\nritengono che, nella fattispecie di cui all\u0027art. 578 del codice di\nprocedura penale, il giudice dell\u0027impugnazione, che giudica con\ncognitio plena come giudice penale, deve accertare se l\u0027imputato\npossa essere assolto dal reato ascrittogli, eventualmente ai sensi\ndell\u0027art. 530 cpv. del codice di procedura penale, e, quindi, ove\ncio\u0027 non ritenga, e, dunque, ove ritenga, implicitamente o\nincidentalmente, che l\u0027imputato sarebbe colpevole, al di la\u0027 di ogni\nragionevole dubbio, deve dichiarare estinto il reato per prescrizione\ne occuparsi, secondo le regole proprie del giudizio civile, delle\nresidue questioni civili. Cosi\u0027 facendo, pero\u0027, nel momento in cui il\ngiudice dell\u0027impugnazione passa ad occuparsi delle residue questioni\ncivili, non puo\u0027 evitare di incorrere nella violazione dell\u0027art. 6,\ncomma 2, CEDU e negli agli articoli 3 e 4 della direttiva 2016/UE/343\ne art. 48 della CDFUE, avendo dovuto, in precedenza, escludere la\npossibilita\u0027 di assolvere l\u0027imputato e, quindi, avendo dichiarato\nl\u0027estinzione del reato per prescrizione sul presupposto della sua\ncolpevolezza. \n Cosi\u0027 ricostruito il sistema, deve osservarsi che, benche\u0027\nestinto il reato contestato al ... per prescrizione, la presenza\ndella parte civile, in uno con i motivi di appello, tutti incentrati\nsull\u0027assenza di penale responsabilita\u0027 in capo all\u0027appellante,\nobbligherebbero questa Corte, sulla base del «diritto vivente»\nriaffermato dalle Sezioni unite ..., ad una preliminare rivalutazione\npiena della responsabilita\u0027 «penale» del ... in ordine allo stesso\nfatto-reato contestatogli, peraltro, sulla base del medesimo\nmateriale probatorio avuto a disposizione dal giudice di prime cure,\nsia pure ai fini, eventualmente, ove non sussistenti i presupposfi\nper la sua assoluzione, anche ai sensi dell\u0027art. 530 cpv. del codice\ndi procedura penale, di confermare o meno le statuizioni civili\ndisposte dal primo giudice. \n E\u0027 rilevante, pertanto, la questione della conformita\u0027 di tale\nsistema e, in particolare, dell\u0027art. 578, comma 1, del codice di\nprocedura penale, che di esso e\u0027 la trasfusione normativa,\nrelativamente al diritto fondamentale al rispetto della presunzione\ndi innocenza di cui all\u0027art. 6 comma 2 CEDU, cosi\u0027 come declinato\ndalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell\u0027uomo, da\nintendersi come parametro interposto dell\u0027art. 117, comma 1, della\nCostituzione. \n Peraltro, la questione assume rilevanza anche in ordine alla\nconformita\u0027 del sistema sopra delineato e, quindi, dell\u0027art. 578,\ncomma 1, del codice di procedura penale, rispetto al diritto\ndell\u0027Unione europea, e, in specie, in relazione agli articoli 3 e 4\ndella direttiva 2016/UE/343 e art. 48 CDFUE, anche in questo caso\nletti come parametri interposti degli articoli n. 11 e n. 117 della\nCostituzione. \n Infine, la questione appare rilevante anche rispetto ai parametri\ninterni costituzionali di cui agli articoli n. 3 e n. 27, comma 2,\ndella Costituzione, in relazione alla diversa disciplina predisposta\ndal legislatore della riforma c.d. Cartabia con il comma 1-bis\ndell\u0027art. 578 del codice di procedura penale riguardo all\u0027analoga\nfattispecie dell\u0027improcedibilita\u0027 dell\u0027azione penale ai sensi\ndell\u0027art. 344-bis del codice di procedura penale. \n3. In punto di non manifesta infondatezza della questione. \n3.1. Rispetto all\u0027art. 6, comma 2, CEDU quale parametro interposto\ndell\u0027art. 117, comma 1, della Costituzione. \n Vanno richiamati i principi gia\u0027 positivamente apprezzati dalla\nCorte costituzionale con la sentenza n. 182 del 2021. \n Come e\u0027 noto, l\u0027art. 6, comma 2, CEDU tutela il «diritto alla\npresunzione di innocenza fino a prova contraria». Considerata come\nuna garanzia procedurale nel contesto di un processo penale, la\npresunzione di innocenza impone requisiti relativi, tra l\u0027altro,\nall\u0027onere della prova, alle presunzioni legali di fatto e di diritto,\nal privilegio contro l\u0027autoincriminazione, alla pubblicita\u0027\npreprocessuale e alle espressioni premature, da parte della Corte\nprocessuale o di altri funzionari pubblici, della colpevolezza di un\nimputato (Corte EDU, grande camera, 12 luglio 2013, Allen c. Regno\nUnito, § 93; Corte EDU, grande camera, 11 giugno 2024, Nealon e\nHallam c. Regno Unito, § 101). \n Tuttavia, in linea con la necessita\u0027 di assicurare che il diritto\ngarantito dall\u0027art. 6, comma 2, CEDU sia pratico e effettivo, la\npresunzione di innocenza ha anche un altro aspetto. Il suo scopo\ngenerale, in questo secondo aspetto, e\u0027 quello di proteggere le\npersone che sono state assolte da un\u0027accusa penale, o nei confronti\ndelle quali e\u0027 stato interrotto un procedimento penale, dall\u0027essere\ntrattate dai pubblici ufficiali e dalle autorita\u0027 come se fossero di\nfatto colpevoli del reato contestato (cfr. Corte EDU, grande camera,\n12 luglio 2013, Allen c. Regno Unito, § 94; Corte EDU, grande camera,\n28 giugno 2018, c. Italia, § 314; Corte EDU, grande camera, 11 giugno\n2024, Nealon e Hallam c. Regno Unito, §§ 102 e 108). \n Come espressamente indicato nell\u0027articolo stesso, l\u0027art. 6, comma\n2, CEDU si applica quando una persona e\u0027 accusata di un reato. La\nCorte europea dei diritti umani ha ripetutamente sottolineato che si\ntratta di un concetto autonomo, che deve essere interpretato secondo\ni tre criteri stabiliti dalla sua giurisprudenza, i noti Engel\ncriteria (Corte EDU, 8.6.1976, Engel e altri c. Paesi Bassi). Per\nvalutare qualsiasi denuncia ai sensi dell\u0027art. 6, comma 2, CEDU, che\ninsorga nell\u0027ambito di un procedimento giudiziario, e\u0027 innanzitutto\nnecessario accertare se il procedimento contestato comporti la\ndeterminazione di un\u0027accusa penale, ai sensi della giurisprudenza\ndella Corte (Corte EDU, grande camera, 12 luglio 2013, Allen c. Regno\nUnito, § 95). \n Tuttavia, nei casi che riguardano il secondo aspetto della\nprotezione offerta dall\u0027art. 6, comma 2, CEDU, che si verifica quando\nil procedimento penale e\u0027 terminato, e\u0027 chiaro che l\u0027applicazione di\ntale criterio e\u0027 inappropriata. In questi casi, il procedimento\npenale si e\u0027 necessariamente concluso e, a meno che il successivo\nprocedimento giudiziario non dia luogo a una nuova imputazione penale\nai sensi della Convenzione, se l\u0027art. 6, comma 2, CEDU e\u0027 impiegato,\ndeve esserlo per motivi diversi (Corte EDU, grande camera, 12 luglio\n2013, Allen c. Regno Unito, § 96). \n Sotto questo profilo, la Corte EDU e\u0027 stata chiamata a\nconsiderare l\u0027applicazione dell\u0027art. 6, comma 2, CEDU alle decisioni\ngiudiziarie prese a seguito della conclusione del procedimento\npenale, a titolo di interruzione o dopo un\u0027assoluzione, in\nprocedimenti riguardanti, tra l\u0027altro, l\u0027imposizione di una\nresponsabilita\u0027 civile per il pagamento di un risarcimento alla\nvittima (vedi Corte EDU 11 febbraio 2003, Ringvold c. Norvegia; Corte\nEDU 15 maggio 2008, Orr c. Norvegia; Corte EDU 19 aprile 2011, Erkol\nc. Turchia; Corte EDU 12 aprile 2012, Lagardere c. Francia). Nella\ngia\u0027 citata causa Allen c. Regno Unito, la Corte EDU ha formulato il\nprincipio della presunzione di innocenza nel contesto del secondo\naspetto dell\u0027art. 6, comma 2, CEDU sostanzialmente affermando che la\npresunzione di innocenza significa che, in presenza di un\u0027accusa\npenale e di un procedimento penale conclusosi con un\u0027assoluzione, la\npersona che e\u0027 stata oggetto del procedimento penale e\u0027 innocente\nagli occhi della legge e deve essere trattata in modo coerente con\ntale innocenza. In tale senso, pertanto, la presunzione di innocenza\npermarra\u0027 anche dopo la conclusione del procedimento penale, al fine\ndi garantire che, per quanto riguarda qualsiasi accusa non provata,\nl\u0027innocenza della persona in questione sia rispettata. Questa\npreoccupazione prioritaria e\u0027 alla base dell\u0027approccio della Corte in\nmerito all\u0027applicabilita\u0027 dell\u0027art. 6, comma 2, CEDU in questi casi.\nOgniqualvolta la questione dell\u0027applicabilita\u0027 dell\u0027art. 6, comma 2,\nCEDU si pone nel contesto di un procedimento successivo, il\nrichiedente deve dimostrare l\u0027esistenza di un legame, come sopra\nindicato, tra il procedimento penale concluso e il procedimento\nsuccessivo. Tale legame e\u0027 probabile che sussista, ad esempio, quando\nil procedimento successivo richiede l\u0027esame dell\u0027esito del\nprocedimento penale precedente e, in particolare, quando obbliga il\ngiudice ad analizzare la sentenza penale; a procedere a un esame o a\nuna valutazione delle prove contenute nel fascicolo penale; a\nvalutare la partecipazione del ricorrente ad alcuni o a tutti gli\neventi che hanno portato all\u0027accusa penale; a commentare le\nindicazioni esistenti sulla possibile colpevolezza del richiedente. \n Cio\u0027 posto, la Corte europea dei diritti umani e\u0027 stata chiamata\nad occuparsi di un caso (Pasquini c. San Marino, n. 23349/17,\nsentenza della III Sezione della Corte EDU del 20 ottobre 2020) del\ntutto sovrapponibile a quello in esame in questo procedimento. Si\ntrattava di un caso in cui il ricorrente, condannato in primo grado,\nnon solo penalmente ma anche a risarcire il danno nei confronti della\ncostituita parte civile, in sede di appello si vedeva dichiarare\nestinto il reato per prescrizione, con conferma delle statuizioni\ncivili, sulla base dell\u0027art. 196-bis del codice di procedura penale\nsanrnarinese, che cosi\u0027 recita: «quando l\u0027imputato e\u0027 stato\ncondannato a reintegrare le cose o a risarcire alla parte civile i\ndanni causati da un reato - anche se il danno e\u0027 ancora da\nquantificare - il giudice di appello, che dichiara il reato\nprescritto, decide sulle eccezioni relative agli obblighi derivanti\ndal reato, ai sensi dell\u0027art. 140 del codice penale». Il ricorrente\nadiva la Corte dei diritti umani lamentando la violazione dell\u0027art.\n6, comma 2, CEDU. \n Ebbene la Corte europea, ribadendo i consolidati principi sopra\nriportati, riteneva innanzitutto applicabile nel caso di specie il\ndisposto dell\u0027art. 6, comma 2, CEDU. Invero, il procedimento penale\nsi era concluso in appello con l\u0027interruzione del procedimento per\nprescrizione. In conseguenza dell\u0027art. 196-bis del codice di\nprocedura penale sanmarinese, lo stesso giudice dell\u0027appello penale\nche si pronunciava sull\u0027imputazione penale era anche competente a\ndecidere il risarcimento dovuto alla vittima. Tuttavia, la\ndeterminazione del risarcimento alla vittima era una fase successiva\nall\u0027interruzione del procedimento penale. In quella fase, il giudice\ndell\u0027appello penale era tenuto ad analizzare i precedenti\naccertamenti penali e ad avviare una revisione o una valutazione\ndelle prove contenute nel fascicolo penale. Egli doveva anche\nvalutare la partecipazione del ricorrente ad alcuni o a tutti gli\neventi che avevano portato all\u0027accusa penale e commentare le\nindicazioni esistenti sulla possibile colpevolezza del richiedente.\nDunque, esisteva un nesso tra le due determinazioni (vedi § 38 della\nsentenza Corte EDU 20 ottobre 2020, Pasquini c. San Marino). \n I giudici di Strasburgo ribadivano che il secondo aspetto della\ntutela della presunzione di innocenza entra in gioco quando il\nprocedimento penale si conclude con un risultato diverso da una\ncondanna, sicche\u0027 senza una tutela che garantisca il rispetto\ndell\u0027assoluzione o della decisione di interruzione in qualsiasi altro\nprocedimento, le garanzie del processo equo di cui all\u0027art. 6, comma\n2, CEDU rischiano di diventare teoriche o illusorie. Cio\u0027 che e\u0027 in\ngioco, una volta terminato il procedimento penale, e\u0027 anche la\nreputazione della persona e il modo in cui essa viene percepita dal\npubblico. In una certa misura, la protezione offerta dall\u0027art. 6,\ncomma 2, CEDU a questo riguardo puo\u0027 sovrapporsi alla protezione\nofferta dall\u0027art. 8 CEDU (vedi ancora Corte EDU, grande camera, 28\ngiugno 2018, ... e altri c. Italia, § 314). Con riguardo a\ndichiarazioni successive alla cessazione del procedimento penale non\ncon sentenza di assoluzione, ma comunque senza che l\u0027imputato sia\nstato precedentemente dimostrato colpevole secondo la legge, risulta\nviolata la presunzione di innocenza se una decisione giudiziaria che\nlo riguarda riflette un\u0027opinione di colpevolezza. In questi casi, il\nlinguaggio utilizzato dal giudice sara\u0027 di fondamentale importanza\nper valutare la compatibilita\u0027 della decisione e la sua motivazione\nall\u0027art. 6, comma 2, CEDU. Nei casi di richieste di risarcimento\ncivile presentate dalle vittime, indipendentemente dal fatto che il\nprocedimento si sia concluso con l\u0027interruzione o con l\u0027assoluzione,\nla Corte sottolineava che, sebbene l\u0027esonero dalla responsabilita\u0027\npenale debba essere rispettato nel procedimento di risarcimento\ncivile, non dovrebbe precludere l\u0027accertamento della responsabilita\u0027\ncivile per il pagamento del risarcimento derivante dagli stessi fatti\nsulla base di un onere probatorio meno rigoroso. Tuttavia, se la\ndecisione nazionale sul risarcimento dovesse contenere una\ndichiarazione di responsabilita\u0027 penale della parte convenuta, cio\u0027\nsolleverebbe una questione rientrante nell\u0027ambito dell\u0027art. 6, comma\n2, CEDU. In particolare, la Corte riteneva che la presunzione di\ninnocenza fosse violata in situazione in cui i Tribunali avevano\nritenuto «chiaramente probabile» che il ricorrente avesse commesso un\nreato o avevano espressamente indicato che le prove disponibili erano\nsufficienti per stabilire che era stato commesso un reato (vedi §§ da\n49 a 53 della citata sentenza Pasquini c. San Marino). \n Facendo applicazione dei su riportati principi, la Corte\nesaminava il caso, notando che: 1) la causa civile era stata trattata\nnell\u0027ambito del procedimento penale; 2) la determinazione del giudice\ndell\u0027appello penale che riguardava proprio gli stessi fatti imputati\nal ricorrente nel corso del procedimento penale era stata effettuata\nsenza alcuna distinzione circa la qualificazione giuridica; 3) il\ngiudice dell\u0027appello penale si era dovuto basare sulle stesse prove\nesistenti nel fascicolo penale e non erano state presentate nuove\nprove; 4) il giudice dell\u0027appello penale, pur facendo una propria\nvalutazione di tali fatti, aveva confermato la constatazione di fatto\ndel giudice penale di prima istanza e aveva proceduto a confermare\nl\u0027ordine di risarcimento del danno senza intraprendere alcuna\nconsiderazione rilevante per quanto riguarda l\u0027ammontare di tale\ndanno, basandosi pertanto interamente sulla sentenza di primo grado;\n5) il giudice dell\u0027appello penale aveva basato la sua decisione sulla\nconstatazione che la parte civile aveva subito un danno dagli atti\nposti in essere dal ricorrente, che corrispondevano al reato\nimputatogli e, quindi, il giudice dell\u0027appello penale aveva stabilito\nin modo inequivocabile che le azioni del ricorrente corrispondevano\nagli atti criminali di cui era stato accusato, andando ancora oltre,\ndichiarando esplicitamente che ricorrente aveva commesso tali atti\ncon dolo (cfr. §§ da 59 a 62). \n E\u0027 vero che il ricorrente era gia\u0027 stato dichiarato colpevole in\nprima istanza. Tuttavia, aggiungevano i giudici di Strasburgo, la\ngiurisprudenza della Corte non distingueva tra i casi in cui le\naccuse venivano sospese perche\u0027 cadute in prescrizione prima di\nqualsiasi accertamento penale e quelli che venivano sospese per lo\nstesso motivo dopo una prima constatazione di colpevolezza. Pertanto,\naffermava la Corte, le constatazioni di prima istanza, che non sono\ndefinitive, non possono condizionare le determinazioni successive e\nla Corte ribadiva che si dovrebbe esercitare una maggiore cautela nel\nformulare il ragionamento in una sentenza civile dopo l\u0027interruzione\ndel procedimento penale (§ 63). \n In conclusione, siccome le parole usate dal giudice dell\u0027appello\npenale nel decidere in materia di risarcimento erano tali che\nrappresentavano il comportamento del ricorrente come riconducibile\nagli atti criminali che gli erano stati imputati, rispetto ai quali\nnon vi era alcun dubbio sull\u0027esistenza del dolo, queste parole\nequivalevano ad una dichiarazione inequivocabile che il ricorrente\navesse commesso un reato, e cio\u0027 non era coerente con la cessazione\ndelle relative imputazioni a causa della scadenza del termine di\nprescrizione. Conseguenzialmente la Corte riscontrava la violazione\ndell\u0027art. 6, comma 2, CEDU (§ 64). \n I principi espressi nella sentenza Corte EDU, 20 ottobre 2020,\nPasquini c. San Marino, costituiscono «diritto consolidato» (secondo\nquanto ritenuto da Corte costituzionale n. 49/2015; d\u0027altra parte,\ncome sottolinea la Corte europea dei diritti umani, «le sue sentenze\nhanno tutte lo stesso valore giuridico. Il loro carattere vincolante\ne la loro autorita\u0027 interpretativa non possono pertanto dipendere dal\ncollegio giudicante che le ha pronunciate»: vedi Corte EDU, grande\ncamera, 28 giugno 2018, c. Italia, § 252), ricollegandosi invero ad\nuna consolidata e datata giurisprudenza europea (oltre alle sentenze\nsopra citate si veda anche Corte EDU, 4 giugno 2013, Teodor c.\nRomania, e, con riguardo alla natura pregiudizievole per il diritto\nalla presunzione di innocenza di un decreto di archiviazione per\nprescrizione del reato, che presentava l\u0027indagato come colpevole, si\nveda Corte EDU, 29 gennaio 2019, Stirmanov c. Russia, e ancora Corte\nEDU, 3 ottobre 2019; Fleischner c. Germania; di recente, ancora, si\nrichiama la sentenza Corte EDU, 10 ottobre 2024, Machalicky c.\nRepubblica Ceca, sempre in un caso di sentenza con la quale veniva\ndichiarata la prescrizione del reato, in cui ). \n La fattispecie appena descritta, oggetto della sentenza Pasquini\nc. San Marino, peraltro, si attaglia perfettamente al caso in esame,\npoiche\u0027 l\u0027art. 578 del codice di procedura penale, per come\ninterpretato dal «diritto vivente» da ultimo ribadito dalle Sezioni\nunite Calpitano, risulta formulato in termini del tutto simmetrici\nall\u0027art. 196-bis del codice di procedura penale di San Marino. \n Non e\u0027 possibile, pertanto, procedere ad un\u0027interpretazione\nconvenzionalmente conforme dell\u0027art. 578 del codice di procedura\npenale, cosi\u0027 come peraltro formulata dalla Corte costituzionale con\nla sentenza n. 182 del 2021, ammettendo che il giudice di appello,\nconstatata l\u0027estinzione del reato per prescrizione e l\u0027impossibilita\u0027\ndi assolvere l\u0027imputato ai sensi dell\u0027art. 129, comma 2, del codice\ndi procedura penale, limitandosi a descrivere uno stato di sospetto,\nche non violerebbe di per se\u0027 l\u0027art. 6, comma 2, CEDU (vedi Corte EDU\n26 marzo 1996, Leutscher c. Paesi Bassi), possa valutare le residue\nquestioni civili facendo applicazione delle regole di giudizio del\ngiudizio civile, senza neppure incidentalmente pronunciarsi sulla\nresponsabilita\u0027 penale dell\u0027imputato. Secondo l\u0027interpretazione della\nCassazione, e cioe\u0027 del «diritto vivente», il giudice di appello,\nprima di dichiarare l\u0027estinzione del reato per prescrizione, deve\ncompiere un esaustivo apprezzamento della responsabilita\u0027\ndell\u0027imputato, alla luce dell\u0027impugnazione proposta, eventualmente\nanche assolvendolo ai sensi dell\u0027art. 530 cpv. del codice di\nprocedura penale, sicche\u0027, ove a tale ultima conclusione non giunga,\ncon il dichiarare estinto il reato per prescrizione, deve affermarne\nimplicitamente la colpevolezza, poiche\u0027 nella sostanza la sentenza\nemessa ai sensi dell\u0027art. 578 del codice di procedura penale e\u0027 una\nsentenza di condanna suscettibile anche di revisione. \n Sotto questo profilo, il tentativo delle Sezioni unite ... di\nrendere compatibili i principi affermati dalle Sezioni unite ... con\nl\u0027interpretazione, convenzionalmente e eurounitariamente conforme,\npatrocinata dal giudice delle leggi con la sentenza n. 182/2021 non\nsembra cogliere nel segno per le ragioni gia\u0027 ampiamente esposte. \n A fronte del «diritto vivente», ribadito dalle Sezioni unite ...,\nnon essendo possibile interpretare in maniera convenzionalmente\nconforme l\u0027art. 578 del codice di procedura penale, secondo quanto\nstabilito a partire dalle c.d. sentenze gemelle nn. 348 e 349 del\n2007 della Corte costituzionale, e\u0027 necessario sollevare nuovamente\nincidente di costituzionalita\u0027 della predetta norma per contrasto con\ngli articoli 6, comma 2, CEDU e 117, comma 1, della Costituzione\nnella parte in cui stabilisce che il giudice dell\u0027appello penale, che\ndichiara estinto per prescrizione il reato per cui e\u0027 intervenuta in\nprimo grado condanna, e\u0027 tenuto a decidere sull\u0027impugnazione agli\neffetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli\ninteressi civili. \n Spetta, infatti, alla Corte costituzionale intervenire, a fronte\ndel «diritto vivente», nell\u0027impossibilita\u0027 di un\u0027interpretazione\nconvenzionalmente conforme della norma di diritto interno in\ncontrasto con la CEDU, che procedera\u0027 al necessario bilanciamento\ndegli interessi e dei diritti fondamentali in gioco. \n3.2. Rispetto al diritto dell\u0027Unione europea e segnatamente agli\narticoli 3 e 4 della direttiva 2016/UE/343 e all\u0027art. 48 della Carta\ndei diritti fondamentali dell\u0027U.E., quali parametri interposti degli\narticoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione. \n Volendo esaminare la questione anche sul piano del diritto\ndell\u0027U.E., anche in questo caso vanno richiamati i riferimenti gia\u0027\npositivamente apprezzati dalla Corte costituzionale con la sentenza\nn. 182 del 2021. \n In particolare, deve osservarsi che l\u0027Unione europea ha emanato\nda tempo, ai sensi dell\u0027art. 82 § 2 lettera b) TFUE, una specifica\ndirettiva sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di\ninnocenza (la direttiva del Parlamento e del Consiglio 2016/UE/343\ndel 9 marzo 2016, entrata in vigore il 1° aprile 2016, con obbligo di\nrecepimento fino al 1° aprile 2018; la direttiva e\u0027 stata recepita\nnel nostro ordinamento con decreto legislativo n. 188/2021). \n Nel dettaglio, l\u0027art. 3, rubricato «Presunzione di innocenza»,\nstabilisce che gli Stati membri assicurano che agli indagati e\nimputati sia riconosciuta la presunzione di innocenza fino a quando\nnon ne sia stata legalmente provata la colpevolezza. All\u0027art. 4,\nrubricato «Riferimenti in pubblico alla colpevolezza», si afferma che\ngli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che,\nfino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata\nlegalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da\nautorita\u0027 pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle\nsulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole. Cio\u0027\nlascia impregiudicati gli atti della pubblica accusa volti a\ndimostrare la colpevolezza dell\u0027indagato o imputato e le decisioni\npreliminari di natura procedurale adottate da autorita\u0027 giudiziarie o\nda altre autorita\u0027 competenti e fondate sul sospetto o su indizi di\nreita\u0027. Il Considerando 11 chiarisce che la direttiva si applica ai\nprocedimenti penali nell\u0027accezione data dall\u0027interpretazione della\nCorte di giustizia UE, fatta salva la giurisprudenza della Corte EDU.\nIl Considerando 16 della direttiva chiarisce che la presunzione di\ninnocenza sarebbe violata se dichiarazioni pubbliche rilasciate da\nautorita\u0027 pubbliche o decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla\ncolpevolezza presentassero l\u0027indagato o imputato come colpevole fino\na quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata. Tali\ndichiarazioni o decisioni giudiziarie non dovrebbero rispecchiare\nl\u0027idea che una persona sia colpevole. Cio\u0027 dovrebbe lasciare\nimpregiudicati gli atti della pubblica accusa che mirano a dimostrare\nla colpevolezza dell\u0027indagato o imputato, come l\u0027imputazione, nonche\u0027\nle decisioni giudiziarie in conseguenza delle quali decorrono effetti\ndi una pena sospesa, purche\u0027 siano rispettati i diritti della difesa.\nDovrebbero, altresi\u0027, restare impregiudicate le decisioni preliminari\ndi natura procedurale, adottate da autorita\u0027 giudiziarie o da altre\nautorita\u0027 competenti e fondate sul sospetto o su indizi di reita\u0027,\nquali le decisioni riguardanti la custodia cautelare, purche\u0027 non\npresentino l\u0027indagato o imputato come colpevole. Prima di prendere\nuna decisione preliminare di natura procedurale, l\u0027autorita\u0027\ncompetente potrebbe prima dover verificare che vi siano sufficienti\nprove a carico dell\u0027indagato o imputato tali da giustificare la\ndecisione e la decisione potrebbe contenere un riferimento a tali\nelementi. Il Considerando 17 della direttiva precisa che per\n«dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorita\u0027 pubbliche» dovrebbe\nintendersi qualsiasi dichiarazione riconducibile a un reato\nproveniente da un\u0027autorita\u0027 coinvolta nel procedimento penale che ha\nad oggetto tale reato, quali le autorita\u0027 giudiziarie, di polizia e\naltre autorita\u0027 preposte all\u0027applicazione della legge, o da un\u0027altra\nautorita\u0027 pubblica, quali ministri e altri funzionari pubblici, fermo\nrestando che cio\u0027 lascia impregiudicato il diritto nazionale in\nmateria di immunita\u0027. Ai sensi dell\u0027art. 13 della direttiva nessuna\ndisposizione della stessa puo\u0027 essere interpretata in modo da\nlimitare o derogare ai diritti e alle garanzie procedurali garantiti\ndalla carta dei diritti fondamentali UE, dalla CEDU, da altre\npertinenti disposizioni di diritto internazionale o dal diritto di\nqualsiasi Stato membro che assicurino un livello di protezione piu\u0027\nelevato. \n Come ha definitivamente chiarito la Corte di giustizia UE (vedi\nCorte di giustizia UE, I Sez., 13 giugno 2019, causa C-646/17, ...,\npunti da 29 a 37), le direttive emanate ai sensi dell\u0027art. 82, § 2,\ncomma 1, TFUE, si applicano a qualunque procedimento penale,\nindipendentemente dal fatto che abbia o meno una dimensione\ntransnazionale, nel senso di avere ad oggetto materie penali aventi\ndimensione transnazionale. Di conseguenza, devono essere tenute\npresenti in qualsiasi procedimento penale. Cio\u0027 comporta, come logico\ncorollario, l\u0027applicazione della Carta dei diritti fondamentali UE,\nai sensi dell\u0027art. 51, § 1, della medesima, che stabilisce che le\ndisposizioni della Carta si applicano agli Stati membri\nesclusivamente nell\u0027attuazione del diritto dell\u0027U.E. (Corte di\ngiustizia UE, 26 febbraio 2013, causa C-617/10, Akerberg Fransson,\npunto 17). Pertanto, nell\u0027attuazione del diritto dell\u0027U.E. non si\npuo\u0027 prescindere dall\u0027art. 48 della CDFUE, e, siccome la Carta e\u0027\nequiparata ai Trattati (art. 6, § 1, TUE) e ne ha lo stesso valore\ngiuridico, ne consegue che trattasi di diritto primario dell\u0027UE. \n Dunque, tutti i principi espressi dalla Corte EDU con riguardo\nalla presunzione di innocenza sancita dall\u0027art. 6, comma 2, CEDU,\npossono ritenersi pienamente viventi ed operanti anche in ambito UE\nattraverso la citata direttiva e l\u0027art. 48 della CDFUE (tenuto conto\nche il diritto alla presunzione di innocenza in esso sancito,\nconformemente all\u0027art. 52, paragrafo 3, della CDFUE, ha significato e\nportata identici allo stesso diritto garantito dalla CEDU), con la\nconseguente possibilita\u0027 di disapplicare le norme interne che\ndovessero porsi in contrasto con le norme UE aventi efficacia\ndiretta. \n Peraltro, trattandosi di questione che coinvolge diritti\nfondamentali che godono tutela sia in ambito UE che interno (vedi\nart. 27 della Costituzione), la relativa questione puo\u0027 essere\nsottoposta all\u0027attenzione anche della Corte costituzionale, ai sensi\ndegli articoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione, come chiarito\nda Corte costituzionale sentenze numeri 269/2017, 20/2019, 63/2019 e,\nda ultimo, 181/2024. \n Secondo la Corte di giustizia UE (vedi Corte di giustizia UE, II\nSez., 5 settembre 2019, causa C-377/18, Ah e altri), ai sensi\ndel\u0027art. 4, § 1, prima frase, della direttiva 2016/UE/343, gli Stati\nmembri sono tenuti ad adottare le misure necessarie per garantire\nche, segnatamente, le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla\ncolpevolezza non presentino un indagato o un imputato come colpevole\nfino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata.\nSecondo il Considerando 16 tali dichiarazioni o decisioni giudiziarie\nnon dovrebbero rispecchiare l\u0027idea che una persona sia colpevole.\nNonostante l\u0027art. 4, § 1, della citata direttiva lasci agli Stati\nmembri un margine di discrezionalita\u0027 per l\u0027adozione delle misure\nnecessarie ai sensi di detta disposizione, resta il fatto che, come\nsi evince dal Considerando 48 di tale direttiva, il livello di tutela\nprevisto dagli Stati membri non dovrebbe mai essere inferiore alle\nnorme della Carta o della CEDU, segnatamente quelle sulla presunzione\ndi innocenza. A tale riguardo, sottolinea la Corte del Lussemburgo\n(vedi punto 41), occorre rilevare che la presunzione di innocenza e\u0027\nsancita dall\u0027art. 48 della CDFUE, il quale, come risulta dalle\nspiegazioni relative a quest\u0027ultima, corrisponde all\u0027art. 6, commi 2\ne 3, CEDU. Ne consegue che, conformemente all\u0027art. 52, § 3, della\nCarta, ai fini dell\u0027interpretazione dell\u0027art. 48 di quest\u0027ultima\noccorre prendere in considerazione l\u0027art. 6, commi 2 e 3, CEDU, quale\nsoglia di protezione minima. Sicche\u0027, in assenza di indicazioni\nprecise nella direttiva 2016/UE/343 e nella giurisprudenza relativa\nall\u0027art. 48 della CDFUE su come debba stabilirsi se una persona sia\npresentata o meno come colpevole in una decisione giudiziaria, ai\nfini dell\u0027interpretazione dell\u0027art. 4, § 1, della direttiva\n2016/UE/343 occorre ispirarsi alla giurisprudenza della Corte europea\ndei diritti dell\u0027uomo relativa all\u0027art. 6, comma 2, CEDU (punto 42:\nnel caso di specie la Corte di giustizia UE, proprio rifacendosi ad\nun precedente della Corte EDU, riteneva che l\u0027art. 4 della direttiva\ndovesse essere interpretato nel senso che non ostasse a che un\naccordo nel quale l\u0027imputato riconosce la propria colpevolezza in\ncambio di una riduzione di pena, e che deve essere approvato da un\ngiudice nazionale, menzioni espressamente quali coautori del reato\nnon soltanto tale imputato ma anche altre persone imputate in un\nprocedimento separato, che procede ordinariamente, a condizione, da\nun lato, che tale menzione sia necessaria per la qualificazione della\nresponsabilita\u0027 giuridica dell\u0027imputato che ha concluso l\u0027accordo,\ndall\u0027altro, che il medesimo accordo indichi chiaramente che tali\naltre persone sono imputate in un procedimento penale distinto e che\nla loro colpevolezza non e\u0027 stata legalmente accertata; in altra\nsentenza - Corte di giustizia UE, I Sez., 19 settembre 2018, causa\nC-310/18 PPU, Milev -, la Corte ha affermato che l\u0027art. 4, § 1, della\ndirettiva 2016/UE/343 deve essere letto alla luce del Considerando\n16, secondo il quale il rispetto della presunzione di innocenza non\npregiudica le decisioni riguardanti, ad esempio, la custodia\ncautelare, purche\u0027 non presentino l\u0027indagato o imputato come\ncolpevole. Ai sensi dello stesso Considerando, prima di prendere una\ndecisione preliminare di natura procedurale, l\u0027autorita\u0027 competente\npotrebbe anzitutto dovere verificare che vi siano sufficienti prove a\ncarico dell\u0027indagato o imputato tali da giustificare la decisione e\nquest\u0027ultima potrebbe contenere un riferimento a tali elementi. Da\nquanto precede risulta che, nell\u0027ambito dei procedimenti penali, la\ndirettiva in questione e, in particolare, i suoi articoli 3 e 4, § 1,\nnon ostano all\u0027adozione di decisioni preliminari di natura\nprocedurale, come una decisione di mantenere una misura di custodia\ncautelare adottata da un\u0027autorita\u0027 giudiziaria, fondate sul sospetto\no su indizi di reita\u0027, purche\u0027 tali decisioni non presentino la\npersona detenuta come colpevole). \n Alla luce di cio\u0027, si dubita della conformita\u0027 al diritto UE\ndell\u0027art. 578 del codice di procedura penale, come interpretato dal\n«diritto vivente», da ultimo ribadito dalla sentenza delle Sezioni\nunite ... \n Anche in questo caso, eventuali bilanciamenti con altri interessi\no diritti tutelati dall\u0027ordinamento U.E. (con riguardo, ad esempio,\nalla parte civile «vittima» del reato, come si evince dall\u0027art. 16\ndella direttiva 2012/UE/29), spettano alla Corte costituzionale. \n Al riguardo, vanno richiamate le argomentazioni con le quali la\nCorte costituzionale, nella sentenza n. 12 del 2016, relativamente\nalle questioni sollevate in ordine alla legittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art. 538 del codice di procedura penale nella parte in cui non\nconsente al giudice penale di condannare l\u0027imputato al risarcimento\ndel danno in favore della parte civile in caso di proscioglimento per\nqualsiasi causa, compreso il vizio totale di mente, ha superato i\nprofili riguardanti l\u0027asserita violazione anche del diritto dell\u0027U.E. \n Invero, si legge testualmente nella sentenza: «non giova,\naltresi\u0027, alle tesi del giudice a quo il richiamo alla direttiva 25\nottobre 2012, n. 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio,\nche istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e\nprotezione delle vittime di reato: richiamo destinato, peraltro, a\nfingere da mero argomento di supporto delle altre doglianze, non\navendo il rimettente evocato i parametri costituzionali che\nimporrebbero - in ipotesi - l\u0027adeguamento dell\u0027ordinamento italiano\nalle istanze sovranazionali richiamate (ossia gli articoli 11 e 117,\nprimo comma, della Costituzione). Al riguardo, e\u0027 sufficiente\nosservare che l\u0027obbligo degli Stati membri - sancito dall\u0027art. 16,\nparagrafo 1, della citata direttiva - di garantire alla vittima «il\ndiritto di ottenere una decisione in merito al risarcimento da parte\ndell\u0027autore del reato nell\u0027ambito del procedimento penale entro un\nragionevole lasso di tempo», risulta espressamente subordinato alla\ncondizione che «il diritto nazionale [non] preveda che tale decisione\nsia adottata nell\u0027ambito di un altro procedimento giudiziario». Il\nche e\u0027 proprio quanto si verifica, secondo l\u0027ordinamento italiano,\nnell\u0027ipotesi in esame». \n Conclusivamente, va anche rilevato che, contrariamente a quanto\nsostenuto dalle Sezioni unite ... (vedi punto 8 del Considerato in\ndiritto), la protezione giuridica offerta al diritto di difesa\ndell\u0027imputato dall\u0027interpretazione dell\u0027art. 578, comma 1, del codice\ndi procedura penale resa dal «diritto vivente» rappresentato dalle\nSezioni unite ... non appare, per nulla maggiore di quella offerta\ndalla CEDU e dal diritto dell\u0027Unione europea, atteso che espone\nl\u0027imputato ad un improprio giudizio di colpevolezza tutte le volte in\ncui, per la maturata estinzione del reato per prescrizione, di tale\naspetto della vicenda giudiziaria il giudice di appello non dovrebbe\npiu\u0027 curarsi. Invero, si ribadisce, pur a fronte della maturata\nprescrizione, le Sezioni unite ... obbligano il giudice\ndell\u0027impugnazione, sulla base del principio devolutivo, ad una\npreliminare ed approfondita valutazione degli aspetti penali della\nvicenda, che puo\u0027 condurre all\u0027assoluzione dell\u0027imputato, ma anche\nalla sua implicita affermazione di colpevolezza. La «medaglia»,\ndunque, deve essere osservata da entrambe le facce e non limitarsi a\nquella apparentemente piu\u0027 favorevole. \n3.3. Rispetto agli articoli 3 e 27, comma 2, della Costituzione \n L\u0027intervento correttivo della Corte costituzionale potrebbe\ntradursi nella declaratoria di incostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 578,\ncomma 1, del codice di procedura penale per come interpretato dal\n«diritto vivente», cosi\u0027 da attribuire cogenza ai principi affermati\nnella sentenza interpretativa di rigetto n. 182/2021 (ed e\u0027 l\u0027ipotesi\nsubordinata che si prospetta alla Corte). \n Tuttavia, una simile soluzione rischierebbe di non tenere conto\ndell\u0027evoluzione legislativa che c\u0027e\u0027 stata in conseguenza proprio\ndella sentenza n. 182 del 2021 e della diversa architettura di\nsistema scaturita dalla riforma c.d. Cartabia circa i rapporti tra\nazione penale e azione civile nell\u0027ambito del processo penale, che\nvale la pena di riassumere brevemente. \n Invero, si e\u0027 visto che, con riguardo all\u0027istituto\ndell\u0027improcedibilita\u0027 di cui all\u0027art. 344-bis del codice di procedura\npenale, il legislatore ha ritenuto di percorrere una strada diversa\nda quella di cui all\u0027art. 578, comma 1, del codice di procedura\npenale Infatti, quando nei confronti dell\u0027imputato e\u0027 stata\npronunciata condanna, anche generica, alla restituzione o al\nrisarcimento del danno, cagionato dal reato, a favore della parte\ncivile, con la declaratoria di improcedibilita\u0027 il giudice di appello\n(o la Corte di cassazione), verificata l\u0027ammissibilita\u0027\ndell\u0027impugnazione, deve rinviare per la prosecuzione del giudizio al\ngiudice o alla Sezione civile competente nello stesso grado, che\ndecidono sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel\nprocesso penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile\n(art. 578, comma 1-bis, del codice di procedura penale). A fondamento\ndi tale opzione normativa sono state poste certamente ragioni di\nalleggerimento del carico di lavoro delle Corti penali, ma anche, se\nnon soprattutto, la necessita\u0027 di sviluppare il percorso esegetico\nseguito dalla giurisprudenza costituzionale relativa all\u0027art. 578,\ncomma 1, codice di procedura penale, che si basa sul presupposto che,\nper non incorrere in violazioni della presunzione d\u0027innocenza\ndell\u0027imputato, e\u0027 necessario restringere l\u0027oggetto di accertamento al\nsolo diritto del danneggiato al risarcimento del danno, dopo lo\nspartiacque del giudicato. E\u0027 stato, pertanto, ritenuto ragionevole\nattribuire il compito di decidere al giudice civile, in una\nsituazione in cui devono essere verificati gli estremi della\nresponsabilita\u0027 civile, senza poter accertare nemmeno incidentalmente\nla responsabilita\u0027 penale. \n E\u0027 certamente vero che l\u0027istituto dell\u0027improcedibilita\u0027 opera sul\npiano processuale (vedi Cassazione pen. sez. V, 5 novembre 2021, n.\n334/22, anche se, sottolinea la Cassazione, «l\u0027inquadramento\n\"processuale\" della norma di cui all\u0027art. 344-bis del codice di\nprocedura penale non esclude che l\u0027istituto abbia anche ripercussioni\nsostanziali, anche connesse all\u0027indubbia novita\u0027 dell\u0027istituto che di\nfatto rileva in plurimi ambiti, ma esse rilevano quale mero effetto\nconsequenziale all\u0027improcedibilita\u0027 dell\u0027azione alla scadenza del\ntermine fissato dal legislatore per la durata \"ragionevole\" del\ngiudizio di impugnazione»: vedi punto 4.1.3. del Considerato in\ndiritto), estinguendo l\u0027azione penale, mentre quello della\nprescrizione opera sul piano sostanziale, estinguendo il reato.\nTuttavia, ai fini che qui interessa, e cioe\u0027 ai fini della tutela\ndella presunzione di innocenza come tutelata in ambito costituzionale\n(art. 27, comma 2 della Costituzione) ed europeo (CEDU e diritto\ndell\u0027UE), in entrambi i casi le pronunce determinano una interruzione\ndel giudizio penale, senza essere giunti all\u0027accertamento definitivo\ndella responsabilita\u0027 penale dell\u0027imputato. In tutti e due i casi\nsorge un\u0027esigenza di tutela del diritto dell\u0027imputato alla\npresunzione di innocenza, come detto, tutelata in ambito interno ed\neuropeo, sicche\u0027, appare del tutto irragionevole una disparita\u0027 di\ntrattamento tra le due fattispecie (l\u0027una - l\u0027improcedibilita\u0027 -\napplicabile in relazione alle impugnazioni aventi ad oggetto reati\ncommessi dopo il 1° gennaio 2020 - l\u0027altra - la prescrizione -\noperante in ordine alle impugnazioni aventi ad oggetto reati commessi\nfino al 31 dicembre 2019). \n D\u0027altra parte, come la prescrizione, anche l\u0027improcedibilita\u0027 di\ncui all\u0027art. 344-bis del codice di procedura penale e\u0027 rinunciabile\nda parte dell\u0027imputato (art. 344-bis, comma 7, del codice di\nprocedura penale). Pertanto, in relazione alla fattispecie di cui\nall\u0027art. 578, comma 1-bis, del codice di procedura penale, come non\nesiste un diritto dell\u0027imputato, che non ha chiesto la prosecuzione\ndel processo, ma che ha impugnato la sentenza di condanna, anche al\nrisarcimento del danno, a fini penali, ad una cognizione piena della\nsua responsabilita\u0027 penale, cosi\u0027 non si giustifica, sulla base del\n«diritto vivente» ribadito da Sezioni unite ... , che l\u0027imputato, che\nnon ha rinunciato alla prescrizione, ma che ha impugnato la sentenza\ndi condanna, anche al risarcimento del danno, a fini penali, debba\ngodere della possibilita\u0027 di una valutazione piena della sua\nresponsabilita\u0027 penale da parte del giudice di appello, semplicemente\nper la presenza della costituita parte civile. A tale fine, infatti,\ne\u0027 sufficiente ad assicurare il diritto di difesa dell\u0027imputato\n(nonche\u0027 il suo diritto alla presunzione di innocenza) la previsione\ndi cui all\u0027art. 129, comma 2, del codice di procedura penale, che gli\nassicura, in qualsiasi stato e grado del processo, l\u0027assoluzione in\npresenza di evidenza della prova di innocenza. Il diritto, invece, ad\nun esame pieno della sua responsabilita\u0027 penale, imposto dal «diritto\nvivente», non solo appare del tutto irragionevole e ingiustificato, a\nfronte dell\u0027analogo istituto di cui all\u0027art. 344-bis del codice di\nprocedura penale e della previsione di cui al comma 1-bis dell\u0027art.\n578 del codice di procedura penale, ma appare foriero di potenziali\nconseguenze pregiudizievoli sotto il profilo della tutela del diritto\nalla presunzione di innocenza, poiche\u0027, nell\u0027ipotesi in cui il\ngiudice di appello ritenga che non sussistano i presupposti per\nassolvere l\u0027imputato ai sensi dell\u0027art. 530 cpv. del codice di\nprocedura penale, e, quindi, dichiari l\u0027estinzione del reato per\nprescrizione, implicitamente ed incidentalmente ne afferma la\ncolpevolezza in relazione al fatto-reato ascrittogli, subito dopo\npassando ad esaminare, in riferimento al medesimo fatto-reato,\nproduttivo di danno, la sua responsabilita\u0027 civile, cosi\u0027 da correre\nconcretamente il rischio della violazione della presunzione di\ninnocenza come tutelata dall\u0027art. 6, comma 2, CEDU e dal diritto\ndell\u0027Unione europea. \n Quanto al necessario bilanciamento dei contrapposti interessi\n(tutela della presunzione di innocenza/ragionevole durata del\ngiudizio in punto di responsabilita\u0027 civile), deve osservarsi che\nl\u0027opzione seguita dal legislatore con l\u0027inserimento del comma 1-bis\ndell\u0027art. 578 del codice di procedura penale costituisce, sotto\nquesto profilo, un esempio di equilibrato bilanciamento, che\ncertamente puo\u0027, ed anzi deve, essere tenuto presente in questa sede\nal fine di adeguare il disposto di cui all\u0027art. 578, comma 1, del\ncodice di procedura penale agli invocati parametri costituzionali,\nconvenzionali ed eurounitari. Invero, innanzitutto, come la stessa\nCorte costituzionale ha ricordato, la norma di cui all\u0027art. 578 del\ncodice di procedura penale rappresenta un\u0027eccezione nel rapporto che\nregola l\u0027esercizio dell\u0027azione civile nel processo penale (vedi Corte\ncostituzionale n. 176/2019), che non viene pregiudicato nell\u0027ipotesi\nin cui alla pronuncia di non doversi procedere per estinzione del\nreato da parte del giudice di appello non dovesse fare seguito la\nconferma delle statuizioni civili da parte dello stesso giudice di\nappello penale. La costituzione di parte civile nel processo penale\ninterrompe il decorso della prescrizione del diritto al risarcimento\ndel danno con effetti permanenti fino al passaggio in giudicato della\nsentenza che dichiara l\u0027estinzione del reato per prescrizione,\ncominciando a decorrere nuovamente da tale data (Cass. civ. sez. III,\n20 giugno 1978, n. 3036). Peraltro, la sentenza dichiarativa\ndell\u0027estinzione del reato (come del resto la pronuncia ex art.\n344-bis del codice di procedura penale) non avrebbe alcun effetto\nnell\u0027eventuale giudizio civile di risarcimento del danno. Quanto al\ndiritto della parte civile di ottenere in tempi ragionevoli il\nrisarcimento del danno patito per effetto del reato, diritto\ncostituzionalmente tutelato ai sensi dell\u0027art. 111, comma 2, della\nCostituzione, deve osservarsi che lo stesso sarebbe certamente\nassicurato dalla prosecuzione del giudizio dinanzi al giudice civile,\nche, quindi, come osservato dalla Cassazione (vedi Cassazione pen.\nsez. un., 25 maggio 2023, n. 38841) a proposito dell\u0027analoga\ndisposizione di cui all\u0027art. 573, comma 1-bis, del codice di\nprocedura penale, non dovrebbe essere neppure riassunto dinanzi al\ngiudice civile competente per grado, ma semplicemente proseguirebbe,\nassicurando, peraltro, la piena utilizzabilita\u0027 delle prove acquisite\nnel processo penale (oltre che di quelle eventualmente acquisite nel\ngiudizio civile). D\u0027altra parte, il diritto alla ragionevole durata\ndel giudizio a fini civili dovrebbe, in ogni caso, cedere il passo di\nfronte ad altri diritti costituzionalmente e convenzionalmente\ntutelati, quali il diritto di difesa dell\u0027imputato e, come nel caso\ndi specie, il suo diritto a vedersi presumere innocente fino\nall\u0027accertamento definitivo della sua colpevolezza. \n Sul punto, si richiamano le argomentazioni con le quali la Corte\ncostituzionale, nella sentenza n. 12 del 2016, relativamente alle\nquestioni sollevate in ordine alla legittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art. 538 del codice di procedura penale nella parte in cui non\nconsente al giudice penale di condannare l\u0027imputato al risarcimento\ndel danno in favore della parte civile in caso di proscioglimento per\nqualsiasi causa, compreso il vizio totale di mente, ha superato i\nprofili riguardanti l\u0027asserita violazione del principio di\nragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, secondo\nperiodo, della Costituzione), ovvero il richiamo all\u0027art. 6 CEDU\nnella parte in cui tutela anche i diritti civili. \n Invero, si legge testualmente nella sentenza: «con riguardo,\ninfine, all\u0027asserita violazione del principio di ragionevole durata\ndel processo (art. 111, secondo comma, secondo periodo, della\nCostituzione), questa Corte ha ripetutamente affermato che - alla\nluce dello stesso richiamo al connotato di «ragionevolezza», che\ncompare nella formula costituzionale - possono arrecare un vulnus a\nquel principio solamente le norme «che comportino una dilatazione dei\ntempi del processo non sorrette da alcuna logica esigenza» (ex\nplurimis, sentenze n. 23 del 2015 n. 63 e n. 56 del 2009, n. 148 del\n2005). Tale ipotesi non e\u0027 ravvisabile nel caso considerato. La\npreclusione della decisione sulle questioni civili, nel caso di\nproscioglimento dell\u0027imputato per qualsiasi causa - compreso il vizio\ntotale di mente - se pure procrastina la pronuncia definitiva sulla\ndomanda risarcitoria del danneggiato, costringendolo ad instaurare un\nautonomo giudizio civile, trova pero\u0027 giustificazione, come gia\u0027\nrimarcato, nel carattere accessorio e subordinato dell\u0027azione civile\nproposta nell\u0027ambito del processo penale rispetto alle finalita\u0027 di\nquest\u0027ultimo, e segnatamente nel preminente interesse pubblico (e\ndello stesso imputato) alla sollecita definizione del processo penale\nche non si concluda con un accertamento di responsabilita\u0027,\nriportando nella sede naturale le istanze di natura civile fatte\nvalere nei suoi confronti. Cio\u0027, in linea, una volta ancora, con il\nfavore per la separazione dei giudizi cui e\u0027 ispirato il vigente\nsistema processuale. [...] Parimenti non probanti appaiono, da\nultimo, i riferimenti alla giurisprudenza della Corte europea dei\ndiritti dell\u0027uomo operati dalla parte privata: anche in questo caso,\ncon semplice funzione rafforzativa delle denunciate violazioni degli\narticoli 24 e 111 della Costituzione, non figurando tra i parametri\ndell\u0027odierno scrutinio quello piu\u0027 direttamente conferente (l\u0027art.\n117, primo comma, della Costituzione). La Corte di Strasburgo e\u0027, in\neffetti, costante nel riconoscere che, nella misura in cui la\nlegislazione nazionale accordi alla vittima del reato la possibilita\u0027\ndi intervenire nel processo penale per difendere i propri interessi\ntramite la costituzione di parte civile, tale diritto va considerato\nun «diritto civile» agli effetti dell\u0027art. 6, paragrafo 1, della\nConvenzione per la salvaguardia dei diritti dell\u0027uomo e delle\nliberta\u0027 fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950,\nratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, con\nconseguente spettanza, alla vittima stessa, delle garanzie in tema di\nequo processo ivi stabilite, compresa quella relativa alla\nragionevole durata (Grande Camera, sentenza 12 febbraio 2004, Perez\ncontro Francia; in senso conforme, tra le altre, sezione terza,\nsentenza 25 giugno 2013, Associazione delle persone vittime del\nsistema s.c. Rompetrol s.a. e s.c. Geomin s.a. e altri contro\nRomania; Grande Camera, sentenza 20 marzo 2009, Gorou contro Grecia).\nIn questa logica, la Corte europea si e\u0027, peraltro, specificamente\noccupata, in piu\u0027 occasioni, dell\u0027ipotesi del mancato esame della\ndomanda della parte civile per essersi il procedimento penale chiuso\ncon provvedimento diverso dalla condanna dell\u0027imputato, in\napplicazione di una regola condivisa - sia pure con diverse varianti\ne gradazioni - da plurimi ordinamenti nazionali. Tale regime non e\u0027\nstato affatto ritenuto, in se\u0027 e per se\u0027, contrastante con le\ngaranzie convenzionali. La violazione dell\u0027art. 6 della CEDU, in\nparticolare sotto il profilo del diritto di accesso ad un tribunale,\ne\u0027 stata ravvisata dai giudici di Strasburgo solo in due ipotesi. In\nprimo luogo, quando la vittima del reato non fruisca di altri rimedi\naccessibili ed efficaci per far valere le sue pretese (sezione terza,\nsentenza 25 giugno 2013, Associazione delle persone vittime del\nsistema s.c. Rompetrol s.a. e s.c. Geomin s.a. e altri contro\nRomania; sezione prima, sentenza 4 ottobre 2007, Forum Maritime s.a.\ncontro Romania): rimedi che, nell\u0027ordinamento italiano, sono invece\nofferti dalla possibilita\u0027 di rivolgersi al giudice civile. In\nsecondo luogo, la violazione e\u0027 stata riscontrata allorche\u0027 il\nconcreto funzionamento del meccanismo frustri indebitamente le\nlegittime aspettative del danneggiato, come nel caso in cui la\nprescrizione della responsabilita\u0027 penale dell\u0027autore del reato,\nimpeditiva dell\u0027esame della domanda civile, sia imputabile a\ningiustificati ritardi delle autorita\u0027 giudiziarie nella conduzione\ndel procedimento penale (Grande Camera, sentenza 2 ottobre 2008,\nAtanasova contro Bulgaria; sezione prima, sentenza 3 aprile 2003,\nAnagnostopoulos contro Grecia): malfunzionamento che non dipende,\nperaltro, dalla norma e che comunque non viene in considerazione\nnell\u0027ipotesi qui in esame.» (Corte della Costituzione n. 12/2016). \n D\u0027altronde, come chiarito ancora di recente dalla Corte europea\ndei diritti dell\u0027uomo (Corte EDU, grande camera, 24 settembre 2024,\nFabbri e altri c. San Marino), il fatto che la chiusura di un\nprocedimento penale impedisca la pronuncia di una decisione relativa\na domande civili nell\u0027ambito di tale procedimento penale non\ncostituisce, in linea di principio, una violazione del diritto di\naccesso ad un Tribunale se la cessazione di tale procedimento penale\nsi basa su motivi giuridici non applicati in modo arbitrario o\nirragionevole e se il ricorrente disponeva ab initio di un altro\nmezzo di ricorso atto a consentirgli di ottenere una decisione sulle\nsue pretese di carattere civile. Anche sotto il profilo del rispetto\ndi un termine ragionevole per la trattazione della causa civile,\nspetta agli Stati membri organizzare i propri sistemi giudiziari in\nmodo tale da che i propri Tribunali possano garantire a ciascuno il\ndiritto di ottenere una decisione definitiva sulle controversie\nrelative ai propri diritti e obblighi civili in tempi ragionevoli, e\nla ragionevolezza della durata del procedimento deve essere valutata\nin funzione delle circostanze del caso, verificando la complessita\u0027\ndel caso, il comportamento del ricorrente e quello delle Autorita\u0027\ncompetenti, nonche\u0027 la posta in gioco degli interessati. \n Nel caso di specie, premesso che le parti civili disponevano ab\ninitio della possibilita\u0027 di esercitare autonomamente l\u0027azione civile\ndinanzi ai giudici civili, in ogni caso la prospettiva della\nprosecuzione del giudizio di appello in sede civile, in seguito alla\ndeclaratoria di estinzione del reato per prescrizione, assicura non\nsolo il pieno accesso alla tutela giudiziaria, ma anche una risposta\ndi giustizia in tempi ragionevoli. \n Infine, la prospettata assimilazione della fattispecie di cui al\ncomma 1 dell\u0027art. 578 del codice di procedura penale, rispetto a\nquella di cui al comma 1-bis del medesimo articolo, non frustrerebbe\nle aspettative dell\u0027imputato (ovvero della stessa parte civile) a che\nil giudizio di appello, con riferimento alle residue questioni\ncivili, si svolga nel merito dinanzi al giudice dell\u0027appello penale,\ngiacche\u0027 l\u0027eventualita\u0027 che il giudizio si svolga ad un certo punto\ndinanzi al giudice dell\u0027appello civile e\u0027 prospettiva gia\u0027 esistente,\ntenuto conto del disposto dell\u0027art. 622 del codice di procedura\npenale, come interpretato dalla giurisprudenza di legittimita\u0027 (vedi\nCassazione pen. sez. un., 18 luglio 2013, n. 40109, imp. ..., e\nCassazione pen. sez. un., 28 gennaio 2021, n. 22065, imp. ...). \n Sotto quest\u0027ultimo profilo, del resto, l\u0027originaria introduzione\ndel comma 1-bis dell\u0027art. 578 del codice di procedura penale, ad\nopera della legge n. 134/2021 - a differenza dell\u0027introduzione da\nparte del decreto legislativo n. 150/2022 del comma 1-bis nell\u0027art.\n573 del codice di procedura penale, che e\u0027 stata collegata anche alla\nmodifica apportata dal medesimo decreto all\u0027art. 78, comma 1, lettera\nd), del codice di procedura penale (vedi Cassazione pen. sez. un., 25\nmaggio 2023, n. 38841), cosi\u0027 da ancorarne l\u0027operativita\u0027 a quei\nprocessi nei quali la costituzione di parte civile e\u0027 intervenuta\nsuccessivamente all\u0027entrata in vigore del decreto legislativo n.\n150/2022 -, e\u0027 avvenuta autonomamente, a seguito dell\u0027introduzione\ndell\u0027istituto di cui all\u0027art. 344-bis del codice di procedura penale\nPertanto, la sua efficacia non risulta ricollegabile al momento in\ncui e\u0027 avvenuta la costituzione di parte civile. In buona sostanza,\nse alla data di entrata in vigore della legge n. 134/2021, con\nriguardo ad impugnazioni relative a processi aventi ad oggetto reati\ncommessi dopo il 1° gennaio 2020, risultava gia\u0027 costituita la parte\ncivile, l\u0027art. 578, comma 1-bis, del codice di procedura penale ha\ncomunque piena efficacia, essendo ancorata la sua operativita\u0027\nesclusivamente all\u0027istituto dell\u0027improcedibilita\u0027 di cui all\u0027art.\n344-bis del codice di procedura penale. Ne consegue che, anche sotto\nquesto aspetto, non vi e\u0027 alcuna preclusione nell\u0027estendere, in via\npretoria costituzionale, la disciplina di cui al comma 1-bis\ndell\u0027art. 578 del codice di procedura penale alla fattispecie di cui\nal comma 1 della medesima disposizione, poiche\u0027, come nel primo caso\nil legislatore ha ritenuto recessiva, a seguito dell\u0027eventuale\ndeclaratoria di improcedibilita\u0027 dell\u0027azione penale, l\u0027eventuale\naspettativa delle parti private (imputato e/o parte civile gia\u0027\ncostituita al momento dell\u0027entrata in vigore della norma) a che il\nprocesso fosse definito nel merito, anche con riferimento alle\nquestioni civili, dal giudice penale, cosi\u0027 allo stesso modo puo\u0027\nritenersi recessiva analoga aspettativa riguardo alla sopravvenuta\ndeclaratoria di estinzione del reato per prescrizione. \n In conclusione, ai fini di rendere costituzionalmente legittimo\nil disposto dell\u0027art. 578, comma 1, del codice di procedura penale\nl\u0027intervento «correttivo» non dovrebbe limitarsi alla declaratoria di\nillegittimita\u0027 della norma, come interpretata dal «diritto vivente»,\nma dovrebbe spingersi a renderla conforme all\u0027analoga disposizione di\ncui al comma 1-bis del medesimo art. 578 del codice di procedura\npenale (con eventuale estensione, in via derivata, anche rispetto al\ncomma 1-ter della citata disposizione), in tale modo eliminando,\naltresi\u0027, irragionevoli disparita\u0027 di trattamento tra imputati, a\nfronte di situazioni del tutto analoghe, determinate semplicemente\nsulla base della data del commesso reato. \n Invero, solo per avere commesso il reato in epoca successiva al\n1° gennaio 2020, a fronte di un\u0027identica situazione (interruzione del\nprocesso senza un\u0027affermazione definitiva di responsabilita\u0027 penale),\nl\u0027imputato godrebbe di una tutela maggiore rispetto al diritto alla\npresunzione di innocenza di quella di cui godrebbe l\u0027imputato di un\nreato commesso fino al 31 dicembre 2019. Quest\u0027ultimo, infatti, anche\na fronte di un\u0027interpretazione conforme dell\u0027art. 578, comma 1 del\ncodice di procedura penale ai parametri costituzionali ed europei,\npermanendo il giudizio sugli interessi civili dinanzi al giudice\ndell\u0027impugnazione penale, correrebbe comunque il rischio di\nviolazioni del suo diritto ad essere presunto innocente, rischio che\nil legislatore ha voluto definitivamente escludere per l\u0027autore di un\nreato commesso dal 1° gennaio 2020, trasferendo il residuale giudizio\nsulle questioni civili nella sua sede naturale, e cioe\u0027 dinanzi al\ncompetente giudice civile. \n D\u0027altronde, non puo\u0027 neppure tacersi che ben potrebbero\nverificarsi fattispecie in cui al medesimo imputato, nell\u0027ambito\ndello stesso processo, risultano contestati fatti commessi prima del\n1° gennaio 2020 e fatti commessi successivamente, con la conseguenza\nche, verificatesi, per ipotesi, le condizioni previste dai commi 1\n(con riguardo ai fatti commessi prima del 1° gennaio 2020) e 1-bis\n(in relazione ai fatti commessi successivamente al 1° gennaio 2020)\ndell\u0027art. 578 del codice di procedura penale, la presenza della parte\ncivile determinerebbe l\u0027operativita\u0027 di due diverse discipline in\nmaniera del tutto irragionevole. \n Come e\u0027 noto, secondo il costante orientamento della Corte\ncostituzionale, si ha violazione dell\u0027art. 3 della Costituzione\nquando situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in\nmodo ingiustificatamente diverso (ex plurimis Corte costituzionale n.\n340/2004). \n In subordine, comunque, ove la Corte ritenga non equiparabili le\nsituazioni previste dai commi 1 e 1-bis dell\u0027art. 578 del codice di\nprocedura penale, la questione di legittimita\u0027 costituzionale viene\nin ogni caso sollevata con riferimento all\u0027art. 6, comma 2, CEDU,\nquale parametro interposto dell\u0027art. 117, comma 1, della\nCostituzione, in relazione agli articoli 3 e 4 della direttiva\n2016/UE/343 e art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell\u0027U.E.,\nquali parametri interposti degli articoli 11 e 117, comma 1, della\nCostituzione, nella parte in cui l\u0027art. 578 comma 1 del codice di\nprocedura penale viene interpretato secondo il «diritto vivente»\nrappresentato dalle sentenze delle Sezioni unite della Cassazione ...\ne ..., e non nel senso gia\u0027 fatto proprio dalla Corte costituzionale\ncon la sentenza n. 182/2021. \n\n \n P. Q. M. \n \n La Corte visto l\u0027art. 23 della legge n. 87/1953, \n solleva, in via principale, di ufficio, questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale, in relazione all\u0027art. 6, comma 2, CEDU,\nquale parametro interposto dell\u0027art. 117, comma 1, della\nCostituzione, in relazione agli articoli 3 e 4 della direttiva\n2016/UE/343 e art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell\u0027U.E.,\nquali parametri interposti degli articoli 11 e 117, comma 1, della\nCostituzione, nonche\u0027 in relazione agli articoli 3 e 27, comma 2,\ndella Costituzione, con riferimento all\u0027art. 578, comma 1, del codice\ndi procedura penale, nella parte in cui stabilisce che, quando nei\nconfronti dell\u0027imputato e\u0027 stata pronunciata condanna, anche\ngenerica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal\nreato, a favore della parte civile, il giudice di appello (o la Corte\ndi cassazione), nel dichiarare estinto il reato per prescrizione,\ndecide sull\u0027impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei\ncapi della sentenza che concernono gli effetti civili, e non prevede,\ninvece, che, analogamente alla norma di cui al comma 1-bis dell\u0027art.\n578 del codice di procedura penale, se l\u0027impugnazione non e\u0027\ninammissibile, il giudice di appello (o la Corte di cassazione)\nrinviano per la prosecuzione al giudice o alla sezione civile\ncompetente nello stesso grado, che decidono sulle questioni civili\nutilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle\neventualmente acquisite nel giudizio civile; \n in via subordinata, solleva, di ufficio, questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale, in relazione all\u0027art. 6, comma 2, CEDU,\nquale parametro interposto dell\u0027art. 117, comma 1, della\nCostituzione, e in relazione agli articoli 3 e 4 della direttiva\n2016/UE/343 e art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell\u0027U.E.,\nquali parametri interposti degli articoli 11 e 117, comma 1, della\nCostituzione, con riferimento all\u0027art. 578, comma 1, del codice di\nprocedura penale, per come interpretato dal «diritto vivente»\nrappresentato dalle sentenze delle Sezioni unite della Cassazione n.\n35490/09 imp. ... e n. 36208/2024, ... c/ ..., nella parte in cui si\nafferma che «nel giudizio di appello avverso la sentenza di condanna\ndell\u0027imputato anche al risarcimento dei danni, il giudice,\nintervenuta nelle more l\u0027estinzione del reato per prescrizione, non\npuo\u0027 limitarsi a prendere atto della causa estintiva, adottando le\nconseguenti statuizioni civili fondate sui criteri enunciati dalla\nsentenza della Corte costituzionale n. 182 del 2021, ma e\u0027 comunque\ntenuto, stante la presenza della parte civile, a valutare, anche a\nfronte di prove insufficienti o contraddittorie, la sussistenza dei\npresupposti per l\u0027assoluzione nel merito». \n Dispone l\u0027immediata trasmissione degli atti alla Corte\ncostituzionale e la sospensione del presente giudizio. \n Dispone che la presente ordinanza sia notificata al sig.\nPresidente del Consiglio dei ministri, nonche\u0027 comunicata al sig.\nPresidente della Camera dei deputati ed al sig. Presidente del\nSenato. \n Manda alla Cancelleria per gli adempimenti. \n Cosi\u0027 deciso in Lecce all\u0027esito della Camera di consiglio del\n13 dicembre 2024. \n \n Il Presidente: Ottaviano \n \n \n Il consigliere: Biondi","elencoNorme":[{"id":"62404","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"ppn","denominaz_legge":"codice di procedura penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"","legge_articolo":"578","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""}],"elencoParametri":[{"id":"79079","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79080","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"11","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79081","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79082","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"117","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79083","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"cedu","descriz_costit":"Convenzione per la salvaguardia diritti dell\u0027uomo e libertà fondamentali","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"6","specificaz_art":"par.2","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""},{"id":"79084","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"cue","descriz_costit":"Carta dei diritti fondamentali dell\u0027Unione europea","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"48","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""},{"id":"79085","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"000074","descriz_costit":"direttiva UE","numero_legge":"343","data_legge":"09/03/2016","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""},{"id":"79160","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"000074","descriz_costit":"direttiva UE","numero_legge":"343","data_legge":"09/03/2016","articolo":"4","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[{"id":"54576","num_progressivo":"","nominativo_parte":"Bevilacqua Sandro","data_costit_part":"28/04/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"P","descrizione_tipologia_parte":"Parte","sigla_parte":""}]}}" ] ] |