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Lazio","localita_autorita":"","data_deposito":"13/05/2025","data_emissione":"","data_gazzetta":"16/07/2025","numero_gazzetta":"29","anno_decisione":"","numero_decisione":"","data_seduta":"","descrizione_fissazione":"","stato_fissazione":"","relatore":"","oggetto_lungo":"\u003cp\u003eEnergia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Modifiche al decreto legislativo n. 199 del 2021 – Disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo – Previsione che l\u0027installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, è consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a) limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell\u0027area occupata, c) incluse le cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le 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entrata in vigore, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all\u0027ottenimento dei titoli per la costruzione e l\u0027esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi – Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili – Previsione che gli interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Denunciata disciplina che, prevedendo il divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l’estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, confligge con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e in particolare con il principio di massima diffusione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, come declinato dalla normativa europea – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Introduzione di un divieto che si inserisce nel complesso delle previsioni dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 quale corpo estraneo, dato che le relative previsioni non risultano coordinate con il resto dell’articolato – Norma che non istituisce nessuna forma di bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo una prevalenza dell’interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni agricoli, senza considerare una loro possibile utilizzabilità finanche a fini agricoli – Conflitto con l’obiettivo del decreto succitato di promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili –\u0026nbsp;Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Assenza di contemperamento con gli altri interessi in gioco, anche di rilievo costituzionale, che contrasta con la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.\u003c/p\u003e","prima_parte":"Pacifico Opale srl","prima_controparte":"Ministero dell\u0027Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero dell\u0027Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Ministero della Cultura ed altri 1","altre_parti":"","testo_atto":"N. 138 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2025\n\r\nOrdinanza del 13 maggio 2025 del Tribunale amministrativo regionale\nper il Lazio sul ricorso proposto da Pacifico Opale srl contro\nMinistero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica e altri . \n \nEnergia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Modifiche al\n decreto legislativo n. 199 del 2021 - Disposizioni finalizzate a\n limitare l\u0027uso del suolo agricolo - Previsione che l\u0027installazione\n degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone\n classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita\n esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a) limitatamente agli\n interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale\n ricostruzione degli impianti gia\u0027 installati, a condizione che non\n comportino incremento dell\u0027area occupata, c) incluse le cave gia\u0027\n oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione\n terminato ancora non ripristinate, nonche\u0027 le discariche o i lotti\n di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1), e\n c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell\u0027art. 20 del decreto\n legislativo n. 199 del 2021 - Previsione che il primo periodo del\n comma 1-bis dell\u0027art. 20 di tale decreto legislativo non si applica\n nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli\n collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunita\u0027\n energetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del predetto decreto\n nonche\u0027 in caso di progetti attuativi delle altre misure di\n investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e\n del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR\n (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli\n obiettivi del PNRR - Previsione che l\u0027art. 20, comma 1-bis, primo\n periodo, del decreto legislativo n. 199 del 2021, introdotto dal\n comma 1 dell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63 del 2024, come\n convertito, non si applica ai progetti per i quali, alla relativa\n data di entrata in vigore, sia stata avviata almeno una delle\n procedure amministrative, comprese quelle di valutazione\n ambientale, necessarie all\u0027ottenimento dei titoli per la\n costruzione e l\u0027esercizio degli impianti e delle relative opere\n connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi\n - Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia\n da fonti rinnovabili - Previsione che gli interventi di cui\n all\u0027art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono\n considerati di pubblica utilita\u0027, indifferibili e urgenti e possono\n essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti\n piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20,\n comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021. \n- Decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 (Disposizioni urgenti per le\n imprese agricole, della pesca e dell\u0027acquacoltura, nonche\u0027 per le\n imprese di interesse strategico nazionale), convertito, con\n modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101, art. 5, commi 1\n e 2; decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190 (Disciplina dei\n regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti\n rinnovabili, in attuazione dell\u0027articolo 26, commi 4 e 5, lettera\n b) e d), della legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo\n periodo. \n\n\r\n(GU n. 29 del 16-07-2025)\n\r\n \n IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO \n Sezione Terza \n \nha pronunciato la presente sentenza sul ricorso numero di registro\ngenerale 8722 del 2024, proposto da Pacifico Opale S.r.l., in persona\ndel legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli\navvocati Carlo Comande\u0027, Enzo Puccio, Serena Caradonna, con domicilio\ndigitale come da pec da Registri di giustizia; \n Contro: \n Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica,\nMinistero dell\u0027agricoltura della sovranita\u0027 alimentare e delle\nforeste, Ministero della cultura, in persona dei rispettivi legali\nrappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall\u0027Avvocatura\ngenerale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei\nPortoghesi, 12; \n Nei confronti: \n Regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro\ntempore, rappresentata e difesa dall\u0027Avvocatura generale dello Stato,\ndomiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; \n Per l\u0027annullamento degli articoli 1, 3 e 7 del decreto\nministeriale 21 giugno 2024 recante «Disciplina per l\u0027individuazione\ndi superfici e aree idonee per l\u0027installazione di impianti a fonti\nrinnovabili» adottato dal Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza\nenergetica di concerto con il Ministero della cultura e il Ministero\ndell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027 alimentare e delle foreste e\npubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie\ngenerale n. 153 del 2 luglio 2024, nonche\u0027 i relativi allegati; \n di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale. \n Visti il ricorso e i relativi allegati; \n Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero\ndell\u0027ambiente e della sicurezza energetica, del Ministero\ndell\u0027agricoltura della sovranita\u0027 alimentare e delle foreste, del\nMinistero della cultura e della Regione Siciliana; \n Visti tutti gli atti della causa; \n Relatore nell\u0027udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2025 la\ndott.ssa Elena Stanizzi e uditi per le parti i difensori come\nspecificato nel verbale; \n Ritenuto in fatto e considerato e diritto quanto segue. \n \n Fatto \n \n 1 - Premette in fatto la societa\u0027 odierna ricorrente di operare\nnel settore della produzione di energia da fonti rinnovabili, in\nparticolare da fonte solare. \n Rappresenta, al riguardo, che tra le iniziative in corso di\nsviluppo vi e\u0027 la predisposizione di un progetto per la realizzazione\ndi un impianto agrivoltaico da realizzarsi nella Regione Sicilia, di\npotenza 73 MW, con riferimento al quale ha gia\u0027 ottenuto il\npreventivo di connessione nonche\u0027 la disponibilita\u0027 delle aree di\nsedime, per il quale deve essere avviata la procedura per il rilascio\ndell\u0027autorizzazione alla costruzione ed esercizio. \n 2 - Sostiene parte ricorrente che le previsioni dettate dagli\narticoli 1, 3 e 7 del decreto impugnato, adottato dal Ministro\ndell\u0027ambiente e della sicurezza energetica («Mase»), di concerto con\nil Ministro della cultura («Mic») e con il Ministro dell\u0027agricoltura,\ndella sovranita\u0027 alimentare e delle foreste («Masaf») nel formale\nesercizio della delega di cui all\u0027art. 20, comma 1, del decreto\nlegislativo n. 199/2021 con il fine di stabilire principi e criteri\nomogenei per l\u0027individuazione delle superfici e delle aree idonee e\nnon idonee all\u0027installazione di impianti di produzione di energia da\nfonti rinnovabili, avrebbero di fatto introdotto criteri\nasseritamente illegittimi e lesivi della sua posizione giuridica, in\nquanto suscettibili di pregiudicare l\u0027autorizzazione del progetto di\nimpianto agrivoltaico in corso di elaborazione. \n Solleva, quindi, parte ricorrente, a sostegno della proposta\nazione impugnatoria, i seguenti motivi di censura inerenti plurimi\nprofili di violazione di legge ed eccesso di potere: \nI - Con riferimento agli articoli 1 e 7 del decreto ministeriale:\nviolazione e falsa applicazione dell\u0027art. 5 della legge 22 aprile\n2021, n. 53 - Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, commi 1,\n2, 3 e 8 del decreto legislativo n. 199/2021 - Violazione e falsa\napplicazione delle linee guida emanate con decreto del ministero\ndello sviluppo economico del 10 settembre 2010 - Violazione della\ndelega - Eccesso di potere - Manifesta irragionevolezza - Violazione\ndella direttiva 2009/28/CE, della direttiva 2001/77/CE e della\ndirettiva 2018/2001/UE. \n I.1 - Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 3 del\ndecreto legislativo n. 199/2021 e dell\u0027art. 5 della legge n. 53/2021. \n Il decreto impugnato avrebbe mancato di definire i criteri\nomogenei per l\u0027individuazione delle aree idonee all\u0027installazione di\nimpianti di produzione di energia da fonti rinnovabili («FER»),\nessendosi limitato a riprodurre principi di massima che sarebbero\nesattamente e testualmente riproduttivi di quelli individuati dalla\nfonte delegante all\u0027art. 20, comma 3, decreto legislativo n. 199/2021\n(e, ancor prima, l\u0027art. 5 della legge 22 aprile 2021, n. 53), di\ncarattere meramente programmatico. Ne deriverebbe il conferimento\nalle regioni di una delega sostanzialmente in bianco, in contrasto\ncon l\u0027insegnamento della Corte costituzionale, che avrebbe sempre\nrivendicato l\u0027importanza della uniformita\u0027 della «materia energia»\nsul territorio nazionale. \n I.2 - Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 1, del\ndecreto legislativo n. 199/2021. \n Nel ricordare parte ricorrente come ai sensi di quanto previsto\ndall\u0027art. 20, comma 1, lett. a), del decreto legislativo n. 199/2021,\ni Ministeri resistenti, mediante l\u0027adozione di uno o piu\u0027 decreti\ndelegati, erano tenuti in via prioritaria a «dettare i criteri per\nl\u0027individuazione delle aree idonee all\u0027installazione della potenza\neolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilendo le modalita\u0027 per\nminimizzare il relativo impatto ambientale e la massima porzione di\nsuolo occupabile dai suddetti impianti per unita\u0027 di superficie,\nnonche\u0027 dagli impianti a fonti rinnovabili di produzione di energia\nelettrica gia\u0027 installati e le superfici tecnicamente disponibili»\ncontesta l\u0027attuazione che di tale norma e\u0027 stata operato con il\ngravato decreto. \n Lamenta in particolare parte ricorrente che l\u0027art. 7, comma 2,\nlett. b) del decreto ministeriale 21 giugno 2024 - laddove prevede\nche le regioni, nell\u0027individuazione delle aree idonee, debbano tener\nconto «della possibilita\u0027 di classificare le superfici o le aree come\nidonee differenziandole sulla base della fonte, della taglia e della\ntipologia di impianto» - conterrebbe indicazioni generiche ed un mero\nrichiamo al sintetico principio di differenziazione, insuscettibili\ncome tali di fornire alle regioni gli indirizzi necessari ed idonei a\norientare l\u0027esercizio della potesta\u0027 regionale anche quanto ad\nindividuazione del mix di fonti energetiche richiesto dalla normativa\nprimaria, da porre in correlazione con le caratteristiche dei\nterritori. \n La norma del gravato decreto, pertanto, sarebbe illegittima per\naver abdicato alla propria funzione di individuazione dei principi e\ncriteri per l\u0027individuazione delle aree idonee, violando la delega\nlegislativa conferita con il decreto legislativo n. 199/2021, per\neffetto della quale il decreto avrebbe dovuto «dettare i criteri per\nl\u0027individuazione delle aree idonee all\u0027installazione della potenza\neolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilendo le modalita\u0027 per\nminimizzare il relativo impatto ambientale e la massima porzione di\nsuolo occupabile dai suddetti impianti per unita\u0027 di superficie,\nnonche\u0027 dagli impianti a fonti rinnovabili di produzione di energia\nelettrica gia\u0027 installati e le superfici tecnicamente disponibili». \n I.3 - Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 8, del\ndecreto legislativo n. 199/202. \n Denuncia parte ricorrente l\u0027illegittimita\u0027 della previsione,\ncontenuta nell\u0027art. 7, lettera c) del decreto ministeriale impugnato,\nche assegna una mera «possibilita\u0027» alle regioni, in sede di\nemanazione delle leggi regionali, di fare salve le aree nelle more\nritenute idonee dall\u0027art. 20, comma 8, del decreto legislativo n.\n199/2021, con classificazione da ritenersi, secondo parte ricorrente,\nanticipatoria e vincolante per la futura normazione regionale. Tale\nnorma si porrebbe in contrasto con il dato normativo e consentirebbe\nalle regioni di non tener conto, in sede di normazione, delle aree\nidonee individuate dal legislatore nazionale, rimettendosi alle\nregioni la potesta\u0027 di prevedere che aree che, fino ad oggi, sono\nstate indiscussamente idonee, ai sensi del comma 8, diventino «aree\nordinarie» o addirittura «aree non idonee», con impatti negativi in\ntermini di affidamento degli investimenti ed incertezza del quadro\ngiuridico di riferimento, senza peraltro prevedere una disciplina\ntransitoria per i procedimenti autorizzativi avviati in data\nanteriore all\u0027entrata in vigore delle disposizioni regionali. \nII - Con riferimento all\u0027illegittimita\u0027 degli articoli 1, 3 e 7 del\ndecreto ministeriale: violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 5\ndella legge 22 aprile 2021, n. 53 - Violazione e falsa applicazione\ndell\u0027art. 20, commi 1, 2, 3, 4, 7 e 8 del decreto legislativo n.\n199/2021 - Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 12 del decreto\nlegislativo n. 387/2003 - Violazione e falsa applicazione delle linee\nguida emanate con decreto del ministero dello sviluppo economico del\n10 settembre 2010 - Eccesso di potere - Manifesta irragionevolezza -\nViolazione della direttiva 2009/28/CE, della direttiva 2001/77/CE e\ndella direttiva 2018/2001/UE - Violazione del principio della massima\ndiffusione degli impianti di energia prodotta da fonti rinnovabili. \n II.1 - Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 4 del\ndecreto legislativo n. 199/2021, dell\u0027art. 12 del decreto legislativo\nn. 387/2003, delle Linee guida e del principio della massima\ndiffusione degli impianti FER. \n Sostiene parte ricorrente che l\u0027art. 20, comma 4, del decreto\nlegislativo n. 199/2021 prevedrebbe una competenza regionale, da\nesercitare mediante legge, unicamente per la disciplina delle aree\nidonee. Il decreto, invece, affidando alle regioni il compito di\nindividuare con legge anche le aree non idonee, si porrebbe in\ncontrasto, oltre che con tale norma primaria, anche con l\u0027art. 12,\ncomma 10, del decreto legislativo n. 387/2003 e con le successive\nLinee guida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo\neconomico del 10 settembre 2010, che prevedono l\u0027individuazione delle\n«aree non idonee» all\u0027esito di un apposito procedimento\namministrativo, nel cui ambito, attraverso adeguata istruttoria,\npoter operare un bilanciamento in concreto degli interessi\nstrettamente aderenti alla specificita\u0027 dei luoghi, senza poter\nimporre in via legislativa vincoli generali non previsti dalla\ndisciplina statale, in violazione peraltro del principio della\nriserva di procedimento amministrativo. \n II.2 - Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 4 del\ndecreto legislativo n. 199/2004, dell\u0027art. 12 del decreto legislativo\nn. 387/2003, delle Linee guida e del principio della massima\ndiffusione degli impianti FER. \n Nel definire le aree non idonee come aree «incompatibili con\nl\u0027installazione di specifiche tipologie di impianti», il decreto\nintrodurrebbe un vero e proprio divieto di installazione di impianti\nFER in dette aree, in contrasto con i principi dettati dalle Linee\nGuida, che pure vengono dalla disposizione in questione richiamati,\nin base alle quali «L\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei\nnon deve configurarsi come divieto preliminare» all\u0027installazione\ndegli impianti, costituendo solo una valutazione di primo livello cui\ndeve eseguire una valutazione in concreto circa la realizzabilita\u0027\ndell\u0027impianto. \n II.3 - Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, commi 1, 7 e 8\ndel decreto legislativo n. 199/2021, dell\u0027art. 12 del decreto\nlegislativo n. 387/2003, delle Linee Guida e del principio della\nmassima diffusione degli impianti FER nonche\u0027 del decreto legislativo\nn. 42/2004 e dell\u0027art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione. \n Nel prevedere che «Sono considerate non idonee le superfici e le\naree che sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela\nai sensi dell\u0027art. 10 e dell\u0027art. 136, comma 1, lettere a) e b) del\ndecreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42», il decreto si porrebbe\nin contrasto con la normativa europea e nazionale, nonche\u0027 con quella\nprevista per i beni soggetti a tutela paesaggistica e culturale,\nintroducendo un divieto esorbitante e del tutto irragionevole, in\nquanto di fatto inibirebbe in tutte le aree vincolate la\nrealizzazione degli impianti, a prescindere da qualsiasi specifica\nvalutazione in ordine alle effettive e concrete esigenze di tutela di\nciascun bene vincolato e, correlativamente, da qualsiasi verifica in\nordine alla sussistenza di una effettiva incompatibilita\u0027\ndell\u0027intervento con la tutela paesaggistica o culturale da\nassicurare. Del pari illegittima sarebbe la previsione secondo cui\n«Le regioni possono individuare come non idonee le superfici e le\naree che sono ricomprese nel perimetro degli altri beni sottoposti a\ntutela ai sensi del medesimo decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.\n42», nonche\u0027 «stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni\nsottoposti a tutela di ampiezza differenziata a seconda della\ntipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela, fino\na un massimo di 7 chilometri», in quanto assegnerebbe poteri alle\nregioni in contrasto con la competenza statale in materia di\npaesaggio e beni culturali, che impone uniformi livelli di tutela in\ntutto il territorio nazionale. \nIII - Con riferimento all\u0027illegittimita\u0027 dell\u0027art. 1, comma 2,\nlettera d) del decreto ministeriale: violazione e falsa applicazione\ndell\u0027art. 20, commi 1 e 2 del decreto legislativo n. 199/2021 -\nViolazione e falsa applicazione dell\u0027art. 12, comma 7 del decreto\nlegislativo n. 387/2003 - Violazione e falsa applicazione delle linee\nguida emanate con decreto del ministero dello sviluppo economico del\n10 settembre 2010 - Violazione della delega - Eccesso di potere -\nManifesta irragionevolezza - Violazione della direttiva 2009/28/CE,\ndella direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2018/2001/UE. \n III.1 - Violazione dell\u0027art. 20, comma 1, decreto legislativo n.\n199/2021. \n Nell\u0027individuare le aree agricole come aree in cui e\u0027 vietata\nl\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a\nterra, per le quali vige il divieto di installazione di impianti\nfotovoltaici con moduli a terra ai sensi dell\u0027art. 20, comma 1-bis,\ndel decreto legislativo n. 199/2021, l\u0027art. 1 del decreto\ncontravverrebbe alla delega, che non avrebbe contemplato la\npossibilita\u0027 di individuare aree «in cui e\u0027 vietata» la installazione\ndi impianti fotovoltaici a terra, sicche\u0027 il D.M. non avrebbe potuto\nessere utilizzato per dare attuazione al citato comma 1-bis. \n III.2 - Manifesta irragionevolezza - Violazione della direttiva\n2009/28/CE, della direttiva 2001/77/CE e della direttiva\n2018/2001/UE. \n La delega di cui all\u0027art. 1, comma 2, lett. d) del decreto\nministeriale impugnato sarebbe irragionevole ed illegittima anche in\nragione del fatto che, nel vietare la collocazione di impianti FTV a\nterra in aree agricole, non precisa che da tale divieto sono\nsottratti tutti gli impianti agrivoltaici. Invero, sia gli impianti\nfotovoltaici con moduli a terra che gli agrivoltaici hanno in comune\nla collocazione sul suolo di moduli recanti pannelli fotovoltaici.\nTuttavia, la giurisprudenza ne avrebbe evidenziato la differenza, in\nquanto nei primi la crescita della vegetazione puo\u0027 ostare con la\nproduzione di energia e quindi e\u0027 oggetto di interventi volti a\nlimitare o impedire la collocazione di tale tipologia di impianti,\nmentre, nel caso dell\u0027agrivoltaico, l\u0027impianto (sia avanzato che\nbase) sarebbe strutturato in modo da consentire alle macchine da\nlavoro la coltivazione agricola ovvero il pascolo degli animali, di\ntalche\u0027 la superficie del terreno resta permeabile e quindi\nraggiungibile dal sole e dalla pioggia, dunque pienamente\nutilizzabile per le normali esigenze della coltivazione agricola. La\nprevisione in esame, non operando alcuna distinzione in merito,\nintrodurrebbe un divieto concreto, indiscriminato e generalizzato ad\nogni tipo di impianto che usa tale tecnologia, inclusi gli\nagrivoltaici base o avanzati che siano. \n La previsione sarebbe inoltre in contrasto con l\u0027art. 12 del\ndecreto legislativo n. 387/2003 che consente la realizzazione di\nimpianti di produzione di energia elettrica anche in zone\nclassificate agricole. \n IV - Illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20, comma 1-bis del\ndecreto legislativo n. 199/2021, introdotto dall\u0027art. 5, comma 1, del\ndecreto-legge n. 63/2024, convertito con modifiche con legge n. 22 n.\n101/2024, per violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 77, comma\nsecondo, della Costituzione. \n Per l\u0027ipotesi in cui non sia possibile un\u0027interpretazione\ncostituzionalmente orientata dell\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto\nlegislativo n. 199/2021, la ricorrente ne ha prospettato\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale. \n Dalla disamina del «Preambolo» al D.L. Agricoltura n. 63/2024,\nconvertito in legge con legge n. 101/2024, si evincerebbe che\nl\u0027iniziativa governativa da cui ha preso le mosse l\u0027approvazione\ndell\u0027art. 5, comma 1, del menzionato D.L., che ha introdotto il comma\n1-bis dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021, e\u0027 stata\nmotivata in ragione della ritenuta straordinaria necessita\u0027 e urgenza\ndi contrastare il fenomeno del consumo del suolo a vocazione\nagricola. Tale presupposto, tuttavia, secondo parte ricorrente, non\nsarebbe sussistente, in quanto nel territorio italiano la Superficie\nagricola totale (SAT) e\u0027 pari a 16 milioni di ettari, mentre la\nSuperficie agricola utilizzata (SAU) e\u0027 pari a 12,5 milioni di\nettari. Inoltre, 4 milioni di ettari di terreni agricoli sono\nattualmente abbandonati. Al 2023 sono stati installati impianti pari\na una potenza di 30,3 GW. Di questi, secondo il GSE, 9,2 GW sono\nimpianti FTV a terra che utilizzano 16.400 ettari, che equivalgono\nsolo allo 0,05% del territorio nazionale oppure allo 0,13% della SAU.\nInstallare gli 84 GW di cui al Piano elettrico 2030/REPowerEU\nrichiederebbe fino a 70.000 ettari - considerando l\u0027ipotesi piu\u0027\nestensiva secondo cui l\u0027intero obiettivo fosse perseguito mediante\nl\u0027utilizzo della sola tecnologia che utilizza pannelli fotovoltaici\ncollocati a terra e senza considerare la quota installabile su\nedifici - che equivalgono allo 0,2% del territorio italiano ovvero\nallo 0,4% della SAT. Si tratterebbe di una porzione marginale di\nsuoli agricoli anche se paragonata ai 4 milioni di ettari di terreni\nagricoli abbandonati e ai 12,5 milioni di ettari di SAU. Sarebbero\nstati, pertanto, in origine carenti i requisiti di necessita\u0027 e\nurgenza di cui all\u0027art. 77 della Costituzione che avrebbero\ngiustificato il ricorso allo strumento eccezionale della decretazione\nd\u0027urgenza. \nV. Illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20, comma 1-bis del\ndecreto legislativo n. 199/2021, introdotto dall\u0027art. 5, comma 1, del\ndecreto-legge n. 63/2024 (c.d. d.l. agricoltura), convertito con\nmodifiche con legge n. 101/2024, per violazione e falsa applicazione\ndegli articoli 117, commi primo e terzo, della costituzione, in\nrelazione, rispettivamente, alla direttiva (UE) 2018/2001 del\nParlamento europeo e del Consiglio dell\u002711 dicembre 2018, sulla\npromozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili e all\u0027art. 12\ndel decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (attuazione della\ndirettiva 2001/77/CE). \n La norma contestata di cui all\u0027art. 20, comma 1-bis del decreto\nlegislativo n. 199/2021, nel prevedere il divieto di installazione di\nnuovi impianti FTV con moduli collocati a terra e il divieto di\naumentare l\u0027estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, si\nporrebbe in contrasto con i vincoli derivanti dall\u0027ordinamento\neuropeo e, in particolare, con l\u0027obiettivo di garantire la massima\ndiffusione degli impianti FER, perseguito dalla direttiva 2009/28/CE,\ndalla direttiva 2001/77/CE, nonche\u0027 dalla direttiva 2018/2001/UE, in\nattuazione della quale e\u0027 stato emanato il decreto legislativo n.\n199/2021. \n Sotto altro profilo, la norma si porrebbe in contrasto con i\nprincipi generali dettati in materia dallo stesso Legislatore\nstatale, in attuazione delle direttive europee, e in particolare con\nl\u0027art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del\nquale «Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui\nall\u0027articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati\nanche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici», e\ncon le Linee guida del 2010, introdotte in attuazione del citato art.\n12, con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10\nsettembre 2010, secondo le quali le zone classificate agricole dai\nvigenti piani urbanistici non possono essere genericamente\nconsiderate aree e siti non idonei e l\u0027individuazione delle aree e\ndei siti non idonei non puo\u0027 riguardare porzioni significative del\nterritorio. Per contro, una norma che introduce un divieto\ngeneralizzato a realizzare una tipologia di impianto FER su qualsiasi\narea agricola - a prescindere anche da una previa indagine in merito\nalle tecnologie utilizzate, in specie gli agrivoltaici, alle\nspecifiche qualita\u0027 del sito agricolo ovvero alle colture ivi\ncondotte - si porrebbe in conflitto con i summenzionati principi\nfondamentali di cui all\u0027art. 117, comma 1, - ed all\u0027art. 12, comma 7,\ndel decreto legislativo n. 387/2003, attuativi di direttive\ndell\u0027Unione europea e che riflettono anche impegni internazionali\nvolti a favorire l\u0027energia prodotta da fonti rinnovabili. \n La previsione si porrebbe, inoltre, in contrasto con la\nraccomandazione della Commissione UE 2024/1343 volta a limitare al\nminimo le zone di esclusione per l\u0027installazione di impianti di\nenergia rinnovabile. \nVI - Sotto altro profilo: illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20,\ncomma 1-bis del decreto legislativo n. 199/2021, introdotto dall\u0027art.\n5, comma 1, del d.l. n. 63/2024 (c.d. d.l. agricoltura), convertito\ncon modifiche con legge n. 101/2024, per: Violazione e falsa\napplicazione dell\u0027art. 9 Cost. - Violazione e falsa applicazione\ndell\u0027art. 15 della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e\ndel Consiglio dell\u002711 dicembre 2018, sulla promozione dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili - Violazione del principio di\nproporzionalita\u0027 - Violazione dell\u0027art. 11 del TFUE - Violazione\ndell\u0027art. 41 della Costituzione. \n La scelta di introdurre un generale e indiscriminato divieto a\nrealizzare impianti FTV con moduli a terra su aree urbanisticamente\nclassificate come «agricole» risulterebbe sproporzionata e tale da\nrallentare la diffusione delle fonti rinnovabili in modo da incidere\nsugli obiettivi di tutela dell\u0027ambiente perseguiti. Sul punto, l\u0027art.\n15 della direttiva 2018/2001 prevede che «Gli Stati membri prendono\nin particolare le misure appropriate per assicurare che: b) le norme\nin materia di autorizzazione, certificazione e concessione di licenze\nsiano oggettive, trasparenti e proporzionate ...». La norma censurata\nsarebbe tutt\u0027altro che una forma di esercizio «proporzionato» della\npotesta\u0027 legislativa. La norma, inoltre, violerebbe il principio di\nintegrazione delle tutele - riconosciuto, sia a livello europeo (art.\n11 del TFUE), sia nazionale (art. 3-quater del decreto legislativo n.\n152 del 2006, sia pure con una formulazione ellittica che lo\nsottintende) - in virtu\u0027 del quale le esigenze di tutela\ndell\u0027ambiente devono essere integrate nella definizione e\nnell\u0027attuazione delle altre pertinenti politiche pubbliche, in\nparticolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile. \n Se il principio di proporzionalita\u0027 rappresenta il criterio alla\nstregua del quale mediare e comporre il potenziale conflitto tra i\ndue valori costituzionali all\u0027interno di un quadro argomentativo\nrazionale, il principio di integrazione costituisce la direttiva di\nmetodo. La tutela dell\u0027ambiente e del paesaggio (nello specifico\ndell\u0027ambiente e del contesto agricolo) non potrebbero essere visti\nquali valori contrapposti rispetto alla diffusione delle fonti\nrinnovabili, sia sotto il profilo della tutela dell\u0027ambiente che\nsotto quello della tutela dell\u0027iniziativa economica privata. \n Lo stesso art. 9 della Costituzione sancisce che la tutela dei\nvalori ambientali deve essere perseguita «anche nell\u0027interesse delle\nfuture generazioni». Al contrario, la disposizione in esame\nmuoverebbe dall\u0027assunto di un aprioristico conflitto tra la\nconservazione delle aree agricole e l\u0027autorizzazione di impianti per\nla produzione di energia mediante collocazione di pannelli\nfotovoltaici a terra, come se le descritte finalita\u0027 non fossero tra\nloro contemperabili mediante la introduzione di parametri di\nvalutazione idonei a stabilire, caso per caso, quando e dove\nconsentire o meno la collocazione di impianti che utilizzano la\ntecnologia fotovoltaica a terra (inclusi gli agrivoltaici base o\navanzati) in area agricola. \n 3 - Si sono costituite in giudizio le amministrazioni intimate,\ndapprima con formula di rito, mentre con successiva memoria i\nMinisteri intimati hanno sostenuto l\u0027inammissibilita\u0027 e\nl\u0027infondatezza del ricorso, con richiesta di corrispondente\npronuncia, rilevando che i presupposti ricostruttivi e teorici su cui\nla ricorrente fonda le proprie deduzioni sarebbero smentiti dalla\nlettura della normativa di riferimento. \n 3.1.- In particolare, la necessita\u0027 di individuare criteri\nomogenei per la definizione delle superfici e delle aree idonee e non\nidonee per l\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili sarebbe\nstata introdotta dall\u0027art. 5, comma 1, lettera a) della legge 22\naprile 2021, n. 53, «Delega al Governo per il recepimento delle\ndirettive europee e l\u0027attuazione di altri atti dell\u0027Unione europea»\n(legge di delegazione europea 2019-2020), che dettava criteri di\ndelega per il recepimento della direttiva (UE) 2018/2001 sulla\npromozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili (RED II).\nSuccessivamente, il decreto legislativo n. 199 del 2021, con l\u0027art.\n20, ha individuato il percorso per l\u0027individuazione delle superfici e\naree idonee e non idonee alla realizzazione di impianti a fonti\nrinnovabili, prevedendo un coinvolgimento, in prima battuta, del\nMASE, del MIC e del MASAF d\u0027intesa con le regioni, al fine di\ndefinire criteri e principi omogenei e rinviando a successive leggi\nregionali per l\u0027individuazione su ciascun territorio delle superfici\ne delle aree idonee e non idonee. Nello specifico, la disciplina\nprevede: \n al comma 5 dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021,\nche nel percorso di individuazione delle aree idonee siano rispettati\ni principi della minimizzazione degli impatti sull\u0027ambiente, sul\nterritorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo restando\nil vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al\n2030; \n ai commi 6 e 7, rispettivamente, che nelle more\ndell\u0027individuazione delle aree idonee non possono essere disposte\nmoratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di\nautorizzazione e che le aree non incluse nel novero delle aree idonee\nnon possono essere dichiarate non idonee in sede di pianificazione\nterritoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli procedimenti, in ragione\ndella sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee; \n al comma 8 che «nelle more dell\u0027individuazione delle aree\nidonee sulla base dei criteri e delle modalita\u0027 stabiliti dai decreti\ndi cui al comma 1, sono considerate aree idonee, ai fini di cui al\ncomma 1 del presente articolo [...]» una lista specifica di aree\nimmediatamente idonee (c.d. aree idonee ex-lege). \n 3.2 - In secondo luogo, il decreto ministeriale impugnato, lungi\ndal voler introdurre barriere alla realizzazione di impianti di\nproduzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, sarebbe\nfinalizzato all\u0027individuazione di quelle aree o superfici ove poter\nusufruire di procedimenti autorizzativi piu\u0027 veloci e snelli ai fini\ndell\u0027ottenimento del relativo titolo autorizzativo, con\nindividuazione altresi\u0027 delle zone dove invece tali accelerazioni non\nsono presenti o che richiederanno una valutazione piu\u0027 attenta in\nragione di specifiche tutele che interessano l\u0027area dell\u0027intervento. \n La definizione di «area idonea» e «non idonea» contenuta nel\nsuddetto decreto, infatti, sarebbe strettamente legata alla\nindividuazione delle semplificazioni di cui poter beneficiare ai fini\nautorizzativi, fermo restando che anche nelle «aree non idonee» nulla\nvieterebbe agli operatori di poter realizzare impianti di produzione\ndi energia elettrica da fonte rinnovabile. \n Il che troverebbe conferma nella previsione dettata dall\u0027art. 20,\ncomma 7, del decreto legislativo n. 199/2021 che vieta esplicitamente\nalle regioni, in sede di pianificazione, di considerare le aree non\nidonee come inibite in assoluto alla realizzazione di impianti FER,\nmentre l\u0027art. 1, comma 2, lett. b), del decreto ministeriale\nimpugnato, nel richiamare le linee guida di cui al paragrafo 17 del\ndecreto ministeriale 10 settembre 2010, le identificherebbe come\nquelle aree in cui si individuano obiettivi di protezione non\ncompatibili con l\u0027insediamento di specifiche tipologie e/o dimensioni\ndi impianti, «i quali determinerebbero, pertanto, una elevata\nprobabilita\u0027 (non certezza) di esito negativo delle valutazioni in\nsede di autorizzazione». \n 3.3 - Quanto all\u0027individuazione tramite legge regionale delle\naree idonee, la competenza normativa in materia sarebbe gia\u0027\nriconosciuta dalla Costituzione (art. 117, terzo comma, in tema di\n«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell\u0027energia»), per\ncui non sarebbe necessaria alcuna espressa «delega» alle regioni, nel\nmomento in cui il decreto legislativo n. 199 del 2021, base giuridica\ndel decreto in esame, costituirebbe una chiara «legge cornice»,\nindividuando principi e criteri omogenei per l\u0027individuazione anche\ndelle aree non idonee. Per poter legiferare anche su tali aree non\nsarebbe stato necessario, pertanto, alcun espresso «mandato\nnormativo» statale. \n 3.4 - Sarebbe, altresi\u0027, infondata la contestazione\ndell\u0027esistenza di un c.d. «delega in bianco»: il decreto ministeriale\nimpugnato, infatti, indicherebbe all\u0027art. 7 i principi e criteri\nomogenei (in linea con l\u0027art. 20, commi 1 e 2, del decreto\nlegislativo n. 199 del 2021) lasciando alle regioni, tramite le\nproprie leggi, l\u0027individuazione delle aree idonee e non idonee al\nfine di garantire il rispetto delle competenze legislative nella\nmateria concorrente della «produzione, trasporto e distribuzione\nnazionale dell\u0027energia» ai sensi dell\u0027art. 117, comma 3, della\nCostituzione. \n 3.5 - Con riferimento alla previsione per cui «Sono considerate\nnon idonee le superficie e le aree che sono ricomprese nel perimetro\ndei beni sottoposti a tutela ai sensi dell\u0027art. 10 e dell\u0027art. 136,\ncomma 1, lettere a) e b) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.\n42», sostengono le parti resistenti che si tratterebbe di parametro\nnon irragionevole, ne\u0027 indiscriminato, posto che la inidoneita\u0027\nconcernerebbe unicamente le aree ricomprese nel perimetro di beni di\ninteresse pubblico che richiedono una protezione forte da parte\ndell\u0027ordinamento. \n 3.6 - In merito all\u0027art. 7, comma 3, del decreto ministeriale\nimpugnato, laddove e\u0027 previsto che «Le regioni possono individuare\ncome non idonee le superficie le aree che sono ricomprese nel\nperimetro degli altri beni sottoposti a tutela ai sensi del 8\nmedesimo decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Le regioni\npossono stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni\nsottoposti a tutela di ampiezza differenziata a seconda della\ntipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela, fino\na un massimo di 7 chilometri», la previsione sarebbe in linea con\nquanto contenuto nelle Linee Guida (decreto ministeriale 10 settembre\n2010), che all\u0027Allegato 3 chiariscono che le «Regioni, con le\nmodalita\u0027 di cui al paragrafo 17, possono procedere ad indicare come\naree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di\nimpianti le aree particolarmente sensibili e/o vulnerabili alle\ntrasformazioni territoriali o del paesaggio», quali, tra l\u0027altro, «le\naree ed i beni di notevole interesse culturale di cui alla Parte\nSeconda del decreto legislativo n. 42 del 2004, nonche\u0027 gli immobili\ne le aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi\ndell\u0027art. 136 dello stesso decreto legislativo» ovvero le «zone\nindividuate ai sensi dell\u0027art. 142 del decreto legislativo n. 42 del\n2004 valutando la sussistenza di particolari caratteristiche che le\nrendano incompatibili con la realizzazione degli impianti». \n 3.7 - Con riguardo all\u0027art. 1, comma 2, lettera d), del decreto\nministeriale, secondo cui le regioni individuano, tra le altre, le\n«aree in cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con\nmoduli collocati a terra: le aree agricole per le quali vige il\ndivieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra\nai sensi dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8\nnovembre 2021, n. 199», la previsione non sarebbe strumento di\n«attuazione» dell\u0027art. 20, comma 1-bis, perche\u0027 gli effetti di tale\ndisposizione verrebbero gia\u0027 spiegati autonomamente all\u0027interno del\ndecreto legislativo n. 199 del 2021, con previsione di rango primario\nintrodotta successivamente con la legge ordinaria di conversione del\nD.L. Agricoltura n. 63/2024. Piuttosto il rimando operato nel D.M.\nAree idonee a tale previsione, lungi dal volere introdurre un divieto\ngeneralizzato di portata innovativa, troverebbe ragione in forza\ndella ratio del medesimo provvedimento impugnato diretto a voler\nfornire, tra l\u0027altro, agli operatori del settore, chiare indicazioni\nsulla individuazione delle superfici e aree ove poter ubicare i\nprogetti di impianti FER e di quelle in cui cio\u0027 e\u0027 precluso. \n 4 - Con ordinanza n. 4049 del 7 settembre 2024 e\u0027 stata rigettata\nl\u0027istanza cautelare proposta dal ricorrente, ritenendo insussistente\nil profilo del danno grave ed irreparabile. \n 5 - Con decreto presidenziale n. 4477 del 21 ottobre 2024 e\u0027\nstata disattesa la richiesta di anticipazione dell\u0027udienza, gia\u0027\nfissata alla data del 5 febbraio 2025 - formulata sulla base delle\nindicazioni contenute nell\u0027ordinanza del Consiglio di Stato n.\n3869/2024 del 17 ottobre 2024 contenenti la prescrizione, in\napplicazione dell\u0027art. 55, comma 10, c.p.a., della «rifissazione»\ndell\u0027udienza pubblica calendarizzata per il giorno 5 febbraio 2025\n«con la massima anticipazione possibile», anche mediante lo strumento\ndi cui all\u0027art. 53 c.p.a. per l\u0027abbreviazione dei termini - nella\nconsiderazione che l\u0027urgenza della definizione delle questioni\ncontroverse aveva gia\u0027 comportato la celere fissazione d\u0027ufficio\ndell\u0027udienza e i ruoli di udienza erano gia\u0027 saturi. \n 6 - In vista dell\u0027udienza, parte ricorrente ha depositato\nmemoria, insistendo nelle proprie deduzioni. \n 7 - All\u0027udienza pubblica del 5 febbraio 2025 il Collegio ha\nprospettato alle parti, ai sensi dell\u0027art. 73, comma 3, c.p.a., la\nsussistenza di possibili profili di parziale inammissibilita\u0027 del\nricorso per carenza d\u0027interesse, come riportato a verbale. La causa,\nprevia discussione, e\u0027 stata trattenuta in decisione. \n \n Diritto \n \n 1 - Il ricorso, del cui contenuto si e\u0027 dato atto in parte\nnarrativa, rivolto avverso talune previsioni contenute nel decreto\nministeriale 21 giugno 2024, recante la «Disciplina per\nl\u0027individuazione di superfici e aree idonee per l\u0027installazione di\nimpianti a fonti rinnovabili», puo\u0027 essere definito solo\nparzialmente, ritenendo il Collegio rilevanti e non manifestamente\ninfondate le questioni di costituzionalita\u0027 sollevate da parte\nricorrente con riferimento al divieto di installazione di impianti di\nproduzione di energia da fonti rinnovabili in aree classificate come\nagricole, di cui ai motivi di censura V e VI, dovendosi pertanto, con\nriferimento a tali profili e per le considerazioni che in seguito si\nandranno ad illustrare, disporre la rimessione della relativa\nquestione alla Corte costituzionale, contestualmente procedendo alla\nsospensione del giudizio per la sola parte coinvolta da tale\nquestione, la cui soluzione ne condiziona il parziale esito. \n Possono invece essere esaminati e decisi i diversi profili di\ncensura non incisi dalla predetta questione. \n 2 - Tanto precisato quanto al perimetro della presente decisione,\nla disamina della proposta azione transita attraverso il preliminare\nvaglio della sussistenza e consistenza dell\u0027interesse posto a\nfondamento del ricorso, la cui possibile mancanza - refluente in\nipotesi di inammissibilita\u0027 parziale della proposta azione - e\u0027 stata\noggetto di rilievo officioso in udienza, in ordine al quale le parti\nhanno svolto le proprie deduzioni, senza chiedere un termine per\ndedurre in ordine a tale rilievo. \n 2.1 - Anticipando le conclusioni che, alla luce delle\nconsiderazioni che si andranno ad esporre, il Collegio intende\ntrarre, il ricorso in esame deve essere dichiarato, in parte,\ninammissibile, in quanto non e\u0027 ravvisabile in capo alla societa\u0027\nricorrente un interesse attuale e concreto all\u0027annullamento delle\ngravate previsioni dettate dal decreto ministeriale del 21 giugno\n2024. \n 2.2 - Tale scrutinio in ordine alla sussistenza, in capo alla\nsocieta\u0027 ricorrente, dell\u0027interesse alla proposizione di determinate\ncensure richiede che siano preliminarmente chiariti i termini in cui\ndebba essere declinato il concetto di area non idonea\nall\u0027installazione di impianti di produzione di energia da fonti\nrinnovabili («FER») nel regime introdotto dalla disciplina di cui\nall\u0027art. 20, decreto legislativo n. 199/2021 e successivamente\nprecisato con il gravato decreto ministeriale, sulla cui base poter\nriscontrare l\u0027affermato effettivo carattere lesivo delle disposizioni\nministeriali contestate. \n 2.3 - L\u0027esigenza di tale accertamento risiede nel tenore delle\ncensure articolate con il ricorso, ed e\u0027 alle stesse intrinsecamente\ncorrelata. \n Per come esposto in parte narrativa, la societa\u0027 ricorrente ha in\nsostanza contestato con i motivi da I a III: \n l\u0027indebita contemplazione, nell\u0027ambito della disciplina posta\ndal decreto ministeriale, della materia delle aree non idonee; \n la configurazione delle aree non idonee quali aree\nincompatibili e, quindi, sostanzialmente preclusive rispetto alla\ninstallazione di impianti FER; \n la genericita\u0027 dei criteri posti dal decreto ministeriale a\nfini di indirizzo della successiva attivita\u0027 pianificatoria\nregionale; \n l\u0027abnorme estensione del perimetro di possibile\nindividuazione delle aree non idonee; \n l\u0027individuazione delle aree non idonee con legge regionale, e\nnon piu\u0027 in sede procedimentale attraverso la riserva di procedimento\namministrativo con valutazione caso per caso; \n la mancanza di una disciplina di salvaguardia per le\niniziative gia\u0027 avviate in funzione dell\u0027elencazione delle aree\nidonee ai sensi del comma 8 del richiamato art. 20, decreto\nlegislativo n. 199/2021. \n 2.4 - A tale riguardo occorre evidenziare che il presupposto\nteorico e ricostruttivo delle censure proposte e\u0027 che, avendo il\ndecreto qualificato le aree non idonee come aree incompatibili con\nl\u0027installazione di impianti FER - precludendone in assoluto la loro\ninstallazione, senza alcuna distinzione in base alla tipologia di\nimpianti e di potenza e senza distinzione quanto a caratteristiche\nspecifiche delle aree - il concetto di area non idonea, coincidente\ncon un divieto assoluto, sarebbe stato completamente stravolto\nrispetto al regime previgente (di cui all\u0027art. 12 del decreto\nlegislativo n. 387 del 2003 ed alle linee guida approvate con decreto\nministeriale 10 settembre 2010), nell\u0027ambito del quale la non\nidoneita\u0027 dell\u0027area era stabilita in funzione meramente acceleratoria\ndei singoli procedimenti autorizzativi, senza alcuna preclusione\nassoluta. \n In particolare, prima dell\u0027adozione del gravato decreto\nministeriale, la qualificazione di un\u0027area come non idonea comportava\ncome unica conseguenza che il soggetto proponente non potesse\naccedere alla accelerazione procedimentale dell\u0027iter autorizzativo\npropedeutico alla realizzazione ed esercizio dell\u0027impianto FER,\naccelerazione che, viceversa, avrebbe operato nel caso di\nlocalizzazione dell\u0027impianto in area idonea. Per converso, nessuna\npreclusione, aprioristica ed assoluta, alla realizzazione di tali\nimpianti risultava discendere dalla loro localizzazione in aree\nqualificate come non idonee. \n 2.5 - Secondo la prospettazione della societa\u0027 ricorrente, con\nl\u0027adozione del gravato decreto ministeriale sarebbe stata, invece,\nintrodotta una preclusione aprioristica ed assoluta all\u0027installazione\ndi impianti FER nelle aree classificate come non idonee, discendendo\nda tale assunto l\u0027illegittimita\u0027 delle relative previsioni, capaci di\nincidere immediatamente sulla posizione rivestita. \n La ricostruzione operata da parte ricorrente quanto a valenza ed\neffetti discendenti dalla qualificazione di aree come non idonee - la\ncui nozione andrebbe a coincidere con quella di aree vietate o\ncomunque precluse all\u0027installazione di impianti FER - non puo\u0027 essere\ncondivisa per le ragioni di seguito precisate, sulla cui base e\u0027\npossibile delibare il carattere non immediatamente lesivo del gravato\ndecreto ministeriale. \n 2.6 - Sotto il profilo ricostruttivo del quadro normativo di\nriferimento, va ricordato che con l\u0027art. 12 del decreto legislativo\n29 dicembre 2003, n. 387, sono state introdotte disposizioni per la\nrazionalizzazione e la semplificazione delle procedure autorizzative\nper la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili. \n A tal fine, al comma 10, e\u0027 stato previsto che «In Conferenza\nunificata, su proposta del Ministro delle attivita\u0027 produttive, di\nconcerto con il Ministro dell\u0027ambiente e della tutela del territorio\ne del Ministro per i beni e le attivita\u0027 culturali, si approvano le\nlinee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3\n[autorizzazione unica]. Tali linee guida sono volte, in particolare,\nad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico\nriguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali\nlinee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e\nsiti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di\nimpianti». \n 2.7 - Le linee guida previste dal citato art. 12, comma 10, sono\nstate adottate con decreto ministeriale 10 settembre 2010, il quale\nstabilisce: \n al paragrafo 17, che «Al fine di accelerare l\u0027iter di\nautorizzazione alla costruzione e all\u0027esercizio degli impianti\nalimentati da fonti rinnovabili, in attuazione delle disposizioni\ndelle presenti linee guida, le regioni e le province autonome possono\nprocedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla\ninstallazione di specifiche tipologie di impianti secondo le\nmodalita\u0027 di cui al presente punto e sulla base dei criteri di cui\nall\u0027Allegato 3. L\u0027individuazione della non idoneita\u0027 dell\u0027area e\u0027\noperata dalle regioni attraverso un\u0027apposita istruttoria avente ad\noggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela\ndell\u0027ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico,\ndelle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversita\u0027 e del\npaesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non\ncompatibili con l\u0027insediamento, in determinate aree, di specifiche\ntipologie e/o dimensioni di impianti, i quali determinerebbero,\npertanto, una elevata probabilita\u0027 di esito negativo delle\nvalutazioni, in sede di autorizzazione. Gli esiti dell\u0027istruttoria,\nda richiamare nell\u0027atto di cui al punto 17.2, dovranno contenere, in\nrelazione a ciascuna area individuata come non idonea in relazione a\nspecifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, la descrizione delle\nincompatibilita\u0027 riscontrate con gli obiettivi di protezione\nindividuati nelle disposizioni esaminate. [...]. Le aree non idonee\nsono [...] individuate dalle Regioni nell\u0027ambito dell\u0027atto di\nprogrammazione con cui sono definite le misure e gli interventi\nnecessari al raggiungimento degli obiettivi di burden sharing fissati\nin attuazione delle suddette norme. Con tale atto, la regione\nindividua le aree non idonee tenendo conto di quanto eventualmente\ngia\u0027 previsto dal piano paesaggistico e in congruenza con lo\nspecifico obiettivo assegnatole»; \n all\u0027allegato 3, viene previsto che «L\u0027individuazione delle\naree e dei siti non idonei mira non gia\u0027 a rallentare la\nrealizzazione degli impianti, bensi\u0027 ad offrire agli operatori un\nquadro certo e chiaro di riferimento e orientamento per la\nlocalizzazione dei progetti. L\u0027individuazione delle aree non idonee\ndovra\u0027 essere effettuata dalle regioni con propri provvedimenti\ntenendo conto dei pertinenti strumenti di pianificazione ambientale,\nterritoriale e paesaggistica, secondo le modalita\u0027 indicate al\nparagrafo 17», nonche\u0027 sulla base di principi e criteri, individuati\ndal medesimo allegato, in ragione dei quali, tra l\u0027altro: «a)\nl\u0027individuazione delle aree non idonee deve essere basata\nesclusivamente su criteri tecnici oggettivi legati ad aspetti di\ntutela dell\u0027ambiente, del paesaggio e del patrimonio\nartistico-culturale, connessi alle caratteristiche intrinseche del\nterritorio e del sito; b) l\u0027individuazione delle aree e dei siti non\nidonei deve essere differenziata con specifico riguardo alle diverse\nfonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto; [...] d)\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a\ntutela dell\u0027ambiente, del paesaggio e del patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027 tradursi nell\u0027identificazione di fasce di\nrispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate\nesigenze di tutela. La tutela di tali interessi e\u0027 infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate,\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle\nregioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno del procedimento\nunico e della procedura di Valutazione dell\u0027impatto ambientale nei\ncasi previsti. L\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non\ndeve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto di\naccelerazione e semplificazione dell\u0027iter di autorizzazione alla\ncostruzione e all\u0027esercizio, anche in termini di opportunita\u0027\nlocalizzative offerte dalle specifiche caratteristiche e vocazioni\ndel territorio». \n 2.8 - Nel contesto del sistema delineato dall\u0027art. 12, comma 10,\ndel decreto legislativo n. 387/2003, alla luce dei principi affermati\ndalla giurisprudenza costituzionale, le citate linee guida sono\n«poste a completamento della normativa primaria «in settori\nsquisitamente tecnici» (sentenze n. 121 e n. 77 del 2022, n. 177 del\n2021, n. 106 del 2020, n. 286 e n. 86 del 2019, nonche\u0027 n. 69 del\n2018) e connotate dal carattere della inderogabilita\u0027 a garanzia di\nuna disciplina «uniforme in tutto il territorio nazionale (sentenze\nn. 286 e n. 86 del 2019, n. 69 del 2018)» (sentenza n. 106 del 2020;\nnello stesso senso, sentenze n. 221, n. 216, n. 77 e n. 11 del 2022,\nn. 177 e n. 46 del 2021)» (Corte costituzionale, sentenza n.\n27/2023). \n Con tali linee guida sono stati introdotti criteri strettamente\nconnessi e funzionali al procedimento autorizzatorio, assurgendo a\nelemento qualificante del sistema, intercettando esigenze di certezza\ndegli investimenti e di tutela dei concorrenti interessi pubblici. \n La Corte costituzionale, con riferimento alle disposizioni\nintrodotte dal decreto legislativo n. 199/2921 ha chiarito che «il\nlegislatore statale ha inteso superare il sistema dettato dall\u0027art.\n12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387\n(Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione\ndell\u0027energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel\nmercato interno dell\u0027elettricita\u0027) e dal conseguente decreto del\nMinistro dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 (Linee guida\nper l\u0027autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili),\ncontenenti i principi e i criteri di individuazione delle aree non\nidonee. Le regioni, pertanto, sono ora chiamate a individuare le aree\n«idonee» all\u0027installazione degli impianti, sulla scorta dei principi\ne dei criteri stabiliti con appositi decreti interministeriali,\nprevisti dal comma 1 del citato art. 20 [...]. Inoltre,\nl\u0027individuazione delle aree idonee dovra\u0027 avvenire non piu\u0027 in sede\namministrativa, come prevedeva la disciplina precedente in relazione\na quelle non idonee, bensi\u0027 «con legge» regionale, secondo quanto\nprecisato dal comma 4 (primo periodo) dello stesso art. 20» (Corte\ncost., sentenza n. 103/2024). \n 2.9 - Alla luce dei richiamati orientamenti giurisprudenziali,\ndiscende che nell\u0027applicazione del rinnovato quadro normativo,\ninerente la materia della realizzazione degli impianti FER, non\npossano sic et simpliciter essere trasposti, in maniera acritica e\nmeccanica, i principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale\nin relazione al pregresso assetto normativo e regolatorio. \n Infatti, laddove si aderisse ad una siffatta opzione ermeneutica\n- ovvero quella sostanzialmente prospettata dalla societa\u0027 ricorrente\n- si finirebbe per obliterare indebitamente la portata del vigente\ncontesto normativo, avuto specifico riguardo alla circostanza per\ncui, de iure condito, l\u0027art. 20, comma 1, del decreto legislativo n.\n199/2021 espressamente dispone che sia il MASE, di concerto con il\nMIC e il MASAF, a stabilire con decreto i principi e i criteri\nomogenei strumentali all\u0027individuazione delle aree idonee e non\nidonee. \n La portata del rinnovato quadro normativo non puo\u0027, quindi,\nessere enucleata e vagliata mediante mera trasposizione dei principi\ninerenti il pregresso assetto regolatorio, essendo ora necessario\nriportarsi, quanto alla ricostruzione dei criteri per\nl\u0027individuazione delle aree idonee e non idonee, alla specifica\ndisciplina recata dal decreto previsto dal comma 1 dell\u0027art. 20 del\ndecreto legislativo n. 199/2021. \n 2.10 - Sulla scorta delle scelte sottese all\u0027adozione del gravato\ndecreto ministeriale - condivise con gli enti territoriali tramite lo\nstrumento dell\u0027intesa in sede di Conferenza unificata - emerge come,\ncontrariamente a quanto sostenuto dalla societa\u0027 ricorrente, nel\ncomplessivo nuovo impianto normativo e regolamentare sia\nsostanzialmente rimasta inalterata, quanto a natura e finalita\u0027, la\nportata precettiva del concetto di «area non idonea». \n Infatti, l\u0027art. 1, comma 2, lett. b), del d.m. del 21 giugno 2024\nha definito le «superfici e aree non idonee» come «aree e siti le cui\ncaratteristiche sono incompatibili con l\u0027installazione di specifiche\ntipologie di impianti secondo le modalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17\ne dall\u0027allegato 3 delle linee guida emanate con decreto del Ministero\ndello sviluppo economico 10 settembre 2010, pubblicato nella Gazzetta\nUfficiale 18 settembre 2010, n. 219 e successive modifiche e\nintegrazioni». \n Contrariamente a quanto affermato dalla societa\u0027 ricorrente -\nsecondo la quale la definizione di area non idonea come area\nincompatibile equivarrebbe alla introduzione di un divieto assoluto\nalla installazione di impianti FER - occorre ricordare che il\nparagrafo 17 delle Linee Guida gia\u0027 per il passato specificava che il\nprocesso di ricognizione delle aree non idonee dovesse avvenire\nprendendo in considerazione gli «obiettivi di protezione non\ncompatibili con l\u0027insediamento, in determinate aree, di specifiche\ntipologie e/o dimensioni di impianti». \n Emerge, quindi, come gia\u0027 nel contesto previgente all\u0027adozione\ndel gravato decreto ministeriale le aree non idonee si\ncaratterizzassero per essere aree incompatibili con il\nsoddisfacimento degli obiettivi di protezione che l\u0027ordinamento\nintende perseguire. Tale forma di incompatibilita\u0027, quale tratto\ncaratterizzante delle aree non idonee, non si traduceva in una\npreclusione assoluta alla realizzazione di impianti FER, valendo solo\nad indicare la sussistenza di «una elevata probabilita\u0027 di esito\nnegativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione». \n L\u0027analisi diacronica sinteticamente svolta consente di affermare\nche, sotto l\u0027esaminato profilo della «incompatibilita\u0027», la\ndefinizione di «aree non idonee» contenuta nell\u0027art. 1, comma 2,\nlett. b), del gravato decreto ministeriale non possiede un carattere\ninnovativo, risultando sostanzialmente invariata, quoad effectum, la\nportata del concetto di «area non idonea», per come declinato dal\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024, rispetto a quella scaturente\ndalle Linee Guida di cui al decreto ministeriale 2010. \n 2.11 - A sostegno di tale conclusione, d\u0027altronde, milita anche\nil fatto che lo stesso articolo 1, comma 2, lett. b), del gravato\ndecreto ministeriale declini la dichiarata incompatibilita\u0027 «secondo\nle modalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato 3 delle linee\nguida». \n Benche\u0027 l\u0027ordito normativo, con il previsto aggiornamento delle\nLinee Guida «A seguito dell\u0027entrata in vigore della disciplina\nstatale e regionale per l\u0027individuazione di superfici e aree idonee\nai sensi dell\u0027articolo 20», presenti indubbi elementi di circolarita\u0027\nche rendono non del tutto chiaro il ruolo che le medesime Linee Guida\nsono ad oggi chiamate a svolgere in subiecta materia, e\u0027 preferibile\nritenere che il richiamo alle modalita\u0027 stabilite dalle Linee Guida\nsia da intendersi nel senso che il legislatore abbia optato per il\nconsolidamento, anche rispetto al nuovo regime, delle acquisizioni,\nin termini di significato e declinazione delle aree non idonee, gia\u0027\nraggiunte nel previgente assetto normativo in applicazione delle\nprevisioni dettate dalle Linee Guida di cui al decreto ministeriale\n2010. \n Tale opzione esegetica puo\u0027 essere legittimamente percorsa in\nossequio al canone ermeneutico dell\u0027interpretazione conservativa di\ncui all\u0027art. 1367 del codice civile - pacificamente applicabile anche\nagli atti amministrativi, come chiarito dalla giurisprudenza\namministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, sent. n. 5358 del 4\nsettembre 2020 e riferimenti ivi citati). \n Infatti, mediante l\u0027impiego di tale criterio interpretativo, nel\nnostro ordinamento giuridico e\u0027 possibile preservare atti e valori\ngiuridici non affetti da vizi di legittimita\u0027 (ut res magis valeat\nquam pereat), risultando cio\u0027 confacente, peraltro, ai principi di\neconomicita\u0027 ed efficacia dell\u0027attivita\u0027 amministrativa sanciti\ndall\u0027art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (cfr. Cons.\nStato, sez. III, sent. n. 3488 del 10 luglio 2015) e di cui il\ncriterio della interpretazione conservativa costituisce espressione. \n 2.12 - Se e\u0027 vero che non puo\u0027 essere sottaciuto il fatto che\nl\u0027art. 3, comma 1, del gravato decreto ministeriale dispone che le\nregioni provvedono con legge alla individuazione (anche) delle aree\nnon idonee - e non piu\u0027 nell\u0027ambito di un apposito procedimento\namministrativo, come previsto dalle Linee Guida - e\u0027 del pari vero\nche, in disparte gli eventuali profili di illegittimita\u0027 di tale\nscelta, non v\u0027e\u0027 alcun indice normativo che faccia ritenere che a\ntale cambiamento sia correlata la conseguenza prospettata dalla\nsocieta\u0027 ricorrente. \n Infatti, il mutamento normativo che ha interessato il veicolo\ngiuridico di approvazione della classificazione delle aree\npotenzialmente suscettibili di essere interessate dalla costruzione e\nmessa in esercizio di un impianto FER, non risulta accompagnato da\nalcuna radicale trasfigurazione del significato che il concetto\ngiuridico di «aree non idonee» esprime nell\u0027ambito della\npianificazione del territorio necessaria al raggiungimento degli\nobiettivi normativi sulla diffusione delle energie rinnovabili. \n Ad avviso del Collegio, l\u0027interpretazione sin qui proposta trova\nanche il conforto della giurisprudenza costituzionale che ha\nriconosciuto la «necessita\u0027 di garantire la \"massima diffusione degli\nimpianti da fonti di energia rinnovabili\" (sentenza n. 286 del 2019,\nin senso analogo, ex multis, sentenze n. 221, n. 216 e n. 77 del\n2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del\n2014 e n. 44 del 2011) «nel comune intento \u0027di ridurre le emissioni\ndi gas ad effetto serra\u0027 (sentenza n. 275 del 2012; nello stesso\nsenso, sentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n.\n85 del 2012), onde contrastare il riscaldamento globale e i\ncambiamenti climatici (sentenza n. 77 del 2022)» (Corte cost., sent.\nn. 27/2023). \n Va, quindi, radicalmente escluso che le «aree non idonee» possano\nessere considerate aree del tutto interdette alla installazione di\nimpianti FER, poiche\u0027 opinando diversamente potrebbe essere\nseriamente pregiudicato il conseguimento degli obiettivi energetici\nstrumentali al rispetto degli impegni assunti dall\u0027Italia a livello\nsovranazionale, tenuto anche conto della particolare ampiezza dei\nmargini di manovra consentiti alle regioni dal decreto ministeriale\nimpugnato. \n Viceversa, l\u0027interpretazione dell\u0027art. 1, comma 2, lett. b), del\ngravato decreto ministeriale del 21 giugno 2024, che il Collegio\nintende adottare in quanto ritenuta piu\u0027 conforme al quadro generale\ndi riferimento, partendo dall\u0027assunto che il carattere di non\nidoneita\u0027 di un\u0027area non precluda in radice la realizzazione di\nimpianti FER - e\u0027 atta a porre in rilievo come l\u0027individuazione con\nlegge regionale delle aree non idonee non esclude che le\namministrazioni, nell\u0027ambito degli specifici procedimenti\namministrativi di valutazione delle istanze di autorizzazione alla\nrealizzazione di impianti FER, siano necessariamente tenute ad\napprezzare in concreto l\u0027impatto dei progetti proposti sulle esigenze\ndi tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e dei beni\nculturali, anche laddove l\u0027area interessata rientri tra quelle\nclassificate come non idonee. \n 2.13 - Ad avvalorare tale conclusione depone anche la\nclassificazione delle aree contenuta nell\u0027art. 1 del decreto\nministeriale 21 giugno 2024, riferita - rispettivamente - alle aree\nidonee, alle aree non idonee, alle aree ordinarie e alle aree vietate\n(id est: agricole), ricollegando la qualificazione come aree idonee\nalla possibilita\u0027 di accedere ad un iter accelerato ed agevolato,\nmentre con riferimento alle aree ordinarie e\u0027 prevista l\u0027applicazione\ndei regimi autorizzativi ordinari, potendosi da cio\u0027 desumere come la\nclassificazione delle aree sia funzionale alla individuazione del\nregime autorizzativo applicabile e non gia\u0027 ad individuare\npreclusioni generalizzate (ad eccezione per le aree vietate) alla\nrealizzazione di impianti FER. \n 3 - Il Collegio, chiariti i termini in base ai quali delineare la\nnozione giuridica di «aree non idonee» alla realizzazione degli\nimpianti FER, ritiene di poter quindi procedere all\u0027esame dei profili\ninerenti l\u0027attualita\u0027 e concretezza dell\u0027interesse a ricorrere, la\ncui sussistenza costituisce condizione di ammissibilita\u0027 del presente\ngravame. \n Si evidenzia, sin da ora, che non si reputa sussistente in capo\nalla societa\u0027 ricorrente il necessario interesse a ricorrere\nrichiesto dalla legge per conseguire l\u0027annullamento giudiziale del\ngravato decreto ministeriale del 21 giugno 2024, dal momento che\nl\u0027inclusione di determinate porzioni di territorio tra le aree non\nidonee non costituisce un impedimento assoluto alla realizzazione di\nprogetti per la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili, in\nquanto sara\u0027 sempre necessaria la verifica, nell\u0027ambito del singolo\nprocedimento autorizzatorio, della compatibilita\u0027 dell\u0027intervento con\nil complessivo assetto del territorio e degli interessi coinvolti. \n 3.1 - In proposito, giova preliminarmente evidenziare che\nl\u0027interesse a ricorrere, quale condizione dell\u0027azione concettualmente\nautonoma dalla legittimazione ad agire, trova il suo fondamento\nnell\u0027art. 100 del codice di procedura civile, rubricato «Interesse ad\nagire» e applicabile al processo amministrativo in virtu\u0027 del rinvio\nesterno disposto dall\u0027art. 39 c.p.a. \n In particolare, atteso che l\u0027articolo 100 c.p.c. stabilisce che\n«Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa essa e\u0027\nnecessario avervi interesse», l\u0027interesse a ricorrere si caratterizza\nper la «prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera\ngiuridica del ricorrente e dall\u0027effettiva utilita\u0027 che potrebbe\nderivare a quest\u0027ultimo dall\u0027eventuale annullamento dell\u0027atto\nimpugnato» (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4). \n Cio\u0027, invero, risulta coerente con la funzione svolta dalle\ncondizioni dell\u0027azione nei processi di parte, innervati dal principio\ndella domanda e dal principio dispositivo (cfr. Cass. civ., SS.UU.,\n22 aprile 2013 n. 9685; Cass. civ., sez. III, 3 marzo 2015, n. 4228;\nCass. civ., sez. II, 9 ottobre 2017, n. 23542). \n L\u0027interesse a ricorrere, inoltre, e\u0027 espressione della concezione\nsoggettiva della tutela giurisdizionale, propria anche del processo\namministrativo (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., sent. n. 4 del 7 aprile\n2011) e ad esso e\u0027 attribuita una funzione di filtro processuale,\nfino a divenire strumento di selezione degli interessi meritevoli di\ntutela (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., sent. n. 22 del 9 dicembre\n2021). \n 3.2 - L\u0027Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, proprio con\nriferimento a tale condizione dell\u0027azione, ha ulteriormente chiarito\nche «Il codice del processo amministrativo fa piu\u0027 volte riferimento,\ndirettamente o indirettamente, all\u0027interesse a ricorrere: all\u0027art.\n35, primo comma, lett. b) e c), all\u0027art. 34, comma 3, all\u0027art. 13,\ncomma 4-bis e, in modo piu\u0027 sfumato, all\u0027art. 31, primo comma,\nsembrando confermare, con l\u0027accentuazione della dimensione\nsostanziale dell\u0027interesse legittimo e l\u0027arricchimento delle tecniche\ndi tutela, la necessita\u0027 di una verifica delle condizioni dell\u0027azione\n(piu\u0027) rigorosa. Verifica tuttavia da condurre pur sempre sulla base\ndegli elementi desumibili dal ricorso, e al lume delle eventuali\neccezioni di controparte o dei rilievi ex officio, prescindendo\ndall\u0027accertamento effettivo della (sussistenza della situazione\ngiuridica e della) lesione che il ricorrente afferma di aver subito.\nNel senso che, come e\u0027 stato osservato, va verificato che \u0027la\nsituazione giuridica soggettiva affermata possa aver subito una\nlesione\u0027 ma non anche che \u0027abbia subito\u0027 una lesione, poiche\u0027 questo\nsecondo accertamento attiene al merito della lite» (cfr. Cons. Stato,\nAd. plen., sent. n. 22/2021, cit.). \n 3.3 - Poste tali premesse, osserva il Collegio come nel caso in\nesame venga in rilievo una controversia in cui sono censurate\nprevisioni normative generali e rispetto alla quale l\u0027interesse al\nbene (i.e., l\u0027utilita\u0027 finale o petitum mediato) correlato alla\nsituazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio dalla societa\u0027\nricorrente non e\u0027 riconducibile a provvedimenti di autorizzazione\nalla realizzazione dei propri impianti o interventi, in ipotesi\nnegati dalla amministrazione competente, bensi\u0027 da futuri\nprovvedimenti di autorizzazione il cui rilascio potrebbe essere\nprecluso per effetto delle gravate previsioni del decreto\nministeriale del 21 giugno 2024. \n Nel caso di specie, invero, le amministrazioni competenti ad\nassentire i progetti che la societa\u0027 ricorrente sta elaborando non\nhanno ancora avuto modo di pronunciarsi sugli stessi, atteso che, al\nmomento della proposizione del presente ricorso, non risultava\nproposta alcuna istanza di autorizzazione, per come affermato dalla\nstessa societa\u0027 ricorrente. \n La valutazione inerente la sussistenza del necessario interesse a\nricorrere, pertanto, non puo\u0027 prescindere dalla considerazione della\nassenza di correlazione tra l\u0027attivita\u0027 amministrativa contestata e\nl\u0027utilita\u0027 giuridica finale che la societa\u0027 ricorrente intende\nconseguire. \n In proposito occorre evidenziare che le impugnate prescrizioni\ndel decreto ministeriale del 21 giugno 2024 sono destinate ad\nassumere, rispetto ai singoli procedimenti di autorizzazione degli\nimpianti FER, il ruolo di parametri di legittimita\u0027 dell\u0027agere delle\namministrazioni procedenti, atteso che con le stesse sono stati\nfissati principi e criteri generali e sono state enucleate\ndefinizioni di istituti giuridici e non, invece, comandi e divieti\ninderogabili, ex se ostativi all\u0027esercizio dell\u0027attivita\u0027\nimprenditoriale che parte ricorrente intende svolgere. \n Posto che l\u0027interesse a ricorrere che sorregge la presente\niniziativa giudiziale deve essere traguardato alla luce della\npossibilita\u0027 di lesione che la societa\u0027 ricorrente potrebbe subire\nper effetto della applicazione delle gravate previsioni ministeriali,\nassume rilievo centrale la circostanza per cui dette previsioni si\ncollocano a monte dell\u0027attivita\u0027 amministrativa di autorizzazione\nancora non esercitata, la quale sola e\u0027 destinata ad impattare\nconcretamente nella sfera giuridica della parte ricorrente, in\nquanto, in caso di esito negativo, suscettibile di arrecare alla\nstessa un pregiudizio in via immediata e diretta. \n Lo iato esistente tra l\u0027agere ministeriale e l\u0027attivita\u0027\namministrativa di autorizzazione si ripercuote sull\u0027apprezzamento\ndell\u0027interesse a ricorrere, rendendo piu\u0027 rarefatta e remota la\npossibilita\u0027 di incisione negativa dell\u0027interesse al bene finale\nladdove si controverta della legittimita\u0027 del parametro (di\nlegittimita\u0027) che concorre a formare la cornice di legalita\u0027\ndell\u0027azione amministrativa finalizzata alla rimozione degli ostacoli\nordinamentali allo svolgimento di attivita\u0027 economiche non\nliberalizzate, come quelle che rilevano nella fattispecie in esame. \n Sulla scorta delle pregresse considerazioni discende che per\nvalutare la sussistenza dell\u0027interesse della parte ricorrente a\ncontestare le previsioni del decreto ministeriale del 21 giugno 2024\nmanca la lesione discendente da un concreto esito procedimentale\ndell\u0027iter di autorizzazione che, nel caso di specie, non risulta\nessere stato avviato per nessuna iniziativa della societa\u0027\nricorrente, stante la mancata presentazione delle relative istanze. \n Plurime sono le ragioni ostative al positivo riscontro della\nsussistenza dell\u0027interesse ad agire conseguente ad una specifica\nlesione, tra le quali la piu\u0027 evidente e\u0027 quella che risiede nel\nfatto che, ad opinare diversamente, si finirebbe per violare il\ndivieto sancito dall\u0027art. 34, comma 2, c.p.a. \n Ad avviso del Collegio, quindi, per poter riconoscere alle\ncontestate previsioni del decreto ministeriale 21 giugno 2024 la\nprospettata, diretta, immediata e concreta valenza pregiudizievole\npredicata dalla societa\u0027 ricorrente, occorrerebbe che le stesse\nsiano, ex se, automaticamente preclusive delle iniziative economiche\nche quest\u0027ultima, quale operatore attivo nel mercato della produzione\ndi energia da fonti rinnovabili, intende intraprendere (condizione,\nquesta, che sussiste solo con riferimento al divieto inerente le aree\nagricole, di cui i trattera\u0027 piu\u0027 avanti). \n Ne discende che, sulla base della prospettata interpretazione\ndella portata delle previsioni dettate dagli articoli 1, 3 e 7 del\ngravato decreto ministeriale, le stesse non siano immediatamente\nlesive della sfera giuridica della societa\u0027 ricorrente, donde\nl\u0027inammissibilita\u0027 del presente ricorso. \n 3.4 - Invero, siccome il fulcro delle censure proposte dalla\nsocieta\u0027 ricorrente ruota intorno alla prospettata lesivita\u0027 del\nnuovo assetto regolamentare per effetto della rivisitazione del\nprevigente sistema e del ruolo che l\u0027istituto delle «aree non idonee»\ne\u0027 destinato a giocare, anche per cio\u0027 che concerne gli aspetti\ninerenti alle modalita\u0027 della loro determinazione, dall\u0027analisi\nsvolta in precedenza, e che deve intendersi qui integralmente\nrichiamata, emerge come la qualificazione di determinate porzioni di\nterritorio in termini di «aree non idonee» non costituisce un\nimpedimento assoluto alla realizzazione di progetti tesi alla\ncostruzione e all\u0027esercizio di impianti FER, dal che discende la\nradicale insussistenza, anche in una prospettiva valutativa di\ncarattere prognostico, della lesione lamentata dalla societa\u0027\nricorrente. \n A tale riguardo, giova evidenziare che la localizzazione di un\nimpianto FER in un\u0027area non idonea non osta a che gli operatori\neconomici proponenti possano in ogni caso dimostrare, nell\u0027ambito dei\nsingoli procedimenti autorizzatori, che il progetto da realizzare sia\ncompatibile con il complessivo assetto degli interessi coinvolti,\novverosia, da un lato, con la tutela dei beni sottoposti a tutela ai\nsensi del decreto legislativo n. 42/2004 e, dall\u0027altro, con il\nraggiungimento degli obiettivi di potenza complessiva da traguardare\nal 2030 in base a quanto previsto dalla Tabella A dell\u0027art. 2 del\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024. \n Tali considerazioni trovano espresso conforto nelle previsioni\ndel gravato decreto ministeriale, laddove, all\u0027art. 7, comma 3, in\nfine, si dispone che «Nell\u0027applicazione del presente comma deve\nessere contemperata la necessita\u0027 di tutela dei beni con la garanzia\ndi raggiungimento degli obiettivi di cui alla Tabella A dell\u0027art. 2\ndel presente decreto». \n 3.5 - Il pregiudizio lamentato dalla societa\u0027 ricorrente,\nperaltro, neppure puo\u0027 farsi discendere dal fatto che, in base al\nnuovo assetto normativo e regolamentare culminato con l\u0027adozione del\ngravato decreto ministeriale, anche l\u0027individuazione delle «aree non\nidonee» debba essere determinata mediante legge regionale e non\ninvece, come avveniva con il previgente regime, con atti di\nprogrammazione e all\u0027esito di una precipua istruttoria procedimentale\n(cfr. paragrafo 17 delle Linee Guida). \n A tal proposito, infatti, vale considerare che anche ipotizzando\nche l\u0027individuazione delle aree non idonee possa, in alcuni casi,\nscontare in sede di legislazione regionale una carente\ncaratterizzazione in ragione del diverso atteggiarsi dei lavori\npreparatori di un provvedimento legislativo rispetto alla fase\nistruttoria di un procedimento amministrativo, cio\u0027 non risulterebbe\ndi per se\u0027 suscettibile di arrecare un pregiudizio concreto e attuale\nagli interessi degli operatori economici che intendono realizzare\nimpianti FER in siti classificati come «aree non idonee». \n Infatti, la conseguenza giuridica che puo\u0027 farsi discendere dalla\nconcretizzazione dell\u0027ipotesi innanzi prospettata, consiste in un\nmero aggravamento dell\u0027onere motivazionale a carico\ndell\u0027amministrazione competente a pronunciarsi sulle istanze di\nautorizzazione alla realizzazione ed esercizio di impianti FER. \n In particolare, l\u0027amministrazione procedente, all\u0027esito dell\u0027iter\ndi autorizzazione, non potra\u0027 giustificare l\u0027eventuale ritenuta\nincompatibilita\u0027 del progetto solo in virtu\u0027 del fatto che l\u0027impianto\nsia localizzato in un\u0027area classificata come non idonea -\nmotivazione, peraltro, che risulterebbe insufficiente anche nel caso\nin cui la caratterizzazione delle aree non idonee sia stata\npuntualmente svolta dal legislatore regionale, in quanto la\nqualificazione di non idoneita\u0027 non si traduce in un divieto assoluto\ndi installazione di impianti FER, come gia\u0027 accennato in precedenza -\nma dovra\u0027 necessariamente fondare il proprio diniego dando conto in\nmaniera adeguata, ancorche\u0027 in ipotesi sintetica, delle intrinseche\ncaratteristiche del progetto e delle aree interessate, traguardate\nalla luce della comparazione dei contrapposti interessi in giuoco. \n Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla societa\u0027\nricorrente, nessun pregiudizio attuale e concreto puo\u0027 farsi\ndiscendere dal fatto che sia stato previsto che l\u0027individuazione\ndelle «aree non idonee» debba avvenire con legge regionale. Per\nconverso, un siffatto pregiudizio e\u0027 suscettibile di venire ad\nesistenza solo in caso di esito negativo del procedimento di\nautorizzazione e solo nella misura in cui risulti che\nl\u0027amministrazione procedente non abbia esercitato correttamente il\npotere amministrativo di carattere tecnico-discrezionale ad essa\nattribuito dalla legge. \n 3.6 - Ad avviso del Collegio, sempre sulla scorta della chiarita\nportata normativa ed effettuale del concetto giuridico di «aree non\nidonee» nell\u0027ambito dell\u0027attuale contesto normativo e regolamentare,\nil gravato decreto ministeriale si appalesa privo di immediata e\nconcreta lesivita\u0027 anche relativamente alle prescrizioni con le quali\nesso stesso classifica determinate aree come non idonee, cosi\u0027 come\nnella parte in cui non prevede alcun regime transitorio di\nsalvaguardia delle iniziative in corso. \n 3.6.1 - Per cio\u0027 che concerne il primo profilo di doglianza\nteste\u0027 menzionato, la circostanza per cui il gravato decreto\nministeriale qualifichi come non idonee le aree ricomprese nel\nperimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi di quanto previsto\ndal decreto legislativo n. 42/2004 (art. 7, comma 3), non vale a\nmutare la portata generale del concetto di «aree non idonee»,\nconvertendolo in un istituto a geometrie variabili che, ove\ndirettamente applicato dall\u0027amministrazione ministeriale, sia tale da\ndeterminare una aprioristica e radicale sottrazione, ex voluntate\nadministrationis, dell\u0027area non idonea alla realizzazione degli\nimpianti FER. \n Invero, sia in tal caso, sia nell\u0027altro (cioe\u0027, quando\nl\u0027individuazione delle «aree non idonee» avviene con legge\nregionale), la localizzazione dell\u0027impianto all\u0027interno di un sito\nritenuto non idoneo non costituisce mai ragione di per se\u0027\nsufficiente a precludere in radice la realizzazione del progetto\nproposto dall\u0027operatore economico istante, potendosi giungere a tale\nesito procedimentale solo nel caso in cui il progetto venga in\nconcreto reputato incompatibile, dall\u0027amministrazione procedente, con\ngli altri obiettivi di tutela rilevanti nelle singole fattispecie. \n La parte ricorrente, viceversa, con l\u0027impostazione impressa al\nricorso in esame ha tentato di far retrocedere una siffatta - e\nmeramente eventuale - lesione ad una fase prodromica rispetto alla\nvalutazione in concreto dei progetti tesi alla realizzazione di\nimpianti FER, tale in quanto unicamente riservata alla determinazione\ndei criteri e alle modalita\u0027 di individuazione delle «aree non\nidonee». \n Tuttavia, sulla scorta delle regole che governano il processo\namministrativo e in considerazione del fatto che la giurisdizione\namministrativa di legittimita\u0027 costituisce pur sempre una\ngiurisdizione di diritto soggettivo, non e\u0027 possibile accordare alla\nparte ricorrente una tutela anticipata di merito, ossia una tutela\ngiudiziale del tutto sganciata dalla sussistenza di una possibile\nincisione negativa della sua sfera giuridica che, per le ragioni\ninnanzi esposte e alla luce della effettiva portata prescrittiva\ndelle gravate disposizioni del decreto ministeriale del 21 giugno\n2024, puo\u0027 predicarsi solo rispetto ad un esito negativo dei\nprocedimenti autorizzativi e solo laddove cio\u0027 consegua al cattivo\nesercizio del potere da parte dell\u0027amministrazione procedente. \n 3.6.2 - In relazione al secondo profilo in contestazione, sulla\nscorta delle considerazioni svolte in precedenza e alle quali\nintegralmente si rimanda in ossequio al principio di sinteticita\u0027\ndegli atti processuali sancito dal codice di rito, e\u0027 sufficiente\nporre in rilievo che l\u0027eventuale mutamento della classificazione di\nun\u0027area, in precedenza non qualificata come non idonea, non e\u0027 ex se\natto a condizionare, in maniera indefettibile e in senso sicuramente\nnegativo, l\u0027iter procedimentale di autorizzazione all\u0027installazione e\nall\u0027esercizio di impianti FER. \n Pertanto, neppure la mancata previsione di un regime transitorio\ndi salvaguardia delle iniziative in corso vale a dimostrare che le\nprevisioni del gravato decreto ministeriale possano arrecare alla\nsocieta\u0027 ricorrente il pregiudizio da essa lamentato. \n Peraltro, rispetto a tale profilo di doglianza, la carenza di\ninteresse al ricorso sussisterebbe anche per un ulteriore e\nconcorrente profilo, dato dal fatto che la mera intenzione di\npresentare una istanza di autorizzazione per la realizzazione di\nimpianti FER non puo\u0027 considerarsi sufficiente a qualificare la fase\ndi elaborazione progettuale come iniziativa in corso, ragione per cui\nla societa\u0027 ricorrente non potrebbe validamente dolersi della\nmancanza di un regime transitorio, non potendo essa accedere a un\nsiffatto regime ove in ipotesi previsto. \n 4 - Ad avviso del Collegio, l\u0027iniziativa giudiziale promossa\ndalla societa\u0027 ricorrente non risulta sorretta dal necessario\ninteresse a ricorrere anche in relazione alle censure articolate con\nil primo motivo di ricorso, ossia quelle tese a contestare le\nprevisioni del decreto ministeriale 21 giugno 2024 con le quali sono\nstati fissati i criteri per la individuazione delle aree idonee ed e\u0027\nstata concessa alle regioni la mera facolta\u0027 di far salve le aree\nconsiderate idonee ope legis ai sensi dell\u0027art. 20, comma 8, del\ndecreto legislativo n. 199/2021. \n 4.1 - In proposito, e\u0027 sufficiente rinviare alle considerazioni\ngia\u0027 espresse in precedenza in quanto, anche in relazione a tali\ncensure, l\u0027interesse a ricorrere potrebbe dirsi sussistente solo nel\ncaso in cui le gravate prescrizioni sulle «aree idonee» fossero tali\nda arrecare, ex se e immediatamente, un pregiudizio alla societa\u0027\nricorrente. \n Il Collegio, tuttavia, non ritiene che la possibilita\u0027 di lesione\nprospettata dalla societa\u0027 ricorrente sia riscontrabile ex ante in\nun\u0027ottica prognostica, in quanto l\u0027effetto giuridico discendente\ndalla qualificazione di una superficie come «area idonea» alla\nrealizzazione ed esercizio di un impianto FER delle aree idonee, e\u0027\nessenzialmente limitato al solo riconoscimento di un vantaggio\nprocedimentale. \n Pertanto, la societa\u0027 ricorrente non possiede il necessario\ninteresse ad azionare in giudizio una posizione giuridica\nsostanzialmente consistente nell\u0027interesse a non vedersi aggravato\nl\u0027iter procedimentale di autorizzazione (laddove, in futuro, si\ndetermini a presentare la dovuta istanza all\u0027amministrazione), a che\nvenga mantenuto il precedente impianto normativo e a che vengano\nconsiderate come «aree idonee» ex lege, superfici che tali sono state\nconsiderate dal legislatore, «nelle more dell\u0027individuazione delle\naree idonee sulla base dei criteri e delle modalita\u0027 stabiliti dai\ndecreti di cui al comma 1 [dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n.\n199/2021, n. d.r.]». \n Al pari di quanto rilevato in relazione alle gravate previsioni\nsulle «aree non idonee», anche con riferimento a questo ulteriore\ngruppo di censure proposte dalla societa\u0027 ricorrente, non risulta che\nle amministrazioni resistenti abbiano dettato prescrizioni cogenti e\nintrodotto divieti assoluti e aprioristici, dalla cui applicazione\ndiscenda con assoluta certezza la radicale preclusione alla\nrealizzazione ed esercizio di impianti FER. \n In definitiva, non venendo in rilievo prescrizioni suscettibili\ndi impedire alla societa\u0027 ricorrente, in via immediata e diretta, lo\nsvolgimento della propria attivita\u0027 di realizzazione di impianti di\nproduzione di energia da fonti rinnovabili, deve ritenersi\ninsussistente l\u0027interesse processuale richiesto dalla legge per\nconseguire l\u0027annullamento giudiziale del gravato decreto\nministeriale. \n 5 - A ben vedere, e fermo restando il carattere assorbente delle\nanzidette considerazioni, la decidibilita\u0027 nel merito del presente\ngravame risulterebbe preclusa anche dalla natura della posizione\ndedotta in giudizio dalla societa\u0027 ricorrente. \n Infatti, ad essere stata azionata risulta essere una mera\naspettativa di fatto al corretto esercizio sia della funzione\namministrativa, sia della funzione legislativa delle regioni, ossia\nuna situazione del tutto priva della specifica connessione a un bene\ndella vita che costituisce il proprium delle situazioni giuridiche\nsoggettive che l\u0027ordinamento reputa meritevoli di tutela. \n 6 - Ad abundantiam, vale anche osservare che, alla luce della\nnatura della posizione azionata, la circostanza per cui la societa\u0027\nricorrente sia un operatore attivo nel settore della produzione di\nenergia da fonti rinnovabili non costituisce elemento sufficiente a\nrendere differenziata e normativamente qualificata la sua posizione,\nla quale, pertanto, non risulta distinguibile da quella del quisque\nde populo. \n D\u0027altronde, anche volendo attribuire alla posizione azionata\ndalla societa\u0027 ricorrente la consistenza di interesse diffuso e\nmetaindividuale, il ricorso in esame non risulterebbe esaminabile nel\nmerito per carenza di legittimazione attiva, atteso che una siffatta\nsituazione giuridica soggettiva puo\u0027 essere fatta valere in giudizio\nesclusivamente dai soggetti giuridici statutariamente o\nistituzionalmente preposti a rappresentare interessi omogenei di\nspecifiche categorie, attribuzione, questa, che esula dalla sfera\ngiuridica del singolo individuo o, come nel caso di specie, operatore\neconomico attivo nel mercato. \n 6.1 - Ne consegue che «in se\u0027 considerata, la semplice\npossibilita\u0027 di ricavare dall\u0027invocata decisione di accoglimento una\nqualche utilita\u0027 pratica, indiretta ed eventuale, ricollegabile in\nvia meramente contingente ed occasionale al corretto esercizio della\nfunzione pubblica censurata, non dimostra la sussistenza della\nposizione legittimante, nel senso che siffatto possibile vantaggio\nottenibile dalla pronuncia di annullamento non risulta idoneo a\ndeterminare, da solo, il riconoscimento di una situazione\ndifferenziata, fondante la legittimazione al ricorso; occorre,\ninvece, una ulteriore condizione-elemento che valga a differenziare\nil soggetto, cui essa condizione-elemento si riferisce, da coloro che\navrebbero un generico interesse alla legalita\u0027 dell\u0027azione\namministrativa, essendo quest\u0027ultimo interesse riconosciuto non al\nquisque de populo, ma solamente a quel soggetto che si trovi,\nrispetto alla generalita\u0027, in una posizione legittimante\ndifferenziata» (cfr. Cons. Stato, sez. V, sent. n. 265 del 27 gennaio\n2016). \n 6.2 - Tale condizione-elemento non puo\u0027 essere rintracciata\nnell\u0027aspirazione a una determinata configurazione del procedimento\namministrativo per effetto della qualificazione delle aree di\nlocalizzazione degli impianti FER, che si traduce nella pretesa ad\nuna inammissibile conformazione dei poteri pubblici per mano dei\nsoggetti privati, strumentale ad asservire le scelte\ndell\u0027amministrazione (e, nel caso di specie, anche del legislatore\nregionale) ad interessi di natura egoistica - come tali slegati dalle\nesigenze di carattere pubblicistico che l\u0027amministrazione deve curare\n- e ai desiderata, modali e metodologici, degli operatori del\nsettore. \n 6.3 - La prospettazione della societa\u0027 ricorrente, anche sotto\ntale ultimo divisato profilo, non merita di essere condivisa, in\nquanto il giudice amministrativo non puo\u0027 accordare tutela a\nsituazioni del tutto sui generis rispetto a quelle di interesse\nlegittimo, nonche\u0027 di diritto soggettivo nei soli casi di\ngiurisdizione esclusiva. \n La situazione dedotta in giudizio dalla societa\u0027 ricorrente,\ninvero, non possiede la consistenza di interesse legittimo, il quale\ncome noto sottende «un rapporto diretto ed immediato tra l\u0027esercizio\ndel potere amministrativo (e cio\u0027 in cui esso si sostanzia, cioe\u0027 il\nprovvedimento amministrativo) e l\u0027interessato all\u0027esercizio del\npotere medesimo», che «si concretizza nel fatto che il provvedimento\namministrativo ed suoi effetti interessano direttamente (ed\nunivocamente) il patrimonio giuridico di un determinato soggetto, in\nsenso compressivo o ampliativo» (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sent. n.\n1403 del 7 marzo 2013). \n Nel caso di specie, le gravate previsioni del decreto\nministeriale in materia di aree idonee e non idonee, non sono atte ad\narrecare alcun pregiudizio immediato e diretto nella sfera giuridica\ndella societa\u0027 ricorrente, le cui aspettative in relazione a progetti\ndi realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti\nrinnovabili - ancora in fase di elaborazione al momento della\nproposizione del presente gravame - si conservano integre sino alla\ndefinizione del procedimento autorizzativo che verra\u0027 avviato al\nmomento della presentazione dell\u0027istanza all\u0027amministrazione\ncompetente. \n 7 - In definitiva, sulla scorta delle anzidette considerazioni,\nil ricorso in esame deve essere dichiarato inammissibile per carenza\noriginaria di interesse alla sua proposizione. \n 8 - A diverse conclusioni deve giungersi quanto alle censure\nformulate nel III motivo, che vanno esaminate congiuntamente alle\nquestioni sollevate con il IV, V e VI motivo, con cui la parte\nricorrente solleva questioni di costituzionalita\u0027 dell\u0027art. 5, comma\n1, del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 - c.d. decreto Agricoltura\n- convertito, con modificazioni, con legge 12 luglio 2024, n. 101. \n Il citato art. 5, comma 1, decreto-legge n. 63/2024 ha introdotto\nil comma 1-bis all\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021, il\nquale stabilisce che «L\u0027installazione degli impianti fotovoltaici con\nmoduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani\nurbanistici vigenti, e\u0027 consentita esclusivamente nelle aree di cui\nalle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica,\nrifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti\ngia\u0027 installati, a condizione che non comportino incremento dell\u0027area\noccupata, c), incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino ambientale e\nquelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate,\nnonche\u0027 le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero\nripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8\ndel presente articolo. Il primo periodo non si applica nel caso di\nprogetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a\nterra finalizzati alla costituzione di una comunita\u0027 energetica\nrinnovabile ai sensi dell\u0027articolo 31 del presente decreto nonche\u0027 in\ncaso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del\nPiano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), approvato con\ndecisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come modificato\ncon decisione del Consiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e del Piano\nnazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) di cui\nall\u0027art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con\nmodificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti\nnecessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». \n Il successivo comma 2 ha previsto che tale disciplina non si\napplichi «ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del\npresente decreto [16 maggio 2024], sia stata avviata almeno una delle\nprocedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale,\nnecessarie all\u0027ottenimento dei titoli per la costruzione e\nl\u0027esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia\nstato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi». \n 8.1 - Parte ricorrente allega di aver elaborato una specifica\niniziativa relativa ad un progetto di impianto c.d. agrivoltaico che\nsarebbe inciso dalla richiamata disciplina, non essendo stato ancora\navviato il relativo iter autorizzatorio - non ricadendo, quindi,\nnella clausola di salvezza prevista per i progetti per i quali e\u0027\nstata avviata almeno una delle procedure amministrative necessarie\nall\u0027ottenimento dei titoli autorizzativi entro il termine di cui\nall\u0027art. 5, comma 2, decreto-legge n. 63/2024 - ed essendo\nconseguentemente soggetto al sopravvenuto divieto di installazione di\nzona agricola di cui all\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto legislativo n.\n199/2021. \n 8.2 - Il decreto impugnato prevede, all\u0027art. 1, comma 2, che le\nregioni individuino sul rispettivo territorio, tra l\u0027altro, le «aree\nin cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra», definite come «le aree agricole per le quali vige\nil divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a\nterra ai sensi dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8\nnovembre 2021, n. 199», in tal modo dando pedissequa applicazione\nalla fonte sovraordinata di cui costituisce mero recepimento. \n Trattasi, quindi, di previsione che, diversamente da quanto\nritenuto dalla difesa erariale, introduce uno specifico divieto di\ninstallazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra\nin zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti,\ncostituendo strumento di attuazione, per quanto del tutto vincolato\nnel contenuto, della norma primaria. \n Va rilevato, infatti, che il comma 1-bis dell\u0027art. 20 del decreto\nlegislativo n. 199/2021 definisce il perimetro delle aree agricole in\ncui e\u0027 consentita l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra facendo riferimento alla classificazione delle aree\nidonee come prevista dal comma 8 del medesimo art. 20 nelle more\ndell\u0027adozione della disciplina di cui al comma 1. \n In tale contesto, il decreto ministeriale impugnato ribadisce che\nil divieto previsto dal comma 1-bis si applica anche nel nuovo quadro\nregolatorio e vincola la potesta\u0027 legislativa regionale: ai sensi\ndell\u0027art. 3, comma 1, infatti, le regioni sono chiamate a individuare\ncon legge, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del\ndecreto, le aree di cui all\u0027art. 1, comma 2, e, quindi, anche quelle\nin cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra. \n Il decreto impugnato costituisce anche l\u0027unico atto\namministrativo che interviene nel processo di implementazione del\ndivieto, atteso che: \n esso e\u0027 stabilito direttamente dalla legge statale; \n secondo quanto previsto dal decreto, l\u0027individuazione delle\naree in questione avviene con legge regionale; \n le aree cosi\u0027 individuate non sono «non idonee», ma\nassolutamente vietate, con la conseguenza che e\u0027 finanche preclusa la\nvalutazione, nel singolo procedimento, della compatibilita\u0027\ndell\u0027intervento con i valori confliggenti. \n 8.3 - Va, pertanto, richiamato il consolidato orientamento\ngiurisprudenziale secondo il quale «un atto generale [...] e\u0027\nimmediatamente impugnabile quando incide senz\u0027altro - senza la\nnecessaria intermediazione di provvedimenti applicativi - sui\ncomportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (Cons. St., IV, 17\nmarzo 2022, n. 1937). Nel caso di specie l\u0027incidenza sui\ncomportamenti degli operatori e\u0027 indubbia, derivando dal divieto\ncosi\u0027 previsto l\u0027incondizionata preclusione agli interventi di nuova\ninstallazione sulle aree indicate dall\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto\nlegislativo n. 199/2021, come pure degli interventi di modifica,\nrifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti\ngia\u0027 installati che non siano collocati nelle aree di cui alla\nlettera dell\u0027art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e che\ncomportino un incremento dell\u0027area occupata. \n Deriva da cio\u0027 la sussistenza dell\u0027interesse ad agire e la\nlegittimazione all\u0027impugnazione immediata della disposizione\nnormativa generale. \n 9 - Premessa, quindi, l\u0027ammissibilita\u0027 delle censure, deve\ninnanzitutto reputarsi infondata la doglianza secondo la quale,\nconcernendo la disciplina rimessa alla determinazione ministeriale\nl\u0027adozione di principi e criteri omogenei per l\u0027individuazione delle\nsuperfici e delle aree idonee e non idonee, non sarebbe stata\nprevista alcuna delega a individuare le aree «in cui e\u0027 vietata» la\ninstallazione di impianti fotovoltaici a terra (di seguito «FTV»). \n Al riguardo, deve rilevarsi che per effetto della sopravvenienza\nnormativa costituita dal disposto dell\u0027art. 5 del decreto-legge n.\n63/2024, il decreto adottato ai sensi del comma 1 dell\u0027art. 20\ndel decreto legislativo n. 199/2021 non avrebbe potuto che prendere\natto dei divieti cosi\u0027 introdotti e ribadire, anche nel contesto\ndella disciplina secondaria da esso dettata, le relative preclusioni. \n Nel momento in cui il legislatore ha inteso vietare ulteriori\ninterventi concernenti impianti fotovoltaici con moduli collocati a\nterra nelle aree classificate agricole, tale innovativa previsione\nprimaria si e\u0027 inevitabilmente sovrapposta alle previgenti norme in\nmateria di individuazione delle aree idonee, sicche\u0027 ai fini della\nrelativa implementazione non era necessaria alcuna espressa e\nspecifica delega, potendone e dovendone l\u0027Autorita\u0027 amministrativa\nsoltanto prendere atto. \n 10 - Con una seconda censura la societa\u0027 ricorrente contesta\nl\u0027art. 1, comma 2, lett. d), del decreto impugnato nella parte in cui\nnon esclude dall\u0027applicazione del divieto di installazione su aree\nagricole gli impianti agrivoltaici, sostenendo, al riguardo, che tale\ntipologia di impianti - avanzati o di base - sarebbero pienamente\ncompatibili con la destinazione e l\u0027uso agricolo delle aree sulle\nquali andrebbero ad insistere, risultando quindi ingiustificata\nl\u0027applicazione del divieto di installazione su aree agricole per\nsiffatta tipologia di impianti. \n Anche tale doglianza deve ritenersi infondata. \n 10.1 - Al riguardo, e\u0027 sufficiente rilevare che l\u0027ambito di\napplicazione del divieto posto dall\u0027art. 5 del decreto-legge n.\n63/2024 e\u0027 definito direttamente dalla norma primaria - genericamente\ned estensivamente riferita a tutti gli impianti fotovoltaici con\nmoduli collocati a terra - e la relativa individuazione appartiene\nall\u0027ordinaria attivita\u0027 di interpretazione degli enunciati normativi. \n Con la conseguenza che la mancata, ulteriore specificazione del\nmedesimo da parte di un atto applicativo non integra, sotto alcun\nprofilo, un vizio di legittimita\u0027 di quest\u0027ultimo laddove sia\nconforme, come nel caso in esame, alla norma primaria, che non\ndemanda alla fonte secondaria alcuna ulteriore individuazione e\nspecificazione, venendo in rilievo una norma autoapplicativa ed\nautosufficiente. \n 11 - Occorre allora procedere all\u0027esame dei profili di rilevanza\ne non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale sollevate dalla parte ricorrente in relazione all\u0027art.\n5 del decreto-legge n. 63/2024, procedendo dapprima a verificare se\nsia possibile fornire di tale norma un\u0027interpretazione suscettibile\ndi risolvere, gia\u0027 sul piano della corretta delimitazione della\nportata della norma censurata, i denunciati sospetti di\nincostituzionalita\u0027. \n12 - Sull\u0027impossibilita\u0027 di interpretare l\u0027art. 5 del decreto-legge\nn. 63/2024 in modo conforme a Costituzione. \n 12.1 - Parte ricorrente ha condizionato l\u0027interesse a sollevare\nl\u0027incidente di costituzionalita\u0027 all\u0027impossibilita\u0027 di fornire\nun\u0027interpretazione della norma in base alla quale ogni tipologia di\nimpianto agrivoltaico sarebbe esclusa dal divieto da essa previsto,\nin quanto la giurisprudenza avrebbe gia\u0027 riconosciuto la differenza\nesistente tra la tecnologia agrivoltaica e il tradizionale\nfotovoltaico. Cio\u0027, tuttavia, come di seguito si passa ad illustrare,\nnon e\u0027 possibile se non in parte, e comunque in modo non del tutto\nsatisfattivo dell\u0027interesse di parte ricorrente. \n 12.2 - L\u0027ambito del regime preclusivo introdotto dalla norma va\nricostruito a partire dal «significato proprio delle parole secondo\nla connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore» (art. 12,\ncomma 1, disp. prel. c.c.). L\u0027oggetto della previsione normativa\nriguarda specificamente l\u0027installazione degli impianti fotovoltaici\n«con moduli collocati a terra [...] in zone classificate agricole» e\nsi pone in funzione servente rispetto alla dichiarata «straordinaria\nnecessita\u0027 e urgenza di contrastare il fenomeno del consumo del suolo\na vocazione agricola». \n Dalle richiamate coordinate normative si ricava, pertanto, che\nl\u0027oggetto del divieto riguarda gli impianti fotovoltaici\ncaratterizzati da una ben determinata caratteristica - ovvero\nl\u0027installazione dei moduli a terra - in quanto ritenuta dal\nlegislatore incompatibile con l\u0027utilizzo del suolo per l\u0027agricoltura\ne, quindi, con la finalita\u0027 di contrastare il fenomeno del consumo\ndel suolo a vocazione agricola. \n 12.3 - Le linee guida MITE del 2022 in materia di impianti\nagrivoltaici individuano come segue i requisiti che tali impianti\ndebbono possedere per rispondere alla finalita\u0027 per cui sono\nrealizzati: \n «requisito A: Il sistema e\u0027 progettato e realizzato in modo\nda adottare una configurazione spaziale ed opportune scelte\ntecnologiche, tali da consentire l\u0027integrazione fra attivita\u0027\nagricola e produzione elettrica e valorizzare il potenziale\nproduttivo di entrambi i sottosistemi; \n requisito B: Il sistema agrivoltaico e\u0027 esercito, nel corso\ndella vita tecnica, in maniera da garantire la produzione sinergica\ndi energia elettrica e prodotti agricoli e non compromettere la\ncontinuita\u0027 dell\u0027attivita\u0027 agricola e pastorale; \n requisito C: L\u0027impianto agrivoltaico adotta soluzioni\nintegrate innovative con moduli elevati da terra, volte a ottimizzare\nle prestazioni del sistema agrivoltaico sia in termini energetici che\nagricoli; \n requisito D: Il sistema agrivoltaico e\u0027 dotato di un sistema\ndi monitoraggio che consenta di verificare l\u0027impatto sulle colture,\nil risparmio idrico, la produttivita\u0027 agricola per le diverse\ntipologie di colture e la continuita\u0027 delle attivita\u0027 delle aziende\nagricole interessate; \n requisito E: Il sistema agrivoltaico e\u0027 dotato di un sistema\ndi monitoraggio che, oltre a rispettare il requisito D, consenta di\nverificare il recupero della fertilita\u0027 del suolo, il microclima, la\nresilienza ai cambiamenti climatici». \n Le medesime linee guida chiariscono, poi, che «Il rispetto dei\nrequisiti A, B e\u0027 necessario per definire un impianto fotovoltaico\nrealizzato in area agricola come \"agrivoltaico\". Per tali impianti\ndovrebbe inoltre previsto il rispetto del requisito D.2», mentre il\nrispetto «dei requisiti A, B, C e D e\u0027 necessario per soddisfare la\ndefinizione di \"impianto agrivoltaico avanzato\" e, in conformita\u0027 a\nquanto stabilito dall\u0027articolo 65, comma 1-quater e 1-quinquies, del\ndecreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, classificare l\u0027impianto come\nmeritevole dell\u0027accesso agli incentivi statali a valere sulle tariffe\nelettriche». \n Dalla classificazione tipologica degli impianti agrivoltaici\ncontenuta nelle linee guida risulta, pertanto, che soltanto per gli\nimpianti agrivoltaici di tipo avanzato e\u0027 senz\u0027altro soddisfatto il\nrequisito C, consistente nell\u0027utilizzo di moduli elevati da terra. Il\nsuddetto utilizzo, secondo le linee guida, puo\u0027 assumere una delle\ndue seguenti configurazioni: \n «l\u0027altezza minima dei moduli e\u0027 studiata in modo da\nconsentire la continuita\u0027 delle attivita\u0027 agricole (o zootecniche)\nanche sotto ai moduli fotovoltaici. Si configura una condizione nella\nquale esiste un doppio uso del suolo, ed una integrazione massima tra\nl\u0027impianto agrivoltaico e la coltura, e cioe\u0027 i moduli fotovoltaici\nsvolgono una funzione sinergica alla coltura, che si puo\u0027 esplicare\nnella prestazione di protezione della coltura (da eccessivo\nsoleggiamento, grandine, etc.) compiuta dai moduli fotovoltaici. In\nquesta condizione la superficie occupata dalle colture e quella del\nsistema agrivoltaico coincidono, fatti salvi gli elementi costruttivi\ndell\u0027impianto che poggiano a terra e che inibiscono l\u0027attivita\u0027 in\nzone circoscritte del suolo»; \n «i moduli fotovoltaici sono disposti in posizione verticale\n[...]. L\u0027altezza minima dei moduli da terra non incide\nsignificativamente sulle possibilita\u0027 di coltivazione (se non per\nl\u0027ombreggiamento in determinate ore del giorno), ma puo\u0027 influenzare\nil grado di connessione dell\u0027area, e cioe\u0027 il possibile passaggio\ndegli animali, con implicazioni sull\u0027uso dell\u0027area per attivita\u0027\nlegate alla zootecnia. Per contro, l\u0027integrazione tra l\u0027impianto\nagrivoltaico e la coltura si puo\u0027 esplicare nella protezione della\ncoltura compiuta dai moduli fotovoltaici che operano come barriere\nfrangivento». \n 12.4 - In considerazione del tenore letterale e della finalita\u0027\ndell\u0027art. 5 del D.L. n. 63/2024, e\u0027 possibile ritenere che il divieto\nivi previsto non si applichi agli impianti agrivoltaici di tipo\navanzato, in quanto in relazione ai suddetti impianti, non\nrealizzandosi l\u0027installazione di moduli collocati a terra, non si\nverifica la sottrazione di suolo agricolo nei termini che la norma\nintende contrastare. \n Tale conclusione e\u0027 peraltro confermata dallo stesso orientamento\nassunto in sede ministeriale nell\u0027interpretazione della norma\ncensurata (si veda la risposta del Ministro dell\u0027agricoltura, della\nsovranita\u0027 alimentare e delle foreste all\u0027interrogazione parlamentare\nn. 3-01225, laddove e\u0027 stato precisato che «Sara\u0027 [...] possibile\ninstallare pannelli sospesi, il cosiddetto agrivoltaico avanzato,\nsotto il quale si puo\u0027 coltivare e portare a termine tutti i progetti\nlegati al PNRR» - cfr. il resoconto della seduta n. 297 del 22 maggio\n2024 presso la Camera dei deputati), oltre che dalle attivita\u0027 in\ncorso di implementazione delle misure introdotte dal decreto\nimpugnato (cfr. il disegno di legge della Regione Puglia n. 222/2024,\ndepositato agli atti, che all\u0027art. 8, comma 4, stabilisce che «nel\ncaso di utilizzo della tecnologia fotovoltaica, nelle zone\nclassificate agricole dai piani urbanistici possono essere realizzati\nesclusivamente impianti agrivoltaici di natura sperimentale»). \n 12.5 - Se puo\u0027 residuare un margine di incertezza in ordine agli\nimpianti che, in quanto rispondenti ai requisiti di cui alle lett.\na), b) e c) delle linee guida, ma non a tutti quelli richiesti dalla\nlett. d), non sono qualificabili come impianti agrivoltaici avanzati,\nsebbene utilizzino moduli sollevati da terra, cio\u0027 che rileva in\nquesta sede e\u0027 che parte ricorrente ha allegato atti inerenti un\nprogetto di agrivoltaico non avanzato, che rientra senz\u0027altro nel\ndivieto previsto dalla norma. \n Gli impianti riconducibili a tale tipologia si caratterizzano per\nl\u0027installazione dei moduli a terra e determinano, in ogni caso, il\nconsumo di suolo a vocazione agricola, sia pure in misura piu\u0027\nlimitata rispetto ai tradizionali impianti fotovoltaici. \n Soltanto nel caso degli impianti con moduli sollevati da terra,\ninfatti, «la superficie occupata dalle colture e quella del sistema\nagrivoltaico coincidono, fatti salvi gli elementi costruttivi\ndell\u0027impianto che poggiano a terra e che inibiscono l\u0027attivita\u0027 in\nzone circoscritte del suolo» (cfr. le linee guida, pag. 24). \n 12.6 - Un\u0027interpretazione diversa, quale quella volta a escludere\nqualsivoglia tipologia di impianto agrivoltaico dall\u0027applicazione del\ndivieto, si porrebbe in contrasto, oltre che con il dato letterale\ndella norma, anche con le sue finalita\u0027 e si porrebbe in\ninammissibile contrasto con i tradizionali e inderogabili criteri di\nermeneutica giuridica. \n Al riguardo, si deve osservare che: \n «la lettera della norma costituisce il limite cui deve\narrestarsi anche l\u0027interpretazione costituzionalmente orientata\ndovendo, infatti, essere sollevato l\u0027incidente di costituzionalita\u0027\nogni qual volta l\u0027opzione ermeneutica supposta conforme a\nCostituzione sia incongrua rispetto al tenore letterale della norma\nstessa» (Cass., S.U., 1° giugno 2021, n. 15177). Nel caso di specie,\nnon vi e\u0027 dubbio che gli impianti agrivoltaici di tipo tradizionale,\nin quanto si risolvano nell\u0027installazione di pannelli collocati a\nterra, rientrino nella previsione che vieta, per l\u0027appunto,\nl\u0027installazione di impianti \"con moduli collocati a terra»; \n l\u0027ampiezza del divieto introdotto con l\u0027art. 5 del\ndecreto-legge n. 63/2024, che si risolve nella preclusione assoluta\ndi realizzare impianti con moduli collocati a terra sull\u0027intero\nterritorio nazionale, induce a ritenere che l\u0027obiettivo perseguito\ndal legislatore fosse quello di contrastare la sia pur minima\nriduzione del territorio a vocazione agricola per l\u0027effetto\ndell\u0027installazione di impianti fotovoltaici. \n Un\u0027interpretazione che escludesse tutte le tipologie di impianti\nagrivoltaici dall\u0027ambito di applicazione della norma in questione,\nanche a dispetto di un (pur ridotto) consumo di suolo agricolo, si\nporrebbe in frontale contrasto con tale obiettivo, quale chiaramente\nemergente dai presupposti e dall\u0027oggetto dell\u0027enunciato normativo,\noperazione che non puo\u0027 in alcun modo ritenersi consentita\nall\u0027interprete. \n Per le ragioni sopra indicate neppure e\u0027 possibile interpretare\nl\u0027art. 5, comma 1, decreto-legge n. 63/2024 nel senso che il divieto\nopererebbe soltanto all\u0027esito di specifica istruttoria nel rispetto\ndelle linee guida. Una siffatta interpretazione, infatti, si\nrisolverebbe in un\u0027interpretatio abrogans della norma e, in ogni\ncaso, contrasta con il chiaro tenore letterale e la finalita\u0027\nperseguita dal legislatore, che ha inteso consentire l\u0027utilizzo delle\naree agricole per gli impianti fotovoltaici con moduli collocati a\nterra esclusivamente nei limiti di cui al citato art. 5: l\u0027avverbio\n«esclusivamente» non lascia spazio a dubbi circa la portata assoluta\ndel divieto che caratterizza i progetti e le aree agricole non\ncontemplati quali eccezioni dall\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto\nlegislativo n. 199/2021. \n13 - Sulla rilevanza delle questioni. \n 13.1 - Dall\u0027acclarata non percorribilita\u0027 di un\u0027interpretazione\ndell\u0027enunciato normativo integralmente satisfattivo per la parte\nricorrente deriva la rilevanza delle questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate nei motivi IV, V e VI, ponendosi il\ndivieto previsto dall\u0027art. 5, comma 1, decreto-legge. n. 63/2024\nquale fattore preclusivo alla realizzabilita\u0027 del progetto gia\u0027\nelaborato da parte ricorrente in ragione della sua concreta\nlocalizzazione. \n 13.2 - Si e\u0027 gia\u0027 osservato, nell\u0027argomentare sull\u0027interesse alle\ncensure, che il comma 1-bis dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n.\n199/2021 definisce il perimetro delle aree agricole in cui e\u0027\nconsentita l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra facendo riferimento alla classificazione delle aree\nidonee come prevista dal comma 8 del medesimo art. 20 nelle more\ndell\u0027adozione della disciplina di cui al comma 1. \n In tale contesto, il decreto ministeriale ribadisce che il\ndivieto previsto dal comma 1-bis si applica anche nel nuovo quadro\nregolatorio e vincola la potesta\u0027 legislativa regionale: ai sensi\ndell\u0027art. 3, comma 1, infatti, le regioni sono chiamate a individuare\ncon legge, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore\ndel decreto, le aree di cui all\u0027art. 1, comma 2, e, quindi, anche\nquelle in cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con\nmoduli collocati a terra. \n Si e\u0027 anche osservato che il decreto impugnato costituisce\nl\u0027unico atto amministrativo che interviene nel processo di\nimplementazione del divieto, atteso che: \n esso e\u0027 stabilito direttamente dalla legge statale; \n secondo quanto previsto dal decreto, l\u0027individuazione delle\naree in questione avviene con legge regionale; \n le aree cosi\u0027 individuate non sono «non idonee», ma\nassolutamente vietate, con la conseguenza che e\u0027 finanche preclusa la\nvalutazione, nel singolo procedimento, della compatibilita\u0027\ndell\u0027intervento con i valori confliggenti. \n E\u0027 stato quindi richiamato il consolidato orientamento\ngiurisprudenziale secondo il quale «un atto generale [...] e\u0027\nimmediatamente impugnabile quando incide senz\u0027altro - senza la\nnecessaria intermediazione di provvedimenti applicativi - sui\ncomportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (Cons. St., IV, 17\nmarzo 2022, n. 1937), rilevandosi che nel caso di specie l\u0027incidenza\nsui comportamenti degli operatori e\u0027 indubbia, derivando dal divieto\ncosi\u0027 previsto l\u0027incondizionata preclusione agli interventi di nuova\ninstallazione sulle aree indicate dall\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto\nlegislativo n. 199/2021, come pure degli interventi di modifica,\nrifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti\ngia\u0027 installati che non siano collocati nelle aree di cui alla\nlettera dell\u0027art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e che\ncomportino un incremento dell\u0027area occupata. \n Il decreto impugnato replica, quindi, il divieto sancito dalla\nnorma primaria, demandando alla legge regionale la sua pedissequa\ntrasposizione, che determina ex se l\u0027impossibilita\u0027 di realizzare il\nprogetto di parte ricorrente. \n La perdurante vigenza e validita\u0027 della norma primaria impedisce\nqualsivoglia intervento demolitorio da parte del Collegio, recando il\ndecreto una previsione del tutto conforme a legge. \n 13.3 - In mancanza della declaratoria di incostituzionalita\u0027\ndell\u0027art. 5, comma 1, del decreto legislativo n. 63/2024, la domanda\ndi annullamento dell\u0027art. 1 del decreto ministeriale impugnato, per\nla parte di interesse, dovrebbe essere rigettata. \n Viceversa, laddove la norma incriminata fosse dichiarata\nincostituzionale, l\u0027art. 1, comma 2, lett. d), del decreto dovrebbe\nessere annullato, ponendo a quel punto un divieto generalizzato che\nnessuna norma primaria contemplerebbe o autorizzerebbe e che, per le\nragioni che saranno illustrate, collide con il principio di massima\ndiffusione delle energie rinnovabili, quale desumibile dal diritto\ndell\u0027Unione, dando peraltro luogo a una disciplina che non supera lo\nscrutinio di proporzionalita\u0027 e ragionevolezza. \n14 - Sulla manifesta infondatezza della questione di legittimita\u0027\ncostituzionale posta con il IV motivo. \n 14.1 - Con la questione sollevata nell\u0027ambito del IV motivo la\nparte ricorrente contesta la norma censurata per violazione e falsa\napplicazione dell\u0027art. 77, comma secondo, della Costituzione. La\nricorrente contesta, in particolare, la sussistenza dell\u0027addotta\nragione di straordinaria necessita\u0027 e urgenza di contrastare il\nfenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola in ragione del\nfatto che, posta l\u0027esistenza sul territorio nazionale di una\nsuperficie agricola totale di 16 milioni di ettari (di cui solo 12,5\nettari utilizzati), anche nell\u0027ipotesi in cui gli obiettivi\nenergetici nel territorio italiano dovessero essere soddisfatti\nesclusivamente mediante la sola tecnologia che utilizza pannelli\nfotovoltaici collocati a terra, si perverrebbe a un utilizzo di\nappena lo 0,4% della superficie agricola, del tutto marginale\nrispetto ai 4 milioni di terreni agricoli abbandonati. \n 14.2 - L\u0027esame della pertinente giurisprudenza costituzionale non\nautorizza, tuttavia, l\u0027operazione compiuta dalla parte ricorrente. \n Dall\u0027esame dell\u0027ampia casistica sottoposta alla Corte si ricava,\nin primo luogo, che il sindacato relativo alla sussistenza dei\nrequisiti di necessita\u0027 e urgenza e\u0027 circoscritto ai casi di evidente\nmancanza dei presupposti ovvero di manifesta irragionevolezza o\narbitrarieta\u0027 della relativa valutazione (ex plurimis, Corte cost. n.\n170/2017, n. 287 del 2016, n. 72 del 2015, n. 22 del 2012, n. 93 del\n2011, n. 355 del 2010; n. 128 del 2008; n. 171 del 2007). \n Tale verifica viene, inoltre, condotta, non dissimilmente da\nquanto accade per il sindacato del giudice amministrativo in materia\ndi eccesso di potere, a partire da profili sintomatici, tra i quali\nassume preminente rilievo il riscontro (o meno) di una intrinseca\ncoerenza delle norme contenute nel decreto-legge dal punto di vista\noggettivo e/o funzionale. \n Il presupposto del caso straordinario di necessita\u0027 e urgenza,\ninfatti, «inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un\ntutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche\nse articolato e differenziato al suo interno. La scomposizione\natomistica della condizione di validita\u0027 prescritta dalla\nCostituzione si pone in contrasto con il necessario legame tra il\nprovvedimento legislativo urgente ed il caso che lo ha reso\nnecessario, trasformando il decreto-legge in una congerie di norme\nassemblate soltanto da mera casualita\u0027 temporale» (Corte cost.,\nsentenza n. 22/2012). \n 14.3 - L\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 introduce\n«Disposizioni finalizzate a limitare l\u0027uso del suolo agricolo» ed e\u0027\ninserito in un provvedimento normativo adottato considerando che «la\nconcomitanza di congiunture avverse, quali il perdurare del conflitto\nin Ucraina e la diffusione di fitopatie, ha indotto il settore\nprimario in una persistente situazione di crisi, determinando gravi\nripercussioni sul tessuto economico e sociale», onde la ritenuta\nnecessita\u0027 e urgenza di «emanare disposizioni finalizzate a garantire\nl\u0027approvvigionamento delle materie prime agricole e, in specie, di\nquelle funzionali all\u0027esercizio delle attivita\u0027 di produzione\nprimaria, a sostenere il lavoro agricolo e le filiere produttive, in\nparticolare quella cerealicola, quella del kiwi, quella della pesca e\ndell\u0027acquacoltura», nonche\u0027 di «contrastare il fenomeno del consumo\ndel suolo a vocazione agricola». \n Rispetto a tali enunciati presupposti e finalita\u0027, la\ndisposizione intesa a vietare l\u0027installazione di impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole non si\npone in termini di manifesta estraneita\u0027, presentando invece\nun\u0027intrinseca coerenza nell\u0027ambito di un complesso di disposizioni\nfinalizzate al sostegno del settore agricolo. \n 14.4 - Gli elementi addotti dalla ricorrente a sostegno della\nritenuta insussistenza delle ragioni di urgenza, in ragione della\nlimitata porzione di territorio che potrebbe essere occupata per\neffetto della realizzazione degli impianti oggetto del divieto, non\nconsentono di giungere a conclusioni diverse, costituendo chiaro\nobiettivo dell\u0027intervento contestato quello di contrastare la sia pur\nminima riduzione del suolo a vocazione agricola: la misura adottata\ncostituisce, dunque, senz\u0027altro sviluppo delle premesse, che non\nrisultano in alcun modo smentite dalle argomentazioni spese nel\nricorso. \n 14.5 - La questione di illegittimita\u0027 costituzionale sollevata\nnel IV motivo risulta, pertanto, manifestamente infondata. \n15 - Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di\ncostituzionalita\u0027 sollevate con il V e il VI motivo. \n 15.1 - A conclusioni diverse occorre giungere quanto agli\nulteriori dubbi di costituzionalita\u0027 sollevati nell\u0027ambito del V e\ndel VI motivo, con i quali la parte ricorrente ha in sostanza\nlamentato: \n la violazione dell\u0027art. 117, commi primo e terzo, della\nCostituzione, in relazione, rispettivamente, alla direttiva (UE)\n2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell\u002711 dicembre\n2018, sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili e\nall\u0027art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387\n(attuazione della direttiva 2001/77/CE): la norma contestata, nel\nprevedere il divieto di installazione di nuovi impianti FTV con\nmoduli collocati a terra e il divieto di aumentare l\u0027estensione di\nquelli esistenti nelle aree agricole, si porrebbe in contrasto con i\nvincoli derivanti dall\u0027ordinamento europeo e, in particolare, con\nl\u0027obiettivo di garantire la massima diffusione degli impianti FER,\nperseguito dalla direttiva 2009/28/CE, dalla direttiva 2001/77/CE,\nnonche\u0027 dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione della quale e\u0027\nstato emanato il decreto legislativo n. 199/2021. \n Sotto altro profilo, la norma si porrebbe in contrasto con i\nprincipi generali dettati in materia dallo stesso Legislatore\nstatale, in attuazione delle direttive europee, e in particolare con\nl\u0027art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del\nquale «Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui\nall\u0027art. 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in\nzone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici», e con le\nLinee guida del 2010, introdotte in attuazione del citato art. 12,\nsecondo le quali le zone classificate agricole dai vigenti piani\nurbanistici non possono essere genericamente considerate aree e siti\nnon idonei e l\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non\npuo\u0027 riguardare porzioni significative del territorio; \n la violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 9 della\nCostituzione, dell\u0027art. 15 della direttiva (UE) 2018/2001 del\nParlamento europeo e del Consiglio dell\u002711 dicembre 2018, sulla\npromozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili, del principio\ndi proporzionalita\u0027, dell\u0027art. 11 del TFUE, dell\u0027art. 41 della\nCostituzione: la scelta di introdurre un generale e indiscriminato\ndivieto a realizzare impianti FTV con moduli a terra su aree\nurbanisticamente campite come «agricole» risulterebbe sproporzionata\ne tale da rallentare la diffusione delle fonti rinnovabili in modo da\nincidere sugli obiettivi di tutela dell\u0027ambiente perseguiti, dando\nluogo a una disciplina sproporzionata, in contrasto con il principio\ndi integrazione delle tutele e con la stessa tutela dei valori\nambientali. \n 15.2 - In primo luogo, il Collegio ritiene che la disciplina\ncensurata presenti profili di contrasto con gli articoli 11 e 117,\ncomma 1, Cost., sotto il profilo del mancato rispetto «dei vincoli\nderivanti dall\u0027ordinamento comunitario» e, in particolare, del\nprincipio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili,\nderivante dalla normativa europea. \n 15.3 - Occorre al riguardo ricordare, anzitutto, che ai sensi\ndell\u0027art. 3, par. 5, TUE, «Nelle relazioni con il resto del mondo\nl\u0027Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo\nalla protezione dei suoi cittadini». A tal fine essa «Contribuisce\n[...] allo sviluppo sostenibile della Terra». \n L\u0027art. 6, par. 1, TUE precisa che «L\u0027Unione riconosce i diritti,\nle liberta\u0027 e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali\ndell\u0027Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007\na Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati». \n Ai sensi dell\u0027art. 37 della Carta, «Un livello elevato di tutela\ndell\u0027ambiente e il miglioramento della sua qualita\u0027 devono essere\nintegrati nelle politiche dell\u0027Unione e garantiti conformemente al\nprincipio dello sviluppo sostenibile». \n L\u0027art. 11 TFUE esprime la medesima esigenza sancendo che «Le\nesigenze connesse con la tutela dell\u0027ambiente devono essere integrate\nnella definizione e nell\u0027attuazione delle politiche e azioni\ndell\u0027Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo\nsviluppo sostenibile» (c.d. principio di integrazione). \n Secondo l\u0027art. 191 TFUE, «La politica dell\u0027Unione in materia\nambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: \n salvaguardia, tutela e miglioramento della qualita\u0027\ndell\u0027ambiente; \n protezione della salute umana; \n utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; \n promozione sul piano internazionale di misure destinate a\nrisolvere i problemi dell\u0027ambiente a livello regionale o mondiale e,\nin particolare, a combattere i cambiamenti climatici. \n 2. La politica dell\u0027Unione in materia ambientale mira a un\nelevato livello di tutela, tenendo conto della diversita\u0027 delle\nsituazioni nelle varie regioni dell\u0027Unione. Essa e\u0027 fondata sui\nprincipi della precauzione e dell\u0027azione preventiva, sul principio\ndella correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati\nall\u0027ambiente, nonche\u0027 sul principio \"chi inquina paga\"». \n Ai sensi dell\u0027art. 192, par. 1, TFUE, «Il Parlamento europeo e il\nConsiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e\nprevia consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato\ndelle regioni, decidono in merito alle azioni che devono essere\nintraprese dall\u0027Unione per realizzare gli obiettivi dell\u0027art. 191». \n L\u0027art. 194 TFUE stabilisce, a sua volta, che «Nel quadro\ndell\u0027instaurazione o del funzionamento del mercato interno e tenendo\nconto dell\u0027esigenza di preservare e migliorare l\u0027ambiente, la\npolitica dell\u0027Unione nel settore dell\u0027energia e\u0027 intesa, in uno\nspirito di solidarieta\u0027 tra Stati membri, a [...] promuovere il\nrisparmio energetico, l\u0027efficienza energetica e lo sviluppo di\nenergie nuove e rinnovabili». \n 15.4 - Protezione dell\u0027ambiente e promozione delle c.d. energie\nrinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti e\nconnesse. \n Come si ricava dalla giurisprudenza della Corte di giustizia,\nl\u0027uso di fonti di energia rinnovabili per la produzione di\nelettricita\u0027 e\u0027 utile alla tutela dell\u0027ambiente in quanto\ncontribuisce alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra\nche compaiono tra le principali cause dei cambiamenti climatici che\nl\u0027Unione europea e i suoi Stati membri si sono impegnati a\ncontrastare. \n L\u0027incremento della quota di rinnovabili costituisce, in\nparticolare, uno degli elementi portanti del pacchetto di misure\nrichieste per ridurre tali emissioni e conformarsi al protocollo di\nKyoto, alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti\nclimatici, nonche\u0027 agli altri impegni assunti a livello comunitario e\ninternazionale per la riduzione delle emissioni dei gas a effetto\nserra. Cio\u0027, peraltro, e\u0027 funzionale anche alla tutela della salute e\ndella vita delle persone e degli animali, nonche\u0027 alla preservazione\ndei vegetali (cfr. le sentenze 1° luglio 2014, C-573/12, 78 ss., e 13\nmarzo 2001, C-379/98, 73 ss.). \n 15.5 - La Corte di giustizia ha peraltro precisato che l\u0027art. 191\nTFUE si limita a definire gli obiettivi generali dell\u0027Unione in\nmateria ambientale, mentre l\u0027art. 192 TFUE affida al Parlamento\neuropeo e al Consiglio dell\u0027Unione europea il compito di decidere le\nazioni da avviare al fine del raggiungimento di detti obiettivi. \n Di conseguenza, l\u0027art. 191 TFUE non puo\u0027 essere invocato in\nquanto tale dai privati al fine di escludere l\u0027applicazione di una\nnormativa nazionale emanata in una materia rientrante nella politica\nambientale quando non sia applicabile nessuna normativa dell\u0027Unione\nadottata in base all\u0027art. 192 TFUE; viceversa, l\u0027art. 191 TFUE assume\nrilevanza allorquando esso trovi attuazione nel diritto derivato\n(cfr. CGUE, sentenza 4 marzo 2015, C-534/13, 39 ss.). \n 15.6 - Disposizioni sulla promozione dell\u0027energia elettrica da\nfonti energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell\u0027art. 175 TCE\n(ora 192 TFUE), sono state introdotte gia\u0027 con la direttiva\n2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre\n2001 e, successivamente, con la direttiva 2009/28/CE del Parlamento\neuropeo e del Consiglio del 23 aprile 2009. \n 15.7 - Con la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e\ndel Consiglio dell\u002711 dicembre 2018 si e\u0027 proceduto alla rifusione e\nalla modifica delle disposizioni contenute nella direttiva\n2009/28/CE. \n Nel dettare la relativa disciplina e\u0027 stato considerato, tra\nl\u0027altro, che: \n «[...] \n (2) Ai sensi dell\u0027art. 194, paragrafo 1, del trattato sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea (TFUE), la promozione delle forme\ndi energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della\npolitica energetica dell\u0027Unione. \n Tale obiettivo e\u0027 perseguito dalla presente direttiva. Il\nmaggiore ricorso all\u0027energia da fonti rinnovabili o all\u0027energia\nrinnovabile costituisce una parte importante del pacchetto di misure\nnecessarie per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e per\nrispettare gli impegni dell\u0027Unione nel quadro dell\u0027accordo di Parigi\ndel 2015 sui cambiamenti climatici, a seguito della 21a Conferenza\ndelle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui\ncambiamenti climatici («accordo di Parigi»), e il quadro per le\npolitiche dell\u0027energia e del clima all\u0027orizzonte 2030, compreso\nl\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione di ridurre le emissioni di almeno\nil 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L\u0027obiettivo\nvincolante in materia di energie rinnovabili a livello dell\u0027Unione\nper il 2030 e i contributi degli Stati membri a tale obiettivo,\ncomprese le quote di riferimento in relazione ai rispettivi obiettivi\nnazionali generali per il 2020, figurano tra gli elementi di\nimportanza fondamentale per la politica energetica e ambientale\ndell\u0027Unione [...]. \n (3) Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti rinnovabili puo\u0027\nsvolgere una funzione indispensabile anche nel promuovere la\nsicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel garantire\nun\u0027energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo\ntecnologico e l\u0027innovazione, oltre alla leadership tecnologica e\nindustriale, offrendo nel contempo vantaggi ambientali, sociali e\nsanitari, come pure nel creare numerosi posti di lavoro e sviluppo\nregionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o\nnei territori a bassa densita\u0027 demografica o soggetti a parziale\ndeindustrializzazione. \n (4) In particolare, la riduzione del consumo energetico, i\nmaggiori progressi tecnologici, gli incentivi all\u0027uso e alla\ndiffusione dei trasporti pubblici, il ricorso a tecnologie\nenergeticamente efficienti e la promozione dell\u0027utilizzo di energia\nrinnovabile nei settori dell\u0027energia elettrica, del riscaldamento e\ndel raffrescamento, cosi\u0027 come in quello dei trasporti sono strumenti\nmolto efficaci, assieme alle misure di efficienza energetica per\nridurre le emissioni a effetto serra nell\u0027Unione e la sua dipendenza\nenergetica. \n (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro normativo\nper la promozione dell\u0027utilizzo di energia da fonti rinnovabili che\nfissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota di energia\nrinnovabile nel consumo energetico e nel settore dei trasporti da\nraggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del 22\ngennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell\u0027energia e del\nclima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro per le\nfuture politiche dell\u0027Unione nei settori dell\u0027energia e del clima e\nha promosso un\u0027intesa comune sulle modalita\u0027 per sviluppare dette\npolitiche dopo il 2020. La Commissione ha proposto come obiettivo\ndell\u0027Unione una quota di energie rinnovabili consumate nell\u0027Unione\npari ad almeno il 27 % entro il 2030. Tale proposta e\u0027 stata\nsostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre\n2014, le quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare\ni propri obiettivi nazionali piu\u0027 ambiziosi, per realizzare i\ncontributi all\u0027obiettivo dell\u0027Unione per il 2030 da essi pianificati\ne andare oltre. \n (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del 5 febbraio\n2014, «Un quadro per le politiche dell\u0027energia e del clima\nall\u0027orizzonte 2030», e del 23 giugno 2016, «I progressi compiuti\nnell\u0027ambito delle energie rinnovabili», si e\u0027 spinto oltre la\nproposta della Commissione o le conclusioni del Consiglio,\nsottolineando che, alla luce dell\u0027accordo di Parigi e delle recenti\nriduzioni del costo delle tecnologie rinnovabili, era auspicabile\nessere molto piu\u0027 ambiziosi. \n [...] \n (8) Appare pertanto opportuno stabilire un obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione in relazione alla quota di energia da fonti\nrinnovabili pari almeno al 32%. Inoltre, la Commissione dovrebbe\nvalutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo alla luce\ndi sostanziali riduzioni del costo della produzione di energia\nrinnovabile, degli impegni internazionali dell\u0027Unione a favore della\ndecarbonizzazione o in caso di un significativo calo del consumo\nenergetico nell\u0027Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro\ncontributo al conseguimento di tale obiettivo nell\u0027ambito dei\nrispettivi piani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima in\napplicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)\n2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. \n [...] \n (10) Al fine di garantire il consolidamento dei risultati\nconseguiti ai sensi della direttiva 2009/28/CE, gli obiettivi\nnazionali stabiliti per il 2020 dovrebbero rappresentare il\ncontributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030. In\nnessun caso le quote nazionali delle energie rinnovabili dovrebbero\nscendere al di sotto di tali contributi. [...]. \n (11) Gli Stati membri dovrebbero adottare ulteriori misure\nqualora la quota di energie rinnovabili a livello di Unione non\npermettesse di mantenere la traiettoria dell\u0027Unione verso l\u0027obiettivo\ndi almeno il 32 % di energie rinnovabili. Come stabilito nel\nregolamento (UE) 2018/1999, se, nel valutare i piani nazionali\nintegrati in materia di energia e clima, ravvisa un insufficiente\nlivello di ambizione, la Commissione puo\u0027 adottare misure a livello\ndell\u0027Unione per assicurare il conseguimento dell\u0027obiettivo. Se, nel\nvalutare le relazioni intermedie nazionali integrate sull\u0027energia e\nil clima, la Commissione ravvisa progressi insufficienti verso la\nrealizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero applicare\nle misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare tale\nlacuna». \n Le richiamate rationes hanno condotto a introdurre, tra l\u0027altro,\nun obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione per il 2030 (art. 3),\nper cui «Gli Stati membri provvedono collettivamente a far si\u0027 che la\nquota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di\nenergia dell\u0027Unione nel 2030 sia almeno pari al 32%. La Commissione\nvaluta tale obiettivo al fine di presentare, entro il 2023, una\nproposta legislativa intesa a rialzarlo nel caso di ulteriori\nsostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia\nrinnovabile, se risulta necessario per rispettare gli impegni\ninternazionali dell\u0027Unione a favore della decarbonizzazione o se il\nrialzo e\u0027 giustificato da un significativo calo del consumo\nenergetico nell\u0027Unione», con la precisazione che «Se, sulla base\ndella valutazione delle proposte dei piani nazionali integrati per\nl\u0027energia e il clima, presentati ai sensi dell\u0027art. 9 del regolamento\n(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che i contributi nazionali\ndegli Stati membri sono insufficienti per conseguire collettivamente\nl\u0027obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione, la Commissione segue\nla procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». \n 15.8 - Il regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del\nConsiglio del 30 giugno 2021, adottato in forza dell\u0027art. 192 TFUE,\nha istituito un quadro per il conseguimento della neutralita\u0027\nclimatica, nel presupposto che: \n «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici\nrichiede una maggiore ambizione e un\u0027intensificazione dell\u0027azione per\nil clima da parte dell\u0027Unione e degli Stati membri. L\u0027Unione si e\u0027\nimpegnata a potenziare gli sforzi per far fronte ai cambiamenti\nclimatici e a dare attuazione all\u0027accordo di Parigi adottato\nnell\u0027ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui\ncambiamenti climatici («accordo di Parigi»), guidata dai suoi\nprincipi e sulla base delle migliori conoscenze scientifiche\ndisponibili, nel contesto dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo\nalla temperatura previsto dall\u0027accordo di Parigi. \n [...] \n (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e\u0027 fondamentale per\ncontribuire alla trasformazione economica e sociale, alla creazione\ndi posti di lavoro di alta qualita\u0027, alla crescita sostenibile e al\nconseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni\nUnite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto\ndi vista sociale, equo e in modo efficiente in termini di costi\nl\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027accordo di Parigi. \n [...] \n (9) L\u0027azione per il clima dell\u0027Unione e degli Stati membri\nmira a tutelare le persone e il pianeta, il benessere, la\nprosperita\u0027, l\u0027economia, la salute, i sistemi alimentari,\nl\u0027integrita\u0027 degli ecosistemi e la biodiversita\u0027 contro la minaccia\ndei cambiamenti climatici, nel contesto dell\u0027agenda 2030 delle\nNazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nel perseguimento degli\nobiettivi dell\u0027accordo di Parigi; mira inoltre a massimizzare la\nprosperita\u0027 entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza e\nridurre la vulnerabilita\u0027 della societa\u0027 ai cambiamenti climatici. In\nquest\u0027ottica, le azioni dell\u0027Unione e degli Stati membri dovrebbero\nessere guidate dal principio di precauzione e dal principio «chi\ninquina paga», istituiti dal trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell\u0027efficienza\nenergetica al primo posto e del principio del «non nuocere» del Green\nDeal europeo. \n [...] \n (11) Vista l\u0027importanza della produzione e del consumo di\nenergia per il livello di emissioni di gas a effetto serra, e\u0027\nindispensabile realizzare la transizione verso un sistema energetico\nsicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato sulla diffusione\ndelle energie rinnovabili, su un mercato interno dell\u0027energia ben\nfunzionante e sul miglioramento dell\u0027efficienza energetica, riducendo\nnel contempo la poverta\u0027 energetica. Anche la trasformazione\ndigitale, l\u0027innovazione tecnologica, la ricerca e lo sviluppo sono\nfattori importanti per conseguire l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica. \n [...] \n (20) L\u0027Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro il 2050,\nun equilibrio all\u0027interno dell\u0027Unione tra le emissioni antropogeniche\ndalle fonti e gli assorbimenti antropogenici dai pozzi dei gas a\neffetto serra di tutti i settori economici e, ove opportuno,\nraggiungere emissioni negative in seguito. Tale obiettivo dovrebbe\ncomprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a\nlivello dell\u0027Unione regolamentati nel diritto dell\u0027Unione. [...] \n [...] \n (25) La transizione verso la neutralita\u0027 climatica presuppone\ncambiamenti nell\u0027intero spettro delle politiche e uno sforzo\ncollettivo di tutti i settori dell\u0027economia e della societa\u0027, come\nevidenziato nel Green Deal europeo. Il Consiglio europeo, nelle\nconclusioni del 12 dicembre 2019, ha dichiarato che tutte le\nnormative e politiche pertinenti dell\u0027Unione devono essere coerenti\ncon il conseguimento dell\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica e\ncontribuirvi, nel rispetto della parita\u0027 di condizioni, e ha invitato\nla commissione a valutare se cio\u0027 richieda un adeguamento delle norme\nvigenti. \n [...] \n (36) Al fine di garantire che l\u0027Unione e gli Stati membri\nrestino sulla buona strada per conseguire l\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica e registrino progressi nell\u0027adattamento, e\u0027\nopportuno che la Commissione valuti periodicamente i progressi\ncompiuti, sulla base delle informazioni di cui al presente\nregolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma\ndel regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso in cui i progressi\ncollettivi compiuti dagli Stati membri rispetto all\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica o all\u0027adattamento siano insufficienti o che le\nmisure dell\u0027Unione siano incoerenti con l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica o inadeguate per migliorare la capacita\u0027 di adattamento,\nrafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita\u0027, la commissione\ndovrebbe adottare le misure necessarie conformemente ai trattati.\n[...]» \n Il regolamento ha quindi sancito (art. 1) «l\u0027obiettivo vincolante\ndella neutralita\u0027 climatica nell\u0027Unione entro il 2050, in vista\ndell\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027art. 2, paragrafo 1, lettera a), dell\u0027accordo di Parigi»,\nprecisando che, onde conseguire tale obiettivo, «il traguardo\nvincolante dell\u0027Unione in materia di clima per il 2030 consiste in\nuna riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra\n(emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55 % rispetto ai\nlivelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). \n Ai sensi dell\u0027art. 5 del regolamento «Le istituzioni competenti\ndell\u0027Unione e gli Stati membri assicurano il costante progresso nel\nmiglioramento della capacita\u0027 di adattamento, nel rafforzamento della\nresilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027 ai cambiamenti\nclimatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7 dell\u0027accordo di Parigi»,\ngarantendo inoltre che «le politiche in materia di adattamento\nnell\u0027Unione e negli Stati membri siano coerenti, si sostengano\nreciprocamente, comportino benefici collaterali per le politiche\nsettoriali e si adoperino per integrare meglio l\u0027adattamento ai\ncambiamenti climatici in tutti i settori di intervento, comprese le\npertinenti politiche e azioni in ambito socioeconomico e ambientale,\nse del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna dell\u0027Unione». A tal fine,\n«Gli Stati membri adottano e attuano strategie e piani nazionali di\nadattamento, tenendo conto della strategia dell\u0027Unione\nsull\u0027adattamento ai cambiamenti climatici [...] e fondati su analisi\nrigorose in materia di cambiamenti climatici e di vulnerabilita\u0027,\nsulle valutazioni dei progressi compiuti e sugli indicatori, e\nbasandosi sulle migliori e piu\u0027 recenti evidenze scientifiche\ndisponibili. Nelle loro strategie nazionali di adattamento, gli Stati\nmembri tengono conto della particolare vulnerabilita\u0027 dei pertinenti\nsettori, tra cui l\u0027agricoltura, e dei sistemi idrici e alimentari\nnonche\u0027 della sicurezza alimentare, e promuovono soluzioni basate\nsulla natura e l\u0027adattamento basato sugli ecosistemi. Gli Stati\nmembri aggiornano periodicamente le strategie e includono\ninformazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono tenuti a\npresentare a norma dell\u0027art. 19, paragrafo 1, del regolamento (UE)\n2018/1999». \n 15.9 - La direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del\nConsiglio del 18 ottobre 2023 ha introdotto, tra l\u0027altro,\ndisposizioni volte a modificare la direttiva (UE) 2018/2001, il\nregolamento (UE) 2018/1999 e la direttiva n. 98/70/CE per quanto\nriguarda la promozione dell\u0027energia da fonti rinnovabili,\nevidenziando che: \n «[...] \n (2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nel\nconseguimento di tali obiettivi, dato che il settore energetico\ncontribuisce attualmente per oltre il 75% alle emissioni totali di\ngas a effetto serra nell\u0027Unione. Riducendo tali emissioni di gas a\neffetto serra, le energie rinnovabili possono anche contribuire ad\naffrontare sfide ambientali come la perdita di biodiversita\u0027, e a\nridurre l\u0027inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione\ndella Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo «Un percorso verso\nun pianeta piu\u0027 sano per tutti - Piano d\u0027azione dell\u0027UE: Verso\nl\u0027inquinamento zero per l\u0027aria, l\u0027acqua e il suolo». La transizione\nverde verso un\u0027economia basata sulle energie da fonti rinnovabili\ncontribuira\u0027 a conseguire gli obiettivi della decisione (UE) 2022/591\ndel Parlamento europeo e del Consiglio, che mira altresi\u0027 a\nproteggere, ripristinare e migliorare lo stato dell\u0027ambiente,\nmediante, tra l\u0027altro, l\u0027interruzione e l\u0027inversione del processo di\nperdita di biodiversita\u0027. [...]. \n (4) Il contesto generale determinato dall\u0027invasione\ndell\u0027Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia di\nCOVID-19 ha provocato un\u0027impennata dei prezzi dell\u0027energia\nnell\u0027intera Unione, evidenziando in tal modo la necessita\u0027 di\naccelerare l\u0027efficienza energetica e accrescere l\u0027uso delle energie\nda fonti rinnovabili nell\u0027Unione. Al fine di conseguire l\u0027obiettivo a\nlungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi terzi,\nl\u0027Unione dovrebbe concentrarsi sull\u0027accelerazione della transizione\nverde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione delle\nemissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili\nfossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i cittadini e\nle imprese dell\u0027Unione in tutti i settori dell\u0027economia. \n (5) Il piano REPowerEU stabilito nella comunicazione della\nCommissione del 18 maggio 2022 («piano REPowerEU») mira a rendere\nl\u0027Unione indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del\n2030. Tale comunicazione prevede l\u0027anticipazione delle capacita\u0027\neolica e solare, un aumento del tasso medio di diffusione di tale\nenergia e capacita\u0027 supplementari di energia da fonti rinnovabili\nentro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili\nrinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i colegislatori\na valutare la possibilita\u0027 di innalzare o anticipare gli obiettivi\nfissati per l\u0027aumento della quota di energia rinnovabile nel mix\nenergetico. [...] Al di la\u0027 di tale livello obbligatorio, gli Stati\nmembri dovrebbero adoperarsi per conseguire collettivamente\nl\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione del 45% di energia da fonti\nrinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. \n (6) [...] E\u0027 auspicabile che gli Stati membri possano\ncombinare diverse fonti di energia non fossili al fine di conseguire\nl\u0027obiettivo dell\u0027Unione di raggiungere la neutralita\u0027 climatica entro\nil 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze nazionali e\ndella struttura delle loro forniture energetiche. Al fine di\nrealizzare tale obiettivo, la diffusione dell\u0027energia rinnovabile nel\nquadro del piu\u0027 elevato obiettivo generale vincolante dell\u0027Unione\ndovrebbe iscriversi negli sforzi complementari di decarbonizzazione\nche comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili che\ngli Stati membri decidono di perseguire. \n [...] \n (25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere una piu\u0027 rapida\ndiffusione di progetti in materia di energia rinnovabile effettuando\nuna mappatura coordinata per la diffusione delle energie rinnovabili\ne per le relative infrastrutture, in coordinamento con gli enti\nlocali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare le zone\nterrestri, le superfici, le zone sotterranee, le acque interne e\nmarine necessarie per l\u0027installazione degli impianti di produzione di\nenergia rinnovabile e per le relative infrastrutture al fine di\napportare almeno i rispettivi contributi nazionali all\u0027obiettivo\ncomplessivo riveduto in materia di energia da fonti rinnovabili per\nil 2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)\n2018/2001 e a sostegno del conseguimento dell\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica entro e non oltre il 2050, in conformita\u0027 del\nregolamento (UE) 2021/1119. [...]. Gli Stati membri dovrebbero\ngarantire che le zone in questione riflettano le rispettive\ntraiettorie stimate e la potenza totale installata pianificata e\ndovrebbero individuare le zone specifiche per i diversi tipi di\ntecnologia di produzione di energia rinnovabile stabilite nei loro\npiani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima presentati a norma\ndegli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. \n [...]. \n (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme\ndi tali aree, specifiche zone terrestri (comprese superfici e\nsottosuperfici) e marine o delle acque interne come zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere\nparticolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in materia\ndi energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi di tecnologia,\nsulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di energia\nda fonti rinnovabili non dovrebbe comportare un impatto ambientale\nsignificativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per le\nenergie rinnovabili, gli Stati membri dovrebbero evitare le zone\nprotette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune\nmisure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero poter designare\nzone di accelerazione specificamente per le energie rinnovabili per\nuno o piu\u0027 tipi di impianti di produzione di energia rinnovabile e\ndovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti rinnovabili\nadatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Gli Stati membri dovrebbero designare tali zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili per almeno un tipo di\ntecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per\nle energie rinnovabili, alla luce delle specificita\u0027 e dei requisiti\ndel tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Cosi\u0027 facendo, gli Stati\nmembri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni combinate\ndi tali zone siano sostanziali e contribuiscano al conseguimento\ndegli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. \n (27) L\u0027uso polivalente dello spazio per la produzione di\nenergia rinnovabile e per altre attivita\u0027 terrestri, delle acque\ninterne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il\nripristino della natura, allentano i vincoli d\u0027uso del suolo, delle\nacque interne e del mare. In tale contesto la pianificazione\nterritoriale rappresenta uno strumento indispensabile con cui\nindividuare e orientare precocemente le sinergie per l\u0027uso del suolo,\ndelle acque interne e del mare. Gli Stati membri dovrebbero\nesplorare, consentire e favorire l\u0027uso polivalente delle zone\nindividuate a seguito delle misure di pianificazione territoriali\nadottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che gli Stati membri agevolino,\nove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare, purche\u0027\ni diversi usi e attivita\u0027 siano compatibili tra di loro e possano\ncoesistere. \n [...] \n (36) In considerazione della necessita\u0027 di accelerare la\ndiffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione delle\nzone di accelerazione per le energie rinnovabili non dovrebbe\nimpedire la realizzazione in corso e futura di progetti di energia\nrinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione. Questi\nprogetti dovrebbero continuare a sottostare all\u0027obbligo di\nvalutazione specifica dell\u0027impatto ambientale a norma della direttiva\n2011/92/UE, ed essere soggetti alle procedure di rilascio delle\nautorizzazioni applicabili ai progetti in materia di energia\nrinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Per accelerare le procedure di rilascio delle\nautorizzazioni nella misura necessaria a conseguire l\u0027obiettivo di\nenergia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE) 2018/2001, anche\nle procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti\nfuori dalle zone di accelerazione per le energie rinnovabili\ndovrebbero essere semplificate e razionalizzate attraverso\nl\u0027introduzione di scadenze massime chiare per tutte le fasi della\nprocedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese le valutazioni\nambientali specifiche per ciascun progetto». \n 15.10 - In ragione delle considerazioni sopra richiamate, la\ndirettiva ha introdotto, tra l\u0027altro, disposizioni in materia di\nmappatura delle zone necessarie per i contributi nazionali\nall\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile per il\n2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche\u0027 di\nprocedure amministrative per il rilascio delle relative\nautorizzazioni. \n 15.11 - Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e\ndel Consiglio dell\u002711 dicembre 2018, adottato sulla base degli\narticoli 192 e 194 TFUE, stabilisce la necessaria base legislativa\nper una governance dell\u0027Unione dell\u0027energia e dell\u0027azione per il\nclima affidabile, inclusiva, efficace sotto il profilo dei costi,\ntrasparente e prevedibile che garantisca il conseguimento degli\nobiettivi e dei traguardi a lungo termine fino al 2030 dell\u0027Unione\ndell\u0027energia, in linea con l\u0027accordo di Parigi del 2015 sui\ncambiamenti climatici derivante dalla 21a Conferenza delle parti alla\nConvenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici,\nattraverso sforzi complementari, coerenti e ambiziosi da parte\ndell\u0027Unione e degli Stati membri, limitando la complessita\u0027\namministrativa. \n Nel configurare tale meccanismo e\u0027 stato considerato, in\nparticolare, che: \n «(2) L\u0027Unione dell\u0027energia dovrebbe coprire cinque\ndimensioni: la sicurezza energetica; il mercato interno dell\u0027energia;\nl\u0027efficienza energetica; il processo di decarbonizzazione; la\nricerca, l\u0027innovazione e la competitivita\u0027. \n (3) L\u0027obiettivo di un\u0027Unione dell\u0027energia resiliente e\narticolata intorno a una politica ambiziosa per il clima e\u0027 di\nfornire ai consumatori dell\u0027UE - comprese famiglie e imprese -\nenergia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e di\npromuovere la ricerca e l\u0027innovazione attraendo investimenti; cio\u0027\nrichiede una radicale trasformazione del sistema energetico europeo.\nTale trasformazione e\u0027 inoltre strettamente connessa alla necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere l\u0027utilizzazione accorta e razionale delle risorse\nnaturali, in particolare promuovendo l\u0027efficienza energetica e i\nrisparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia rinnovabile\n[...]. \n [...] \n (7) L\u0027obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno il\n40% delle emissioni di gas a effetto serra nel sistema economico\nentro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, e\u0027 stato formalmente\napprovato in occasione del Consiglio «Ambiente» del 6 marzo 2015,\nquale contributo previsto determinato a livello nazionale,\ndell\u0027Unione e dei suoi Stati membri all\u0027accordo di Parigi. L\u0027accordo\ndi Parigi e\u0027 stato ratificato dall\u0027Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e\u0027\nentrato in vigore il 4 novembre 2016; sostituisce l\u0027approccio\nadottato nell\u0027ambito del protocollo di Kyoto del 1997, che e\u0027 stato\napprovato dall\u0027Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio\n(7) e che non sara\u0027 prorogato dopo il 2020. E\u0027 opportuno aggiornare\ndi conseguenza il sistema dell\u0027Unione per il monitoraggio e la\ncomunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto\nserra. \n (8) L\u0027accordo di Parigi ha innalzato il livello di ambizione\nglobale relativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici e\nstabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con l\u0027obiettivo di\nmantenere l\u0027aumento della temperatura mondiale media ben al di sotto\ndi 2°C rispetto ai livelli preindustriali e di continuare ad\nadoperarsi per limitare tale aumento della temperatura a 1,5°C\nrispetto ai livelli preindustriali. \n [...] \n (12) Nelle conclusioni del 23 e del 24 ottobre 2014, il\nConsiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare un sistema di\ngovernance affidabile, trasparente, privo di oneri amministrativi\nsuperflui e con una sufficiente flessibilita\u0027 per gli Stati membri\nper contribuire a garantire che l\u0027Unione rispetti i suoi obiettivi di\npolitica energetica, nel pieno rispetto della liberta\u0027 degli Stati\nmembri di stabilire il proprio mix energetico [...] \n [...] \n (18) Il principale obiettivo del meccanismo di governance\ndovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento degli\nobiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, in particolare gli obiettivi del\nquadro 2030 per il clima e l\u0027energia, nei settori della riduzione\ndelle emissioni dei gas a effetto serra, delle fonti di energia\nrinnovabili e dell\u0027efficienza energetica. Tali obiettivi derivano\ndalla politica dell\u0027Unione in materia di energia e dalla necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere l\u0027utilizzazione accorta e razionale delle risorse\nnaturali, come previsto nei trattati. Nessuno di questi obiettivi,\ntra loro inscindibili, puo\u0027 essere considerato secondario rispetto\nall\u0027altro. Il presente regolamento e\u0027 quindi legato alla legislazione\nsettoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di energia\ne di clima. Gli Stati membri devono poter scegliere in modo\nflessibile le politiche che meglio si adattano alle preferenze\nnazionali e al loro mix energetico, purche\u0027 tale flessibilita\u0027 sia\ncompatibile con l\u0027ulteriore integrazione del mercato,\nl\u0027intensificazione della concorrenza, il conseguimento degli\nobiettivi in materia di clima ed energia e il passaggio graduale a\nun\u0027economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. \n [...] \n (36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a lungo\ntermine con una prospettiva di almeno 30 anni per contribuire al\nconseguimento degli impegni da loro assunti ai sensi dell\u0027UNFCCC e\nall\u0027accordo di Parigi, nel contesto dell\u0027obiettivo dell\u0027accordo di\nParigi di mantenere l\u0027aumento della temperatura media mondiale ben al\ndi sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per\nlimitare tale aumento a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali\nnonche\u0027 delle riduzioni a lungo termine delle emissioni di gas a\neffetto serra e dell\u0027aumento dell\u0027assorbimento dai pozzi in tutti i\nsettori in linea con l\u0027obiettivo dell\u0027Unione [...]. \n (56) Se l\u0027ambizione dei piani nazionali integrati per\nl\u0027energia e il clima, o dei loro aggiornamenti, fosse insufficiente\nper il raggiungimento collettivo degli obiettivi dell\u0027Unione\ndell\u0027energia e, nel primo periodo, in particolare per il\nraggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile\ne di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a\nlivello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo di\ntali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali «divari di\nambizione»). Qualora i progressi dell\u0027Unione verso tali obiettivi e\ntraguardi fossero insufficienti a garantirne il raggiungimento, la\nCommissione dovrebbe, oltre a formulare raccomandazioni, proporre\nmisure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure\ngli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per garantire\nil raggiungimento di detti obiettivi, colmando cosi\u0027 eventuali\n«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero altresi\u0027 tenere\nconto degli sforzi pregressi dagli Stati membri per raggiungere\nl\u0027obiettivo 2030 relativo all\u0027energia rinnovabile ottenendo, nel 2020\no prima di tale anno, una quota di energia da fonti rinnovabili\nsuperiore al loro obiettivo nazionale vincolante oppure realizzando\nprogressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per il\n2020 o nell\u0027attuazione del loro contributo all\u0027obiettivo vincolante\ndell\u0027Unione di almeno il 32% di energia rinnovabile nel 2030. In\nmateria di energia rinnovabile, le misure possono includere anche\ncontributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati a un\nmeccanismo di finanziamento dell\u0027energia rinnovabile nell\u0027Unione\ngestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire ai progetti\nsull\u0027energia rinnovabile piu\u0027 efficienti in termini di costi in tutta\nl\u0027Unione, offrendo cosi\u0027 agli Stati membri la possibilita\u0027 di\ncontribuire al conseguimento dell\u0027obiettivo dell\u0027Unione al minor\ncosto possibile. Gli obiettivi degli Stati membri in materia di\nrinnovabili per il 2020 dovrebbero servire come quota base di\nriferimento di energia rinnovabile a partire dal 2021 e dovrebbero\nessere mantenuti per tutto il periodo. In materia di efficienza\nenergetica, le misure aggiuntive possono mirare soprattutto a\nmigliorare l\u0027efficienza di prodotti, edifici e trasporti. \n (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di\nenergia rinnovabile per il 2020, di cui all\u0027allegato I della\ndirettiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,\ndovrebbero servire come punto di partenza per la loro traiettoria\nindicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che uno\nStato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza\npiu\u0027 elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo, una\nquota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente parte della\ndirettiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo, la quota\ndi energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo di energia\ndi ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota\nbase di riferimento. \n (58) Se uno Stato membro non mantiene la quota base di\nriferimento misurata in un periodo di un anno, esso dovrebbe\nadottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il divario\nrispetto allo scenario di riferimento. Qualora abbia effettivamente\nadottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare\nil divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato conforme ai\nrequisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal momento\nin cui il divario in questione si e\u0027 verificato, sia ai sensi del\npresente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». \n 15.12 - Il meccanismo di governance si e\u0027 tradotto, tra l\u0027altro,\nnelle seguenti previsioni (come aggiornate con la direttiva (UE)\n2023/2413): \n «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e\nsuccessivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica alla\nCommissione un piano nazionale integrato per l\u0027energia e il clima\n[...]» (art. 3): \n «Ciascuno Stato membro definisce nel suo piano nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima i principali obiettivi, traguardi\ne contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all\u0027allegato I,\nsezione A, punto 2: \na) dimensione «decarbonizzazione»: \n[...] \n 2) per quanto riguarda l\u0027energia rinnovabile: \nal fine di conseguire l\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione per la quota\ndi energia rinnovabile per il 2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1,\ndella direttiva (UE) 2018/2001, un contributo in termini di quota\ndello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo lordo\ndi energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo segue\nuna traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria indicativa\nraggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18% dell\u0027aumento\ntotale della quota di energia da fonti rinnovabili tra l\u0027obiettivo\nnazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e il\nsuo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2025, la traiettoria\nindicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 43%\ndell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra\nl\u0027obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro\ninteressato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2027, la\ntraiettoria indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad\nalmeno il 65 % dell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti\nrinnovabili tra l\u0027obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello\nStato membro interessato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. \n Entro il 2030 la traiettoria indicativa deve raggiungere\nalmeno il contributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato membro\nprevede di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il\n2020, la sua traiettoria indicativa puo\u0027 iniziare al livello che si\naspetta di raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri,\nnel loro insieme, concorrono al raggiungimento dei punti di\nriferimento dell\u0027Unione nel 2022, 2025 e 2027 e all\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione per la quota di energia rinnovabile per il\n2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001.\nIndipendentemente dal suo contributo all\u0027obiettivo dell\u0027Unione e\ndalla sua traiettoria indicativa ai fini del presente regolamento,\nuno Stato membro e\u0027 libero di stabilire obiettivi piu\u0027 ambiziosi per\nfinalita\u0027 di politica nazionale» (art. 4); \n «Nel proprio contributo alla propria quota di energia da\nfonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia del 2030 e\ndell\u0027ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi\ndi cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro tiene\nconto degli elementi seguenti: \n a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; \n b) misure adottate per conseguire il traguardo di\nefficienza energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; \n c) altre misure esistenti volte a promuovere l\u0027energia\nrinnovabile nello Stato membro e, ove pertinente, a livello di\nUnione; \n d) l\u0027obiettivo nazionale vincolante 2020 di energia da\nfonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui\nall\u0027allegato I della direttiva (EU) 2018/2001. \n e) le circostanze pertinenti che incidono sulla diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile, quali: \ni) l\u0027equa distribuzione della diffusione nell\u0027Unione; \nii) le condizioni economiche e il potenziale, compreso il PIL pro\ncapite; \niii) il potenziale per una diffusione delle energie rinnovabili\nefficace sul piano dei costi; \niv) i vincoli geografici, ambientali e naturali, compresi quelli\ndelle zone e regioni non interconnesse; \nv) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri; \nvi) altre circostanze pertinenti, in particolare gli sforzi\npregressi. \n[...] \n 2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che la somma dei\nrispettivi contributi ammonti almeno all\u0027obiettivo vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il 2030\ndi cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.\n5); \n «Se nel settore dell\u0027energia rinnovabile, in base alla\nvalutazione di cui all\u0027art. 29, paragrafi 1 e 2, la commissione\nconclude che uno o piu\u0027 punti di riferimento della traiettoria\nindicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027, di cui all\u0027articolo 29,\nparagrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,\n2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti di\nriferimento nazionali di cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2,\nprovvedono all\u0027attuazione di misure supplementari entro un anno dal\nricevimento della valutazione della Commissione, volte a colmare il\ndivario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: \n a) misure nazionali volte ad aumentare la diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile; \n b) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti rinnovabili\nnel settore del riscaldamento e raffreddamento di cui all\u0027art. 23,\nparagrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n c) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti rinnovabili\nnel settore dei trasporti di cui all\u0027art. 25, paragrafo 1, della\ndirettiva (UE) 2018/2001; \n d) un pagamento finanziario volontario al meccanismo di\nfinanziamento dell\u0027Unione per l\u0027energia rinnovabile istituito a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia da\nfonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente dalla\ncommissione, come indicato all\u0027art. 33; \n e) l\u0027utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001» (art. 32). \n 103. Il decreto legislativo n. 199/2021 costituisce «Attuazione\ndella direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del\nConsiglio, dell\u002711 dicembre 2018, sulla promozione dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili» e si pone (art. 1) «l\u0027obiettivo di\naccelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando\ndisposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in coerenza\ncon gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico\nal 2030 e di completa decarbonizzazione al 2050», definendo «gli\nstrumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale,\nfinanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli\nobiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili\nal 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto\ndei criteri fissati dalla legge 22 aprile 2021, n. 53», recando\n«disposizioni necessarie all\u0027attuazione delle misure del Piano\nnazionale di ripresa e resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia\ndi energia da fonti rinnovabili, conformemente al Piano nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima (di seguito anche: PNIEC), con la\nfinalita\u0027 di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati,\ngia\u0027 orientati all\u0027aggiornamento degli obiettivi nazionali da\nstabilire ai sensi del regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si\nprevede, per l\u0027Unione europea, un obiettivo vincolante di riduzione\ndelle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 percento\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030». \n 15.13 - Come ripetutamente rilevato dalla giurisprudenza\ncostituzionale (ex multis, sentenze n. 121 del 2022, n. 77 del 2022,\nn. 106 del 2020, n. 286 del 2019, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n.\n44 del 2011), la normativa eurounitaria (nonche\u0027 quella nazionale) e\u0027\nispirata nel suo insieme al principio fondamentale di massima\ndiffusione delle fonti di energia rinnovabili, che tra l\u0027altro «trova\nattuazione nella generale utilizzabilita\u0027 di tutti i terreni per\nl\u0027inserimento di tali impianti, con le eccezioni [...] ispirate alla\ntutela di altri interessi costituzionalmente protetti» (Corte\ncostituzione, sentenza n. 13 del 2014). \n 15.14 - La disciplina originariamente contenuta nell\u0027art. 20 del\ndecreto legislativo n. 199/2021, relativa all\u0027individuazione delle\naree idonee e non idonee all\u0027installazione degli impianti alimentati\nda fonti rinnovabili, non prevedeva alcuna preclusione indiscriminata\nrispetto all\u0027utilizzo di terreni classificati agricoli. \n Il comma 3 del citato art. 20 stabilisce, in effetti, che «nella\ndefinizione della disciplina inerente le aree idonee, i decreti di\ncui al comma 1, tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio\nculturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della\nqualita\u0027 dell\u0027aria e dei corpi idrici, privilegiando l\u0027utilizzo di\nsuperfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e\nparcheggi, nonche\u0027 di aree a destinazione industriale, artigianale,\nper servizi e logistica, e verificando l\u0027idoneita\u0027 di aree non\nutilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non\nutilizzabili». Tale disposizione contempla indubbiamente un\u0027esigenza\ndi tutela delle aree agricole, ma da un lato non pone alcuna\npreclusione assoluta e, dall\u0027altro, stabilisce chiaramente che le\nsuperfici agricole non utilizzabile costituiscono, tra le altre, aree\nprivilegiate per l\u0027installazione degli impianti. \n Il comma 7 prevede, a sua volta, che «Le aree non incluse tra le\naree idonee non possono essere dichiarate non idonee\nall\u0027installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile,\nin sede di pianificazione territoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli\nprocedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero\ndelle aree idonee». \n Il successivo comma 8, inoltre, nell\u0027individuare transitoriamente\nle aree idonee sino all\u0027entrata in vigore della disciplina prevista\ndal comma 1, vi include, «fatto salvo quanto previsto alle lettere\na), b), c), c-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese nel\nperimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto\nlegislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone gravate da usi\ncivici di cui all\u0027art. 142, comma 1, lettera h), del medesimo\ndecreto, ne\u0027 ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a\ntutela ai sensi della parte seconda oppure dell\u0027art. 136 del medesimo\ndecreto legislativo». \n 15.15 - Il nuovo comma 1-bis dell\u0027art. 20 del decreto legislativo\nn. 199/2021, come introdotto dall\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024\n(decreto legge Agricoltura), stravolge completamente l\u0027assetto\nprevigente, prevedendo che «L\u0027installazione degli impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate\nagricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita esclusivamente\nnelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per\nmodifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli\nimpianti gia\u0027 installati, a condizione che non comportino incremento\ndell\u0027area occupata, c), incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino\nambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non\nripristinate, nonche\u0027 le discariche o i lotti di discarica chiusi\novvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter, numeri 2) e 3), del\ncomma 8 del presente articolo. Il primo periodo non si applica nel\ncaso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunita\u0027\nenergetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del presente decreto\nnonche\u0027 in caso di progetti attuativi delle altre misure di\ninvestimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR),\napprovato con decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come\nmodificato con decisione del Consiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e\ndel Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC)\ndi cui all\u0027art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito,\ncon modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di\nprogetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». \n Sulla base di tale assetto normativo, introdotto dall\u0027art. 5 del\ndecreto-legge n. 63/2024, gli impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra possono essere realizzati soltanto: \n a) nei siti ove sono gia\u0027 installati impianti della stessa\nfonte, nei limiti degli interventi di modifica, rifacimento,\npotenziamento o ricostruzione, senza incremento dell\u0027area occupata; \n b) presso cave e miniere cessate, non recuperate o\nabbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di\ncave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; \n c) presso i siti e gli impianti nelle disponibilita\u0027 delle\nsocieta\u0027 del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di\ninfrastrutture ferroviarie nonche\u0027 delle societa\u0027 concessionarie\nautostradali; \n d) presso i siti e gli impianti nella disponibilita\u0027 delle\nsocieta\u0027 di gestione aeroportuale all\u0027interno dei sedimi\naeroportuale; \n e) nelle aree interne agli impianti industriali e agli\nstabilimenti e in quelle classificate agricole racchiuse in un\nperimetro i cui punti distino non piu\u0027 di 500 metri dal medesimo\nimpianto o stabilimento; \n f) nelle aree adiacenti alla rete autostradale entro una\ndistanza non superiore a 300 metri. \n Dalla richiamata elencazione si desume che, in sostanza, la\ngeneralita\u0027 dei terreni classificati agricoli (circa la meta\u0027 della\nsuperficie del Paese) e\u0027 preclusa a qualsiasi intervento di\ninstallazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra\nche non consista nel mero rifacimento/modifica/ricostruzione, con\nconseguente preclusione all\u0027utilizzo di nuovo terreno agricolo. \n Il divieto non si estende - per espressa previsione - ai soli\nprogetti attuativi di misure finanziate con il PNRR o il PNC, che\ntuttavia non comprendono tutti i progetti necessari al raggiungimento\ndei target previsti dal PNIEC, che e\u0027 lo strumento previsto dalla\nnormativa eurounitaria per conseguire gli obiettivi vincolanti\ndell\u0027Unione per la quota di energia rinnovabile. \n Gia\u0027 tale circostanza evidenzia che un divieto di tale portata\nrischia di mettere seriamente a rischio il conseguimento di tali\nobiettivi, nella misura in cui sottrae una larga porzione del\nterritorio a ogni possibile utilizzo della tecnologia fotovoltaica\nsenza che ne siano prevedibili gli effetti in ordine alla\npossibilita\u0027 di rispettare le traiettorie stabilite in merito alla\nquota di energia da fonti rinnovabili. \n Tenuto conto dello stato di attuazione della disciplina di cui\nall\u0027art. 20, comma 1, decreto legislativo n. 199/2021, nonche\u0027 degli\nampi margini di flessibilita\u0027 che il decreto ministeriale 21 giugno\n2024 lascia alle regioni per l\u0027individuazione delle aree non idonee,\nl\u0027impatto di tale divieto e\u0027 del tutto incerto e, in ogni caso, si\nrisolve in un severo limite all\u0027individuazione delle zone disponibili\nper l\u0027installazione degli impianti che, a termini dell\u0027art. 15-ter,\npar. 1, secondo periodo, della Direttiva (UE) 2018/2001, devono\nessere commisurate «alle traiettorie stimate e alla potenza totale\ninstallata pianificata delle tecnologie per le energie rinnovabili\nstabilite nei piani nazionali per l\u0027energia e il clima presentati a\nnorma degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999». \n 15.16 - Peraltro, si e\u0027 gia\u0027 visto che, in forza dell\u0027art. 32 del\nregolamento (UE) 2018/1999, se la Commissione conclude che uno o piu\u0027\npunti di riferimento della traiettoria indicativa unionale per il\n2022, 2025 e 2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel\n2022, 2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti\ndi riferimento nazionali possono essere tenuti all\u0027adozione di misure\nsupplementari, ivi incluso un pagamento finanziario volontario al\nmeccanismo di finanziamento dell\u0027Unione per l\u0027energia rinnovabile\nistituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di\nenergia da fonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente\ndalla Commissione. \n La sottrazione indiscriminata di larga parte del territorio\nnazionale all\u0027utilizzo della tecnologia fotovoltaica potrebbe,\npertanto, implicare l\u0027obbligo di adottare misure supplementari, con\nimpatti anche sulle finanze pubbliche, ove ostacoli il raggiungimento\ndegli obiettivi. \n 15.17 - La preclusione generalizzata all\u0027installazione di\nimpianti fotovoltaici con moduli collocati a terra sembra inoltre\ncontrastare con il principio per cui, nell\u0027ambito del processo di\nindividuazione delle zone necessarie per i contributi nazionali\nall\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile per il\n2030 ai sensi del paragrafo 1 dell\u0027art. 15-ter della direttiva (UE)\n2018/2001, «Gli Stati membri favoriscono l\u0027uso polivalente delle zone\ndi cui al paragrafo 1. I progetti in materia di energia rinnovabile\nsono compatibili con gli usi preesistenti di tali zone» (art. 15-ter,\npar. 3). \n Come gia\u0027 rilevato, il considerando (27) della direttiva precisa\nche «Gli Stati membri dovrebbero esplorare, consentire e favorire\nl\u0027uso polivalente delle zone individuate a seguito delle misure di\npianificazione territoriali adottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che\ngli Stati membri agevolino, ove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso\ndel suolo e del mare, purche\u0027 i diversi usi e attivita\u0027 siano\ncompatibili tra di loro e possano coesistere». \n Il divieto introdotto dall\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024\nistituisce, invece, un insanabile conflitto tra l\u0027utilizzo della\ntecnologia fotovoltaica con moduli collocati a terra e l\u0027uso del\nsuolo a fini agricoli che, tuttavia, non sussiste (o sussiste solo in\nparte) quantomeno per la tecnologia agrivoltaica (anche non\navanzata). \n 15.18 - Nella misura in cui puo\u0027 ostacolare il raggiungimento\ndegli obiettivi di potenza installata delle tecnologie per le energie\nrinnovabili, il divieto in questione presenta inoltre, profili di\ncriticita\u0027 rispetto alla strategia di adattamento ai cambiamenti\nclimatici dell\u0027Unione. \n Come precedentemente ricordato, ai sensi dell\u0027art. 5 del\nregolamento (UE) 2021/1119, «Le istituzioni competenti dell\u0027Unione e\ngli Stati membri assicurano il costante progresso nel miglioramento\ndella capacita\u0027 di adattamento, nel rafforzamento della resilienza e\nnella riduzione della vulnerabilita\u0027 ai cambiamenti climatici in\nconformita\u0027 dell\u0027art. 7 dell\u0027accordo di Parigi». Essi, inoltre,\n«garantiscono [...] che le politiche in materia di adattamento\nnell\u0027Unione e negli Stati membri siano coerenti, si sostengano\nreciprocamente, comportino benefici collaterali per le politiche\nsettoriali e si adoperino per integrare meglio l\u0027adattamento ai\ncambiamenti climatici in tutti i settori di intervento, comprese le\npertinenti politiche e azioni in ambito socioeconomico e ambientale,\nse del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna dell\u0027Unione». \n 15.19 - Come precisato dalla Commissione europea nella\nComunicazione COM (2021) 82 final sulla nuova Strategia dell\u0027UE per\nl\u0027adattamento ai cambiamenti climatici, «Il Green Deal europeo, la\nstrategia di crescita dell\u0027UE per un futuro sostenibile, si basa\nsulla consapevolezza che la trasformazione verde e\u0027 un\u0027opportunita\u0027 e\nche la mancata azione ha un costo enorme. Con esso l\u0027UE ha mostrato\nla propria leadership per scongiurare lo scenario peggiore -\nimpegnandosi a raggiungere la neutralita\u0027 climatica - e prepararsi al\nmeglio - puntando ad azioni di adattamento piu\u0027 ambiziose che si\nfondano sulla strategia dell\u0027UE di adattamento del 2013. La visione a\nlungo termine prevede che nel 2050 l\u0027UE sara\u0027 una societa\u0027 resiliente\nai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti\ndei cambiamenti climatici. Cio\u0027 significa che entro il 2050, anno in\ncui l\u0027Unione aspira ad aver raggiunto la neutralita\u0027 climatica,\navremo rafforzato la capacita\u0027 di adattamento e ridotto al minimo la\nvulnerabilita\u0027 agli effetti dei cambiamenti climatici, in linea con\nl\u0027accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il\nraggiungimento dei target di potenza installata delle tecnologie\nrinnovabili costituisce, all\u0027evidenza, un elemento centrale per\nconseguire nel lungo termine l\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica,\nche potrebbe essere posto seriamente a rischio da una disciplina,\ncome quella censurata, che vieta sul tutto il territorio nazionale la\ntecnologia fotovoltaica con pannelli collocati a terra su tutti i\nterreni classificati agricoli, corrispondenti a oltre la meta\u0027 della\nsuperficie nazionale. \n 15.20 - Il divieto sembra anche contrastare con il principio di\nintegrazione di cui all\u0027art. 11 TFUE e all\u0027art. 37 della Carta di\nNizza, secondo cui «Le esigenze connesse con la tutela dell\u0027ambiente\ndevono essere integrate nella definizione e nell\u0027attuazione delle\npolitiche e azioni dell\u0027Unione, in particolare nella prospettiva di\npromuovere lo sviluppo sostenibile». \n L\u0027integrazione ambientale in tutti i settori politici pertinenti\n(agricoltura, energia, pesca, trasporti, ecc.) e\u0027 funzionale a\nridurre le pressioni sull\u0027ambiente derivanti dalle politiche e dalle\nattivita\u0027 di altri settori e per raggiungere gli obiettivi ambientali\ne climatici. \n Il divieto introdotto dall\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024,\nnel contesto di una disciplina di attuazione della direttiva (UE)\n2018/2001 sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili\nquale obiettivo della politica energetica dell\u0027Unione, solleva sul\npunto notevoli perplessita\u0027: \n da un lato, infatti, si inserisce nel complesso delle\nprevisioni dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 quale\ncorpo tendenzialmente estraneo, tant\u0027e\u0027 che le relative previsioni\nnon risultano neppure adeguatamente coordinate con il resto\ndell\u0027articolato (v., ad esempio, il comma 3 del medesimo art. 20,\nladdove prevede che i decreti di cui al comma 1 verifichino, tra\nl\u0027altro, «l\u0027idoneita\u0027 di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi\nincluse le superfici agricole non utilizzabili»); \n dall\u0027altro lato, la norma non istituisce alcuna forma di\npossibile bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo\nun\u0027indefettibile prevalenza dell\u0027interesse alla conservazione dello\nstato dei luoghi dei terreni classificati agricoli senza alcuna\nconsiderazione finanche della loro possibile, concreta\nutilizzabilita\u0027 a fini agricoli, in contrasto con l\u0027obiettivo del\ndecreto stesso di promuovere l\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili. \n 15.21 - Da quanto precede risulta anche che la disciplina\ncensurata confligge con il principio di proporzionalita\u0027, con\nviolazione anche dell\u0027art. 3 della Costituzione. \n Come la Corte di giustizia ha piu\u0027 volte ribadito, «il principio\ndi proporzionalita\u0027 e\u0027 un principio generale del diritto comunitario\nche dev\u0027essere rispettato tanto dal legislatore comunitario quanto\ndai legislatori e dai giudici nazionali» (sentenza 11 giugno 2009,\nC-170/08, 41). \n Il sindacato di proporzionalita\u0027 costituisce, inoltre, un aspetto\ndel controllo di ragionevolezza delle leggi condotto dalla\ngiurisprudenza costituzionale, onde verificare che il bilanciamento\ndegli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato\ncon modalita\u0027 tali da determinare il sacrificio o la compressione di\nuno di essi in misura eccessiva e pertanto incompatibile con il\ndettato costituzionale. \n Come la stessa Corte ha precisato, «Tale giudizio deve svolgersi\n«attraverso ponderazioni relative alla proporzionalita\u0027 dei mezzi\nprescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalita\u0027\nrispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalita\u0027 che\nintende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle\nlimitazioni concretamente sussistenti» (sentenza n. 1130 del 1988).\nIl test di proporzionalita\u0027 utilizzato da questa Corte come da molte\ndelle giurisdizioni costituzionali europee, spesso insieme con quello\ndi ragionevolezza, ed essenziale strumento della Corte di giustizia\ndell\u0027Unione europea per il controllo giurisdizionale di legittimita\u0027\ndegli atti dell\u0027Unione e degli Stati membri, richiede di valutare se\nla norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalita\u0027 di\napplicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di\nobiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra piu\u0027 misure\nappropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a\nconfronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al\nperseguimento di detti obiettivi» (Corte cost., sentenza n. 1 del\n2014). \n 15.22 - Innanzitutto, la misura censurata consiste in un divieto\ngeneralizzato e assoluto all\u0027utilizzo, su un\u0027ampia parte del\nterritorio nazionale, di una determinata tecnologia a fonti\nrinnovabili. Si tratta di una soluzione del tutto diversa rispetto a\nquella adottata in funzione di tutela di tutti gli altri valori che\nentrano in bilanciamento con il principio di massima diffusione delle\nfonti rinnovabili: le esigenze di tutela dell\u0027ambiente, della\nbiodiversita\u0027, dei beni culturali e del paesaggio passa, infatti,\nattraverso l\u0027individuazione di aree non idonee che, come in\nprecedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi\u0027 zone in\ncui, in ragione delle esigenze di protezione in concreto esistenti,\ne\u0027 altamente verosimile un esito negativo della valutazione di\ncompatibilita\u0027 dei progetti. \n Cio\u0027, peraltro, non osta alla possibilita\u0027 di verificare, in\nconcreto e nell\u0027ambito dei singoli procedimenti autorizzativi,\neventuali margini di compatibilita\u0027 degli interventi proposti. \n L\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 stabilisce, invece, una\nprevalenza assoluta e incondizionata dell\u0027interesse alla\nconservazione dei suoli classificati agricoli, valutata in astratto e\na monte dal Legislatore e che non consente la pur minima possibilita\u0027\ndi contemperamento con gli altri interessi in gioco, anche di rilievo\ncostituzionale. \n Sotto tale profilo, occorre rilevare, in disparte i gia\u0027\nevidenziati profili di contrasto con il diritto unionale, che ai\nsensi dell\u0027art. 9 Cost. la Repubblica tutela l\u0027ambiente, la\nbiodiversita\u0027 e gli ecosistemi «anche nell\u0027interesse delle future\ngenerazioni», con cio\u0027 incorporando il principio di sviluppo\nsostenibile nell\u0027ambito dei principi fondamentali in materia di\ntutela ambientale. \n L\u0027incondizionato sacrificio di tale principio, quale sotteso al\ndivieto in esame, contrasta, pertanto, con l\u0027art. 3 della\nCostituzione, nonche\u0027 con l\u0027art. 9 citato e con la consolidata\ngiurisprudenza costituzionale secondo cui «Tutti i diritti\nfondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di\nintegrazione reciproca e non e\u0027 possibile pertanto individuare uno di\nessi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve\nessere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non\ncoordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del\n2012). Se cosi\u0027 non fosse, si verificherebbe l\u0027illimitata espansione\ndi uno dei diritti, che diverrebbe «tiranno» nei confronti delle\naltre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e\nprotette [...]. La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni\ndemocratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e\nvicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza\npretese di assolutezza per nessuno di essi. [...] Il punto di\nequilibrio, proprio perche\u0027 dinamico e non prefissato in anticipo,\ndeve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle norme\ne dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo criteri di\nproporzionalita\u0027 e di ragionevolezza, tali da non consentire un\nsacrificio del loro nucleo essenziale» (Corte cost., sentenza n. 85\ndel 2013). \n 15.23 - Sotto altro profilo, il divieto cosi\u0027 introdotto e\u0027\noperativo sulla base della mera classificazione dell\u0027area come\nagricola secondo i piani urbanistici, senza che alcuna rilevanza\nassumano il suo concreto utilizzo o la sua utilizzabilita\u0027 a tali\nfini. Anche per tale riguardo la disposizione si mostra irragionevole\ne sproporzionata, in quanto la dichiarata finalita\u0027 di contrastare il\nconsumo di suolo agricolo non e\u0027 riscontrabile (o quantomeno non nei\ntermini incondizionati e assoluti previsti dalla norma) in relazione\nalle superfici agricole non utilizzabili o degradate. \n Manca, inoltre, qualsivoglia considerazione della qualita\u0027 e\ndell\u0027importanza delle colture. \n In raffronto, le attuali linee guida di cui al decreto\nministeriale 10 settembre 2010 prevedono che: \n le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici\nnon possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; \n l\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027\nriguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente\nsoggette a tutela dell\u0027ambiente, del paesaggio e del patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027 tradursi nell\u0027identificazione di fasce di\nrispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate\nesigenze di tutela. \n La tutela di tali interessi e\u0027 infatti salvaguardata dalle norme\nstatali e regionali in vigore ed affidate nei casi previsti, alle\namministrazioni centrali e periferiche, alle regioni, agli enti\nlocali ed alle autonomie funzionali all\u0027uopo preposte, che sono\ntenute a garantirla all\u0027interno del procedimento unico e della\nprocedura di Valutazione dell\u0027impatto ambientale nei casi previsti; \n le regioni possono procedere ad indicare come aree e siti non\nidonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree\nparticolarmente sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni\nterritoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da\nproduzioni agricolo-alimentari di qualita\u0027 (produzioni biologiche,\nproduzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni\ntradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto\npaesaggistico-culturale, anche con riferimento alle aree, se previste\ndalla programmazione regionale, caratterizzate da un\u0027elevata\ncapacita\u0027 d\u0027uso del suolo. \n Una siffatta, contestualizzata disciplina risulta conforme alle\nindicazioni emergenti in sede europea, per cui «Gli Stati membri\ndovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui\nnon puo\u0027 essere sviluppata l\u0027energia rinnovabile (\"zone di\nesclusione\"). Essi dovrebbero fornire informazioni chiare e\ntrasparenti, corredate di una giustificazione motivata, sulle\nrestrizioni dovute alla distanza dagli abitati e dalle zone\ndell\u0027aeronautica militare o civile. Le restrizioni dovrebbero essere\nbasate su dati concreti e concepite in modo da rispondere allo scopo\nperseguito massimizzando la disponibilita\u0027 di spazio per lo sviluppo\ndei progetti di energia rinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli\ndi pianificazione territoriale» (cfr. la Raccomandazione (UE)\n2024/1343 della Commissione del 13 maggio 2024 sull\u0027accelerazione\ndelle procedure autorizzative per l\u0027energia da fonti rinnovabili e i\nprogetti infrastrutturali correlati). \n La disciplina posta dall\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 si\ntraduce, invece, nell\u0027esatto opposto, ponendo un divieto che\nmassimizza le zone di esclusione, non fondato su dati concreti e\ncertamente non rispondente all\u0027obietto di massimizzare la\ndisponibilita\u0027 di spazio per lo sviluppo dei progetti di energia\nrinnovabile. \n\n 16 - I rilevati profili di incostituzionalita\u0027 vanno del pari\nriferiti all\u0027art. 5, comma 2, del decreto-legge n. 63/2024, laddove\npone una disciplina di salvaguardia che ha quale presupposto il\ndivieto di cui al comma 1, nonche\u0027 all\u0027art. 2, comma 2, primo\nperiodo, del decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190, recante\n«Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da\nfonti rinnovabili», ove prevede che «Gli interventi di cui all\u0027art.\n1, comma 1, sono considerati di pubblica utilita\u0027, indifferibili e\nurgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole\ndai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto\nall\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n.\n199». \n Tale disposizione, infatti, riproduce il divieto di cui al citato\ncomma 1-bis dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021. \n17 - Questioni da sottoporre alla Corte costituzionale. \n 17.1 - In ragione di tutto quanto sopra, sono rilevanti (per\nquanto illustrato al punto 13 della presente sentenza) e non\nmanifestamente infondate (secondo quanto evidenziato al punto 15) le\nquestioni di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 5, commi 1 e 2,\ndel decreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla\nlegge n. 101/2024, nonche\u0027 dell\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, del\ndecreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190, per violazione degli\narticoli 3, 9, 11 e 117, comma 1, della Costituzione, anche in\nrelazione ai principi espressi dalla direttiva (UE) 2018/2001 e dal\nregolamento (UE) 2018/1999, come modificati dalla direttiva (UE)\n2023/2413, nonche\u0027 dal regolamento (UE) 2021/1119. \n 17.2 - Le predette questioni vengono sollevate con la presente\nsentenza non definitiva, anziche\u0027 con ordinanza, in ragione della\nstretta connessione delle statuizioni che definiscono parzialmente in\ngiudizio con i profili oggetto di rimessione, nonche\u0027 in conformita\u0027\nalla giurisprudenza costituzionale secondo la quale «Alla sentenza\nnon definitiva puo\u0027 essere [...] riconosciuto, sul piano sostanziale,\nil carattere dell\u0027ordinanza di rimessione, sempre che il giudice a\nquo - come nel caso in esame - abbia disposto, in conformita\u0027 a\nquanto previsto dall\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme\nsulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale),\nla sospensione del procedimento principale e la trasmissione del\nfascicolo alla cancelleria di questa Corte, dopo aver valutato la\nrilevanza e la non manifesta infondatezza della questione (in questi\ntermini, tra le altre, sentenze n. 112 del 2021 e n. 153 del 2020)»\n(Corte cost., sentenza n. 218/2021). \n18 - Conclusioni. \n 18.1 - In conclusione, il Collegio, in ordine al ricorso in\nesame, cosi\u0027 statuisce: \n dichiara il ricorso inammissibile, per carenza d\u0027interesse,\nin relazione ai motivi da I a II.3; \n rigetta il ricorso quanto ai motivi III.1 e III.2; \n dichiara manifestamente infondata la questione di\ncostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024,\nconvertito, con modificazioni, dalla legge n. 101/2024, per\nviolazione dell\u0027art. 77 della Costituzione; \n dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le\nquestioni di costituzionalita\u0027 dell\u0027art. 5, comma 1 e 2, del\ndecreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge\nn. 101/2024, nonche\u0027 dell\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto\nlegislativo n. 190/2024, per violazione degli articoli 3, 9, 11 e\n117, comma 1, Cost., anche in relazione ai principi espressi dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come\nmodificati dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche\u0027 dal regolamento\n(UE) 2021/1119. Il giudizio va quindi sospeso per le determinazioni\nconseguenti alla definizione dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027. \n19 - Sospende il giudizio in attesa della pronuncia della Corte\ncostituzionale. \n20 - Rinvia il regolamento delle spese di lite all\u0027esito del\ngiudizio. \n\n \n P. Q. M. \n \n Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio Roma - Sezione\nTerza, parzialmente e non definitivamente pronunciando sul ricorso,\ncome in epigrafe proposto, cosi\u0027 dispone: \n a) lo dichiara inammissibile, per carenza d\u0027interesse, quanto\nai motivi da I a II.3; \n b) lo rigetta, nei sensi di cui in motivazione, quanto ai\nmotivi III.1 e III.2; \n c) dichiara manifestamente infondata la questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 5, comma 1, del decreto-legge\nn. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 101/2024,\nper violazione dell\u0027art. 77 della Costituzione; \n d) dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, nei\ntermini espressi in motivazione, le questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale del richiamato art. 5, commi 1 e 2, del decreto-legge\nn. 63/2024, nonche\u0027 dell\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto\nlegislativo n. 190/2024, per violazione degli articoli 3, 9, 11 e\n117, comma 1, Cost., anche in relazione ai principi espressi dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come\nmodificati dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche\u0027 dal regolamento\n(UE) 2021/1119; \n e) sospende il giudizio per le determinazioni conseguenti\nalla definizione dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027 e, ai sensi\ndell\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone la\ntrasmissione degli atti alla Corte costituzionale; \n f) dispone la comunicazione della presente sentenza alle\nparti in causa, nonche\u0027 la sua notificazione al Presidente del\nConsiglio dei ministri, al Presidente del Senato della Repubblica e\nal Presidente della Camera dei deputati; \n g) rinvia ogni ulteriore statuizione all\u0027esito del giudizio\nincidentale promosso con la presente sentenza. \n Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall\u0027autorita\u0027\namministrativa. \n Cosi\u0027 deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 5\nfebbraio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n Elena Stanizzi, Presidente, estensore; \n Luca Biffaro, referendario; \n Marco Savi, referendario; \n \n Il Presidente, estensore: Stanizzi","elencoNorme":[{"id":"63137","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dl","denominaz_legge":"decreto-legge","data_legge":"15/05/2024","data_nir":"2024-05-15","numero_legge":"63","descrizionenesso":"convertito con modificazioni in","legge_articolo":"5","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto-legge:2024-05-15;63~art5"},{"id":"63368","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"12/07/2024","data_nir":"2024-07-12","numero_legge":"101","descrizionenesso":"aggiuntivo 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