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B.","altre_parti":"Bevilacqua Sandro","testo_atto":"N. 64 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 dicembre 2024\n\r\nOrdinanza del 13 dicembre 2024 della Corte  d\u0027appello  di  Lecce  nel\nprocedimento penale a carico di S. B.. \n \nProcesso penale - Impugnazioni - Decisione sugli effetti  civili  nel\n  caso di estinzione del reato per  prescrizione  -  Previsione  che,\n  quando nei confronti dell\u0027imputato e\u0027 stata  pronunciata  condanna,\n  anche generica, alle  restituzioni  o  al  risarcimento  dei  danni\n  cagionati dal reato, a favore della parte  civile,  il  giudice  di\n  appello e la Corte di cassazione, nel dichiarare estinto  il  reato\n  per prescrizione, decidono sull\u0027impugnazione ai soli effetti  delle\n  disposizioni e dei capi della sentenza che concernono  gli  effetti\n  civili - Mancata previsione che, analogamente alla norma di cui  al\n  comma 1-bis dell\u0027art. 578 cod. proc. pen., se l\u0027impugnazione non e\u0027\n  inammissibile, il giudice di appello (o  la  Corte  di  cassazione)\n  rinviano per la prosecuzione  al  giudice  o  alla  sezione  civile\n  competente nello stesso grado, che decidono sulle questioni  civili\n  utilizzando  le  prove  acquisite  nel  processo  penale  e  quelle\n  eventualmente acquisite nel giudizio civile. \nIn via subordinata: Processo penale - Impugnazioni - Decisione  sugli\n  effetti civili nel caso di estinzione del reato per prescrizione  -\n  Previsione  che,  quando  nei  confronti  dell\u0027imputato  e\u0027   stata\n  pronunciata  condanna,  anche  generica,  alle  restituzioni  o  al\n  risarcimento dei danni cagionati dal reato, a  favore  della  parte\n  civile, il giudice  di  appello  e  la  Corte  di  cassazione,  nel\n  dichiarare   estinto   il   reato   per   prescrizione,    decidono\n  sull\u0027impugnazione ai soli effetti delle  disposizioni  e  dei  capi\n  della sentenza che concernono gli effetti civili -  Interpretazione\n  del diritto vivente  rappresentato  dalle  sentenze  delle  Sezioni\n  unite della Corte di cassazione n. 35490 del 2009 e  n.  36208  del\n  2024 nella parte in cui si afferma «nel giudizio di appello avverso\n  la sentenza di condanna dell\u0027imputato  anche  al  risarcimento  dei\n  danni, il giudice, intervenuta nelle more  l\u0027estinzione  del  reato\n  per prescrizione, non puo\u0027 limitarsi a prendere  atto  della  causa\n  estintiva, adottando le conseguenti statuizioni civili fondate  sui\n  criteri enunciati dalla sentenza della Corte costituzionale n.  182\n  del 2021, ma e\u0027 comunque tenuto, stante  la  presenza  della  parte\n  civile, a  valutare,  anche  a  fronte  di  prove  insufficienti  o\n  contraddittorie, la sussistenza dei presupposti  per  l\u0027assoluzione\n  nel merito». \n- Codice di procedura penale, art. 578, comma 1. \n\n\r\n(GU n. 16 del 16-04-2025)\n\r\n \n                      CORTE DI APPELLO DI LECCE \n \n \n                        Sezione Unica Penale \n \n    Composta dai sigg.: \n        dott. Francesco Ottaviano, Presidente; \n        dott. Giuseppe Biondi, consigliere rel.; \n        dott. Luca Colitta, consigliere; \n    Letti gli atti del procedimento penale  in  epigrafe  indicato  a\ncarico di: \n        B. S., nato a  ...  il  ...,  ivi  residente  alla  via  F.S.\nPortaluri n. 3 ... difeso di fiducia dall\u0027avv. Dimitry Conte del Foro\ndi Lecce, imputato del reato di cui all\u0027art. 646 e 61 n. 11 c.p.  per\nessersi, approfittando della relazione di collaborazione e dipendenza\ndalla societa\u0027 « ... »,  che  in  data  ...  lo  aveva  assunto  come\noperatore di  vendita/prima  categoria  appartenente  alla  categoria\ndipendenti settore terziario distruzione servizi/CCNL,  indebitamente\nappropriato di svariati  incassi  ricevuti  dalla  clientela  per  la\nvendita di merce per un totale complessivo di euro ...,  che  avrebbe\ndovuto versare alla sopradetta societa\u0027, omettendo di  consegnarla  e\ntrattenendola per se\u0027. \n    In ... , accertato il ... \n    Parte civile costituita: \n        Societa\u0027 ... , in persona  di  ...,  nella  sua  qualita\u0027  di\namministratore delegato, rappresentata e difesa  dall\u0027avv.  Francesco\nCaroleo Grimaldi del Foro di Roma. \n \n                              Osserva: \n \n1. Premessa e svolgimento del processo. \n    Con sentenza del Tribunale di Lecce in data 8 settembre  2021  B.\nS. veniva ritenuto responsabile del reato  ascrittogli  limitatamente\nai fatti commessi dal ...  in  poi  e,  riconosciute  le  circostanze\nattenuanti generiche, veniva condannato alla  pena  di  mesi  tre  di\nreclusione e euro 300,00 di multa, oltre  al  pagamento  delle  spese\nprocessuali. Il B. veniva, altresi\u0027, condannato a risarcire il  danno\nalla costituita parte civile, liquidato in euro ..., oltre  interessi\nsino al soddisfo, nonche\u0027 alla  rifusione  delle  spese  di  lite  in\nfavore della parte civile, quantificate in complessivi euro  ...  per\ncompensi professionali, oltre accessori di legge. Veniva concessa  la\nsospensione condizionale della pena, subordinatamente al risarcimento\ndel danno, entro novanta giorni  dal  passaggio  in  giudicato  della\nsentenza. \n    Avverso  la  citata  sentenza  proponeva  tempestivo  appello  il\ndifensore dell\u0027imputato,  censurando  la  pronuncia  sulla  base  dei\nseguenti motivi: \n    1. Con il primo motivo di appello si sostiene l\u0027insussistenza del\nfatto per il mancato raggiungimento della prova del reato contestato.\nAvrebbe dovuto farsi carico  del  cosiddetto  onere  della  prova  il\nquerelante. Tuttavia, i pagamenti effettuati dai clienti  e  riscossi\ndal B. sarebbero avvenuti tramite assegni non trasferibili  intestati\na ... , come anche confermato dai testi d\u0027accusa.  Alcuni  clienti  a\nvolte pagavano in contanti, circostanza quest\u0027ultima  non  confermata\nda alcun riscontro documentale. Inoltre, tutti i testi di accusa  non\navrebbero saputo  indicare  se  le  somme  asseritamente  pagate  dai\nclienti fossero  state  realmente  versate,  eccetto  pochi  casi  di\nclienti che fornivano la fotocopia dell\u0027assegno. Dunque, non  sarebbe\nstata fornita la prova che  gli  ammanchi  dei  clienti  gestiti  dal\nvenditore B. fossero derivati da un contegno illecito  dell\u0027imputato,\nche tratteneva tali somme. Tanto perche\u0027 i clienti non  fornivano  la\nprova del loro avvenuto pagamento al B., ma lo dichiaravano  in  modo\nunilaterale, senza fornire riscontro, e dopo molto tempo, ovvero solo\nquando l\u0027ufficio recupero crediti  della  ...,  come  indicato  dalla\nresponsabile del settore, la teste  ...,  verificando  la  situazione\npatrimoniale della societa\u0027, notando le situazioni debitorie di  vari\nclienti, chiamava i medesimi per la  riscossione.  Peraltro,  i  soli\nclienti che fornivano la prova dei pagamenti esibivano la copia degli\nassegni intestati alla ...  e  non  trasferibili.  D\u0027altra  parte,  i\ncontrolli venivano eseguiti da parte della ... quando il B.  non  era\npiu\u0027 un dipendente della societa\u0027. Le dichiarazioni della  teste  ...\nsarebbero contraddittorie. \n    La stessa riconosceva una mail  prodotta  dalla  difesa,  inviata\ndalla ... al B. in data ... e ..., con cui l\u0027azienda  contestava  gli\nammanchi all\u0027imputato gia\u0027 nell\u0027anno ... e lo licenziava. La querela,\npero\u0027, veniva sporta solo nel ... . Il  B.  vantava  un  credito  nei\nconfronti della  ...  e  sul  punto  la  Cassazione  si  e\u0027  espressa\naffermando che il dipendente che trattiene delle somme,  errando  nel\nritenersi creditore dell\u0027azienda, non commetterebbe reato. \n    2.  Con  il  secondo  motivo   di   impugnazione   si   eccepisce\nl\u0027estinzione  del  reato  per  prescrizione,  atteso  che   i   fatti\naddebitati al B.  risalirebbero  al  ...,  come  anche  indicato  dal\ngiudice di prime cure. \n    Si conclude, pertanto, chiedendo in via principale  l\u0027assoluzione\ndell\u0027imputato perche\u0027  il  fatto  non  sussiste,  anche  con  formula\ndubitativa non essendo stata raggiunta la prova del reato contestato,\nin subordine dichiararsi  il  non  doversi  procedere  a  seguito  di\nestinzione del reato per intervenuta prescrizione. \n    All\u0027odierna udienza del 13 dicembre 2024, che  si  e\u0027  tenuta  ai\nsensi dell\u0027art. 23-bis del decreto-legge n. 137/2020, convertito  con\nmodifiche dalla legge n. 176/2020, lette le conclusioni scritte delle\nparti, pervenute a mezzo PEC, e\u0027 stata emessa la seguente  ordinanza,\nche verra\u0027 comunicata alle parti. \n2. In punto di rilevanza della questione. \n2.1. L\u0027applicazione nel caso di specie dell\u0027art. 578,  comma  1,  del\ncodice   di   procedura   penale,   oggetto    delle    censure    di\nincostituzionalita\u0027. \n    Va osservato che  il  reato  ascritto  al  B.  e\u0027  effettivamente\nestinto per prescrizione. Invero,  come  emerge  pacificamente  dalla\nlettura della sentenza di primo grado (pag. 6, 7, 8 e 9), al  momento\ndella  lettura  del  dispositivo   della   sentenza   impugnata   non\nrisultavano estinti per prescrizione i fatti  asseritamente  commessi\ndopo il mese di ..., e, precisamente, i fatti asseritamente  commessi\ndal ... al ... (somme asseritamente non versate per un importo pari a\neuro ...). Orbene, anche tenendo conto  dei  periodi  di  sospensione\ncalcolati dal primo giudice (giorni 64 per il rinvio  in  conseguenza\ndella pandemia da COVID-19 e giorni 61 per il rinvio dell\u002711 novembre\n2020  per  il  legittimo  impedimento  del  difensore  dell\u0027imputato)\ntermine di prescrizione e\u0027 venuto a maturare per tutti i fatti tra il\n15 dicembre 2021 e il 30 giugno 2022. \n    Tuttavia, e\u0027 costituita e presente nel giudizio la parte  civile.\nIn primo grado, il B. riconosciuto colpevole del  reato  ascrittogli,\ne\u0027 stato condannato a risarcire il danno nei  confronti  della  parte\nprivata, liquidato in euro ... \n    Con l\u0027appello, come visto, si chiede l\u0027assoluzione dell\u0027imputato,\nanche con formula dubitativa, e, quindi, anche ai sensi dell\u0027art. 530\ncpv. del codice di procedura penale. Orbene, ai sensi dell\u0027art.  574,\ncomma 4, del codice di procedura penale l\u0027impugnazione cosi\u0027 proposta\nestende i suoi effetti alla pronuncia di condanna al risarcimento del\ndanno e alla rifusione  delle  spese  processuali.  Pertanto,  questa\nCorte e\u0027 chiamata a fare applicazione nel caso di specie della norrna\ndi cui all\u0027art. 578, comma 1, del codice di procedura penale, a mente\ndella quale, «quando nei confronti dell\u0027imputato e\u0027 stata pronunciata\ncondanna, anche generica, alle restituzioni  o  al  risarcimento  dei\ndanni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di\nappello e la Corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per\namnistia o  per  prescrizione,  decidono  sull\u0027impugnazione  ai  soli\neffetti delle disposizioni e dei capi della sentenza  che  concernono\ngli interessi civili» (mentre, ove non fossero stati proposti  motivi\nsulla responsabilita\u0027, neppure civile - ad esempio  motivi  solo  sul\ntrattamento sanzionatorio, genericamente inteso -, questa  Corte  non\navrebbe dovuto pronunciarsi sulle statuizioni civili ex art. 578  del\ncodice  di  procedura  penale,   che   sarebbero   rimaste,   quindi,\nautomaticamente  ferme,  anche  in  seguito  alla   declaratoria   di\nestinzione del reato  per  prescrizione,  in  mancanza  di  doglianze\nsull\u0027affermazione di responsabilita\u0027: vedi sul punto Cass. pen.  sez.\nV,  13  novembre  2023,  n.  6380/24,  fattispecie  di  ricorso   per\ncassazione, avverso sentenza di conferma della  condanna  in  appello\nper delitto di bancarotta fraudolenta e di condanna  al  risarcimento\ndel danno, con il quale si lamentava solo il  mancato  riconoscimento\ndel beneficio di  cui  all\u0027art.  163  c.p.,  in  cui  la  Cassazione,\nritenuto fondato il motivo,  si  limitava  solo  ad  annullare  senza\nrinvio la sentenza impugnata per la sopravvenuta estinzione del reato\nper prescrizione, affermando il principio di diritto di cui sopra). \n2.2.  L\u0027art.  578,  comma  1,  del   codice   di   procedura   penale\nnell\u0027interpretazione della Corte costituzionale. \n    Come e\u0027 noto, questa disposizione e\u0027 stata oggetto in passato  di\ndubbi di legittimita\u0027 costituzionale, posti proprio da  questa  Corte\ncon due ordinanze. La  questione  venne  dichiarata  infondata  dalla\nCorte costituzionale con la nota sentenza n. 182 del 2021. \n    Si invocava - per il tramite dei parametri interposti di cui agli\narticoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione - il  principio  della\npresunzione di innocenza operante  nell\u0027ambito  dell\u0027ordinamento  sia\nconvenzionale (art. 6, paragrafo  2,  CEDU),  sia  europeo  (art.  48\nCDFUE, unitamente agli articoli 3 e 4 della  direttiva  2016/343/UE),\nil quale vieta che la persona, accusata di avere commesso un reato  e\nsottoposta ad un procedimento penale conclusosi  con  proscioglimento\n(in rito o in merito), possa  poi  essere  trattata  dalle  pubbliche\nautorita\u0027  come  se  fosse  colpevole   del   reato   precedentemente\ncontestatole. \n    In  particolare,  tale  principio  veniva  posto  in  rilievo  in\nrelazione  alla  fattispecie  della  prescrizione  quale   causa   di\nestinzione del reato (art. 157, primo comma, c.p.),  istituto  questo\nla  cui  valenza  sostanziale  e\u0027  stata   confermata   dalla   Corte\ncostituzionale (sentenze n. 140 del 2021 e n. 278 del  2020).  Questa\nCorte  dubitava  della  conformita\u0027  dell\u0027art.  578  del  codice   di\nprocedura penale al principio della presunzione  di  innocenza,  come\ndeclinato   dalla   giurisprudenza    CEDU    e    come    risultante\ndall\u0027ordinamento dell\u0027Unione europea, nella misura in cui si assumeva\nche,  per  decidere   sull\u0027impugnazione   ai   soli   effetti   delle\ndisposizioni e dei capi della sentenza  che  concernono  gli  effetti\ncivili,  si  dovesse  accertare,  seppure   incidenter   tantum,   la\nresponsabilita\u0027  penale  dell\u0027imputato  per  il  reato  estinto   per\nprescrizione e in relazione al quale occorreva,  invece,  pronunciare\nuna sentenza di proscioglimento dall\u0027accusa. \n    La  Corte  costituzionale,  dopo  avere  ricostruito  il   quadro\nnormativo  europeo  (sia  del  diritto  della  CEDU  che  dell\u0027Unione\neuropea,  alla  luce  della  pertinente  giurisprudenza   delle   due\nrispettive Corti - quella di Strasburgo e quella del Lussemburgo  -),\npassando a verificare se il  giudice  dell\u0027appello  penale,  che,  in\napplicazione della disposizione censurata,  e\u0027  chiamato  a  decidere\nsull\u0027impugnazione  ai  soli  effetti  civili  dopo  avere  dichiarato\nl\u0027estinzione  del  reato,  debba  effettivamente  procedere  ad   una\nrivalutazione complessiva della responsabilita\u0027 penale dell\u0027imputato,\nnonostante l\u0027intervenuta estinzione del reato per prescrizione  e  il\nproscioglimento dall\u0027accusa penale,  ritenne  che,  nella  situazione\nprocessuale di cui alla disposizione censurata,  che  vede  il  reato\nessere  estinto  per  prescrizione  e  quindi  l\u0027imputato  prosciolto\ndall\u0027accusa, il giudice non era affatto  chiamato  a  formulare,  sia\npure «incidenter tantum», un giudizio di  colpevolezza  penale  quale\npresupposto della decisione, di conferma o di riforma, sui capi della\nsentenza impugnata che concernono gli interessi civili. \n    In particolare, argomento\u0027 la Corte, «anzitutto, un tale giudizio\nnon e\u0027 richiesto dal tenore  testuale  della  disposizione  censurata\n(art. 578 del codice di procedura penale) che, a differenza di quella\nimmediatamente successiva  (art.  578-bis  del  codice  di  procedura\npenale), non prevede il «previo  accertamento  della  responsabilita\u0027\ndell\u0027imputato». Il confronto tra l\u0027art.  578  e  l\u0027art.  578-bis  del\ncodice di procedura penale e\u0027 rilevante proprio al fine  di  chiarire\nl\u0027ambito  della  cognizione  richiesta  dalla  norma  sospettata   di\nillegittimita\u0027 costituzionale. L\u0027art. 578-bis concerne  l\u0027ipotesi  in\ncui la «coda» di accertamento richiesto al giudice  dell\u0027impugnazione\npenale, in seguito alla sopravvenuta causa estintiva del  reato  (per\nprescrizione o amnistia), che travolge la condanna emessa  nel  grado\nprecedente,  concerne  non  gia\u0027  gli   interessi   civili,   ma   la\nsussistenza, o meno,  dei  presupposti  di  un  provvedimento  avente\nnatura punitiva secondo i canoni interpretativi della  giurisprudenza\ndi Strasburgo. Diversamente dall\u0027art. 578,  infatti,  l\u0027art.  578-bis\npresuppone, ai fini della sua applicazione, non gia\u0027  che  nel  grado\nprecedente sia stata pronunciata condanna risarcitoria o restitutoria\nin favore della parte  civile,  bensi\u0027  che  sia  stata  ordinata  la\n«confisca in casi  particolari»  di  cui  al  primo  comma  dell\u0027art.\n240-bis del codice penale o di  altre  disposizioni  di  legge  o  la\nconfisca prevista dall\u0027art. 322-ter  del  codice  penale.  In  questo\ncaso, pur rilevata la causa estintiva del reato, essendo  il  giudice\nchiamato a valutare i presupposti della  conferma,  o  meno,  di  una\nsanzione  di  carattere  punitivo  ai  sensi  dell\u0027art.  7  CEDU,  la\ndichiarazione di responsabilita\u0027 dell \u0027imputato in  ordine  al  reato\nascrittogli non solo e\u0027 consentita, ma e\u0027 anzi doverosa, poiche\u0027  non\nsi puo\u0027 irrogare una pena senza il giudizio sulla sussistenza di  una\nresponsabilita\u0027 personale, sebbene sia sufficiente che tale  giudizio\nrisulti   nella   «sostanza   dell\u0027accertamento»   contenuto    nella\nmotivazione della sentenza, non essendo  necessario  che  assuma,  in\ndispositivo, la «forma della pronuncia» di condanna (sentenza  n.  49\ndel 2015; Corte EDU, sentenza ... S.r.l. e altri contro  Italia).  Il\ndettato dell\u0027art. 578-bis codice procedura  penale  risponde  a  tale\nesigenza,  imponendo  al  giudice  del  gravame  penale,  chiamato  a\ndecidere sulla confisca dopo aver rilevato  la  causa  estintiva  del\nreato, il «previo accertamento della responsabilita\u0027  dell\u0027imputato».\nL\u0027art. 578 del codice  di  procedura  penale,  invece,  non  contiene\nanaloga clausola, sicche\u0027 l\u0027ambito della cognizione da esso richiesta\nal giudice penale ai fini del provvedimento sull\u0027azione civile,  deve\nessere ricostruito dall\u0027interprete, il quale, nel condurre  l\u0027esegesi\nconvenzionalmente  orientata   della   norma,   ha   come   parametro\nconvenzionale di riferimento proprio l\u0027art. 6 CEDU, nella  stabile  e\nconsolidata   interpretazione   datane   dalla   giurisprudenza    di\nStrasburgo, nonche\u0027 l\u0027art. 48 CDFUE.» \n    Aggiunse, poi, il giudice delle leggi che «tale esegesi -  a  ben\nvedere - non trova ostacolo nella giurisprudenza di legittimita\u0027  che\nil giudice rimettente richiama a  fondamento  delle  sue  censure  di\nillegittimita\u0027 costituzionale con riferimento  sia  ai  rapporti  tra\nl\u0027immediata  declaratoria  delle   cause   di   non   punibilita\u0027   e\nl\u0027assoluzione per  insufficienza  o  contraddittorieta\u0027  della  prova\n(articoli 129 e 530, comma 2, del codice di  procedura  penale),  sia\nall\u0027individuazione del giudice competente per il giudizio  di  rinvio\nin seguito a cassazione delle statuizioni civili (art. 622 del codice\ndi procedura penale), sia all\u0027impugnabilita\u0027 con revisione (art. 630,\ncomma 1, lettera c, del codice di procedura  penale)  della  sentenza\ndel giudice di appello di conferma  della  condanna  risarcitoria  in\nseguito a proscioglimento dell\u0027imputato per prescrizione  del  reato.\nDa una parte il principio di diritto (Corte  di  cassazione,  Sezioni\nunite penali, sentenza 28  maggio-15  settembre  2009,  n.  35490)  -\nsecondo cui, in deroga alla regola generale, il  proscioglimento  nel\nmerito, in caso di contraddittorieta\u0027 o  insufficienza  della  prova,\nprevale rispetto alla dichiarazione immediata di  una  causa  di  non\npunibilita\u0027, quando, in sede di  appello,  sopravvenuta  l\u0027estinzione\ndel reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza  della\nparte civile, il  compendio  probatorio  ai  fini  delle  statuizioni\ncivili - presuppone, per un verso, il carattere «pieno» o «integrale»\ndella cognizione del giudice dell\u0027impugnazione penale (il  quale  non\npuo\u0027  limitarsi  a  confermare   o   riformare   immotivatamente   le\nstatuizioni  civili  emesse  in  primo  grado,  ma   deve   esaminare\ncompiutamente i motivi di gravame sottopostigli,  avuto  riguardo  al\ncompendio probatorio e dandone poi conto in motivazione);  per  altro\nverso, non presuppone (ne\u0027 implica) che  il  giudice,  nel  conoscere\ndella domanda civile,  debba  altresi\u0027  formulare,  esplicitamente  o\nmeno, un giudizio sulla colpevolezza dell\u0027imputato e debba effettuare\nun accertamento, principale o incidentale, sulla sua  responsabilita\u0027\npenale, ben potendo contenere l\u0027apprezzamento  richiestogli  entro  i\nconfini della responsabilita\u0027 civile (in seguito, ex plurimis,  Corte\ndi cassazione, sezione sesta penale, sentenza 20 marzo-8 aprile 2013,\nn. 16155; sezione quarta penale, sentenze  21-28  novembre  2018,  n.\n53354 e 16 novembre-12 dicembre 2018, n. 55519). Piu\u0027 in generale  la\ngiurisprudenza (Corte di cassazione, Sezioni unite  penali,  sentenza\n18 luglio-27 settembre 2013, n. 40109), pronunciandosi sul  vizio  di\nmotivazione che puo\u0027 inficiare la decisione  emessa  dal  giudice  di\nappello ai sensi dell\u0027art. 578 del codice  di  procedura  penale,  ha\naffermato che, in conseguenza del rilievo del predetto vizio (e della\nsusseguente cassazione della sentenza) il rinvio debba  essere  fatto\nsempre al giudice civile e non al  giudice  penale,  in  applicazione\ndell\u0027art. 622 del codice di procedura penale, proprio in ragione, non\ngia\u0027  del  mancato  accertamento  incidentale  della  responsabilita\u0027\npenale dell\u0027imputato, ma dell\u0027omesso esame dei motivi di gravame, ove\nla condanna  risarcitoria  confermata  dal  giudice  di  appello  sia\nfondata  sul  mero  presupposto  della  «non  evidente   estraneita\u0027»\ndell\u0027imputato ai fatti  di  reato  contestatigli.  La  giurisprudenza\nsuccessiva ha dato continuita\u0027 a tale principio (Corte di cassazione,\nsezione prima penale, sentenza 14 gennaio-9 ottobre 2014,  n.  42039;\nsezione sesta penale, sentenze 21 gennaio-6 febbraio 2014, n. 5888  e\n23 settembre-6 novembre 2015, n. 44685): la  cognizione  del  giudice\ndell\u0027impugnazione penale, ex art. 578 del codice di procedura penale,\ne\u0027 funzionale alla conferma delle statuizioni civili,  attraverso  il\ncompleto esame dei motivi di impugnazione volto all\u0027accertamento  dei\nrequisiti costitutivi dell\u0027illecito civile posto a  fondamento  della\nobbligazione  risarcitoria  o   restitutoria.   Il   giudice   penale\ndell\u0027impugnazione   e\u0027   chiamato   ad   accertare   i    presupposti\ndell\u0027illecito  civile  e  nient\u0027affatto  la  responsabilita\u0027   penale\ndell\u0027imputato, ormai prosciolto  per  essere  il  reato  estinto  per\nprescrizione.  Ne\u0027  cio\u0027  e\u0027  revocato   in   dubbio   dall\u0027affermata\nammissibilita\u0027 della istanza di revisione  avverso  la  pronuncia  di\ncondanna al  risarcimento  del  danno  ex  art.  578  del  codice  di\nprocedura penale (Corte di cassazione, Sezioni unite penali, sentenza\n25 ottobre 2018-7 febbraio 2019, n. 6141). L\u0027ammissibilita\u0027 di questa\nimpugnazione straordinaria  e\u0027  conseguenza  dell  ibridazione  delle\nregole processuali che rimangono quelle del rito penale anche  quando\nnel giudizio residua soltanto una domanda civilistica in ordine  alla\nquale  si  e\u0027  pronunciato  il  giudice  dell\u0027impugnazione  ai  sensi\ndell\u0027art. 578 del codice di procedura penale (in  generale,  sentenza\nn. 176 del 2019). Ma dall\u0027applicazione delle regole di rito non  puo\u0027\ninferirsi che il giudice della revisione ex art. 630  del  codice  di\nprocedura  penale,  non  diversamente  dal  giudice  d\u0027appello  o  di\ncassazione  ex  art.  578  del  codice  di  procedura  penale,  debba\npronunciarsi  sulla  responsabilita\u0027   penale   di   chi   e\u0027   stato\ndefinitivamente  prosciolto.  La   responsabilita\u0027,   oggetto   della\ncognizione del giudice, e\u0027 pur sempre quella da atto illecito ex art.\n2043 del codice civile.» \n    Escluso, a giudizio della  Corte,  ogni  ostacolo  sia  nel  dato\ntestuale della  disposizione  di  cui  all\u0027art.  578  del  codice  di\nprocedura  penale,  sia  nel   diritto   vivente   risultante   dalla\ngiurisprudenza   di   legittimita\u0027,    si    poteva    accedere    ad\nun\u0027interpretazione  conforme  della  norma  agli  indicati  parametri\ninterposti. \n    E l\u0027interpretazione conforme  di  cui  si  faceva  promotrice  la\nConsulta  era  questa:  «il  giudice  dell\u0027impugnazione  penale,  nel\ndecidere sulla domanda risarcitoria, non e\u0027 chiamato a verificare  se\nsi sia integrata la fattispecie penale tipica contemplata dalla norma\nincriminatrice, in cui si iscrive il fatto di reato di volta in volta\ncontestato;  egli  deve  invece  accertare  se   sia   integrata   la\nfattispecie civilistica dell\u0027illecito aquiliano (art. 2043 del codice\ncivile). Con riguardo al  «fatto»  -  come  storicamente  considerato\nnell\u0027imputazione penale - il giudice dell\u0027impugnazione e\u0027 chiamato  a\nvalutarne gli  effetti  giuridici,  chiedendosi,  non  gia\u0027  se  esso\npresenti gli elementi costitutivi  della  condotta  criminosa  tipica\n(commissiva  od  omissiva)  contestata   all\u0027imputato   come   reato,\ncontestualmente dichiarato estinto per prescrizione, ma piuttosto  se\nquella condotta sia stata idonea  a  provocare  un  «danno  ingiusto»\nsecondo l\u0027art. 2043 codice civile,  e  cioe\u0027  se,  nei  suoi  effetti\nsfavorevoli al danneggiato, essa si sia tradotta nella lesione di una\nsituazione  giuridica  soggettiva  civilmente  sanzionabile  con   il\nrisarcimento del danno. Nel contesto di  questa  cognizione  rilevano\nsia l\u0027evento lesivo della situazione soggettiva di cui e\u0027 titolare la\npersona danneggiata, sia le conseguenze  risarcibili  della  lesione,\nche possono essere di natura sia patrimoniale che  non  patrimoniale.\nLa mancanza di  un  accertamento  incidentale  della  responsabilita\u0027\npenale in ordine al reato estinto per prescrizione  non  preclude  la\npossibilita\u0027 per il danneggiato di ottenere l\u0027accertamento giudiziale\ndel suo diritto al risarcimento del danno, anche non patrimoniale, la\ncui tutela deve essere  assicurata,  nella  valutazione  sistemica  e\nbilanciata dei valori di rilevanza costituzionale al pari di  quella,\nper l\u0027imputato, derivante dalla presunzione di  innocenza.  Il  danno\nnon  patrimoniale  ha  il  contenuto  chiarito,   da   tempo,   dalla\ngiurisprudenza (a partire  da  Corte  di  cassazione,  Sezioni  unite\ncivili, sentenze 24 giugno-11 novembre 2008, n. 26972, n.  26793,  n.\n26794 e n. 26795)  e  quindi  sussiste  sia  nei  casi  espressamente\nprevisti dalla legge al di fuori delle  fattispecie  di  reato  (art.\n2059 codice civile), sia nei casi di  lesione  «non  bagatellare»  di\ninteressi della persona elevati a valori costituzionali, sia  infine,\nin tutte le ipotesi di derivazione del  pregiudizio  da  un  illecito\ncivile coincidente  con  una  fattispecie  penale  (art.  185  codice\npenale). In quest\u0027ultima ipotesi  l\u0027illecito  civile  pur  fondandosi\nsull\u0027elemento materiale e psicologico del reato, tuttavia risponde  a\ndiverse  finalita\u0027  e  richiama  un   distinto   regime   probatorio.\nL\u0027esigenza di rispetto della presunzione di  innocenza  dell\u0027imputato\nnon preclude al giudice penale dell\u0027impugnazione di  effettuare  tale\naccertamento onde liquidare anche il danno non  patrimoniale  di  cui\nall\u0027art 185 codice penale. La  natura  civilistica  dell\u0027accertamento\nrichiesto   dalla   disposizione   censurata   al   giudice    penale\ndell\u0027impugnazione, differenziato dall\u0027(ormai  precluso)  accertamento\ndella responsabilita\u0027  penale  quanto  alle  pretese  risarcitorie  e\nrestitutorie  della  parte  civile,  emerge  riguardo  sia  al  nesso\ncausale, sia all\u0027elemento soggettivo dell\u0027illecito.  Il  giudice,  in\nparticolare, non  accerta  la  causalita\u0027  penalistica  che  lega  la\ncondotta  (azione  od  omissione)  all\u0027evento  in  base  alla  regola\ndell\u0027«alto  grado  di  probabilita\u0027  logica»  (Corte  di  cassazione,\nSezioni unite  penali,  sentenza  10  luglio-11  settembre  2002,  n.\n30328). Per l\u0027illecito civile vale, invece,  il  criterio  del  «piu\u0027\nprobabile che non» o della «probabilita\u0027 prevalente» che consente  di\nritenere adeguatamente dimostrata (e dunque processualmente  provata)\nuna  determinata  ipotesi  fattuale  se  essa,  avuto   riguardo   ai\ncomplessivi risultati delle prove dichiarative e documentali,  appare\npiu\u0027 probabile di ogni altra ipotesi e  in  particolare  dell\u0027ipotesi\ncontraria (in tal senso e\u0027 la giurisprudenza a partire  da  Corte  di\ncassazione, Sezioni unite civili, sentenze 11 gennaio 2008,  n.  576,\nn. 581, n. 582 e n. 584). L\u0027autonomia dell\u0027accertamento dell\u0027illecito\ncivile non e\u0027 revocata in dubbio dalla circostanza che esso si svolga\ndinanzi al  giudice  penale  e  sia  condotto  applicando  le  regole\nprocessuali e probatorie del processo penale (art. 573 del codice  di\nprocedura penale). L\u0027applicazione dello statuto della prova penale e\u0027\npieno e concerne sia i mezzi di  prova  (sara\u0027  cosi\u0027  ammissibile  e\nutilizzabile, ad esempio, la testimonianza della persona  offesa  che\nnel processo civile sarebbe interdetta dall\u0027art. 246  del  codice  di\nprocedura civile), sia le modalita\u0027 di  assunzione  della  prova  (le\nprove costituende saranno cosi\u0027 assunte per cross examination ex art.\n499 del codice di procedura penale e non per  interrogatorio  diretto\ndel  giudice),  le  quali  ricalcheranno  pedissequamente  quelle  da\nosservare nell\u0027accertamento  della  responsabilita\u0027  penale:  ove  ne\nricorrano i presupposti,  dunque,  il  giudice  dell\u0027appello  penale,\nrilevata l\u0027estinzione del reato, potra\u0027 - o talora dovra\u0027  (Corte  di\ncassazione, Sezioni unite penali, sentenza 28 gennaio-4 giugno  2021,\nn.   22065)   -   procedere   alla    rinnovazione    dell\u0027istruzione\ndibattimentale al fine di decidere sull\u0027impugnazione ai soli  effetti\ncivili (art. 603, comma 3-bis, del codice di procedura penale).» \n    Aggiunse ancora  la  Corte  che  «l\u0027approdo  dell\u0027interpretazione\nlogico-sistematica della norma processuale censurata assicura, quanto\nal cosiddetto secondo aspetto  della  presunzione  di  innocenza,  la\nconformita\u0027 alla richiamata giurisprudenza della Corte di Strasburgo,\nla quale, mentre da  un  lato  ha  ammonito  che,  «se  la  decisione\nnazionale sul risarcimento dovesse contenere  una  dichiarazione  che\nimputa  la  responsabilita\u0027  penale  alla   parte   convenuta,   cio\u0027\nsolleverebbe  una  questione  che  rientra  nell\u0027ambito  dell\u0027art.  6\n[paragrafo] 2 della Convenzione» (Corte EDU, sentenza Pasquini contro\nRepubblica di San Marino), dall\u0027altro lato  ha  anche  avvertito  che\nl\u0027applicazione del diritto alla presunzione di  innocenza  in  favore\ndell\u0027imputato non deve ridondare a danno del diritto della vittima al\nrisarcimento del danno (in particolare, Corte EDU, sentenza  Ringvold\ncontro  Norvegia).  Una  volta  dichiarata  la   sopravvenuta   causa\nestintiva del reato, in applicazione  dell\u0027art.  578  del  codice  di\nprocedura  penale,  l\u0027imputato   avra\u0027   diritto   a   che   la   sua\nresponsabilita\u0027 penale non sia piu\u0027 rimessa  in  discussione,  ma  la\nparte civile avra\u0027 diritto al  pieno  accertamento  dell\u0027obbligazione\nrisarcitoria. Con la disposizione censurata il legislatore ha operato\nun  bilanciamento  tra  le  esigenze  sottese  all\u0027operativita\u0027   del\nprincipio  generale  di  accessorieta\u0027  dell\u0027azione  civile  rispetto\nall\u0027azione  penale  (che  esclude  la  decisione  sul   capo   civile\nnell\u0027ipotesi  di   proscioglimento)   e   le   esigenze   di   tutela\ndell\u0027interesse del danneggiato, costituito parte  civile.  Quando  il\nproscioglimento  viene  pronunciato  in  grado  di   appello   o   di\nlegittimita\u0027, in seguito ad una  valida  condanna  emessa  nei  gradi\nprecedenti, la regola dell\u0027accessorieta\u0027 (che comporta il  sacrificio\ndell\u0027interesse della parte civile) subisce dei temperamenti,  poiche\u0027\nessa continua ad essere applicabile nelle ipotesi di assoluzione  nel\nmerito e di sopravvenienza di cause estintive del reato riconducibili\nalla volonta\u0027 delle parti (ad esempio remissione di querela), ma  non\ntrova  applicazione  allorche\u0027  la  dichiarazione  di   non   doversi\nprocedere dipenda dalla sopravvenienza di  una  causa  estintiva  del\nreato riconducibile a prescrizione  o  ad  amnistia,  nel  qual  caso\nprevale l\u0027interesse della  parte  civile  a  conservare  le  utilita\u0027\nottenute nel corso del processo, che  continua  dinanzi  allo  stesso\ngiudice  penale,  sebbene  sia  mutato  l\u0027ambito   della   cognizione\nrichiestagli, che va circoscritta alla responsabilita\u0027 civile.» \n    «In conclusione - chioso\u0027 il giudice delle  leggi  -  il  giudice\ndell\u0027impugnazione penale (giudice di appello o Corte di  cassazione),\nspogliatosi   della   cognizione   sulla    responsabilita\u0027    penale\ndell\u0027imputato in seguito alla declaratoria di  estinzione  del  reato\nper sopravvenuta prescrizione (o  per  sopravvenuta  amnistia),  deve\nprovvedere  -  in  applicazione  della   disposizione   censurata   -\nsull\u0027impugnazione ai soli effetti civili, confermando,  riformando  o\nannullando la condanna gia\u0027 emessa nel grado precedente,  sulla  base\ndi un accertamento che impinge unicamente sugli elementi  costitutivi\ndell\u0027illecito civile, senza  poter  riconoscere,  neppure  incidenter\ntantum, la responsabilita\u0027 dell\u0027imputato per il reato estinto.» \n    Cosi\u0027 interpretato, l\u0027art. 578 del codice di procedura penale non\nviolava il diritto dell\u0027imputato alla presunzione di  innocenza  come\ndeclinato nell\u0027ordinamento convenzionale dalla  giurisprudenza  della\nCorte EDU e come riconosciuto nell\u0027ordinamento dell\u0027Unione europea. \n2.3. La giurisprudenza della  Corte  europea  dei  diritti  dell\u0027uomo\nsuccessiva alla sentenza della Corte costituzionale n. 182/2021. \n    Giova evidenziare che la pronuncia della Corte costituzionale  n.\n182 del 2021 e\u0027 stata oggetto di valutazione  da  parte  della  Corte\neuropea dei diritti dell\u0027uomo (vedi Corte EDU 18 novembre  2021,  ...\nc. Italia; Corte EDU, 15 settembre 2023, ...  c.  Italia,  sebbene  i\ncasi oggetto delle due sentenze  afferissero  all\u0027applicazione  della\nfattispecie di cui all\u0027art. 576 del codice di procedura penale),  che\nne  ha  apprezzato  l\u0027equilibrio  di  sistema  tra  il  principio  di\naccessorieta\u0027  dell\u0027azione   civile   e   le   esigenze   di   tutela\ndell\u0027interesse   del   danneggiato,   costituitosi   parte    civile,\nevidenziandone la piena compatibilita\u0027 con la CEDU. \n2.4. La riforma c.d. Cartabia. \n    L\u0027interpretazione,    convenzionalmente    e    eurounitariamente\nconsiderata, dell\u0027art. 578 del codice di  procedura  penale  proposta\ndalla Corte costituzionale e\u0027 stata senza dubbio tenuta presente  dal\nlegislatore della riforma c.d. Cartabia nell\u0027apportare le  necessarie\nmodifiche in punto di rapporti tra  azione  civile  e  azione  penale\nnell\u0027ambito del processo penale. \n    Invero, gia\u0027 con la legge n. 134/2021, nell\u0027introdurre  il  nuovo\nistituto dell\u0027improcedibilita\u0027 per superamento dei termini di  durata\nmassima del giudizio di impugnazione  (art.  344-bis  del  codice  di\nprocedura penale), operativo in relazione alle impugnazioni aventi ad\noggetto reati commessi dal 1° gennaio 2020 (art. 2, comma 3, legge n.\n134/2021), il  legislatore  si  e\u0027  preoccupato  di  disciplinare  la\nfattispecie relativa alla declaratoria di  improcedibilita\u0027  inerente\nun processo nel quale risulta costituita la parte civile,  conclusosi\nin primo grado con la condanna dell\u0027imputato  anche  al  risarcimento\ndel danno, inserendo nell\u0027art. 578 del codice di procedura penale una\nspecifica disposizione (il comma 1-bis introdotto dall\u0027art. 2,  comma\n2, lettera b) della legge n. 134/2021). \n    Il comma 1-bis dell\u0027art. 578 del codice di  procedura  penale  in\norigine cosi\u0027 prevedeva: «quando nei confronti dell\u0027imputato e\u0027 stata\npronunciata  condanna,  anche  generica,  alle  restituzioni   o   al\nrisarcimento dei danni cagionati dal  reato  in  favore  della  parte\ncivile,  il  giudice  di  appello  e  la  Corte  di  cassazione,  nel\ndichiarare improcedibile  l\u0027azione  penale  per  il  superamento  dei\ntermini di cui ai commi 1 e 2  dell\u0027art.  344-bis,  rinviano  per  la\nprosecuzione al giudice civile competente  per  valore  in  grado  di\nappello,  che  decide  valutando  le  prove  acquisite  nel  processo\npenale». \n    Successivamente, in attuazione della delega  di  cui  all\u0027art.  1\ncomma 13 lettera d) della legge n. 134/2021, il legislatore  delegato\n(art. 33 del  decreto  legislativo  n.  150/2022)  e\u0027  intervenuto  a\nmodificare il comma 1-bis  dell\u0027art.  578  del  codice  di  procedura\npenale, ad aggiungervi il comma 1-ter, e a modificare l\u0027art. 573  del\ncodice di procedura penale, aggiungendovi il comma 1-bis. \n    Nella sua attuale formulazione il comma 1-bis dell\u0027art.  578  del\ncodice di procedura penale cosi\u0027  statuisce:  «quando  nei  confronti\ndell\u0027imputato e\u0027 stata pronunciata  condanna,  anche  generica,  alle\nrestituzioni o al risarcimento  dei  danni  cagionati  dal  reato  in\nfavore della parte civile, e  in  ogni  caso  di  impugnazione  della\nsentenza anche per gli interessi civili, il giudice di appello  e  la\nCorte di cassazione, se  l\u0027impugnazione  non  e\u0027  inammissibile,  nel\ndichiarare improcedibile  l\u0027azione  penale  per  il  superamento  dei\ntermini di cui ai commi 1 e 2  dell\u0027art.  344-bis,  rinviano  per  la\nprosecuzione al giudice o alla sezione civile competente nello stesso\ngrado, che decidono  sulle  questioni  civili  utilizzando  le  prove\nacquisite nel processo penale e quelle  eventualmente  acquisite  nel\ngiudizio civile». Il comma 1-ter prevede che  «nei  casi  di  cui  al\ncomma 1-bis,  gli  effetti  del  sequestro  conservativo  disposto  a\ngaranzia delle obbligazioni civili derivanti  dal  reato,  permangono\nfino a che la sentenza che decide sulle questioni civili non e\u0027  piu\u0027\nsoggetta a impugnazione». L\u0027art.  573,  comma  1-bis, del  codice  di\nprocedura penale cosi\u0027 dispone: «quando la sentenza e\u0027 impugnata  per\ni soli interessi  civili,  il  giudice  di  appello  e  la  Corte  di\ncassazione, se l\u0027impugnazione non e\u0027 inammissibile, rinviano  per  la\nprosecuzione,  rispettivamente  al  giudice  o  alla  sezione  civile\ncompetente, che decide sulle questioni civili  utilizzando  le  prove\nacquisite nel processo penale e quelle  eventualmente  acquisite  nel\ngiudizio civile». Come chiarito dalle Sezioni unite (Cass. pen.  sez.\nun., 25 maggio 2023, n. 38841), quest\u0027ultima disposizione si  applica\nalle impugnazioni per i soli interessi civili proposte  relativamente\nai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia  intervenuta\nin epoca successiva al 30 dicembre 2022, quale  data  di  entrata  in\nvigore della predetta disposizione. \n    Si  legge  testualmente  nella  relazione  illustrativa  che   ha\naccompagnato l\u0027entrata in vigore del decreto legislativo n. 150/2022:\n«analoga  contraddizione  sistematica,  in  ragione   del   carattere\nprocessuale  e  impediente  della  pronuncia   di   improcedibilita\u0027,\nprodurrebbe una prosecuzione del giudizio  di  impugnazione  ai  soli\neffetti civili, considerata la natura accessoria  dell\u0027azione  civile\nnel processo penale. A tale ultimo riguardo,  peraltro,  soccorre  un\nulteriore dato sistematico, ricavabile  dalla  disposizione  gia\u0027  in\nvigore introdotta  nel  comma  1-bis  dell\u0027art.  578  del  codice  di\nprocedura penale, ad opera della legge n. 134 del 2021, secondo  cui,\nin caso  di  condanna  per  la  responsabilita\u0027  civile,  il  giudice\ndell\u0027impugnazione, nel dichiarare improcedibile  l\u0027azione  penale  ai\nsensi dell\u0027art. 344-bis del codice di procedura penale, rinvia per la\nprosecuzione al giudice civile. Il legislatore, per quanto concerne i\nrapporti tra improcedibilita\u0027 e azione civile, ha  quindi  scelto  di\npercorrere una  «terza  via»,  mediana  rispetto  alla  soluzione  di\nlasciare al giudice penale  il  compito  di  decidere  sulla  domanda\nrisarcitoria nonostante l\u0027improcedibilita\u0027 e a quella di imporre  una\nriproposizione della domanda al giudice civile  di  primo  grado.  La\nscelta punta a ridurre il carico di lavoro del giudice  penale  nella\nfase delle impugnazioni, assicurando il diritto della parte civile  a\nuna decisione sull\u0027azione risarcitoria in tempi non irragionevoli. In\ncoerenza con tale scelta  e  con  la  ratio  stessa  della  legge  n.\n134/2021, pertanto, si propone di attuare  la  delega  in  ordine  ai\nrapporti tra improcedibilita\u0027  dell\u0027azione  penale  e  azione  civile\ntrasferendo la decisione al giudice civile. L\u0027opzione  di  trasferire\nal giudice civile la decisione sull\u0027impugnazione, dopo la  formazione\ndel giudicato sui capi penali, sviluppa il percorso esegetico seguito\ndalla giurisprudenza costituzionale relativa all\u0027art. 578,  comma  1,\ndel codice di procedura penale e, quindi,  si  basa  sul  presupposto\nche, per non incorrere in violazioni  della  presunzione  d\u0027innocenza\ndell\u0027imputato, e\u0027 necessario restringere l\u0027oggetto di accertamento al\nsolo diritto del danneggiato  al  risarcimento  del  danno,  dopo  lo\nspartiacque del giudicato.  E\u0027  pertanto  ragionevole  attribuire  il\ncompito di decidere al giudice  civile,  in  una  situazione  in  cui\ndevono essere verificati gli estremi  della  responsabilita\u0027  civile,\nsenza poter  accertare  nemmeno  incidentalmente  la  responsabilita\u0027\npenale. Cio\u0027 accade gia\u0027, secondo la sentenza costituzionale  n.  182\ndel 2021, nelle ipotesi coperte dall\u0027art. 578, comma 1, del codice di\nprocedura penale dove «il giudice penale, nel decidere sulla  domanda\nrisarcitoria, non e\u0027 chiamato a verificare se  si  sia  integrata  la\nfattispecie penale tipica contemplata dalla norma incriminatrice», ma\n«se sia integrata la fattispecie civilistica dell\u0027illecito  aquiliano\n(art.  2043  codice  civile)»,  valutando  quindi  se   la   condotta\ncontestata «si sia tradotta nella lesione di una situazione giuridica\nsoggettiva civilmente sanzionabile con il  risarcimento  del  danno».\nSecondo la Corte costituzionale,  «la  mancanza  di  un  accertamento\nincidentale della responsabilita\u0027 penale in ordine al  reato  estinto\nper prescrizione non preclude la possibilita\u0027 per il  danneggiato  di\nottenere l\u0027accertamento giudiziale del suo  diritto  al  risarcimento\ndel  danno,  anche  non  patrimoniale,  la  cui  tutela  deve  essere\nassicurata, nella valutazione sistemica e bilanciata  dei  valori  di\nrilevanza costituzionale al pari di quella, per l\u0027imputato, derivante\ndalla presunzione di innocenza» (sentenza n. 182/2021, par.  14  m.).\nQuesta ricostruzione e\u0027 stata portata  alle  logiche  conseguenze  in\nsede di attuazione della direttiva  di  cui  all\u0027art.  1,  comma  13,\nlettera  d)  della  legge  delega,  nella  parte  in  cui  impone  di\ndisciplinare i rapporti tra l\u0027improcedibilita\u0027 dell\u0027azione  penale  e\nl\u0027azione civile. L\u0027art. 578, comma  1-bis, del  codice  di  procedura\npenale e\u0027 stato pertanto modificato,  includendo  il  riferimento  ad\n«ogni caso» di impugnazione della sentenza «anche» per gli  interessi\ncivili (quindi anche in mancanza di una pronuncia  di  condanna  alle\nrestituzioni o al risarcimento  dei  danni).  La  «prosecuzione»  del\nprocesso davanti al  giudice  civile,  disposta  dopo  il  necessario\ncontrollo del giudice penale sull\u0027assenza di cause d\u0027inammissibilita\u0027\ndell\u0027impugnazione, non determina effetti pregiudizievoli per la parte\ncivile o per l\u0027imputato ne\u0027 dal punto di vista cognitivo,  in  quanto\nil giudice competente deve decidere tutte le «questioni civili»,  con\nesclusione di quelle  penali  coperte  dal  giudicato  (la  decisione\ncivile non potrebbe quindi incidere sulla  presunzione  d\u0027innocenza),\nne\u0027 dal punto di vista probatorio, in quanto restano utilizzabili  le\nprove  acquisite  nel  processo  penale,   in   contraddittorio   con\nl\u0027imputato, oltre  a  quelle  eventualmente  acquisite  nel  giudizio\ncivile. Onde salvaguardare anche le cautele reali  che  assistono  la\ndomanda civile in sede penale, si introduce, con il nuovo comma 1-ter\ndell\u0027art. 578 del codice di procedura penale, una disposizione che  -\nin deroga a quanto previsto dall\u0027art. 317, comma  4,  del  codice  di\nprocedura penale (a tal fine opportunamente interpolato)  -  prevede,\nnel caso di trasferimento dell\u0027azione civile,  la  persistenza  degli\neffetti  del  sequestro  conservativo  disposto  a   garanzia   delle\nobbligazioni civili derivanti dal reato fino a che  la  sentenza  che\ndecide sulle questioni civili non sia piu\u0027 soggetta  a  impugnazione.\nInoltre, per attuare la seconda parte della  direttiva  di  cui  alla\nlettera  d),  e\u0027  stata   conseguentemente   disciplinata   l\u0027ipotesi\ndell\u0027impugnazione per i soli interessi civili, introducendo nel nuovo\ncomma 1-bis dell\u0027art. 573 del codice di procedura penale l\u0027innovativa\nregola del trasferimento della decisione al giudice civile,  dopo  la\nverifica imprescindibile sulla non inammissibilita\u0027 dell\u0027atto  svolta\ndal giudice  penale.  Naturalmente,  occorre  attribuire  il  diritto\nd\u0027impugnare,  in   prima   battuta,   come   se   si   trattasse   di\nun\u0027impugnazione anche agli effetti civili (quindi come  se  vi  fosse\nanche l\u0027impugnazione agli effetti penali  del  pubblico  ministero  o\ndell\u0027imputato), situazione coperta dall\u0027art. 573, comma 1, del codice\ndi  procedura  penale.  L\u0027art.  573,  comma  1-bis,  c.p.p.   diventa\napplicabile  dopo  che  il  giudice  penale  dell\u0027impugnazione  abbia\nverificato l\u0027assenza d\u0027impugnazione anche agli effetti penali. Questa\nscelta del legislatore delegato determina un ulteriore  risparmio  di\nrisorse, nell\u0027ottica di implementare l\u0027efficienza  giudiziaria  nella\nfase  delle  impugnazioni,  e  non  si  pone  in  conflitto  con   la\ngiurisprudenza costituzionale, data la limitazione  della  cognizione\ndel giudice civile alle «questioni civili».  Il  giudice  civile  non\npotrebbe pertanto accertare incidentalmente  il  tema  gia\u0027  definito\ndella responsabilita\u0027 penale, neppure nel caso  di  appello  proposto\ndalla  sola  parte  civile  avverso  la   sentenza   di   assoluzione\ndell\u0027imputato, con  una  soluzione  normativa  che  evita  i  profili\nd\u0027illegittimita\u0027 ravvisati dalla sentenza della Corte  costituzionale\nn.  176  del  2019,  rispetto  all\u0027eventualita\u0027  di  un  accertamento\ndell\u0027illecito  penale  compiuto  in  sede  civile.  Con   il   rinvio\ndell\u0027appello  o  del  ricorso  al   giudice   civile   l\u0027oggetto   di\naccertamento non cambierebbe, ma si restringerebbe, dal  momento  che\nla domanda risarcitoria da illecito civile  e\u0027  gia\u0027  implicita  alla\ndomanda risarcitoria da illecito penale  (l\u0027illecito  penale  implica\nl\u0027illecito civile). Non vi sarebbe pertanto una  modificazione  della\ndomanda risarcitoria nel  passaggio  dal  giudizio  penale  a  quello\ncivile. Ragionevolmente, l\u0027eventualita\u0027 dovra\u0027  essere  prevista  dal\ndanneggiato dal reato sin dal momento  della  costituzione  di  parte\ncivile,  atto  che  pertanto  dovra\u0027  contenere  l\u0027esposizione  delle\nragioni che giustificano «la domanda agli  effetti  civili»,  secondo\nl\u0027innovata formulazione dell\u0027art.  78,  lettera  d),  del  codice  di\nprocedura penale. In  conseguenza  della  disciplina  dettata  per  i\nrapporti fra improcedibilita\u0027 dell\u0027azione  penale,  azione  civile  e\nconfisca, si introducono due ulteriori misure al  fine  di  prevenire\nl\u0027eventuale prodursi di cause di improcedibilita\u0027 e, nel caso in  cui\nle stesse dovessero comunque verificarsi, evitare il pregiudizio  che\nun ritardo nella declaratoria di improcedibilita\u0027  potrebbe  produrre\nall\u0027azione della parte civile e alle esigenze di  pronta  attivazione\ndell\u0027autorita\u0027 giudiziaria compente per le  misure  di  prevenzione.»\n(relazione  illustrativa  pubblica  in   Gazzetta   Ufficiale   della\nRepubblica italiana - Serie generale - n. 245 del  19  ottobre  2022,\npag. 329 e ss.). \n    E\u0027 di tutta evidenza l\u0027importanza che ha avuto la sentenza  della\nCorte costituzionale  n.  182  del  2021  nelle  scelte  operate  dal\nlegislatore della riforma c.d. Cartabia, finalizzate ad attribuire al\ngiudice civile il prosieguo del giudizio di impugnazione  ogni  volta\nche permangono esclusivamente in gioco interessi civili. \n    In buona sostanza, venuta meno la vicenda  penale  (vuoi  perche\u0027\ndichiarata improcedibile l\u0027azione penale ai sensi  dell\u0027art.  344-bis\ndel codice di procedura penale, vuoi perche\u0027  l\u0027impugnazione  risulta\nproposta solo per gli interessi civili) il legislatore della  riforma\nc.d. Cartabia ha previsto che  il  giudizio  prosegue  solo  per  gli\ninteressi civili dinanzi al giudice civile, al fine, da un  lato,  di\nsgravare  il  giudice  penale  dalla   decisione   sull\u0027impugnazione,\nalleggerendo, in tale modo, i relativi ruoli di udienza,  dall\u0027altra,\ndi salvaguardare la presunzione di innocenza dell\u0027imputato. \n    In questo contesto, di rinnovata  modulazione  dei  rapporti  tra\nazione penale e azione civile nell\u0027ambito  del  processo  penale,  si\ninserisce la sentenza di  recente  pronunciata  dalle  Sezioni  unite\n(vedi Cassazione pen. sez. un., 28.3.-27.9.2024,  n.  36208,  ...  c/\n...), che costituisce la novita\u0027 che ha deterrninato la necessita\u0027 di\nricorrere nuovamente alla Corte costituzionale. \n2.5. La  sentenza  delle  Sezioni  unite  ...  (Cass.  pen  sez.  un.\n28.3.-27.9.2024, n. 36208). \n    Come e\u0027 noto, con ordinanza dell\u00278 giugno  2023,  la  IV  Sezione\nPenale della Cassazione rimetteva alle  Sezioni  unite  la  questione\ninerente al sindacato  del  giudice  di  appello  e  alla  regola  di\ngiudizio applicabile a fronte  del  gravame  proposto  dall\u0027imputato,\ncondannato in primo grado anche al risarcimento del  danno,  che  non\nabbia  rinunciato  alla  prescrizione.  In  particolare,  la  Sezione\nrimettente riteneva che, per quanto  interpretativa  di  rigetto,  la\nsentenza n.  182  del  2021  della  Corte  costituzionale  costituiva\ntermine di riferimento non eludibile, poiche\u0027 la  soluzione  adottata\nappariva comporre in un ragionevole equilibrio i  diversi  valori  in\ngioco, ponendosi nella linea  di  tendenza  anche  normativa  di  una\nsempre piu\u0027 evidente distinzione tra azione penale e  azione  civile,\nmentre la pronuncia delle Sezioni unite ... (Cass. pen. sez.  un.  28\nmaggio 2009, n.  35490)  sarebbe  stata  espressione  di  un  diritto\nvivente per il quale la presunzione di innocenza non era  chiamata  a\nsvolgere, nell\u0027ambito dei rapporti tra azione penale e azione civile,\nil ruolo  di  principio  ordinatore,  inscrivendosi  in  un  contesto\nculturale che trasmetteva all\u0027azione civile le  regole  del  giudizio\npenale in cui era stata ospitata. Intendendo dissentire dal principio\nenunciato dalle Sez. Un. ..., il collegio rimetteva la questione alle\nSezioni unite, chiamate a pronunciarsi sul seguente quesito: «se, nel\ngiudizio  di  appello  promosso  avverso  la  sentenza  di   condanna\ndell\u0027imputato  anche  al  risarcimento   dei   danni,   il   giudice,\nintervenuta nelle more l\u0027estinzione del reato per prescrizione, possa\npronunciare  l\u0027assoluzione  nel  merito  anche  a  fronte  di   prove\ninsufficienti o contraddittorie, sulla base della regola di  giudizio\nprocessual-penalistica dell\u0027oltre  ogni  ragionevole  dubbio,  ovvero\ndebba far prevalere la  declaratoria  di  estinzione  del  reato  per\nprescrizione, pronunciandosi  sulle  statuizioni  civili  secondo  la\nregola processual-civilistica del piu\u0027 probabile che non». \n    Le Sezioni unite (vedi Cassazione pen. sez. un., 28.3.-27.9.2024,\nn. 36208, ... c/ ...),  hanno  affermato  il  seguente  principio  di\ndiritto: «nel giudizio di appello avverso  la  sentenza  di  condanna\ndell\u0027imputato  anche  al  risarcimento   dei   danni,   il   giudice,\nintervenuta nelle more l\u0027estinzione del reato per  prescrizione,  non\npuo\u0027 limitarsi a prendere atto della causa  estintiva,  adottando  le\nconseguenti statuizioni civili fondate sui  criteri  enunciati  dalla\nsentenza della Corte costituzionale n. 182 del 2021, ma  e\u0027  comunque\ntenuto, stante la presenza della parte civile, a  valutare,  anche  a\nfronte di prove insufficienti o contraddittorie, la  sussistenza  dei\npresupposti per l\u0027assoluzione nel merito.» \n    Il ragionamento delle Sezioni unite si e\u0027 sviluppato partendo  da\nquanto affermato dalle  Sez.  Un.  ...  .  Si  legge,  invero,  nella\nsentenza: «le Sezioni unite, chiamate a dirimere il  contrasto  circa\nla prevalenza o meno del proscioglimento  nel  merito  rispetto  alla\ndichiarazione immediata di una causa di non punibilita\u0027 nel  caso  di\ncontraddittorieta\u0027 o insufficienza della  prova,  hanno  espresso  il\nprincipio per cui «all\u0027esito del  giudizio,  il  proscioglimento  nel\nmerito, in caso di contraddittorieta\u0027 o  insufficienza  della  prova,\nnon prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non\npunibilita\u0027, salvo che, in sede di appello,  sopravvenuta  una  causa\nestintiva del reato, il giudice  sia  chiamato  a  valutare,  per  la\npresenza della parte civile, il compendio probatorio  ai  fini  delle\nstatuizioni  civili».  La  pronuncia,  muovendo   dal   criterio   di\nbilanciamento espresso dalla Corte costituzionale  (sentenze  n.  175\ndel 1971 e n. 275 del 1990, ordinanze nn. 300 e 362 del 1991) per cui\nl\u0027equilibrio  del  sistema  e\u0027  garantito  dalla   possibilita\u0027   per\nl\u0027imputato di rinunciare alle cause estintive del reato  (amnistia  o\nprescrizione), ha confermato la prevalenza dell\u0027obbligo di  immediata\ndeclaratoria delle cause di non punibilita\u0027,  dovendosi  privilegiare\nin linea di principio le esigenze di speditezza sottese  al  disposto\ndell\u0027art. 129 del codice di procedura penale. Le Sezioni unite hanno,\npero\u0027,  osservato  che  l\u0027enunciato  dell\u0027art.  578  del  codice   di\nprocedura penale  dischiude,  in  presenza  della  parte  civile,  al\ngiudice  di  appello  la  porta  della   «cognizione   piena»;   tale\nconstatazione ha  condotto  ad  affermare  il  principio,  favorevole\nall\u0027imputato, della prevalenza, in tal caso, del proscioglimento  nel\nmerito secondo la regola dettata dall\u0027art. 530,  commi  1  e  2,  del\ncodice di procedura penale sulle esigenze di speditezza  delle  quali\ne\u0027 espressione la declaratoria ai sensi dell\u0027art. 129 del  codice  di\nprocedura penale. La pronuncia ha messo in  luce  che  l\u0027orientamento\ndella giurisprudenza costituzionale, che aveva indicato  nel  diritto\ndell\u0027imputato a rinunciare all\u0027amnistia e alla prescrizione il  punto\ndi  equilibrio  sul  quale  riposa  la  legittimita\u0027   costituzionale\ndell\u0027art 129, comma 2, del codice di procedura  penale,  lasciava  in\nombra la regola per cui, in presenza della parte civile,  il  giudice\ne\u0027 tenuto a valutare nel merito,  anche  al  maturare  di  una  causa\nestintiva del reato, il compendio probatorio gia\u0027 acquisito  ai  fini\ndelle statuizioni civili.  Cio\u0027  rende  recessivo  l\u0027obbligo  per  il\ngiudice di appello di attenersi  a  canoni  di  economia  processuale\nrispetto al dovere di «conoscere» il merito della causa,  aprendo  in\ntal modo il varco alla tutela dei diritti fondamentali della  persona\nimputata. L\u0027accertamento del diritto al  risarcimento  del  danno  da\nreato implica, infatti, nel rispetto del  contraddittorio,  anche  il\ndiritto alla prova  contraria,  garantito  a  livello  costituzionale\ndall\u0027art. 111, terzo comma, della Costituzione e dall\u0027art. 495, comma\n2, del codice di procedura  penale  in  conformita\u0027  all\u0027art  6  §  3\nlettera d) CEDU. Divenendo recessiva  l\u0027esigenza  di  speditezza  del\nprocesso, pur in presenza della  causa  estintiva  e  in  assenza  di\nrinuncia dell\u0027imputato ad  avvalersi  della  stessa,  e\u0027  logico  che\nriemerga l\u0027imperativo di  assolvere  l\u0027imputato  non  solo  a  fronte\ndell\u0027evidenza dell\u0027innocenza, come  espressamente  previsto  dall\u0027art\n129, comma 2, del codice di procedura penale, ma anche  nel  caso  in\ncui, pur essendovi alcuni elementi probatori  a  carico,  essi  siano\ninidonei  a  fondare  una  dichiarazione  di  responsabilita\u0027  penale\nsecondo la regola di giudizio di cui al secondo comma  dell\u0027art.  530\ndel codice di rito. Lo sviluppo argomentativo della sentenza  ...  e\u0027\nintegrato dall\u0027ulteriore constatazione che il parametro dell\u0027evidenza\nsancito dall\u0027art. 129, comma 2, del codice di procedura penale, e con\nesso lo sbarramento  a  ogni  ulteriore  attivita\u0027  processuale,  non\naltera il susseguirsi delle fasi processuali  allorche\u0027  il  fenomeno\nestintivo emerga, piuttosto che nella  fase  istruttoria,  in  quella\ndecisoria. Prevedendo, dunque, l\u0027art. 578  del  codice  di  procedura\npenale il potere di cognizione piena  del  giudice  di  appello  alla\nduplice  condizione  della  presenza  della  parte  civile  e   della\nricorrenza   del   fenomeno   estintivo   della    prescrizione    (o\ndell\u0027amnistia), alle  medesime  condizioni  le  Sezioni  unite  hanno\nammesso l\u0027esito assolutorio, anche ai sensi dell\u0027art. 530,  comma  2,\ndel  codice  di  procedura  penale,  con   prevalenza   sulla   causa\nestintiva». In definitiva, secondo le Sezioni unite, «la disposizione\ndell\u0027art. 578 del codice di procedura penale prevede eccezionalmente,\nin presenza della parte civile,  da  un  lato,  la  cognizione  piena\nsull\u0027accusa  penale  del  giudice  di  appello  pur   a   fronte   di\nprescrizione  maturata;  dall\u0027altro,  il  permanere  del  potere   di\ncognizione del giudice di appello sugli interessi civili a seguito di\ndeclaratoria di prescrizione. Nel primo caso, argomentando dal potere\ndi cognizione piena del giudice di appello in  presenza  della  parte\ncivile, Sez. Un. ... consente l\u0027assoluzione nel merito per mancanza o\ninsufficienza della prova, pur essendo maturata la prescrizione;  nel\nsecondo  caso,  che  ha  formato  oggetto  dell\u0027esame   della   Corte\ncostituzionale nella sentenza  n.  182  del  2021,  si  tratta  della\nvalutazione  della  responsabilita\u0027  civile  da  parte  del   giudice\ndell\u0027impugnazione penale a seguito di dichiarazione  di  prescrizione\ndel reato in appello». \n    Dopo avere ripercorso gli argomenti della  sentenza  della  Corte\ncostituzionale n. 182 del 2021, le Sezioni unite hanno  ritenuto  che\nnon vi fosse incompatibilita\u0027 tra le due pronunce  (Sez.  Un.  ...  e\nCorte costituzionale n. 182/2021), partendo dal presupposto  che  «la\nsentenza interpretativa di rigetto del Giudice delle  leggi  pone  un\nvincolo negativo di interpretazione [...] nel senso che il giudice  a\nquo non  puo\u0027  attribuire  alla  disposizione  di  legge  la  portata\nesegetica ritenuta  non  corretta  dalla  Corte  costituzionale,  pur\nrestando  libero  di  optare  a  favore   di   differenti   soluzioni\nermeneutiche che, ancorche\u0027 non coincidenti con quelle della sentenza\ninterpretativa  di  rigetto,  non  collidano  con  norme  e  principi\ncostituzionali». Pertanto, a parere delle Sezioni unite, «il  vincolo\nnegativo posto dalla sentenza n. 182 cit. implica che l\u0027art. 578  del\ncodice di procedura penale non puo\u0027 essere interpretato nel senso che\nl\u0027accertamento della responsabilita\u0027 civile da parte del  giudice  di\nappello penale, esaurita la vicenda penale  con  la  declaratoria  di\nprescrizione del reato, equivalga ad affermazione, sia pur incidenter\ntantum, di responsabilita\u0027 penale. La  ratio  della  pronuncia  della\nConsulta e\u0027 quella di  evitare  che,  attraverso  l\u0027esame  del  fatto\nimposto dall\u0027art. 578 del codice di procedura  penale  ai  soli  fini\ndelle  statuizioni  sulla  responsabilita\u0027  civile,  si   giunga   ad\naffermare de facto  la  responsabilita\u0027  penale,  cosi\u0027  violando  il\nprincipio  di  presunzione  di  non   colpevolezza.   La   situazione\nprocessuale oggetto della pronuncia della Consulta riguarda  il  caso\nin cui «il giudice dell\u0027impugnazione (giudice di appello o  Corte  di\ncassazione),  spogliatosi  della  cognizione  sulla   responsabilita\u0027\npenale dell\u0027imputato in seguito alla declaratoria di  estinzione  del\nreato per prescrizione (o per sopravvenuta amnistia), deve provvedere\n- in applicazione della disposizione  censurata  -  sull\u0027impugnazione\nagli effetti civili». Il principio espresso da «Sez.  U.  ...  opera,\ninvece,  nel  caso  in  cui  non  sia  venuta  meno  per  il  giudice\ndell\u0027impugnazione penale la cognizione sulla  responsabilita\u0027  penale\ndell\u0027imputato.  In  altre  parole,   l\u0027esigenza   di   tutela   della\npresunzione d\u0027innocenza nei  rapporti  tra  proscioglimento  in  rito\ndell\u0027accusa penale epotere cognitivo  del  giudice  dell\u0027impugnazione\nsugli interessi  civili  non  si  pone  nell\u0027ambito  applicativo  del\nprincipio espresso da Sez. U. ... concernente la possibilita\u0027 per  il\ngiudice penale di privilegiare l\u0027assoluzione nel  merito  dell\u0027accusa\npenale sulla declaratoria diprescrizione, con parallela revoca  delle\nstatuizioni civili». \n    Concludendo, secondo le Sezioni unite, «il  principio  consacrato\nin Sez. U. ... che assicura la  piu\u0027  ampia  tutela  del  diritto  di\ndifesa,  non  puo\u0027  ritenersi  in  contrasto  con  la  tutela   della\npresunzione di innocenza. L\u0027intervento della Consulta pone come punto\nfermo che alla pronuncia di estinzione del reato ai  sensi  dell\u0027art.\n578 del codice di procedura penale non possa  accompagnarsi,  secondo\nuna   lettura   convenzionalmente   orientata   della   disposizione,\nl\u0027affermazione, sia pure incidentale,  della  responsabilita\u0027  penale\ndell\u0027autore del danno. La tesi che fa derivare  da  tale  esegesi  il\nripudio del principio espresso da Sez. U. ... finisce per imporre  al\ngiudice di appello la mera presa d\u0027atto della causa  estintiva.  Tale\nragionamento incorre, tuttavia, nel paradosso di  negare,  in  virtu\u0027\ndel principio di presunta innocenza, la possibilita\u0027 per  il  giudice\ndi  valutare  i  presupposti   dell\u0027assoluzione   nel   merito,   che\nrappresenta l\u0027obiettivo primario del diritto di difesa.  Il  Collegio\nritiene che, invece, per le ragioni di non  incompatibilita\u0027  tra  la\npronuncia della Consulta e quella delle Sezioni unite  in  precedenza\nespresse,  il  vincolo  negativo  derivante   dall\u0027interprete   dalla\npronuncia costituzionale non incida  sul  principio  affermato  dalla\nsentenza ... . Tanto piu\u0027 che l\u0027imputato potrebbe avere scelto di non\nrinunciare  alla  causa  estintiva  confidando  nel  diritto  vivente\noriginatosi da tale sentenza e dalla  consolidata  giurisprudenza  di\nlegittimita\u0027 che vi ha fatto seguito». \n    Le Sezioni unite ... ribadiscono, dunque, che i principi espressi\ndalle Sezioni Unite ... costituiscono «diritto vivente»  (vedi  punto\n4. del Considerato in  diritto».)  e  ne  ribadiscono  la  perdurante\nvalidita\u0027 anche dopo la sentenza n.  182  del  2021  della  Consulta,\nritenendo le due pronunce del tutto compatibili tra loro. Cio\u0027  fanno\noperando un netto distinguo tra i momenti valutativi del  giudice  di\nappello nella  fattispecie  prevista  dall\u0027art.  578  del  codice  di\nprocedura penale: in un primo momento, infatti, quello in cui operano\ni principi espressi dalle Sezioni unite ..., il giudice di appello ha\ncognitio   plena    penale,    potendo    giungere    all\u0027assoluzione\ndell\u0027imputato, anche ai  sensi  dell\u0027art.  530  cpv.  del  codice  di\nprocedura penale, facendo applicazione delle regole di  giudizio  del\nprocesso penale;  in  un  secondo  momento,  quello  successivo  alla\ndeclaratoria di prescrizione del reato, in cui  entrano,  invece,  in\ngioco i principi posti dalla sentenza  del  giudice  delle  leggi  n.\n182/2021, il giudice di appello dismette i panni del  giudice  penale\nper porsi «il cappello del giudice civile» e giudicare delle  residue\nquestioni civili secondo le regole di giudizio proprie  del  giudizio\ncivile. In questo  secondo  momento  del  giudizio  di  impugnazione,\nsvolto secondo il disposto dell\u0027art.  578  del  codice  di  procedura\npenale, il giudice di appello sarebbe legato al rispetto del  vincolo\nnegativo  posto  dalla  sentenza  della  Consulta,  che  implica  che\nl\u0027accertamento della  responsabilita\u0027  civile,  esaurita  la  vicenda\npenale con la  declaratoria  di  prescrizione  del  reato,  non  puo\u0027\nequivalere  ad  affermazione,  sia   pure   incidenter   tantum,   di\nresponsabilita\u0027 penale. \n2.6. La rilevanza della questione di legittimita\u0027 costituzionale alla\nluce del «diritto vivente» espresso dalle Sezioni unite Calpitano. \n    La soluzione esegetica percorsa dalle Sezioni  unite  non  sembra\nconsiderare che i  due  momenti  che  integrerebbero  il  complessivo\ngiudizio previsto dall\u0027art. 578 del codice di  procedura  penale  non\nsono formalmente distinti e  svolti  in  due  autonomi  procedimenti,\ndinanzi a due diversi  giudici,  che  si  concludono  anche  con  due\ndistinti provvedimenti. Il giudizio  di  appello,  considerato  nella\nfattispecie di cui all\u0027art. 578 del codice di  procedura  penale,  e\u0027\nunico e si  svolge  dinanzi  alla  stessa  Corte  (di  appello  o  di\ncassazione), che manifesta e argomenta la  sua  conclusiva  decisione\ncon un\u0027unica sentenza. \n    Secondo il «diritto vivente», ribadito dalle Sezioni  unite  ...,\nnell\u0027unica sentenza, prevista a conclusione del giudizio  di  appello\ndi cui all\u0027art. 578 del codice di procedura penale, la  Corte,  sulla\nbase  dell\u0027impugnazione  proposta  e  nel  rispetto   del   principio\ndevolutivo, deve dapprima giudicare l\u0027imputato  in  ordine  alla  sua\nresponsabilita\u0027 penale secondo le regole proprie del giudizio penale,\nassolvendolo, se ricorrono anche i presupposti di  cui  all\u0027art.  530\ncpv.  del  codice  di  procedura   penale,   e   invece   dichiarando\nl\u0027estinzione del reato per prescrizione,  ove  tali  presupposti  non\nricorrano; quindi, deve  occuparsi  delle  residue  questioni  civili\nsecondo le regole proprie del  giudizio  civile,  teoricamente  senza\nalcun   riferimento,   neppure   incidentale,    alla    colpevolezza\ndell\u0027imputato. Tuttavia, nel momento in cui, riconoscendo che non  vi\nsono i presupposti per assolvere l\u0027imputato, anche ai sensi dell\u0027art.\n530 cpv. del codice di procedura penale, la Corte di appello dichiara\nestinto  il  reato  per  prescrizione,  nella  sostanza  afferma  che\nl\u0027imputato avrebbe dovuto essere riconosciuto colpevole al di la\u0027  di\nogni ragionevole  dubbio.  Invero,  nella  mancata  assoluzione  (che\nsarebbe possibile anche ai sensi dell\u0027art. 530  cpv.  del  codice  di\nprocedura penale) e nella declaratoria di estinzione  del  reato  per\nprescrizione e\u0027 necessariamente contenuto un giudizio incidentale  di\ncolpevolezza  dell\u0027imputato,  che  precede  e  che   costituisce   il\npresupposto per poi giungere ad  occuparsi  delle  residue  questioni\ncivili. In buona sostanza, la conclusiva  sentenza  del  giudizio  di\nappello svoltosi ai sensi  dell\u0027art.  578  del  codice  di  procedura\npenale, nel momento  in  cui  dichiara  l\u0027estinzione  del  reato  per\nprescrizione, confermando le statuizioni civili, seguendo il «diritto\nvivente»,  finisce  con  il  contenere  in  se\u0027  necessariamente   un\ngiudizio, almeno incidentale, di colpevolezza dell\u0027imputato. \n    Non a caso, infatti, le Sezioni unite, facendo  applicazione  del\n«diritto vivente» espresso dalle Sezioni unite ... (e  oggi  ribadito\ndalle   Sezioni   unite   ...),   avevano   ritenuto,   in   passato,\n«revisionabile»  la  sentenza  di  prescrizione,  confermativa  delle\nstatuizioni civili, emessa ai  sensi  dell\u0027art.  578  del  codice  di\nprocedura  penale.  Invero,  a   differenza   della   mera   sentenza\ndichiarativa della prescrizione del reato in  primo  grado,  che  non\npuo\u0027 mai essere ritenuta  sentenza  di  «condanna»,  non  comportando\nl\u0027attribuzione dello status di condannato nei riguardi dell\u0027imputato,\nla sentenza di appello che, dichiarando l\u0027estinzione  del  reato  per\nprescrizione,  confermi  le  statuizioni  civili,  viene  ad   essere\nequiparata, nella sostanza, ad una sentenza di «condanna». Le Sezioni\nunite, infatti, hanno affermato l\u0027ammissibilita\u0027,  sia  agli  effetti\npenali che civili, della revisione richiesta ai sensi dell\u0027art.  630,\ncomma 1, lettera c), del codice di procedura penale,  della  sentenza\ndel  giudice  di   appello   che,   prosciogliendo   l\u0027imputato   per\nl\u0027estinzione del reato dovuta a prescrizione o amnistia, e  decidendo\nsull\u0027impugnazione ai soli  effetti  delle  disposizioni  e  dei  capi\nconcernenti gli interessi civili, abbia  confermato  la  condanna  al\nrisarcimento dei danni nei confronti della parte civile  (Cass.  pen.\nsez. un. 25 ottobre  2018,  n.  6141/19,).  Invero,  si  legge  nella\nsentenza, nel caso previsto dall\u0027art. 578  del  codice  di  procedura\npenale, come nell\u0027analogo caso di cui all\u0027art. 578-bis del codice  di\nprocedura penale, l\u0027imputato va ritenuto «condannato» sebbene ai soli\nfini delle statuizioni civili o di confisca, e, dunque,  la  relativa\nsentenza potra\u0027 essere oggetto di  revisione;  ma  questi  casi  sono\nradicalmente diversi da quelli in cui alla sentenza  di  prescrizione\nnon si accompagna la statuizione civile o quella di confisca, perche\u0027\nin questi casi l\u0027imputato non potra\u0027 essere ritenuto un «condannato».\n«Non puo\u0027 quindi dubitarsi - si legge  nella  citata  sentenza  delle\nSezioni unite n. 6141/19  -  che  la  statuizione  di  condanna  agli\neffetti civili, pronunciata  ai  sensi  dell\u0027art.  578,  di  per  se\u0027\nsuscettibile - se ingiusta - di arrecare pregiudizio  all\u0027interessato\ncon riguardo alla sfera patrimoniale, contenga necessariamente, anche\nse incidentalmente, una implicita quanto ineludibile affermazione  di\nresponsabilita\u0027 tout court operata, a cognizione piena, in  relazione\nal  fatto-reato  causativo  del  danno,  certamente  suscettibile  di\narrecare pregiudizio all\u0027interessato anche con  riguardo  alla  sfera\ndei diritti della personalita\u0027. La contestualita\u0027 delle pronunzie  di\nestinzione del reato e di condanna alle statuizioni civili evidenzia,\ninfatti,  la  sussistenza  di  un   inscindibile   collegamento   tra\nl\u0027affermazione di responsabilita\u0027 agli effetti civili  e  la  mancata\npronunzia liberatoria, anche nel merito, agli effetti penali, che  e\u0027\nsenz\u0027altro idonea a produrre un apprezzabile pregiudizio  al  diritto\nall\u0027onore dell\u0027imputato,  con  superamento  -  in  concreto  -  della\npresunzione costituzionale di non colpevolezza». \n    La  Corte  costituzionale,  con  la  sentenza  interpretativa  di\nrigetto n. 182 del 2021, aveva  ritenuto  di  superare  il  problema,\naffermando che il principio di diritto sostenuto dalle Sezioni  unite\n... presupponeva, per un verso, il carattere  «pieno»  o  «integrale»\ndella cognizione del giudice dell\u0027impugnazione penale (il  quale  non\npoteva  limitarsi  a  confermare  o  riformare   immotivatamente   le\nstatuizioni  civili  emesse  in  primo  grado,  ma  doveva  esaminare\ncompiutamente i motivi di gravame sottopostigli,  avuto  riguardo  al\ncompendio probatorio e dandone conto poi in motivazione),  per  altro\nverso, non presupponeva (ne\u0027 implicava) che il giudice, nel conoscere\ndella domanda civile, dovesse altresi\u0027  formulare,  esplicitamente  o\nmeno,  un  giudizio  sulla  colpevolezza  dell\u0027imputato   e   dovesse\neffettuare un  accertamento,  principale  o  incidentale,  sulla  sua\nresponsabilita\u0027  penale,  ben   potendo   contenere   l\u0027apprezzamento\nrichiestogli entro i confini della responsabilita\u0027 civile.  Cio\u0027  non\npoteva ritenersi revocato  in  dubbio  dall\u0027affermata  ammissibilita\u0027\ndell\u0027istanza  di  revisione  avverso  la  pronuncia  di  condanna  al\nrisarcimento del danno ex art. 578 del codice  di  procedura  penale,\ngiacche\u0027 l\u0027ammissibilita\u0027 di  questa  impugnazione  straordinaria  si\nfaceva discendere, come conseguenza,  dall\u0027ibridazione  delle  regole\nprocessuali che rimangono quelle del rito penale,  anche  quando  nel\ngiudizio residua soltanto la domanda civilistica in ordine alla quale\nsi e\u0027 pronunciato il giudice dell\u0027impugnazione ai sensi dell\u0027art. 578\ndel codice di procedura penale. \n    In definitiva, secondo  la  Corte  costituzionale,  a  differenza\ndell\u0027art. 578-bis del codice di  procedura  penale,  che  richiedeva,\ntestualmente,   il   previo   accertamento   della    responsabilita\u0027\ndell\u0027imputato,  l\u0027art.  578  del  codice  di  procedura  penale   non\nconteneva analoga clausola, sicche\u0027 l\u0027ambito di  cognizione  da  esso\nrichiesta al giudice penale ai  fini  del  provvedimento  sull\u0027azione\ncivile  doveva  essere  ricostruito  dall\u0027interprete,  nel   rispetto\ndell\u0027art. 6 CEDU  e  dell\u0027art.  48  CDFUE,  come  interpretati  dalle\nrispettive Corti. «Con l\u0027art. 578  del  codice  di  procedura  penale\n(affermava la Consulta) il legislatore aveva operato un bilanciamento\ntra le esigenze sottese all\u0027operativita\u0027 del  principio  generale  di\naccessorieta\u0027 dell\u0027azione  civile  rispetto  all\u0027azione  penale  (che\nesclude la decisione sul capo civile nell\u0027ipotesi di proscioglimento)\ne le esigenze di tutela dell\u0027interesse  del  danneggiato,  costituito\nparte civile. Quando il proscioglimento viene pronunciato in grado di\nappello, o di legittimita\u0027, in seguito ad una valida condanna  emessa\nnei gradi precedenti, la regola dell\u0027accessorieta\u0027 (che  comporta  il\nsacrificio   dell\u0027interesse   della   parte   civile)   subisce   dei\ntemperamenti, poiche\u0027  essa  continua  ad  essere  applicabile  nelle\nipotesi di assoluzione  nel  merito  e  di  sopravvenienza  di  cause\nestintive del reato  riconducibili  alla  volonta\u0027  delle  parti  (ad\nesempio remissione di querela), ma non trova  applicazione  allorche\u0027\nla   dichiarazione   di   non   doversi   procedere   dipenda   dalla\nsopravvenienza di una  causa  estintiva  del  reato  riconducibile  a\nprescrizione o amnistia, nel quale  caso  prevale  l\u0027interesse  della\nparte  civile  a  conservare  le  utilita\u0027  ottenute  nel  corso  del\nprocesso, che continua innanzi allo stesso  giudice  penale,  sebbene\nsia mutato l\u0027ambito di cognizione richiestagli, che  va  circoscritta\nalla responsabilita\u0027 civile». Questo passo della sentenza n. 182  del\n2021 non sembra consentire con riguardo all\u0027art. 578  del  codice  di\nprocedura penale il duplice giudizio previsto dal «diritto  vivente»,\ncosi\u0027 come ritenuto dalle Sez. Un. ... . Ma sembrerebbe rappresentare\nsemplicemente che le esigenze di tutela della parte civile soccombono\na fronte del proscioglimento nel merito in appello (in un giudizio in\ncui, evidentemente, non e\u0027 maturata la causa estintiva del reato  per\nprescrizione o amnistia), ovvero di sopravvenienza di cause estintive\ndel reato  riconducibili  alla  volonta\u0027  delle  parti  (ad  esempio,\nremissione di querela), ipotesi distinte da quella  di  cui  all\u0027art.\n578 del codice di  procedura  penale,  dove,  cosi\u0027  testualmente  la\nConsulta, «Il giudice dell\u0027impugnazione penale (giudice di appello  o\nCorte   di   cassazione),   spogliatosi   della   cognizione    sulla\nresponsabilita\u0027 penale dell\u0027imputato in seguito alla declaratoria  di\nestinzione  del  reato   per   sopravvenuta   prescrizione   (o   per\nsopravvenuta amnistia),  deve  provvedere  -  in  applicazione  della\ndisposizione censurata - sull\u0027impugnazione ai  soli  effetti  civili,\nconfermando, riformando o annullando  la  condanna  gia\u0027  emessa  nel\ngrado  precedente,  sulla  base  di  un  accertamento   che   impinge\nunicamente sugli elementi  costitutivi  dell\u0027illecito  civile,  senza\npotere riconoscere, neppure  incidenter  tantum,  la  responsabilita\u0027\ndell\u0027imputato per il reato estinto». \n    In  buona  sostanza,  nell\u0027interpretazione  convenzionalmente   e\neurounitariamente conforme offerta dalla Consulta della  disposizione\ndi cui all\u0027art. 578, comma 1,  del  codice  di  procedura  penale  il\ngiudice  di  appello,   constatata   l\u0027estinzione   del   reato   per\nprescrizione  o  amnistia  (constatazione  che  non  dovrebbe  essere\npreceduta da alcuna verifica in ordine  alla  responsabilita\u0027  penale\ndell\u0027imputato), deve compiere un  unico  giudizio,  avente  carattere\npieno ed integrale, rispetto all\u0027impugnazione proposta, ma avente  ad\noggetto non piu\u0027 la responsabilita\u0027 penale dell\u0027imputato,  bensi\u0027  la\nresponsabilita\u0027  civile,  secondo  le  regole  proprie  del  giudizio\ncivile. \n    La Cassazione, pero\u0027, nel suo piu\u0027 alto Consesso, ha ribadito  il\n«diritto vivente» espresso dalle Sezioni unite ..., che, come  visto,\nritengono che, nella fattispecie di cui all\u0027art. 578  del  codice  di\nprocedura penale,  il  giudice  dell\u0027impugnazione,  che  giudica  con\ncognitio plena come giudice  penale,  deve  accertare  se  l\u0027imputato\npossa essere assolto dal reato ascrittogli,  eventualmente  ai  sensi\ndell\u0027art. 530 cpv. del codice di procedura  penale,  e,  quindi,  ove\ncio\u0027  non  ritenga,  e,  dunque,  ove   ritenga,   implicitamente   o\nincidentalmente, che l\u0027imputato sarebbe colpevole, al di la\u0027 di  ogni\nragionevole dubbio, deve dichiarare estinto il reato per prescrizione\ne occuparsi, secondo le regole proprie  del  giudizio  civile,  delle\nresidue questioni civili. Cosi\u0027 facendo, pero\u0027, nel momento in cui il\ngiudice dell\u0027impugnazione passa ad occuparsi delle residue  questioni\ncivili, non puo\u0027 evitare di incorrere nella violazione  dell\u0027art.  6,\ncomma 2, CEDU e negli agli articoli 3 e 4 della direttiva 2016/UE/343\ne art. 48 della CDFUE, avendo dovuto,  in  precedenza,  escludere  la\npossibilita\u0027 di assolvere l\u0027imputato  e,  quindi,  avendo  dichiarato\nl\u0027estinzione del reato per prescrizione  sul  presupposto  della  sua\ncolpevolezza. \n    Cosi\u0027  ricostruito  il  sistema,  deve  osservarsi  che,  benche\u0027\nestinto il reato contestato al  ...  per  prescrizione,  la  presenza\ndella parte civile, in uno con i motivi di appello, tutti  incentrati\nsull\u0027assenza  di  penale  responsabilita\u0027  in  capo   all\u0027appellante,\nobbligherebbero  questa  Corte,  sulla  base  del  «diritto  vivente»\nriaffermato dalle Sezioni unite ..., ad una preliminare rivalutazione\npiena della responsabilita\u0027 «penale» del ... in  ordine  allo  stesso\nfatto-reato  contestatogli,  peraltro,  sulla   base   del   medesimo\nmateriale probatorio avuto a disposizione dal giudice di prime  cure,\nsia pure ai fini, eventualmente, ove non  sussistenti  i  presupposfi\nper la sua assoluzione, anche ai sensi dell\u0027art. 530 cpv. del  codice\ndi procedura penale, di  confermare  o  meno  le  statuizioni  civili\ndisposte dal primo giudice. \n    E\u0027 rilevante, pertanto, la questione della  conformita\u0027  di  tale\nsistema e, in particolare, dell\u0027art. 578,  comma  1,  del  codice  di\nprocedura  penale,  che  di  esso  e\u0027   la   trasfusione   normativa,\nrelativamente al diritto fondamentale al rispetto  della  presunzione\ndi innocenza di cui all\u0027art. 6 comma 2  CEDU,  cosi\u0027  come  declinato\ndalla giurisprudenza della Corte europea dei  diritti  dell\u0027uomo,  da\nintendersi come parametro interposto dell\u0027art. 117,  comma  1,  della\nCostituzione. \n    Peraltro, la questione assume  rilevanza  anche  in  ordine  alla\nconformita\u0027 del sistema sopra delineato  e,  quindi,  dell\u0027art.  578,\ncomma  1,  del  codice  di  procedura  penale,  rispetto  al  diritto\ndell\u0027Unione europea, e, in specie, in relazione agli articoli 3  e  4\ndella direttiva 2016/UE/343 e art. 48 CDFUE,  anche  in  questo  caso\nletti come parametri interposti degli articoli n. 11 e n.  117  della\nCostituzione. \n    Infine, la questione appare rilevante anche rispetto ai parametri\ninterni costituzionali di cui agli articoli n. 3 e n.  27,  comma  2,\ndella Costituzione, in relazione alla diversa disciplina  predisposta\ndal legislatore della  riforma  c.d.  Cartabia  con  il  comma  1-bis\ndell\u0027art. 578 del codice di  procedura  penale  riguardo  all\u0027analoga\nfattispecie  dell\u0027improcedibilita\u0027  dell\u0027azione   penale   ai   sensi\ndell\u0027art. 344-bis del codice di procedura penale. \n3. In punto di non manifesta infondatezza della questione. \n3.1. Rispetto all\u0027art. 6, comma 2, CEDU  quale  parametro  interposto\ndell\u0027art. 117, comma 1, della Costituzione. \n    Vanno richiamati i principi gia\u0027 positivamente  apprezzati  dalla\nCorte costituzionale con la sentenza n. 182 del 2021. \n    Come e\u0027 noto, l\u0027art. 6, comma 2, CEDU  tutela  il  «diritto  alla\npresunzione di innocenza fino a prova  contraria».  Considerata  come\nuna garanzia procedurale nel  contesto  di  un  processo  penale,  la\npresunzione di innocenza  impone  requisiti  relativi,  tra  l\u0027altro,\nall\u0027onere della prova, alle presunzioni legali di fatto e di diritto,\nal   privilegio   contro   l\u0027autoincriminazione,   alla   pubblicita\u0027\npreprocessuale e alle espressioni premature,  da  parte  della  Corte\nprocessuale o di altri funzionari pubblici, della colpevolezza di  un\nimputato (Corte EDU, grande camera, 12 luglio 2013,  Allen  c.  Regno\nUnito, § 93; Corte EDU, grande  camera,  11  giugno  2024,  Nealon  e\nHallam c. Regno Unito, § 101). \n    Tuttavia, in linea con la necessita\u0027 di assicurare che il diritto\ngarantito dall\u0027art. 6, comma 2, CEDU  sia  pratico  e  effettivo,  la\npresunzione di innocenza ha anche un  altro  aspetto.  Il  suo  scopo\ngenerale, in questo secondo  aspetto,  e\u0027  quello  di  proteggere  le\npersone che sono state assolte da un\u0027accusa penale, o  nei  confronti\ndelle quali e\u0027 stato interrotto un procedimento  penale,  dall\u0027essere\ntrattate dai pubblici ufficiali e dalle autorita\u0027 come se fossero  di\nfatto colpevoli del reato contestato (cfr. Corte EDU, grande  camera,\n12 luglio 2013, Allen c. Regno Unito, § 94; Corte EDU, grande camera,\n28 giugno 2018, c. Italia, § 314; Corte EDU, grande camera, 11 giugno\n2024, Nealon e Hallam c. Regno Unito, §§ 102 e 108). \n    Come espressamente indicato nell\u0027articolo stesso, l\u0027art. 6, comma\n2, CEDU si applica quando una persona e\u0027 accusata  di  un  reato.  La\nCorte europea dei diritti umani ha ripetutamente sottolineato che  si\ntratta di un concetto autonomo, che deve essere interpretato  secondo\ni tre criteri  stabiliti  dalla  sua  giurisprudenza,  i  noti  Engel\ncriteria (Corte EDU, 8.6.1976, Engel e altri  c.  Paesi  Bassi).  Per\nvalutare qualsiasi denuncia ai sensi dell\u0027art. 6, comma 2, CEDU,  che\ninsorga nell\u0027ambito di un procedimento giudiziario,  e\u0027  innanzitutto\nnecessario  accertare  se  il  procedimento  contestato  comporti  la\ndeterminazione di un\u0027accusa penale,  ai  sensi  della  giurisprudenza\ndella Corte (Corte EDU, grande camera, 12 luglio 2013, Allen c. Regno\nUnito, § 95). \n    Tuttavia, nei  casi  che  riguardano  il  secondo  aspetto  della\nprotezione offerta dall\u0027art. 6, comma 2, CEDU, che si verifica quando\nil procedimento penale e\u0027 terminato, e\u0027 chiaro che l\u0027applicazione  di\ntale criterio e\u0027  inappropriata.  In  questi  casi,  il  procedimento\npenale si e\u0027 necessariamente concluso e, a  meno  che  il  successivo\nprocedimento giudiziario non dia luogo a una nuova imputazione penale\nai sensi della Convenzione, se l\u0027art. 6, comma 2, CEDU e\u0027  impiegato,\ndeve esserlo per motivi diversi (Corte EDU, grande camera, 12  luglio\n2013, Allen c. Regno Unito, § 96). \n    Sotto  questo  profilo,  la  Corte  EDU  e\u0027  stata   chiamata   a\nconsiderare l\u0027applicazione dell\u0027art. 6, comma 2, CEDU alle  decisioni\ngiudiziarie  prese  a  seguito  della  conclusione  del  procedimento\npenale,  a  titolo  di  interruzione  o   dopo   un\u0027assoluzione,   in\nprocedimenti  riguardanti,  tra   l\u0027altro,   l\u0027imposizione   di   una\nresponsabilita\u0027 civile per  il  pagamento  di  un  risarcimento  alla\nvittima (vedi Corte EDU 11 febbraio 2003, Ringvold c. Norvegia; Corte\nEDU 15 maggio 2008, Orr c. Norvegia; Corte EDU 19 aprile 2011,  Erkol\nc. Turchia; Corte EDU 12 aprile 2012, Lagardere  c.  Francia).  Nella\ngia\u0027 citata causa Allen c. Regno Unito, la Corte EDU ha formulato  il\nprincipio della presunzione di innocenza  nel  contesto  del  secondo\naspetto dell\u0027art. 6, comma 2, CEDU sostanzialmente affermando che  la\npresunzione di innocenza significa  che,  in  presenza  di  un\u0027accusa\npenale e di un procedimento penale conclusosi con un\u0027assoluzione,  la\npersona che e\u0027 stata oggetto del  procedimento  penale  e\u0027  innocente\nagli occhi della legge e deve essere trattata in  modo  coerente  con\ntale innocenza. In tale senso, pertanto, la presunzione di  innocenza\npermarra\u0027 anche dopo la conclusione del procedimento penale, al  fine\ndi garantire che, per quanto riguarda qualsiasi accusa  non  provata,\nl\u0027innocenza  della  persona  in  questione  sia  rispettata.   Questa\npreoccupazione prioritaria e\u0027 alla base dell\u0027approccio della Corte in\nmerito all\u0027applicabilita\u0027 dell\u0027art. 6, comma 2, CEDU in questi  casi.\nOgniqualvolta la questione dell\u0027applicabilita\u0027 dell\u0027art. 6, comma  2,\nCEDU  si  pone  nel  contesto  di  un  procedimento  successivo,   il\nrichiedente deve dimostrare l\u0027esistenza  di  un  legame,  come  sopra\nindicato, tra  il  procedimento  penale  concluso  e  il procedimento\nsuccessivo. Tale legame e\u0027 probabile che sussista, ad esempio, quando\nil  procedimento   successivo   richiede   l\u0027esame   dell\u0027esito   del\nprocedimento penale precedente e, in particolare, quando  obbliga  il\ngiudice ad analizzare la sentenza penale; a procedere a un esame o  a\nuna  valutazione  delle  prove  contenute  nel  fascicolo  penale;  a\nvalutare la partecipazione del ricorrente ad alcuni  o  a  tutti  gli\neventi  che  hanno  portato  all\u0027accusa  penale;  a   commentare   le\nindicazioni esistenti sulla possibile colpevolezza del richiedente. \n    Cio\u0027 posto, la Corte europea dei diritti umani e\u0027 stata  chiamata\nad occuparsi di  un  caso  (Pasquini  c.  San  Marino,  n.  23349/17,\nsentenza della III Sezione della Corte EDU del 20 ottobre  2020)  del\ntutto sovrapponibile a quello in esame  in  questo  procedimento.  Si\ntrattava di un caso in cui il ricorrente, condannato in primo  grado,\nnon solo penalmente ma anche a risarcire il danno nei confronti della\ncostituita parte civile, in sede  di  appello  si  vedeva  dichiarare\nestinto il reato per prescrizione,  con  conferma  delle  statuizioni\ncivili, sulla base dell\u0027art. 196-bis del codice di  procedura  penale\nsanrnarinese,  che  cosi\u0027  recita:  «quando   l\u0027imputato   e\u0027   stato\ncondannato a reintegrare le cose o a risarcire alla  parte  civile  i\ndanni causati  da  un  reato  -  anche  se  il  danno  e\u0027  ancora  da\nquantificare  -  il  giudice  di  appello,  che  dichiara  il   reato\nprescritto, decide sulle eccezioni relative agli  obblighi  derivanti\ndal reato, ai sensi dell\u0027art. 140 del codice penale».  Il  ricorrente\nadiva la Corte dei diritti umani lamentando la  violazione  dell\u0027art.\n6, comma 2, CEDU. \n    Ebbene la Corte europea, ribadendo i consolidati  principi  sopra\nriportati, riteneva innanzitutto applicabile nel caso  di  specie  il\ndisposto dell\u0027art. 6, comma 2, CEDU. Invero, il  procedimento  penale\nsi era concluso in appello con l\u0027interruzione  del  procedimento  per\nprescrizione.  In  conseguenza  dell\u0027art.  196-bis  del   codice   di\nprocedura penale sanmarinese, lo stesso giudice  dell\u0027appello  penale\nche si pronunciava sull\u0027imputazione penale  era  anche  competente  a\ndecidere  il  risarcimento  dovuto   alla   vittima.   Tuttavia,   la\ndeterminazione del risarcimento alla vittima era una fase  successiva\nall\u0027interruzione del procedimento penale. In quella fase, il  giudice\ndell\u0027appello  penale  era   tenuto   ad   analizzare   i   precedenti\naccertamenti penali e ad avviare  una  revisione  o  una  valutazione\ndelle  prove  contenute  nel  fascicolo  penale.  Egli  doveva  anche\nvalutare la partecipazione del ricorrente ad alcuni  o  a  tutti  gli\neventi  che  avevano  portato  all\u0027accusa  penale  e  commentare   le\nindicazioni esistenti sulla possibile colpevolezza  del  richiedente.\nDunque, esisteva un nesso tra le due determinazioni (vedi § 38  della\nsentenza Corte EDU 20 ottobre 2020, Pasquini c. San Marino). \n    I giudici di Strasburgo ribadivano che il secondo  aspetto  della\ntutela della presunzione  di  innocenza  entra  in  gioco  quando  il\nprocedimento penale si conclude  con  un  risultato  diverso  da  una\ncondanna,  sicche\u0027  senza  una  tutela  che  garantisca  il  rispetto\ndell\u0027assoluzione o della decisione di interruzione in qualsiasi altro\nprocedimento, le garanzie del processo equo di cui all\u0027art. 6,  comma\n2, CEDU rischiano di diventare teoriche o illusorie. Cio\u0027 che  e\u0027  in\ngioco, una volta  terminato  il  procedimento  penale,  e\u0027  anche  la\nreputazione della persona e il modo in cui essa viene  percepita  dal\npubblico. In una certa misura, la  protezione  offerta  dall\u0027art.  6,\ncomma 2, CEDU a questo  riguardo  puo\u0027  sovrapporsi  alla  protezione\nofferta dall\u0027art. 8 CEDU (vedi ancora Corte EDU,  grande  camera,  28\ngiugno  2018,  ...  e  altri  c.  Italia,  §  314).  Con  riguardo  a\ndichiarazioni successive alla cessazione del procedimento penale  non\ncon sentenza di assoluzione, ma comunque  senza  che  l\u0027imputato  sia\nstato precedentemente dimostrato colpevole secondo la legge,  risulta\nviolata la presunzione di innocenza se una decisione giudiziaria  che\nlo riguarda riflette un\u0027opinione di colpevolezza. In questi casi,  il\nlinguaggio utilizzato dal giudice sara\u0027  di  fondamentale  importanza\nper valutare la compatibilita\u0027 della decisione e la  sua  motivazione\nall\u0027art. 6, comma 2, CEDU. Nei  casi  di  richieste  di  risarcimento\ncivile presentate dalle vittime, indipendentemente dal fatto  che  il\nprocedimento si sia concluso con l\u0027interruzione o con  l\u0027assoluzione,\nla Corte sottolineava che, sebbene  l\u0027esonero  dalla  responsabilita\u0027\npenale debba  essere  rispettato  nel  procedimento  di  risarcimento\ncivile, non dovrebbe precludere l\u0027accertamento della  responsabilita\u0027\ncivile per il pagamento del risarcimento derivante dagli stessi fatti\nsulla base di un onere probatorio  meno  rigoroso.  Tuttavia,  se  la\ndecisione  nazionale   sul   risarcimento   dovesse   contenere   una\ndichiarazione di responsabilita\u0027 penale della parte  convenuta,  cio\u0027\nsolleverebbe una questione rientrante nell\u0027ambito dell\u0027art. 6,  comma\n2, CEDU. In particolare, la Corte  riteneva  che  la  presunzione  di\ninnocenza fosse violata in situazione  in  cui  i  Tribunali  avevano\nritenuto «chiaramente probabile» che il ricorrente avesse commesso un\nreato o avevano espressamente indicato che le prove disponibili erano\nsufficienti per stabilire che era stato commesso un reato (vedi §§ da\n49 a 53 della citata sentenza Pasquini c. San Marino). \n    Facendo  applicazione  dei  su  riportati  principi,   la   Corte\nesaminava il caso, notando che: 1) la causa civile era stata trattata\nnell\u0027ambito del procedimento penale; 2) la determinazione del giudice\ndell\u0027appello penale che riguardava proprio gli stessi fatti  imputati\nal ricorrente nel corso del procedimento penale era stata  effettuata\nsenza alcuna distinzione circa la  qualificazione  giuridica;  3)  il\ngiudice dell\u0027appello penale si era dovuto basare sulle  stesse  prove\nesistenti nel fascicolo penale e non  erano  state  presentate  nuove\nprove; 4) il giudice dell\u0027appello penale,  pur  facendo  una  propria\nvalutazione di tali fatti, aveva confermato la constatazione di fatto\ndel giudice penale di prima istanza e aveva  proceduto  a  confermare\nl\u0027ordine  di  risarcimento  del  danno  senza  intraprendere   alcuna\nconsiderazione rilevante per  quanto  riguarda  l\u0027ammontare  di  tale\ndanno, basandosi pertanto interamente sulla sentenza di primo  grado;\n5) il giudice dell\u0027appello penale aveva basato la sua decisione sulla\nconstatazione che la parte civile aveva subito un  danno  dagli  atti\nposti  in  essere  dal  ricorrente,  che  corrispondevano  al   reato\nimputatogli e, quindi, il giudice dell\u0027appello penale aveva stabilito\nin modo inequivocabile che le azioni del  ricorrente  corrispondevano\nagli atti criminali di cui era stato accusato, andando ancora  oltre,\ndichiarando esplicitamente che ricorrente aveva  commesso  tali  atti\ncon dolo (cfr. §§ da 59 a 62). \n    E\u0027 vero che il ricorrente era gia\u0027 stato dichiarato colpevole  in\nprima istanza. Tuttavia, aggiungevano i  giudici  di  Strasburgo,  la\ngiurisprudenza della Corte non distingueva  tra  i  casi  in  cui  le\naccuse venivano sospese  perche\u0027  cadute  in  prescrizione  prima  di\nqualsiasi accertamento penale e quelli che venivano  sospese  per  lo\nstesso motivo dopo una prima constatazione di colpevolezza. Pertanto,\naffermava la Corte, le constatazioni di prima istanza, che  non  sono\ndefinitive, non possono condizionare le determinazioni  successive  e\nla Corte ribadiva che si dovrebbe esercitare una maggiore cautela nel\nformulare il ragionamento in una sentenza civile dopo  l\u0027interruzione\ndel procedimento penale (§ 63). \n    In conclusione, siccome le parole usate dal giudice  dell\u0027appello\npenale nel  decidere  in  materia  di  risarcimento  erano  tali  che\nrappresentavano il comportamento del  ricorrente  come  riconducibile\nagli atti criminali che gli erano stati imputati, rispetto  ai  quali\nnon vi era  alcun  dubbio  sull\u0027esistenza  del  dolo,  queste  parole\nequivalevano ad una dichiarazione inequivocabile  che  il  ricorrente\navesse commesso un reato, e cio\u0027 non era coerente con  la  cessazione\ndelle relative imputazioni a causa  della  scadenza  del  termine  di\nprescrizione. Conseguenzialmente la Corte riscontrava  la  violazione\ndell\u0027art. 6, comma 2, CEDU (§ 64). \n    I principi espressi nella sentenza Corte EDU,  20  ottobre  2020,\nPasquini c. San Marino, costituiscono «diritto consolidato»  (secondo\nquanto ritenuto da Corte costituzionale n.  49/2015;  d\u0027altra  parte,\ncome sottolinea la Corte europea dei diritti umani, «le sue  sentenze\nhanno tutte lo stesso valore giuridico. Il loro carattere  vincolante\ne la loro autorita\u0027 interpretativa non possono pertanto dipendere dal\ncollegio giudicante che le ha pronunciate»: vedi  Corte  EDU,  grande\ncamera, 28 giugno 2018, c. Italia, § 252), ricollegandosi  invero  ad\nuna consolidata e datata giurisprudenza europea (oltre alle  sentenze\nsopra citate si veda anche  Corte  EDU,  4  giugno  2013,  Teodor  c.\nRomania, e, con riguardo alla natura pregiudizievole per  il  diritto\nalla presunzione di innocenza di  un  decreto  di  archiviazione  per\nprescrizione del reato, che presentava l\u0027indagato come colpevole,  si\nveda Corte EDU, 29 gennaio 2019, Stirmanov c. Russia, e ancora  Corte\nEDU, 3 ottobre 2019; Fleischner c. Germania; di recente,  ancora,  si\nrichiama la sentenza  Corte  EDU,  10  ottobre  2024,  Machalicky  c.\nRepubblica Ceca, sempre in un caso di sentenza con  la  quale  veniva\ndichiarata la prescrizione del reato, in cui ). \n    La fattispecie appena descritta, oggetto della sentenza  Pasquini\nc. San Marino, peraltro, si attaglia perfettamente al caso in  esame,\npoiche\u0027  l\u0027art.  578  del  codice  di  procedura  penale,  per   come\ninterpretato dal «diritto vivente» da ultimo ribadito  dalle  Sezioni\nunite Calpitano, risulta formulato in termini  del  tutto  simmetrici\nall\u0027art. 196-bis del codice di procedura penale di San Marino. \n    Non  e\u0027  possibile,  pertanto,  procedere  ad  un\u0027interpretazione\nconvenzionalmente conforme dell\u0027art.  578  del  codice  di  procedura\npenale, cosi\u0027 come peraltro formulata dalla Corte costituzionale  con\nla sentenza n. 182 del 2021, ammettendo che il  giudice  di  appello,\nconstatata l\u0027estinzione del reato per prescrizione e l\u0027impossibilita\u0027\ndi assolvere l\u0027imputato ai sensi dell\u0027art. 129, comma 2,  del  codice\ndi procedura penale, limitandosi a descrivere uno stato di  sospetto,\nche non violerebbe di per se\u0027 l\u0027art. 6, comma 2, CEDU (vedi Corte EDU\n26 marzo 1996, Leutscher c. Paesi Bassi), possa valutare  le  residue\nquestioni civili facendo applicazione delle regole  di  giudizio  del\ngiudizio civile, senza  neppure  incidentalmente  pronunciarsi  sulla\nresponsabilita\u0027 penale dell\u0027imputato. Secondo l\u0027interpretazione della\nCassazione, e cioe\u0027 del «diritto vivente»,  il  giudice  di  appello,\nprima di dichiarare l\u0027estinzione del  reato  per  prescrizione,  deve\ncompiere   un   esaustivo   apprezzamento    della    responsabilita\u0027\ndell\u0027imputato, alla luce  dell\u0027impugnazione  proposta,  eventualmente\nanche  assolvendolo  ai  sensi  dell\u0027art.  530  cpv.  del  codice  di\nprocedura penale, sicche\u0027, ove a tale ultima conclusione non  giunga,\ncon il dichiarare estinto il reato per prescrizione, deve  affermarne\nimplicitamente la colpevolezza, poiche\u0027 nella  sostanza  la  sentenza\nemessa ai sensi dell\u0027art. 578 del codice di procedura penale  e\u0027  una\nsentenza di condanna suscettibile anche di revisione. \n    Sotto questo profilo, il tentativo  delle  Sezioni  unite  ... di\nrendere compatibili i principi affermati dalle Sezioni unite ...  con\nl\u0027interpretazione, convenzionalmente  e  eurounitariamente  conforme,\npatrocinata dal giudice delle leggi con la sentenza n.  182/2021  non\nsembra cogliere nel segno per le ragioni gia\u0027 ampiamente esposte. \n    A fronte del «diritto vivente», ribadito dalle Sezioni unite ...,\nnon  essendo  possibile  interpretare  in  maniera  convenzionalmente\nconforme l\u0027art. 578 del codice di procedura  penale,  secondo  quanto\nstabilito a partire dalle c.d. sentenze gemelle nn.  348  e  349  del\n2007 della Corte costituzionale, e\u0027 necessario  sollevare  nuovamente\nincidente di costituzionalita\u0027 della predetta norma per contrasto con\ngli articoli 6, comma 2, CEDU e  117,  comma  1,  della  Costituzione\nnella parte in cui stabilisce che il giudice dell\u0027appello penale, che\ndichiara estinto per prescrizione il reato per cui e\u0027 intervenuta  in\nprimo grado condanna, e\u0027 tenuto  a  decidere  sull\u0027impugnazione  agli\neffetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli\ninteressi civili. \n    Spetta, infatti, alla Corte costituzionale intervenire, a  fronte\ndel  «diritto  vivente»,  nell\u0027impossibilita\u0027  di  un\u0027interpretazione\nconvenzionalmente  conforme  della  norma  di  diritto   interno   in\ncontrasto con la CEDU, che  procedera\u0027  al  necessario  bilanciamento\ndegli interessi e dei diritti fondamentali in gioco. \n3.2. Rispetto al diritto  dell\u0027Unione  europea  e  segnatamente  agli\narticoli 3 e 4 della direttiva 2016/UE/343 e all\u0027art. 48 della  Carta\ndei diritti fondamentali dell\u0027U.E., quali parametri interposti  degli\narticoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione. \n    Volendo esaminare  la  questione  anche  sul  piano  del  diritto\ndell\u0027U.E., anche in questo caso vanno richiamati i  riferimenti  gia\u0027\npositivamente apprezzati dalla Corte costituzionale con  la  sentenza\nn. 182 del 2021. \n    In particolare, deve osservarsi che l\u0027Unione europea  ha  emanato\nda tempo, ai sensi dell\u0027art. 82 § 2 lettera b)  TFUE,  una  specifica\ndirettiva sul rafforzamento di alcuni aspetti  della  presunzione  di\ninnocenza (la direttiva del Parlamento e  del  Consiglio  2016/UE/343\ndel 9 marzo 2016, entrata in vigore il 1° aprile 2016, con obbligo di\nrecepimento fino al 1° aprile 2018; la direttiva  e\u0027  stata  recepita\nnel nostro ordinamento con decreto legislativo n. 188/2021). \n    Nel dettaglio, l\u0027art. 3, rubricato  «Presunzione  di  innocenza»,\nstabilisce che gli  Stati  membri  assicurano  che  agli  indagati  e\nimputati sia riconosciuta la presunzione di innocenza fino  a  quando\nnon ne sia stata legalmente  provata  la  colpevolezza.  All\u0027art.  4,\nrubricato «Riferimenti in pubblico alla colpevolezza», si afferma che\ngli Stati membri adottano le misure  necessarie  per  garantire  che,\nfino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata\nlegalmente  provata,  le  dichiarazioni   pubbliche   rilasciate   da\nautorita\u0027 pubbliche e le  decisioni  giudiziarie  diverse  da  quelle\nsulla colpevolezza non presentino la  persona  come  colpevole.  Cio\u0027\nlascia  impregiudicati  gli  atti  della  pubblica  accusa  volti   a\ndimostrare la colpevolezza dell\u0027indagato o imputato  e  le  decisioni\npreliminari di natura procedurale adottate da autorita\u0027 giudiziarie o\nda altre autorita\u0027 competenti e fondate sul sospetto o su  indizi  di\nreita\u0027. Il Considerando 11 chiarisce che la direttiva si  applica  ai\nprocedimenti penali nell\u0027accezione  data  dall\u0027interpretazione  della\nCorte di giustizia UE, fatta salva la giurisprudenza della Corte EDU.\nIl Considerando 16 della direttiva chiarisce che  la  presunzione  di\ninnocenza sarebbe violata se dichiarazioni  pubbliche  rilasciate  da\nautorita\u0027 pubbliche o decisioni giudiziarie diverse da  quelle  sulla\ncolpevolezza presentassero l\u0027indagato o imputato come colpevole  fino\na quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente  provata.  Tali\ndichiarazioni o decisioni  giudiziarie  non  dovrebbero  rispecchiare\nl\u0027idea  che  una  persona  sia  colpevole.  Cio\u0027  dovrebbe   lasciare\nimpregiudicati gli atti della pubblica accusa che mirano a dimostrare\nla colpevolezza dell\u0027indagato o imputato, come l\u0027imputazione, nonche\u0027\nle decisioni giudiziarie in conseguenza delle quali decorrono effetti\ndi una pena sospesa, purche\u0027 siano rispettati i diritti della difesa.\nDovrebbero, altresi\u0027, restare impregiudicate le decisioni preliminari\ndi natura procedurale, adottate da autorita\u0027 giudiziarie o  da  altre\nautorita\u0027 competenti e fondate sul sospetto o su  indizi  di  reita\u0027,\nquali le decisioni riguardanti la  custodia  cautelare,  purche\u0027  non\npresentino l\u0027indagato o imputato come colpevole.  Prima  di  prendere\nuna  decisione  preliminare  di   natura   procedurale,   l\u0027autorita\u0027\ncompetente potrebbe prima dover verificare che vi  siano  sufficienti\nprove a carico dell\u0027indagato  o  imputato  tali  da  giustificare  la\ndecisione e la decisione potrebbe contenere  un  riferimento  a  tali\nelementi.  Il  Considerando  17  della  direttiva  precisa  che   per\n«dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorita\u0027 pubbliche»  dovrebbe\nintendersi  qualsiasi  dichiarazione   riconducibile   a   un   reato\nproveniente da un\u0027autorita\u0027 coinvolta nel procedimento penale che  ha\nad oggetto tale reato, quali le autorita\u0027 giudiziarie, di  polizia  e\naltre autorita\u0027 preposte all\u0027applicazione della legge, o da  un\u0027altra\nautorita\u0027 pubblica, quali ministri e altri funzionari pubblici, fermo\nrestando che cio\u0027  lascia  impregiudicato  il  diritto  nazionale  in\nmateria di immunita\u0027. Ai sensi dell\u0027art. 13 della  direttiva  nessuna\ndisposizione  della  stessa  puo\u0027  essere  interpretata  in  modo  da\nlimitare o derogare ai diritti e alle garanzie procedurali  garantiti\ndalla carta  dei  diritti  fondamentali  UE,  dalla  CEDU,  da  altre\npertinenti disposizioni di diritto internazionale o  dal  diritto  di\nqualsiasi Stato membro che assicurino un livello di  protezione  piu\u0027\nelevato. \n    Come ha definitivamente chiarito la Corte di giustizia  UE  (vedi\nCorte di giustizia UE, I Sez., 13 giugno 2019, causa  C-646/17,  ...,\npunti da 29 a 37), le direttive emanate ai sensi dell\u0027art. 82,  §  2,\ncomma  1,  TFUE,  si  applicano  a  qualunque  procedimento   penale,\nindipendentemente  dal  fatto  che  abbia  o  meno   una   dimensione\ntransnazionale, nel senso di avere ad oggetto materie  penali  aventi\ndimensione  transnazionale.  Di  conseguenza,  devono  essere  tenute\npresenti in qualsiasi procedimento penale. Cio\u0027 comporta, come logico\ncorollario, l\u0027applicazione della Carta dei diritti  fondamentali  UE,\nai sensi dell\u0027art. 51, § 1, della medesima,  che  stabilisce  che  le\ndisposizioni   della   Carta   si   applicano   agli   Stati   membri\nesclusivamente  nell\u0027attuazione  del  diritto  dell\u0027U.E.  (Corte   di\ngiustizia UE, 26 febbraio 2013, causa  C-617/10,  Akerberg  Fransson,\npunto 17). Pertanto, nell\u0027attuazione del  diritto  dell\u0027U.E.  non  si\npuo\u0027 prescindere dall\u0027art. 48 della CDFUE, e,  siccome  la  Carta  e\u0027\nequiparata ai Trattati (art. 6, § 1, TUE) e ne ha  lo  stesso  valore\ngiuridico, ne consegue che trattasi di diritto primario dell\u0027UE. \n    Dunque, tutti i principi espressi dalla Corte  EDU  con  riguardo\nalla presunzione di innocenza sancita dall\u0027art.  6,  comma  2,  CEDU,\npossono ritenersi pienamente viventi ed operanti anche in  ambito  UE\nattraverso la citata direttiva e l\u0027art. 48 della CDFUE (tenuto  conto\nche il  diritto  alla  presunzione  di  innocenza  in  esso  sancito,\nconformemente all\u0027art. 52, paragrafo 3, della CDFUE, ha significato e\nportata identici allo stesso diritto garantito dalla  CEDU),  con  la\nconseguente  possibilita\u0027  di  disapplicare  le  norme  interne   che\ndovessero porsi  in  contrasto  con  le  norme  UE  aventi  efficacia\ndiretta. \n    Peraltro,  trattandosi  di  questione   che   coinvolge   diritti\nfondamentali che godono tutela sia in ambito  UE  che  interno  (vedi\nart. 27  della  Costituzione),  la  relativa  questione  puo\u0027  essere\nsottoposta all\u0027attenzione anche della Corte costituzionale, ai  sensi\ndegli articoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione,  come  chiarito\nda Corte costituzionale sentenze numeri 269/2017, 20/2019, 63/2019 e,\nda ultimo, 181/2024. \n    Secondo la Corte di giustizia UE (vedi Corte di giustizia UE,  II\nSez., 5 settembre  2019,  causa  C-377/18,  Ah  e  altri),  ai  sensi\ndel\u0027art. 4, § 1, prima frase, della direttiva 2016/UE/343, gli  Stati\nmembri sono tenuti ad adottare le  misure  necessarie  per  garantire\nche, segnatamente, le decisioni giudiziarie diverse da  quelle  sulla\ncolpevolezza non presentino un indagato o un imputato come  colpevole\nfino a quando la sua colpevolezza non sia stata  legalmente  provata.\nSecondo il Considerando 16 tali dichiarazioni o decisioni giudiziarie\nnon dovrebbero rispecchiare l\u0027idea che  una  persona  sia  colpevole.\nNonostante l\u0027art. 4, § 1, della citata  direttiva  lasci  agli  Stati\nmembri un margine di discrezionalita\u0027  per  l\u0027adozione  delle  misure\nnecessarie ai sensi di detta disposizione, resta il fatto  che,  come\nsi evince dal Considerando 48 di tale direttiva, il livello di tutela\nprevisto dagli Stati membri non dovrebbe mai  essere  inferiore  alle\nnorme della Carta o della CEDU, segnatamente quelle sulla presunzione\ndi innocenza. A tale riguardo, sottolinea la  Corte  del  Lussemburgo\n(vedi punto 41), occorre rilevare che la presunzione di innocenza  e\u0027\nsancita dall\u0027art. 48  della  CDFUE,  il  quale,  come  risulta  dalle\nspiegazioni relative a quest\u0027ultima, corrisponde all\u0027art. 6, commi  2\ne 3, CEDU. Ne consegue che, conformemente all\u0027art.  52,  §  3,  della\nCarta, ai fini  dell\u0027interpretazione  dell\u0027art.  48  di  quest\u0027ultima\noccorre prendere in considerazione l\u0027art. 6, commi 2 e 3, CEDU, quale\nsoglia di protezione  minima.  Sicche\u0027,  in  assenza  di  indicazioni\nprecise nella direttiva 2016/UE/343 e nella  giurisprudenza  relativa\nall\u0027art. 48 della CDFUE su come debba stabilirsi se una  persona  sia\npresentata o meno come colpevole in  una  decisione  giudiziaria,  ai\nfini  dell\u0027interpretazione  dell\u0027art.  4,  §   1,   della   direttiva\n2016/UE/343 occorre ispirarsi alla giurisprudenza della Corte europea\ndei diritti dell\u0027uomo relativa all\u0027art. 6, comma 2, CEDU  (punto  42:\nnel caso di specie la Corte di giustizia UE, proprio  rifacendosi  ad\nun precedente della Corte EDU, riteneva che l\u0027art. 4 della  direttiva\ndovesse essere interpretato nel  senso  che  non  ostasse  a  che  un\naccordo nel quale l\u0027imputato riconosce  la  propria  colpevolezza  in\ncambio di una riduzione di pena, e che deve essere  approvato  da  un\ngiudice nazionale, menzioni espressamente quali  coautori  del  reato\nnon soltanto tale imputato ma anche  altre  persone  imputate  in  un\nprocedimento separato, che procede ordinariamente, a  condizione,  da\nun lato, che tale menzione sia necessaria per la qualificazione della\nresponsabilita\u0027 giuridica dell\u0027imputato che  ha  concluso  l\u0027accordo,\ndall\u0027altro, che il medesimo  accordo  indichi  chiaramente  che  tali\naltre persone sono imputate in un procedimento penale distinto e  che\nla loro colpevolezza non e\u0027  stata  legalmente  accertata;  in  altra\nsentenza - Corte di giustizia UE, I Sez., 19  settembre  2018,  causa\nC-310/18 PPU, Milev -, la Corte ha affermato che l\u0027art. 4, § 1, della\ndirettiva 2016/UE/343 deve essere letto alla  luce  del  Considerando\n16, secondo il quale il rispetto della presunzione di  innocenza  non\npregiudica  le  decisioni  riguardanti,  ad  esempio,   la   custodia\ncautelare,  purche\u0027  non  presentino  l\u0027indagato  o   imputato   come\ncolpevole. Ai sensi dello stesso Considerando, prima di prendere  una\ndecisione preliminare di natura procedurale,  l\u0027autorita\u0027  competente\npotrebbe anzitutto dovere verificare che vi siano sufficienti prove a\ncarico dell\u0027indagato o imputato tali da giustificare la  decisione  e\nquest\u0027ultima potrebbe contenere un riferimento a  tali  elementi.  Da\nquanto precede risulta che, nell\u0027ambito dei procedimenti  penali,  la\ndirettiva in questione e, in particolare, i suoi articoli 3 e 4, § 1,\nnon  ostano  all\u0027adozione  di   decisioni   preliminari   di   natura\nprocedurale, come una decisione di mantenere una misura  di  custodia\ncautelare adottata da un\u0027autorita\u0027 giudiziaria, fondate sul  sospetto\no su indizi di reita\u0027,  purche\u0027  tali  decisioni  non  presentino  la\npersona detenuta come colpevole). \n    Alla luce di cio\u0027, si dubita  della  conformita\u0027  al  diritto  UE\ndell\u0027art. 578 del codice di procedura penale, come  interpretato  dal\n«diritto vivente», da ultimo ribadito dalla  sentenza  delle  Sezioni\nunite ... \n    Anche in questo caso, eventuali bilanciamenti con altri interessi\no diritti tutelati dall\u0027ordinamento U.E. (con riguardo,  ad  esempio,\nalla parte civile «vittima» del reato, come si  evince  dall\u0027art.  16\ndella direttiva 2012/UE/29), spettano alla Corte costituzionale. \n    Al riguardo, vanno richiamate le argomentazioni con le  quali  la\nCorte costituzionale, nella sentenza n. 12  del  2016,  relativamente\nalle questioni sollevate in ordine alla  legittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art. 538 del codice di procedura penale nella parte in  cui  non\nconsente al giudice penale di condannare l\u0027imputato  al  risarcimento\ndel danno in favore della parte civile in caso di proscioglimento per\nqualsiasi causa, compreso il vizio totale di  mente,  ha  superato  i\nprofili riguardanti l\u0027asserita violazione anche del diritto dell\u0027U.E. \n    Invero,  si  legge  testualmente  nella  sentenza:  «non   giova,\naltresi\u0027, alle tesi del giudice a quo il richiamo alla  direttiva  25\nottobre 2012, n. 2012/29/UE del Parlamento europeo e  del  Consiglio,\nche istituisce norme minime  in  materia  di  diritti,  assistenza  e\nprotezione delle vittime di reato: richiamo  destinato,  peraltro,  a\nfingere da mero argomento di  supporto  delle  altre  doglianze,  non\navendo  il  rimettente  evocato  i   parametri   costituzionali   che\nimporrebbero - in ipotesi - l\u0027adeguamento  dell\u0027ordinamento  italiano\nalle istanze sovranazionali richiamate (ossia gli articoli 11 e  117,\nprimo  comma,  della  Costituzione).  Al  riguardo,  e\u0027   sufficiente\nosservare che l\u0027obbligo degli Stati membri -  sancito  dall\u0027art.  16,\nparagrafo 1, della citata direttiva - di garantire alla  vittima  «il\ndiritto di ottenere una decisione in merito al risarcimento da  parte\ndell\u0027autore del reato nell\u0027ambito del procedimento  penale  entro  un\nragionevole lasso di tempo», risulta espressamente  subordinato  alla\ncondizione che «il diritto nazionale [non] preveda che tale decisione\nsia adottata nell\u0027ambito di un  altro  procedimento  giudiziario». Il\nche e\u0027 proprio quanto si verifica,  secondo  l\u0027ordinamento  italiano,\nnell\u0027ipotesi in esame». \n    Conclusivamente, va anche rilevato che, contrariamente  a  quanto\nsostenuto dalle Sezioni unite ... (vedi punto 8  del  Considerato  in\ndiritto), la  protezione  giuridica  offerta  al  diritto  di  difesa\ndell\u0027imputato dall\u0027interpretazione dell\u0027art. 578, comma 1, del codice\ndi procedura penale resa dal «diritto  vivente»  rappresentato  dalle\nSezioni unite ... non appare, per nulla maggiore  di  quella  offerta\ndalla CEDU e dal  diritto  dell\u0027Unione  europea,  atteso  che  espone\nl\u0027imputato ad un improprio giudizio di colpevolezza tutte le volte in\ncui, per la maturata estinzione del reato per prescrizione,  di  tale\naspetto della vicenda giudiziaria il giudice di appello non  dovrebbe\npiu\u0027 curarsi. Invero, si  ribadisce,  pur  a  fronte  della  maturata\nprescrizione,   le   Sezioni   unite   ...   obbligano   il   giudice\ndell\u0027impugnazione,  sulla  base  del  principio  devolutivo,  ad  una\npreliminare ed approfondita valutazione degli  aspetti  penali  della\nvicenda, che puo\u0027 condurre all\u0027assoluzione  dell\u0027imputato,  ma  anche\nalla sua  implicita  affermazione  di  colpevolezza.  La  «medaglia»,\ndunque, deve essere osservata da entrambe le facce e non limitarsi  a\nquella apparentemente piu\u0027 favorevole. \n3.3. Rispetto agli articoli 3 e 27, comma 2, della Costituzione \n    L\u0027intervento  correttivo  della  Corte  costituzionale   potrebbe\ntradursi nella declaratoria  di  incostituzionalita\u0027  dell\u0027art.  578,\ncomma 1, del codice di procedura penale  per  come  interpretato  dal\n«diritto vivente», cosi\u0027 da attribuire cogenza ai principi  affermati\nnella sentenza interpretativa di rigetto n. 182/2021 (ed e\u0027 l\u0027ipotesi\nsubordinata che si prospetta alla Corte). \n    Tuttavia, una simile soluzione rischierebbe di non  tenere  conto\ndell\u0027evoluzione legislativa che c\u0027e\u0027  stata  in  conseguenza  proprio\ndella sentenza n. 182  del  2021  e  della  diversa  architettura  di\nsistema scaturita dalla riforma c.d. Cartabia circa  i  rapporti  tra\nazione penale e azione civile nell\u0027ambito del  processo  penale,  che\nvale la pena di riassumere brevemente. \n    Invero,   si   e\u0027   visto   che,   con   riguardo    all\u0027istituto\ndell\u0027improcedibilita\u0027 di cui all\u0027art. 344-bis del codice di procedura\npenale, il legislatore ha ritenuto di percorrere una  strada  diversa\nda quella di cui all\u0027art. 578,  comma  1,  del  codice  di  procedura\npenale  Infatti,  quando  nei  confronti   dell\u0027imputato   e\u0027   stata\npronunciata  condanna,  anche  generica,  alla  restituzione   o   al\nrisarcimento del danno, cagionato dal reato,  a  favore  della  parte\ncivile, con la declaratoria di improcedibilita\u0027 il giudice di appello\n(o   la   Corte   di   cassazione),    verificata    l\u0027ammissibilita\u0027\ndell\u0027impugnazione, deve rinviare per la prosecuzione del giudizio  al\ngiudice o alla Sezione civile  competente  nello  stesso  grado,  che\ndecidono sulle questioni civili utilizzando le  prove  acquisite  nel\nprocesso penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio  civile\n(art. 578, comma 1-bis, del codice di procedura penale). A fondamento\ndi tale opzione normativa sono  state  poste  certamente  ragioni  di\nalleggerimento del carico di lavoro delle Corti penali, ma anche,  se\nnon soprattutto, la necessita\u0027 di sviluppare  il  percorso  esegetico\nseguito dalla giurisprudenza costituzionale  relativa  all\u0027art.  578,\ncomma 1, codice di procedura penale, che si basa sul presupposto che,\nper  non  incorrere  in  violazioni  della  presunzione   d\u0027innocenza\ndell\u0027imputato, e\u0027 necessario restringere l\u0027oggetto di accertamento al\nsolo diritto del danneggiato  al  risarcimento  del  danno,  dopo  lo\nspartiacque del giudicato. E\u0027 stato, pertanto,  ritenuto  ragionevole\nattribuire  il  compito  di  decidere  al  giudice  civile,  in   una\nsituazione  in  cui  devono  essere  verificati  gli  estremi   della\nresponsabilita\u0027 civile, senza poter accertare nemmeno incidentalmente\nla responsabilita\u0027 penale. \n    E\u0027 certamente vero che l\u0027istituto dell\u0027improcedibilita\u0027 opera sul\npiano processuale (vedi Cassazione pen. sez. V, 5 novembre  2021,  n.\n334/22,  anche  se,  sottolinea   la   Cassazione,   «l\u0027inquadramento\n\"processuale\" della norma di  cui  all\u0027art.  344-bis  del  codice  di\nprocedura penale non esclude che l\u0027istituto abbia anche ripercussioni\nsostanziali, anche connesse all\u0027indubbia novita\u0027 dell\u0027istituto che di\nfatto rileva in plurimi ambiti, ma esse rilevano quale  mero  effetto\nconsequenziale all\u0027improcedibilita\u0027  dell\u0027azione  alla  scadenza  del\ntermine fissato dal  legislatore  per  la  durata  \"ragionevole\"  del\ngiudizio di impugnazione»:  vedi  punto  4.1.3.  del  Considerato  in\ndiritto),  estinguendo   l\u0027azione   penale,   mentre   quello   della\nprescrizione opera  sul  piano  sostanziale,  estinguendo  il  reato.\nTuttavia, ai fini che qui interessa, e cioe\u0027  ai  fini  della  tutela\ndella presunzione di innocenza come tutelata in ambito costituzionale\n(art. 27, comma 2 della Costituzione)  ed  europeo  (CEDU  e  diritto\ndell\u0027UE), in entrambi i casi le pronunce determinano una interruzione\ndel giudizio penale, senza essere giunti all\u0027accertamento  definitivo\ndella responsabilita\u0027 penale dell\u0027imputato. In tutti  e  due  i  casi\nsorge  un\u0027esigenza  di  tutela   del   diritto   dell\u0027imputato   alla\npresunzione di innocenza, come detto, tutelata in ambito  interno  ed\neuropeo, sicche\u0027, appare del tutto irragionevole  una  disparita\u0027  di\ntrattamento tra le due  fattispecie  (l\u0027una  -  l\u0027improcedibilita\u0027  -\napplicabile in relazione alle impugnazioni aventi  ad  oggetto  reati\ncommessi dopo il 1° gennaio  2020  -  l\u0027altra  -  la  prescrizione  -\noperante in ordine alle impugnazioni aventi ad oggetto reati commessi\nfino al 31 dicembre 2019). \n    D\u0027altra parte, come la prescrizione, anche l\u0027improcedibilita\u0027  di\ncui all\u0027art. 344-bis del codice di procedura penale  e\u0027  rinunciabile\nda  parte  dell\u0027imputato  (art.  344-bis,  comma  7,  del  codice  di\nprocedura penale). Pertanto, in relazione  alla  fattispecie  di  cui\nall\u0027art. 578, comma 1-bis, del codice di procedura penale,  come  non\nesiste un diritto dell\u0027imputato, che non ha chiesto  la  prosecuzione\ndel processo, ma che ha impugnato la sentenza di condanna,  anche  al\nrisarcimento del danno, a fini penali, ad una cognizione piena  della\nsua responsabilita\u0027 penale, cosi\u0027 non si giustifica, sulla  base  del\n«diritto vivente» ribadito da Sezioni unite ... , che l\u0027imputato, che\nnon ha rinunciato alla prescrizione, ma che ha impugnato la  sentenza\ndi condanna, anche al risarcimento del danno, a  fini  penali,  debba\ngodere  della  possibilita\u0027  di  una  valutazione  piena  della   sua\nresponsabilita\u0027 penale da parte del giudice di appello, semplicemente\nper la presenza della costituita parte civile. A tale fine,  infatti,\ne\u0027 sufficiente ad  assicurare  il  diritto  di  difesa  dell\u0027imputato\n(nonche\u0027 il suo diritto alla presunzione di innocenza) la  previsione\ndi cui all\u0027art. 129, comma 2, del codice di procedura penale, che gli\nassicura, in qualsiasi stato e grado del processo,  l\u0027assoluzione  in\npresenza di evidenza della prova di innocenza. Il diritto, invece, ad\nun esame pieno della sua responsabilita\u0027 penale, imposto dal «diritto\nvivente», non solo appare del tutto irragionevole e ingiustificato, a\nfronte dell\u0027analogo istituto di cui all\u0027art. 344-bis  del  codice  di\nprocedura penale e della previsione di cui al comma  1-bis  dell\u0027art.\n578 del codice di procedura penale, ma appare foriero  di  potenziali\nconseguenze pregiudizievoli sotto il profilo della tutela del diritto\nalla presunzione  di  innocenza,  poiche\u0027,  nell\u0027ipotesi  in  cui  il\ngiudice di appello ritenga  che  non  sussistano  i  presupposti  per\nassolvere l\u0027imputato ai  sensi  dell\u0027art.  530  cpv.  del  codice  di\nprocedura penale, e, quindi,  dichiari  l\u0027estinzione  del  reato  per\nprescrizione,  implicitamente  ed  incidentalmente  ne   afferma   la\ncolpevolezza in relazione al  fatto-reato  ascrittogli,  subito  dopo\npassando  ad  esaminare,  in  riferimento  al  medesimo  fatto-reato,\nproduttivo di danno, la sua responsabilita\u0027 civile, cosi\u0027 da  correre\nconcretamente  il  rischio  della  violazione  della  presunzione  di\ninnocenza come tutelata dall\u0027art. 6, comma  2,  CEDU  e  dal  diritto\ndell\u0027Unione europea. \n    Quanto al necessario  bilanciamento  dei  contrapposti  interessi\n(tutela  della  presunzione  di  innocenza/ragionevole   durata   del\ngiudizio in punto di responsabilita\u0027  civile),  deve  osservarsi  che\nl\u0027opzione seguita dal legislatore con l\u0027inserimento del  comma  1-bis\ndell\u0027art. 578 del  codice  di  procedura  penale  costituisce,  sotto\nquesto  profilo,  un  esempio  di  equilibrato   bilanciamento,   che\ncertamente puo\u0027, ed anzi deve, essere tenuto presente in questa  sede\nal fine di adeguare il disposto di cui all\u0027art.  578,  comma  1,  del\ncodice di procedura penale agli  invocati  parametri  costituzionali,\nconvenzionali ed eurounitari. Invero, innanzitutto,  come  la  stessa\nCorte costituzionale ha ricordato, la norma di cui all\u0027art.  578  del\ncodice di procedura penale rappresenta un\u0027eccezione nel rapporto  che\nregola l\u0027esercizio dell\u0027azione civile nel processo penale (vedi Corte\ncostituzionale n. 176/2019), che non viene pregiudicato  nell\u0027ipotesi\nin cui alla pronuncia di non doversi  procedere  per  estinzione  del\nreato da parte del giudice di appello non  dovesse  fare  seguito  la\nconferma delle statuizioni civili da parte dello  stesso  giudice  di\nappello penale. La costituzione di parte civile nel  processo  penale\ninterrompe il decorso della prescrizione del diritto al  risarcimento\ndel danno con effetti permanenti fino al passaggio in giudicato della\nsentenza  che  dichiara  l\u0027estinzione  del  reato  per  prescrizione,\ncominciando a decorrere nuovamente da tale data (Cass. civ. sez. III,\n20  giugno  1978,  n.  3036).  Peraltro,  la  sentenza   dichiarativa\ndell\u0027estinzione del reato  (come  del  resto  la  pronuncia  ex  art.\n344-bis del codice di procedura penale)  non  avrebbe  alcun  effetto\nnell\u0027eventuale giudizio civile di risarcimento del danno.  Quanto  al\ndiritto della parte  civile  di  ottenere  in  tempi  ragionevoli  il\nrisarcimento  del  danno  patito  per  effetto  del  reato,   diritto\ncostituzionalmente tutelato ai sensi dell\u0027art. 111,  comma  2,  della\nCostituzione,  deve  osservarsi  che  lo  stesso  sarebbe  certamente\nassicurato dalla prosecuzione del giudizio dinanzi al giudice civile,\nche, quindi, come osservato dalla Cassazione  (vedi  Cassazione  pen.\nsez.  un.,  25  maggio  2023,  n.  38841)  a  proposito  dell\u0027analoga\ndisposizione  di  cui  all\u0027art.  573,  comma  1-bis,  del  codice  di\nprocedura penale, non dovrebbe essere neppure  riassunto  dinanzi  al\ngiudice civile competente per grado, ma semplicemente  proseguirebbe,\nassicurando, peraltro, la piena utilizzabilita\u0027 delle prove acquisite\nnel processo penale (oltre che di quelle eventualmente acquisite  nel\ngiudizio civile). D\u0027altra parte, il diritto alla  ragionevole  durata\ndel giudizio a fini civili dovrebbe, in ogni caso, cedere il passo di\nfronte  ad  altri  diritti  costituzionalmente  e   convenzionalmente\ntutelati, quali il diritto di difesa dell\u0027imputato e, come  nel  caso\ndi  specie,  il  suo  diritto  a  vedersi  presumere  innocente  fino\nall\u0027accertamento definitivo della sua colpevolezza. \n    Sul punto, si richiamano le argomentazioni con le quali la  Corte\ncostituzionale, nella sentenza n. 12  del  2016,  relativamente  alle\nquestioni  sollevate  in  ordine  alla  legittimita\u0027   costituzionale\ndell\u0027art. 538 del codice di procedura penale nella parte in  cui  non\nconsente al giudice penale di condannare l\u0027imputato  al  risarcimento\ndel danno in favore della parte civile in caso di proscioglimento per\nqualsiasi causa, compreso il vizio totale di  mente,  ha  superato  i\nprofili  riguardanti   l\u0027asserita   violazione   del   principio   di\nragionevole durata del processo (art.  111,  secondo  comma,  secondo\nperiodo, della Costituzione), ovvero  il  richiamo  all\u0027art.  6  CEDU\nnella parte in cui tutela anche i diritti civili. \n    Invero, si legge  testualmente  nella  sentenza:  «con  riguardo,\ninfine, all\u0027asserita violazione del principio di  ragionevole  durata\ndel  processo  (art.  111,  secondo  comma,  secondo  periodo,  della\nCostituzione), questa Corte ha ripetutamente  affermato  che  -  alla\nluce dello stesso richiamo  al  connotato  di  «ragionevolezza»,  che\ncompare nella formula costituzionale - possono arrecare un  vulnus  a\nquel principio solamente le norme «che comportino una dilatazione dei\ntempi del processo  non  sorrette  da  alcuna  logica  esigenza»  (ex\nplurimis, sentenze n. 23 del 2015 n. 63 e n. 56 del 2009, n. 148  del\n2005). Tale ipotesi non  e\u0027  ravvisabile  nel  caso  considerato.  La\npreclusione della decisione  sulle  questioni  civili,  nel  caso  di\nproscioglimento dell\u0027imputato per qualsiasi causa - compreso il vizio\ntotale di mente - se pure procrastina la pronuncia  definitiva  sulla\ndomanda risarcitoria del danneggiato, costringendolo ad instaurare un\nautonomo giudizio civile,  trova  pero\u0027  giustificazione,  come  gia\u0027\nrimarcato, nel carattere accessorio e subordinato dell\u0027azione  civile\nproposta nell\u0027ambito del processo penale rispetto alle  finalita\u0027  di\nquest\u0027ultimo, e segnatamente nel  preminente  interesse  pubblico  (e\ndello stesso imputato) alla sollecita definizione del processo penale\nche  non  si  concluda  con  un  accertamento   di   responsabilita\u0027,\nriportando nella sede naturale le  istanze  di  natura  civile  fatte\nvalere nei suoi confronti. Cio\u0027, in linea, una volta ancora,  con  il\nfavore per la separazione dei giudizi  cui  e\u0027  ispirato  il  vigente\nsistema  processuale.  [...]  Parimenti  non  probanti  appaiono,  da\nultimo, i riferimenti alla giurisprudenza  della  Corte  europea  dei\ndiritti dell\u0027uomo operati dalla parte privata: anche in questo  caso,\ncon semplice funzione rafforzativa delle denunciate violazioni  degli\narticoli 24 e 111 della Costituzione, non figurando tra  i  parametri\ndell\u0027odierno scrutinio quello piu\u0027  direttamente  conferente  (l\u0027art.\n117, primo comma, della Costituzione). La Corte di Strasburgo e\u0027,  in\neffetti, costante  nel  riconoscere  che,  nella  misura  in  cui  la\nlegislazione nazionale accordi alla vittima del reato la possibilita\u0027\ndi intervenire nel processo penale per difendere i  propri  interessi\ntramite la costituzione di parte civile, tale diritto va  considerato\nun «diritto civile» agli effetti  dell\u0027art.  6,  paragrafo  1,  della\nConvenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell\u0027uomo  e  delle\nliberta\u0027 fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,\nratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,  n.  848,  con\nconseguente spettanza, alla vittima stessa, delle garanzie in tema di\nequo  processo  ivi  stabilite,   compresa   quella   relativa   alla\nragionevole durata (Grande Camera, sentenza 12 febbraio  2004,  Perez\ncontro Francia; in senso  conforme,  tra  le  altre,  sezione  terza,\nsentenza 25 giugno  2013,  Associazione  delle  persone  vittime  del\nsistema s.c. Rompetrol  s.a.  e  s.c.  Geomin  s.a.  e  altri  contro\nRomania; Grande Camera, sentenza 20 marzo 2009, Gorou contro Grecia).\nIn questa logica, la Corte europea si  e\u0027,  peraltro,  specificamente\noccupata, in piu\u0027 occasioni, dell\u0027ipotesi  del  mancato  esame  della\ndomanda della parte civile per essersi il procedimento penale  chiuso\ncon  provvedimento   diverso   dalla   condanna   dell\u0027imputato,   in\napplicazione di una regola condivisa - sia pure con diverse  varianti\ne gradazioni - da plurimi ordinamenti nazionali. Tale regime  non  e\u0027\nstato affatto ritenuto,  in  se\u0027  e  per  se\u0027,  contrastante  con  le\ngaranzie convenzionali. La violazione  dell\u0027art.  6  della  CEDU,  in\nparticolare sotto il profilo del diritto di accesso ad un  tribunale,\ne\u0027 stata ravvisata dai giudici di Strasburgo solo in due ipotesi.  In\nprimo luogo, quando la vittima del reato non fruisca di altri  rimedi\naccessibili ed efficaci per far valere le sue pretese (sezione terza,\nsentenza 25 giugno  2013,  Associazione  delle  persone  vittime  del\nsistema s.c. Rompetrol  s.a.  e  s.c.  Geomin  s.a.  e  altri  contro\nRomania; sezione prima, sentenza 4 ottobre 2007, Forum Maritime  s.a.\ncontro Romania): rimedi che, nell\u0027ordinamento italiano,  sono  invece\nofferti dalla  possibilita\u0027  di  rivolgersi  al  giudice  civile.  In\nsecondo  luogo,  la  violazione e\u0027  stata  riscontrata  allorche\u0027  il\nconcreto  funzionamento  del  meccanismo  frustri  indebitamente   le\nlegittime aspettative del  danneggiato,  come  nel  caso  in  cui  la\nprescrizione della  responsabilita\u0027  penale  dell\u0027autore  del  reato,\nimpeditiva  dell\u0027esame  della  domanda  civile,  sia   imputabile   a\ningiustificati ritardi delle autorita\u0027 giudiziarie  nella  conduzione\ndel procedimento penale (Grande  Camera,  sentenza  2  ottobre  2008,\nAtanasova contro Bulgaria; sezione prima,  sentenza  3  aprile  2003,\nAnagnostopoulos contro Grecia):  malfunzionamento  che  non  dipende,\nperaltro, dalla norma e che  comunque  non  viene  in  considerazione\nnell\u0027ipotesi qui in esame.» (Corte della Costituzione n. 12/2016). \n    D\u0027altronde, come chiarito ancora di recente dalla  Corte  europea\ndei diritti dell\u0027uomo (Corte EDU, grande camera, 24  settembre  2024,\nFabbri e altri c. San  Marino),  il  fatto  che  la  chiusura  di  un\nprocedimento penale impedisca la pronuncia di una decisione  relativa\na  domande  civili  nell\u0027ambito  di  tale  procedimento  penale   non\ncostituisce, in linea di principio, una  violazione  del  diritto  di\naccesso ad un Tribunale se la cessazione di tale procedimento  penale\nsi basa su motivi  giuridici  non  applicati  in  modo  arbitrario  o\nirragionevole e se il ricorrente disponeva  ab  initio  di  un  altro\nmezzo di ricorso atto a consentirgli di ottenere una decisione  sulle\nsue pretese di carattere civile. Anche sotto il profilo del  rispetto\ndi un termine ragionevole per  la  trattazione  della  causa  civile,\nspetta agli Stati membri organizzare i propri sistemi  giudiziari  in\nmodo tale da che i propri Tribunali possano garantire a  ciascuno  il\ndiritto di  ottenere  una  decisione  definitiva  sulle  controversie\nrelative ai propri diritti e obblighi civili in tempi ragionevoli,  e\nla ragionevolezza della durata del procedimento deve essere  valutata\nin funzione delle circostanze del caso, verificando  la  complessita\u0027\ndel caso, il comportamento del ricorrente e  quello  delle  Autorita\u0027\ncompetenti, nonche\u0027 la posta in gioco degli interessati. \n    Nel caso di specie, premesso che le parti civili  disponevano  ab\ninitio della possibilita\u0027 di esercitare autonomamente l\u0027azione civile\ndinanzi  ai  giudici  civili,  in  ogni  caso  la  prospettiva  della\nprosecuzione del giudizio di appello in sede civile, in seguito  alla\ndeclaratoria di estinzione del reato per prescrizione,  assicura  non\nsolo il pieno accesso alla tutela giudiziaria, ma anche una  risposta\ndi giustizia in tempi ragionevoli. \n    Infine, la prospettata assimilazione della fattispecie di cui  al\ncomma 1 dell\u0027art. 578 del codice  di  procedura  penale,  rispetto  a\nquella di cui al comma 1-bis del medesimo articolo, non  frustrerebbe\nle aspettative dell\u0027imputato (ovvero della stessa parte civile) a che\nil giudizio  di  appello,  con  riferimento  alle  residue  questioni\ncivili, si svolga nel merito dinanzi al giudice dell\u0027appello  penale,\ngiacche\u0027 l\u0027eventualita\u0027 che il giudizio si svolga ad un  certo  punto\ndinanzi al giudice dell\u0027appello civile e\u0027 prospettiva gia\u0027 esistente,\ntenuto conto del disposto  dell\u0027art.  622  del  codice  di  procedura\npenale, come interpretato dalla giurisprudenza di legittimita\u0027  (vedi\nCassazione pen. sez. un., 18 luglio  2013,  n.  40109,  imp.  ...,  e\nCassazione pen. sez. un., 28 gennaio 2021, n. 22065, imp. ...). \n    Sotto quest\u0027ultimo profilo, del resto, l\u0027originaria  introduzione\ndel comma 1-bis dell\u0027art. 578 del  codice  di  procedura  penale,  ad\nopera della legge n. 134/2021 -  a  differenza  dell\u0027introduzione  da\nparte del decreto legislativo n. 150/2022 del comma  1-bis  nell\u0027art.\n573 del codice di procedura penale, che e\u0027 stata collegata anche alla\nmodifica apportata dal medesimo decreto all\u0027art. 78, comma 1, lettera\nd), del codice di procedura penale (vedi Cassazione pen. sez. un., 25\nmaggio 2023, n. 38841), cosi\u0027  da  ancorarne  l\u0027operativita\u0027  a  quei\nprocessi nei quali la costituzione di  parte  civile  e\u0027  intervenuta\nsuccessivamente all\u0027entrata in  vigore  del  decreto  legislativo  n.\n150/2022 -, e\u0027 avvenuta autonomamente,  a  seguito  dell\u0027introduzione\ndell\u0027istituto di cui all\u0027art. 344-bis del codice di procedura  penale\nPertanto, la sua efficacia non risulta ricollegabile  al  momento  in\ncui e\u0027 avvenuta la costituzione di parte civile. In  buona  sostanza,\nse alla data di entrata  in  vigore  della  legge  n.  134/2021,  con\nriguardo ad impugnazioni relative a processi aventi ad oggetto  reati\ncommessi dopo il 1° gennaio 2020, risultava gia\u0027 costituita la  parte\ncivile, l\u0027art. 578, comma 1-bis, del codice di  procedura  penale  ha\ncomunque  piena  efficacia,  essendo  ancorata  la  sua  operativita\u0027\nesclusivamente all\u0027istituto  dell\u0027improcedibilita\u0027  di  cui  all\u0027art.\n344-bis del codice di procedura penale. Ne consegue che, anche  sotto\nquesto aspetto, non vi e\u0027 alcuna preclusione nell\u0027estendere,  in  via\npretoria  costituzionale,  la  disciplina  di  cui  al  comma   1-bis\ndell\u0027art. 578 del codice di procedura penale alla fattispecie di  cui\nal comma 1 della medesima disposizione, poiche\u0027, come nel primo  caso\nil  legislatore  ha  ritenuto  recessiva,  a  seguito  dell\u0027eventuale\ndeclaratoria  di  improcedibilita\u0027  dell\u0027azione  penale,  l\u0027eventuale\naspettativa delle parti  private  (imputato  e/o  parte  civile  gia\u0027\ncostituita al momento dell\u0027entrata in vigore della norma)  a  che  il\nprocesso fosse  definito  nel  merito,  anche  con  riferimento  alle\nquestioni civili, dal giudice penale, cosi\u0027  allo  stesso  modo  puo\u0027\nritenersi recessiva analoga aspettativa  riguardo  alla  sopravvenuta\ndeclaratoria di estinzione del reato per prescrizione. \n    In conclusione, ai fini di rendere  costituzionalmente  legittimo\nil disposto dell\u0027art. 578, comma 1, del codice  di  procedura  penale\nl\u0027intervento «correttivo» non dovrebbe limitarsi alla declaratoria di\nillegittimita\u0027 della norma, come interpretata dal «diritto  vivente»,\nma dovrebbe spingersi a renderla conforme all\u0027analoga disposizione di\ncui al comma 1-bis del medesimo art.  578  del  codice  di  procedura\npenale (con eventuale estensione, in via derivata, anche rispetto  al\ncomma 1-ter della citata  disposizione),  in  tale  modo  eliminando,\naltresi\u0027, irragionevoli disparita\u0027 di  trattamento  tra  imputati,  a\nfronte di situazioni del tutto  analoghe,  determinate  semplicemente\nsulla base della data del commesso reato. \n    Invero, solo per avere commesso il reato in epoca  successiva  al\n1° gennaio 2020, a fronte di un\u0027identica situazione (interruzione del\nprocesso senza un\u0027affermazione definitiva di responsabilita\u0027 penale),\nl\u0027imputato godrebbe di una tutela maggiore rispetto al  diritto  alla\npresunzione di innocenza di quella di cui godrebbe l\u0027imputato  di  un\nreato commesso fino al 31 dicembre 2019. Quest\u0027ultimo, infatti, anche\na fronte di un\u0027interpretazione conforme dell\u0027art. 578,  comma  1  del\ncodice di procedura penale ai parametri  costituzionali  ed  europei,\npermanendo il giudizio sugli  interessi  civili  dinanzi  al  giudice\ndell\u0027impugnazione  penale,  correrebbe   comunque   il   rischio   di\nviolazioni del suo diritto ad essere presunto innocente, rischio  che\nil legislatore ha voluto definitivamente escludere per l\u0027autore di un\nreato commesso dal 1° gennaio 2020, trasferendo il residuale giudizio\nsulle questioni civili nella sua sede naturale, e  cioe\u0027  dinanzi  al\ncompetente giudice civile. \n    D\u0027altronde,  non  puo\u0027  neppure  tacersi   che   ben   potrebbero\nverificarsi fattispecie in  cui  al  medesimo  imputato,  nell\u0027ambito\ndello stesso processo, risultano contestati fatti commessi prima  del\n1° gennaio 2020 e fatti commessi successivamente, con la  conseguenza\nche, verificatesi, per ipotesi, le condizioni previste  dai  commi  1\n(con riguardo ai fatti commessi prima del 1° gennaio  2020)  e  1-bis\n(in relazione ai fatti commessi successivamente al 1°  gennaio  2020)\ndell\u0027art. 578 del codice di procedura penale, la presenza della parte\ncivile determinerebbe l\u0027operativita\u0027 di  due  diverse  discipline  in\nmaniera del tutto irragionevole. \n    Come e\u0027  noto,  secondo  il  costante  orientamento  della  Corte\ncostituzionale, si  ha  violazione  dell\u0027art.  3  della  Costituzione\nquando situazioni sostanzialmente  identiche  siano  disciplinate  in\nmodo ingiustificatamente diverso (ex plurimis Corte costituzionale n.\n340/2004). \n    In subordine, comunque, ove la Corte ritenga non equiparabili  le\nsituazioni previste dai commi 1 e 1-bis dell\u0027art. 578 del  codice  di\nprocedura penale, la questione di legittimita\u0027  costituzionale  viene\nin ogni caso sollevata con riferimento all\u0027art.  6,  comma  2,  CEDU,\nquale  parametro   interposto   dell\u0027art.   117,   comma   1,   della\nCostituzione, in relazione  agli  articoli  3  e  4  della  direttiva\n2016/UE/343 e art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell\u0027U.E.,\nquali parametri interposti degli articoli 11 e 117,  comma  1,  della\nCostituzione, nella parte in cui l\u0027art. 578 comma  1  del  codice  di\nprocedura penale viene  interpretato  secondo  il  «diritto  vivente»\nrappresentato dalle sentenze delle Sezioni unite della Cassazione ...\ne ..., e non nel senso gia\u0027 fatto proprio dalla Corte  costituzionale\ncon la sentenza n. 182/2021.  \n\n \n                              P. Q. M. \n \n    La Corte visto l\u0027art. 23 della legge n. 87/1953, \n        solleva,  in  via  principale,  di  ufficio,   questione   di\nlegittimita\u0027 costituzionale, in relazione all\u0027art. 6, comma 2,  CEDU,\nquale  parametro   interposto   dell\u0027art.   117,   comma   1,   della\nCostituzione, in relazione  agli  articoli  3  e  4  della  direttiva\n2016/UE/343 e art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell\u0027U.E.,\nquali parametri interposti degli articoli 11 e 117,  comma  1,  della\nCostituzione, nonche\u0027 in relazione agli articoli 3  e  27,  comma  2,\ndella Costituzione, con riferimento all\u0027art. 578, comma 1, del codice\ndi procedura penale, nella parte in cui stabilisce  che,  quando  nei\nconfronti  dell\u0027imputato  e\u0027  stata   pronunciata   condanna,   anche\ngenerica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal\nreato, a favore della parte civile, il giudice di appello (o la Corte\ndi cassazione), nel dichiarare estinto  il  reato  per  prescrizione,\ndecide sull\u0027impugnazione ai soli effetti  delle  disposizioni  e  dei\ncapi della sentenza che concernono gli effetti civili, e non prevede,\ninvece, che, analogamente alla norma di cui al comma 1-bis  dell\u0027art.\n578  del  codice  di  procedura  penale,  se  l\u0027impugnazione  non  e\u0027\ninammissibile, il giudice di  appello  (o  la  Corte  di  cassazione)\nrinviano per  la  prosecuzione  al  giudice  o  alla  sezione  civile\ncompetente nello stesso grado, che decidono  sulle  questioni  civili\nutilizzando  le  prove  acquisite  nel  processo  penale   e   quelle\neventualmente acquisite nel giudizio civile; \n        in  via  subordinata,  solleva,  di  ufficio,  questione   di\nlegittimita\u0027 costituzionale, in relazione all\u0027art. 6, comma 2,  CEDU,\nquale  parametro   interposto   dell\u0027art.   117,   comma   1,   della\nCostituzione, e in relazione agli articoli  3  e  4  della  direttiva\n2016/UE/343 e art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell\u0027U.E.,\nquali parametri interposti degli articoli 11 e 117,  comma  1,  della\nCostituzione, con riferimento all\u0027art. 578, comma 1,  del  codice  di\nprocedura  penale,  per  come  interpretato  dal  «diritto   vivente»\nrappresentato dalle sentenze delle Sezioni unite della Cassazione  n.\n35490/09 imp. ... e n. 36208/2024, ... c/ ..., nella parte in cui  si\nafferma che «nel giudizio di appello avverso la sentenza di  condanna\ndell\u0027imputato  anche  al  risarcimento   dei   danni,   il   giudice,\nintervenuta nelle more l\u0027estinzione del reato per  prescrizione,  non\npuo\u0027 limitarsi a prendere atto della causa  estintiva,  adottando  le\nconseguenti statuizioni civili fondate sui  criteri  enunciati  dalla\nsentenza della Corte costituzionale n. 182 del 2021, ma  e\u0027  comunque\ntenuto, stante la presenza della parte civile, a  valutare,  anche  a\nfronte di prove insufficienti o contraddittorie, la  sussistenza  dei\npresupposti per l\u0027assoluzione nel merito». \n    Dispone  l\u0027immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte\ncostituzionale e la sospensione del presente giudizio. \n    Dispone  che  la  presente  ordinanza  sia  notificata  al   sig.\nPresidente del Consiglio dei ministri,  nonche\u0027  comunicata  al  sig.\nPresidente della Camera  dei  deputati  ed  al  sig.  Presidente  del\nSenato. \n    Manda alla Cancelleria per gli adempimenti. \n      Cosi\u0027 deciso in Lecce all\u0027esito della Camera di  consiglio  del\n13 dicembre 2024. \n \n                      Il Presidente: Ottaviano \n \n \n                                              Il consigliere: Biondi","elencoNorme":[{"id":"62404","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"ppn","denominaz_legge":"codice di procedura penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"","legge_articolo":"578","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""}],"elencoParametri":[{"id":"79079","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79080","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"11","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79081","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79082","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"117","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79083","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"cedu","descriz_costit":"Convenzione per la salvaguardia diritti dell\u0027uomo e libertà fondamentali","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"6","specificaz_art":"par.2","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""},{"id":"79084","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"cue","descriz_costit":"Carta dei diritti fondamentali dell\u0027Unione europea","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"48","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""},{"id":"79085","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"000074","descriz_costit":"direttiva UE","numero_legge":"343","data_legge":"09/03/2016","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""},{"id":"79160","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"000074","descriz_costit":"direttiva UE","numero_legge":"343","data_legge":"09/03/2016","articolo":"4","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[{"id":"54576","num_progressivo":"","nominativo_parte":"Bevilacqua Sandro","data_costit_part":"28/04/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"P","descrizione_tipologia_parte":"Parte","sigla_parte":""}]}}"
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