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(violenza sessuale), nelle ipotesi aggravate ai sensi dell\u0027art. 609-ter cod. pen. – Contrasto con l’intero impianto normativo che regola il processo penale minorile, avente come finalità il recupero del minore deviante mediante la sua rieducazione e il suo reinserimento sociale – Inosservanza degli obblighi internazionali in relazione ai principi espressi in numerosi atti internazionali in tema di giustizia minorile – Disparità di trattamento rispetto agli imputati di reati anche più gravi, in considerazione della pena\u0026nbsp;edittale e del rilevante allarme sociale ovvero perché rientranti nella legislazione antimafia – Violazione del principio di ragionevolezza.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u003c/p\u003e","prima_parte":"K.D.R. 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O.. \n \nProcesso penale - Processo minorile  -  Sospensione  del  processo  e\n  messa alla prova - Modifiche normative ad opera  del  decreto-legge\n  n. 123 del 2023, come convertito -  Esclusione  dell\u0027applicabilita\u0027\n  delle disposizioni del comma 1 dell\u0027art. 28 del d.P.R. n.  448  del\n  1988, in tema di sospensione del processo con messa alla prova,  ai\n  delitti  previsti  dall\u0027art.  609-bis  cod.  pen.,  nelle   ipotesi\n  aggravate ai sensi dell\u0027art. 609-ter cod. pen. \n- Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988,  n.  448\n  (Approvazione delle disposizioni sul processo penale  a  carico  di\n  imputati minorenni), art. 28, comma 5-bis. \n\n\r\n(GU n. 21 del 21-05-2025)\n\r\n \n                  TRIBUNALE PER I MINORENNI DI ROMA \n \n    Il Giudice dell\u0027udienza preliminare composto da: \n      1) dr.ssa Paola Manfredonia - Presidente \n      2) dr.ssa Annarosa Porfilio - Giudice On. \n      3) dr. Roberto Saccomandi - Giudice On. \n    riunito in Camera di consiglio all\u0027udienza del 17 aprile 2025 nel\nprocedimento indicato in epigrafe a carico di O K D R  ,  nato  a  il\ndifeso d\u0027ufficio dall\u0027avv. Claudia Prioreschi, ha emesso la seguente \n \n                              Ordinanza \n \n    All\u0027esito delle indagini preliminari il pubblico ministero presso\nquesto tribunale chiedeva il rinvio a giudizio nei confronti di O K D\nR imputato: \n    del reato previsto e punito dall\u0027art. 609-bis ultimo comma  cp  e\nart. 609-ter comma I nr. 5 cp,  per  aver  costretto  F  G  (di  anni\nquindici al momento dei fatti)  a  subire  atti  sessuali  baciandola\ncontro la sua volonta\u0027 e toccandola ripetutamente sul  seno  e  nelle\nparti intime - infilandole la mano sotto le mutande -  nonostante  il\ndiniego piu\u0027 volte espresso dalla stessa, non  in  grado  di  opporsi\nvalidamente a causa dell\u0027assunzione di bevande alcoliche. \n    Comm. in         il pomeriggio dell\u0027         . \n    Fissata l\u0027udienza al 13 marzo  2025,  sentito  l\u0027imputato,  preso\natto  della  relazione  ex  art.  9  decreto  del  Presidente   della\nRepubblica n. 448/1988 dell\u0027USSM e della relazione psicologica  della\nUOC TSMREE Asl RM 5 di Guidonia,  il  difensore  chiedeva  sollevarsi\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale  del  comma  5-bis  inserito\nnell\u0027art. 28 decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  448/1988\ndalla legge  13  novembre  2023,  n.  159,  che  ha  convertito,  con\nmodificazioni, il decreto-legge 15 settembre 2023 n. 123 (cd. decreto\nCaivano) recante «Misure urgenti di contrasto al  disagio  giovanile,\nalla poverta\u0027 educativa e alla criminalita\u0027 minorile» che ha  escluso\nla possibilita\u0027 di sospendere il processo con  messa  alla  prova  in\nrelazione a determinati reati,  tra  i  quali  la  violenza  sessuale\naggravata ai sensi dell\u0027art. 609-ter  del  codice  penale.  Il  comma\n5-bis  dell\u0027art.  28  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.\n448/1988 prevede infatti che «le disposizioni di cui al comma  I  non\nsi applicano ai delitti previsti ...  dall\u0027art.  609-bis  del  codice\npenale, limitatamente  alle  ipotesi  aggravate  ai  sensi  dell\u0027art.\n609-ter ...». \n    Il  Collegio,  ritenuta  la  rilevanza   e   la   non   manifesta\ninfondatezza della questione proposta, preso atto della incompletezza\ndella  notifica  alla  persona  offesa  F  G  e  agli  esercenti   la\nresponsabilita\u0027 genitoriale, rinviava il  processo  ad  oggi  per  la\nrinnovazione delle  notifiche  suindicate  riservandosi  il  deposito\ndell\u0027ordinanza. \n    All\u0027odierna  udienza,  sciolta  la  riserva,  preso  atto   delle\nconclusioni delle parti, il Collegio depositava la presente ordinanza\nprevia lettura del dispositivo. \n    L\u0027imputazione contestata all\u0027imputato riguarda il  reato  di  cui\nagli articoli 609-bis e 609-ter cp, commesso in data 1° giugno 2024. \n    All\u0027odierno imputato e\u0027, dunque, preclusa de iure la possibilita\u0027\ndi essere ammesso alla prova  ai  sensi  del  comma  I  dell\u0027art.  28\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988, ed  il  Collegio\nnon puo\u0027 prendere  in  considerazione  la  richiesta  avanzata  nella\nmemoria dal difensore,  che  dovrebbe,  pertanto,  essere  rigettata,\nsenza poter entrare nel  merito  della  valutazione  in  ordine  alla\nrelativa fattibilita\u0027 della messa alla prova. \n    Cio\u0027 premesso, occorre verificare la rilevanza  e  non  manifesta\ninfondatezza della questione proposta. \n    Il vaglio di rilevanza  della  questione  attiene  alla  verifica\ndell\u0027impossibilita\u0027, per il giudice  a  quo,  di  risolvere  il  caso\npratico  sottoposto  alla  sua  attenzione,  indipendentemente  dalla\nrisoluzione della questione stessa. \n    Sul punto della rilevanza, il  Collegio,  esaminati  gli  atti  e\nsentito l\u0027imputato, ritiene che, in assenza della disposizione di cui\nal comma 5-bis dell\u0027art. 28 decreto del Presidente  della  Repubblica\nn. 448/1988, avrebbe potuto valutare positivamente la  richiesta  del\ndifensore di messa alla prova.  Si  ritengono,  infatti,  sussistenti\ntutti   i   requisiti    richiesti    dal    costante    orientamento\ngiurisprudenziale minorile ai fini dell\u0027ammissione  alla  messa  alla\nprova. \n    Occorre premettere che,  sulla  base  del  contenuto  degli  atti\nprocessuali  e  delle  dichiarazioni  rese  dall\u0027imputato,  non  puo\u0027\npervenirsi ad una  pronuncia  di  proscioglimento  nel  merito  dello\nstesso; ne\u0027 emergono elementi per ritenere insussistente la capacita\u0027\ndi intendere e di volere del minore, come piu\u0027 avanti specificato. \n    Per  quanto  attiene  alla  sussistenza   dei   presupposti   per\nl\u0027ammissione all\u0027istituto de quo, emerge  dal  contenuto  degli  atti\nprocessuali, della denuncia  della  stessa  persona  offesa  e  dalle\ndichiarazioni rese dall\u0027imputato e dalle relazioni agli atti  che  il\ncompimento del reato non e\u0027 stato il prodotto di una scelta  deviante\nradicata  da  parte  di  un  soggetto  minorenne  dalla  personalita\u0027\ndelinquenziale  strutturata:  il  minore,  infatti,  e\u0027  incensurato,\nfrequenta regolarmente la scuola e un gruppo di catechesi  presso  la\nParrocchia di zona fa parte stabilmente di una squadra di calcio;  il\ncontesto ambientale di appartenenza offre ampi spazi di recupero  del\nminore e lo stesso e\u0027 disponibile ad aderire ad un progetto educativo\nanche con l\u0027intervento dei servizi  specialistici  della  ASL  tenuto\nconto delle fragilita\u0027 cognitive dell\u0027imputato; il fatto non presenta\ni connotati dell\u0027irrilevanza ex art. 27 decreto del Presidente  della\nRepubblica  n.  448/1988,  non  potendosi  fondare  la  stessa  sulla\ncontestazione  dell\u0027ultimo  comma  dell\u0027art.  609-bis  cp,  il  quale\nintroduce una circostanza attenuante ad effetto speciale che  di  per\nse\u0027 non e\u0027 idonea a rendere tenue, nel caso di specie, il titolo  del\nreato, alla luce dell\u0027aggravante  contestata  e  del  bene  giuridico\ntutelato (liberta\u0027 sessuale di un soggetto minore  di  eta\u0027)  nonche\u0027\ndelle sommarie informazioni rese dalla persona offesa F  G  circa  la\ndinamica dei fatti. Anche il perdono giudiziale (sebbene in  astratto\nconcedibile, in quanto la pena irrogabile in concreto,  tenuto  conto\ndell\u0027ultimo  comma  dell\u0027art.  609-bis  e  della  minore  eta\u0027,  puo\u0027\nrientrare  nei  limiti  edittali  per  la  concessione  dell\u0027istituto\nclemenziale) rappresenterebbe una definizione del processo  deteriore\na fronte dell\u0027applicazione della messa alla prova in  quanto,  da  un\nlato, la sentenza ex art. 169 cp verrebbe  annotata  sul  certificato\npenale fino al compimento dei 21  anni  di  eta\u0027  dell\u0027imputato,  con\nindubbio  pregiudizio  per  il   medesimo,   trattandosi   di   reato\n«infamante» e stigmatizzante, dall\u0027altro precluderebbe  il  tentativo\ndi  recupero  del  minore   anche   sul   piano   di   una   maggiore\nresponsabilizzazione dello stesso in relazione alla corretta gestione\ndella sessualita\u0027, a fronte di una sua piena resipiscenza - come piu\u0027\navanti precisato  -  e  precluderebbe  altresi\u0027  la  possibilita\u0027  al\ngiudice di  impartire  prescrizioni  dirette  a  promuovere,  qualora\npercorribile nel caso concreto, la conciliazione dell\u0027imputato con la\npersona offesa, la quale, nel processo  penale  minorile,  attraverso\nl\u0027istituto della messa alla  prova  potrebbe  beneficiare  di  azioni\nriparative ovvero risarcitorie in senso lato, tenuto  conto  altresi\u0027\ndell\u0027art. 10 decreto del Presidente della Repubblica  n.  488/88  che\nregola la inammissibilita\u0027 dell\u0027azione civile per le  restituzioni  e\nil risarcimento del danno  cagionato  dal  reato.  Infine,  non  puo\u0027\nessere ignorata l\u0027eta\u0027 dell\u0027imputato al momento della commissione del\nfatto, 14 anni e sei mesi,  caratteristica  che  fonda  ulteriormente\nl\u0027opportunita\u0027 di  un  percorso  rieducativo  e  risocializzante  del\nminore attraverso l\u0027istituto della messa alla prova. \n    L\u0027imputato ha ammesso l\u0027addebito sin dalla  fase  delle  indagini\npreliminari, precisando di avere commesso il fatto mentre  lui  e  la\nragazza   erano   ubriachi   (entrambi   avevano   assunto   alcolici\nvolontariamente) e gli amici lo incitavano a toccare la  ragazza;  il\ngiorno dopo le ha chiesto scusa e anche il giorno successivo,  quando\naveva saputo che girava voce all\u0027interno della scuola che  lui  aveva\n«stuprato» G . L\u0027imputato ha dichiarato di avere chiesto scusa  anche\nalla sorella della persona offesa, circostanza confermata dalla madre\ndi quest\u0027ultima, sentita a sommarie informazioni. \n    Anche dal  contenuto  della  denuncia  della  persona  offesa  e\u0027\nevidente la resipiscenza del minore: la persona offesa dopo  i  fatti\nincontra due volte l\u0027imputato, lui si scusa ribadendo che quel giorno\nnon aveva capito nulla perche\u0027 era ubriaco e si  scusa  nuovamente  a\nscuola, lei gli chiede come avrebbe reagito  se  alla  sorella  fosse\nsuccessa la stessa cosa e  lui  le  risponde  che  avrebbe  picchiato\nl\u0027autore della violenza e che i genitori avrebbero  sporto  denuncia.\nAgli atti sono  presenti  screenshots  dei  messaggi  intercorsi  tra\nl\u0027imputato e la persona offesa dai quali emerge anche  il  timore  da\nparte dell\u0027imputato di essere picchiato  dagli  amici  della  persona\noffesa, circostanza che  fonda  ulteriormente  la  consapevolezza  da\nparte dell\u0027imputato del disvalore di quanto commesso e, dunque, della\nsua piena capacita\u0027 di intendere e di volere. \n    Sussiste, pertanto, una rimeditazione critica rispetto  al  reato\ncontestato autentica e non strumentale ed espressa  immediatamente  e\ndirettamente alla persona offesa all\u0027indomani dei fatti accaduti  con\nlealta\u0027 e spontaneita\u0027 e prima ancora che venisse sporta denuncia. \n    Il Collegio ritiene dunque la sussistenza di tutti i requisiti di\nmerito in astratto  necessari  per  l\u0027ammissione  dell\u0027imputato  alla\nmessa alla prova prevista dall\u0027art. 28 decreto del  Presidente  della\nRepubblica n. 448/1988. \n    La previsione di cui al comma 5-bis  introdotto  dalla  legge  13\nnovembre 2023, n. 159, non consente la sospensione del processo e  la\nmessa alla prova dell\u0027odierno imputato avendo lo stesso  commesso  un\nreato divenuto ostativo, neanche sotto il profilo di una  valutazione\ndi  un  progetto  di  intervento  elaborato  dai   servizi   minorili\ndell\u0027amministrazione della giustizia in collaborazione con i  servizi\nsocio-assistenziali degli enti locali, come previsto dall\u0027art. 27 del\ndecreto legislativo n. 272/1989. \n    L\u0027istituto della messa alla prova e\u0027 strutturato in base all\u0027idea\nche la stessa non debba incontrare limiti quanto alla  tipologia  dei\nreati al punto che, in base alle indicazioni contenute nella sentenza\nn. 412/90 della Corte  costituzionale,  che  dichiaro\u0027  infondata  la\nquestione  di  legittimita\u0027  costituzionale  sollevata  in  relazione\nall\u0027art. 3 Cost. a carico degli articoli 28 e 30 nella parte  in  cui\nnon prevedevano  per  i  reati  puniti  con  la  pena  dell\u0027ergastolo\nl\u0027applicabilita\u0027 della messa alla prova, furono introdotte  dall\u0027art.\n44 decreto legislativo n. 12/1991 al  primo  comma  dell\u0027art.  28  le\nparole «dell\u0027ergastolo o» aggiungendo cosi\u0027 alla previsione  relativa\nalla durata della prova la menzione esplicita dell\u0027ergastolo  accanto\nalla  reclusione,  chiarendo  che  la  gravita\u0027  del  reato  non   e\u0027\nastrattamente preclusiva dell\u0027applicazione  dell\u0027istituto,  superando\nle iniziali  perplessita\u0027  circa  la  presenza  di  eventuali  limiti\nall\u0027esercizio  del  generale  potere  discrezionale  del  giudice  di\ndisporre la messa alla prova. \n    Ed  e\u0027  proprio  su  tale  potere  discrezionale  che  la   Corte\ncostituzionale,  con   sentenza   n.   139/2020,   ha   ulteriormente\nspecificato la peculiarita\u0027 dell\u0027istituto: «la messa alla  prova  del\nminore e\u0027 prevista  per  tutti  i  reati  anche  quelli  di  gravita\u0027\nmassima, rispetto ai quali  l\u0027ordinamento  sospende  il  processo  in\nvista dell\u0027eventuale estinzione del  reato  per  finalita\u0027  puramente\nrieducative, quindi non perche\u0027 l\u0027imputato lo richieda e il  pubblico\nministero vi consenta, ma solo perche\u0027,  ed  in  quanto,  lo  ritenga\nopportuno  un  giudice   strutturalmente   idoneo   a   valutare   la\npersonalita\u0027 del minore». \n    Nelle   prassi   applicative,   l\u0027esercizio   di   tale    potere\ndiscrezionale da\u0027 luogo anche  ad  una  esclusione  dell\u0027applicazione\ndella messa alla prova nei casi di reati di massima gravita\u0027, e/o  in\nrelazione ad  imputati  con  personalita\u0027  deviante  strutturata  non\npotendosi ritenere la concessione dell\u0027istituto da parte dei  giudici\nminorili un mero automatismo processuale. \n    Da ultimo, la recente  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.\n23/2025 ha ribadito come la  messa  alla  prova,  quale  istituto  di\nprotezione della gioventu\u0027, ai sensi  dell\u0027art.  31,  secondo  comma,\nCost., abbia «lo scopo primario di favorire l\u0027uscita del  minore  dal\ncircuito penale, la piu\u0027 rapida possibile, soprattutto attraverso una\nriflessione critica del giovane, sul proprio  vissuto  e  la  propria\ncondotta, in mancanza della quale l\u0027istituto stesso diverrebbe  mezzo\ndi  pura  deflazione,  tra  l\u0027altro  stimolando,  per  una  sorta  di\neterogenesi   dei   fini,   calcoli   opportunistici    dell\u0027indagato\nminorenne». \n    Per quanto attiene al profilo della non  manifesta  infondatezza,\nil giudice a quo non e\u0027 chiamato a pronunciarsi  sulla  fondatezza  o\nmeno, esame che e\u0027 appunto rimesso alla sola Corte costituzionale, ma\ndeve  semplicemente  respingere  la  questione  quando  si   presenti\npalesemente  priva   di   ogni   fondamento   giuridico.   La   Corte\ncostituzionale ha poi  aggiunto  che  il  giudice  a  quo,  prima  di\nrimettere    la    questione,    deve     preliminarmente     tentare\nl\u0027interpretazione conforme a Costituzione, che tuttavia nel  caso  in\nesame non appare possibile, in  quanto  tale  operazione  ermeneutica\ncomporterebbe  l\u0027applicazione  di  un   istituto   in   presenza   di\nimputazioni  espressamente  escluse  dal  comma  5-bis  dell\u0027art.  28\ndecreto del Presidente della  Repubblica  n.  448/1988.  Il  Collegio\nritiene la non manifesta infondatezza della questione innanzitutto in\nrelazione  alla  violazione  dell\u0027art.  31,  comma   secondo,   della\nCostituzione.  La  preclusione  introdotta  dalla  norma   in   esame\ncontrasta non solo con la ratio originaria  dell\u0027istituto,  ma  anche\ncon  tutto  l\u0027impianto  normativo  che  regola  il  processo   penale\nminorile, basandosi su una sorta di «non riducibilita\u0027  presunta»  di\nalcuni imputati minorenni fondata esclusivamente sulla commissione di\ndeterminati reati  e  a  prescindere  dalla  valutazione  della  loro\npersonalita\u0027  in  netto  contrasto  anche   con   il   principio   di\nindividualizzazione espresso dall\u0027art 9 decreto del Presidente  della\nRepubblica n. 448/1988 che permea l\u0027intero processo  penale  minorile\nsin dalla fase delle indagini preliminari e sino alla fase  esecutiva\ndella sentenza di condanna, come evidenziato dal decreto  legislativo\nn. 121/2018. \n    Il  processo  penale  minorile  trova   il   proprio   fondamento\ncostituzionale nel combinato  disposto  degli  articoli  27  comma  3\nsecondo cui «Le pene non possono consistere in  trattamenti  contrari\nal  senso  di  umanita\u0027  e  devono  tendere  alla  rieducazione   del\ncondannato» e nell\u0027art. 31, comma 2, della  Costituzione  che  recita\n«La Repubblica protegge la maternita\u0027,  l\u0027infanzia  e  la  gioventu\u0027,\nfavorendo gli istituti necessari a tale scopo» affidando, dunque,  al\nLegislatore il compito di  individuare  per  gli  imputati  minorenni\nstrumenti sanzionatori che ne favoriscano il recupero  tenendo  conto\ndella specificita\u0027 della  loro  condizione  psicofisica  e  del  loro\nlivello evolutivo ed e\u0027,  di  conseguenza,  volto  principalmente  al\nrecupero del minore autore di reato, mediante la sua  rieducazione  e\nil  suo  reinserimento  sociale,  anche   attraverso   l\u0027attenuazione\ndell\u0027offensivita\u0027 del  processo  e  la  sua  rapida  fuoriuscita  dal\ncircuito penale, come piu\u0027 volte la Corte costituzionale ha affermato\n(cfr. sentenze nn. 125 del 1992, 206 del 1987 e 222 del 1983). \n    Al fine del perseguimento di tali finalita\u0027 e dell\u0027individuazione\ndella migliore risposta del sistema alla  commissione  del  reato  da\nparte di un soggetto in formazione e in continua evoluzione, quale e\u0027\nil soggetto di minore eta\u0027, il  giudice  e\u0027  chiamato,  di  volta  in\nvolta,   ad   esaminare   la   sua   personalita\u0027    (principio    di\nindividualizzazione sopra richiamato). \n    Infatti, in ogni stato e grado del  procedimento  minorile,  come\nstatuito dall\u0027art. 9 del decreto del Presidente della  Repubblica  n.\n448/1988, l\u0027Autorita\u0027 giudiziaria deve acquisire «elementi  circa  le\ncondizioni e le risorse personali, familiari,  sociali  e  ambientali\ndel minorenne al fine di accertarne l\u0027imputabilita\u0027  e  il  grado  di\nresponsabilita\u0027, valutare la  rilevanza  sociale  del  fatto  nonche\u0027\ndisporre  le  adeguate  misure  penali  e  adottare   gli   eventuali\nprovvedimenti civili». \n    La messa alla prova e\u0027, dunque, uno dei principali strumenti  che\nconsente al giudice di valutare  compiutamente  la  personalita\u0027  del\nminore, sotto  l\u0027aspetto  psichico,  sociale  e  ambientale,  in  una\nprospettiva dinamica, anche ai fini dell\u0027apprezzamento dei  risultati\ndegli interventi di sostegno disposti. Se, infatti,  la  personalita\u0027\ndel minorenne e\u0027 avviata a possibile cambiamento  (come  emerge,  nel\ncaso di specie,  dalla  relazioni  dell\u0027USSM  redatta  nei  confronti\ndell\u0027imputato)  e,  all\u0027esito   dello   svolgimento   del   programma\ntrattamentale di messa alla prova, il minorenne abbia dato prova  del\nsuperamento delle situazioni (anche sotto il profilo psicologico) che\nhanno portato alla commissione del reato, l\u0027ordinamento  prevede  che\nil giudice possa dichiarare estinto il reato per esito positivo della\ndisposta prova ai sensi dell\u0027art. 29  decreto  del  Presidente  della\nRepubblica n. 448/1988, essendo venuto meno l\u0027interesse alla  pretesa\npunitiva per il raggiungimento delle finalita\u0027 di recupero del minore\ne del suo reinserimento sociale. \n    I tempi di durata previsti per la messa alla prova  (sino  a  tre\nanni per i delitti piu\u0027 gravi), la possibilita\u0027  che  la  stessa  sia\nsvolta per tutta la durata all\u0027interno di comunita\u0027 di tipo educativo\no  terapeutico  (per  la  cura  delle  dipendenze  o   dei   disturbi\npsichiatrici, realizzando, cosi\u0027, anche  la  finalita\u0027  della  tutela\ndella salute), la possibilita\u0027 di verifiche intermedie dell\u0027andamento\ndel percorso, cosi\u0027 come la  revocabilita\u0027  della  sospensione  e  la\nripresa del processo, rappresentano elementi idonei a verificare, nel\ntempo,   la   serieta\u0027   dell\u0027impegno   dell\u0027imputato,   scongiurando\nstrumentalizzazioni dell\u0027istituto e adesioni «di comodo» al  progetto\nin  una  ottica  dinamica  della  osservazione  della   personalita\u0027.\nInoltre, la possibilita\u0027 di inserire,  nel  progetto  di  messa  alla\nprova, importanti momenti di confronto con i servizi specialistici (a\nseconda dei casi, Consultorio Familiare, Neuropsichiatria  Infantile,\nSERD presso le Aziende Sanitarie Locali) e di  supporto  psicologico,\nutili,  in  particolare,  nei  delitti  caratterizzati  da  dinamiche\naffettive disfunzionali (come spesso rilevabile nei casi di  violenza\nsessuale,   maltrattamenti   in   famiglia   e   nei    delitti    di\npedopornografia) riduce il rischio di recidiva con indubbio beneficio\ndella generalita\u0027 dei consociati. \n    Come ampiamente argomentato  dalla  Corte  costituzionale,  nella\nsentenza n. 125 del  1995  «la  messa  alla  prova,  in  conclusione,\ncostituisce, nell\u0027ambito degli istituti di favore tipici del processo\npenale  a  carico  dei  minorenni,  uno   strumento   particolarmente\nqualificante, rispondendo, forse piu\u0027 di ogni  altro,  alle  indicate\nfinalita\u0027 della giustizia minorile». \n    Prevedere un catalogo di reati  (tra  cui  la  violenza  sessuale\naggravata in esame) in relazione ai quali e\u0027  preclusa  iuris  et  de\niure all\u0027imputato la possibilita\u0027  di  accesso  a  questo  importante\nistituto di recupero e reinserimento sociale, senza  possibilita\u0027  da\nparte del giudice di valutare nel merito la richiesta, neanche  sotto\nil profilo della valutazione di una mera fattibilita\u0027, costituisce un\nvulnus non solo di tutela e protezione del minore autore  del  reato,\nma anche dell\u0027intera collettivita\u0027 contro i rischi di  una  possibile\nrecidiva, anche sotto il profilo, come sopra  indicato,  di  impedire\nl\u0027avvio di processi di mediazione penale e/o di giustizia  riparativa\ncon la persona offesa dal momento che i progetti di messa alla  prova\npossono coinvolgere anche le persone offese, soprattutto se minorenni\ne vittime di particolari reati, quale  quello  in  esame,  prevedendo\nspecifiche prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e\na promuovere la conciliazione, ove ne ricorrano le condizioni. \n    E\u0027 stata la stessa Corte costituzionale, sia pure  nella  diversa\nmateria  della   esecuzione   della   pena   detentiva,   dichiarando\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 656, comma 9,  lettera  a),\ndel codice di procedura penale, per violazione dell\u0027art. 31,  secondo\ncomma, della Costituzione, nella  parte  in  cui  non  consentiva  la\nsospensione della esecuzione della pena detentiva nei  confronti  dei\nminorenni condannati per i delitti ivi elencati (ossia quelli di  cui\nall\u0027art. 4-bis legge  354/1975),  ad  escludere  la  possibilita\u0027  di\nprevedere nei confronti dei minori «un rigido automatismo, fondato su\nuna presunzione di pericolosita\u0027 legata al titolo del reato commesso,\nche esclude la valutazione  del  caso  concreto  e  delle  specifiche\nesigenze del minore» (sentenza n. 90 del 28 aprile 2017). \n    La Corte costituzionale ha sempre ribadito che  il  fulcro  della\ngiustizia  minorile  consiste  in  valutazioni  fondate  su  prognosi\nindividualizzate, in grado di assolvere al compito del  recupero  del\nminore  deviante.  E\u0027,   infatti,   costante   nella   giurisprudenza\ncostituzionale  l\u0027affermazione  della  esigenza  che  il  sistema  di\ngiustizia minorile sia caratterizzato fra l\u0027altro  dalla  «necessita\u0027\ndi valutazioni, da parte dello stesso giudice,  fondate  su  prognosi\nindividualizzate  in  funzione  del  recupero  del  minore  deviante»\n(sentenze n. 143 del 1966, n. 182 del 1991, n. 128 del 1987,  n.  222\ndel 1983 e n. 46 del 1978), esattamente su «prognosi  particolarmente\nindividualizzate» (sentenza n. 78 del 1989), questo essendo «l\u0027ambito\ndi quella protezione della gioventu\u0027 che trova fondamento nell\u0027ultimo\ncomma 31 Cost.» (sentenze n. 128 del 1987 e n. 222 del 1983): vale  a\ndire della «esigenza di specifica individualizzazione e flessibilita\u0027\ndel trattamento che l\u0027evolutivita\u0027 della personalita\u0027 del minore e la\npreminenza della funzione rieducativa richiedono»  (sentenza  n.  125\ndel 1992). \n    In questa cornice si colloca  la  citata  pronuncia  della  Corte\ncostituzionale n. 139 del 6 luglio 2020 che, mettendo in relazione la\nmessa alla prova dell\u0027adulto con la messa alla prova  del  minorenne,\nha statuito: «la messa alla prova del minore e\u0027 prevista per tutti  i\nreati  anche  quelli  di  gravita\u0027   massima,   rispetto   ai   quali\nl\u0027ordinamento sospende il processo in vista dell\u0027eventuale estinzione\ndel reato per finalita\u0027 puramente  rieducative,  quindi  non  perche\u0027\nl\u0027imputato lo richieda e il pubblico ministero vi consenta,  ma  solo\nperche\u0027,  ed   in   quanto,   lo   ritenga   opportuno   un   giudice\nstrutturalmente idoneo a valutare la  personalita\u0027  del  minore».  La\nCorte   costituzionale   ha   anche   sottolineato    l\u0027eterogeneita\u0027\nteleologica tra la messa alla prova del minore e quella  dell\u0027adulto,\npoiche\u0027 quest\u0027ultima  ha  una  innegabile  componente  sanzionatoria,\nmentre l\u0027altra ha funzione esclusivamente rieducativa (sentenze n. 75\ndel 2020 e n. 68 del 2019). \n    La previsione ex lege del divieto assoluto di accesso alla  messa\nalla prova, nei casi di violenza sessuale aggravata,  appare  inoltre\ncontrastare  con  l\u0027art.  31,  comma  secondo,  della   Costituzione,\nsottraendo al vaglio di un giudice specializzato e  interdisciplinare\nla possibilita\u0027 di valutare, caso per caso, la particolare condizione\ndel minore imputato, per rendere  la  risposta  del  processo  penale\nminorile aderente alla sua personalita\u0027  e  maggiormente  rispondente\nalla finalita\u0027 rieducative, di recupero e  di  reinserimento  sociale\ndel minore autore di reato. \n    Gli  insegnamenti  della  Consulta  si  conformano  altresi\u0027,  ai\nprincipi  espressi  in  numerosi  atti  internazionali.  Sul   punto,\ninfatti, si sono espresse le Nazioni Unite, il Consiglio  d\u0027Europa  e\nle istituzioni europee. In merito,  vale  la  pena  di  ricordare  le\nregole minime per l\u0027amministrazione della  giustizia  minorile,  c.d.\nregole di Pechino - Standard Minimum Rules for the Administration  of\nJuvenile Justice - (approvate dall\u0027Assemblea Generale  delle  Nazioni\nUnite in data 29 novembre 1985), che, riconoscendo la  necessita\u0027  di\nuno specifico sistema di giustizia minorile e anche i rischi connessi\nal contatto del minore con la giustizia, raccomandano di  ridurre  al\nminimo l\u0027intervento giudiziario nei confronti dei  minori  autori  di\nreato, privilegiando  le  politiche  sociali  e  la  prevenzione.  In\nparticolare, attribuiscono un forte ruolo  al  sistema  dei  servizi,\nverso il quale il minore deviante dovrebbe poter  essere  indirizzato\ncol suo consenso dall\u0027autorita\u0027 giudiziaria minorile e  dalla  stessa\npolizia. La ricomposizione del conflitto sociale tra minore e vittima\ne\u0027 caldamente raccomandata e deve essere attuata con azioni dirette a\nriparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione con\nla persona offesa. \n    Di analoga ispirazione sono le regole ONU per la  protezione  dei\nminori privati  della  liberta\u0027  (approvate  dall\u0027Assemblea  Generale\ndelle  Nazioni  Unite  in  data  14  dicembre  1990),   c.d.   regole\ndell\u0027Havana,  la  Raccomandazione  del  Comitato  dei  Ministri   del\nConsiglio  d\u0027Europa  in  data  5  novembre  2008  sulle  regole   del\ntrattamento per i condannati minorenni  sottoposti  a  sanzioni  o  a\nmisure restrittive della liberta\u0027 personale, le linee  guida  su  una\ngiustizia a misura di minore  adottate  dal  Consiglio  d\u0027Europa  nel\n2010, nonche\u0027,  da  ultimo,  la  direttiva  2016/800  del  Parlamento\neuropeo  e  del  Consiglio  dell\u002711  maggio   2016   sulle   garanzie\nprocedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti  penali\ne la direttiva 2012/29/UE (c.d. Direttiva vittime). \n    Le  indicazioni  che  accomunano  tutti  gli  atti  citati   sono\nessenzialmente riconducibili all\u0027esigenza che le autorita\u0027  nazionali\nricorrano alla privazione della  liberta\u0027  personale  del  condannato\nminorenne quale misura di ultima istanza. Si richiede,  inoltre,  che\nvenga sempre privilegiato il ricorso alle misure alternative, che  il\nminore detenuto sia collocato in istituti separati rispetto a  quelli\ndegli adulti e che gli venga garantito un  trattamento  penitenziario\nspecificamente disegnato sulle sue peculiari necessita\u0027. \n    Si rilevano, pertanto, ragioni di contrasto con l\u0027art. 117  primo\ncomma   della   Costituzione   considerati   i   vincoli    derivanti\ndall\u0027ordinamento  comunitario  sopra  specificato  e  dagli  obblighi\ninternazionali che ne conseguono. \n    Inoltre, si rilevano profili di irragionevolezza del criterio  di\nesclusione dei reati resi «ostativi» alla messa alla prova,  che  non\nsono necessariamente i piu\u0027 gravi.  Solo  a  titolo  esemplificativo,\nresta attuale la possibilita\u0027 di  valutare  l\u0027istituto  giuridico  in\nesame per i reati di cui all\u0027art. 416-bis cp  (Associazioni  di  tipo\nmafioso anche straniere), aggravato ex  art.  416-bis.1  cp,  e  agli\narticoli 422 cp (Strage), 629 comma secondo cp (Estorsione aggravata)\ne 630 cp (Sequestro di persona a scopo di estorsione). \n    Sostenere  la  possibilita\u0027  di  operare  un  contemperamento  ai\nprincipi  sopra  enucleati  per  consentire   al   giudice   minorile\nvalutazioni fondate su prognosi particolarmente  individualizzate  in\nrelazione ad alcuni delitti connotati da  particolare  violenza  alla\npersona ritenuti «ostativi» alla messa alla prova (sempre richiamando\ni principi della Corte costituzionale che ha espressamente dichiarato\nl\u0027illegittimita\u0027 di tale modo di procedere, ad esempio in riferimento\nai reati «ostativi» ex art. 4-bis della legge 375/1975), sarebbe  del\ntutto irragionevole ed  in  palese  contrasto,  ad  esempio,  con  la\nlegislazione antimafia. \n    La previsione di reati ostativi all\u0027applicazione della messa alla\nprova non consente di assicurare uniformemente la  portata  educativa\ndella risposta penale  minorile,  riesuma  larvatamente  la  funzione\nretributiva della  giustizia  penale  soltanto  per  alcuni  reati  e\nimpedisce che possa essere valutata  la  personalita\u0027  del  minorenne\nautore del fatto. \n    Il  ricorso  allo  strumento  penale  retributivo   non   appare,\npertanto, come la soluzione al problema della  commissione  di  reati\ngravi, ma piuttosto come la prova di un  insuccesso  delle  strutture\nsociali quali la famiglia,  la  scuola,  le  associazioni  culturali,\nassistenziali,   sportive   e   di   una   pericolosa   rassegnazione\nall\u0027intervento meramente  punitivo,  quasi  sempre  inutile,  se  non\ndannoso nel percorso evolutivo di un soggetto minore di eta\u0027. \n    Si evidenziano, quindi, anche profili di contrasto con  l\u0027art.  3\ndella Costituzione, nella misura in cui imputati di reati anche  piu\u0027\ngravi, in considerazione della pena edittale prevista e del rilevante\nallarme sociale che determinano (ad esempio, reati ex articoli 422  e\n630 c.p.), ovvero perche\u0027 rientranti nella legislazione antimafia (ex\nart. 416-bis codice penale o aggravati  dall\u0027art.  416-bis  1  c.p.),\navrebbero  accesso  all\u0027istituto  della  messa  alla  prova,  negato,\ninvece, all\u0027odierno imputato. \n    Tale disparita\u0027 di trattamento non sarebbe, dunque, supportata da\ncriteri di ragionevolezza nelle scelte legislative, sempre qualora si\nritenesse di consentirle nella  materia  in  esame  in  relazione  al\nprincipale ed assorbente contrasto con l\u0027art. 31 secondo comma e  117\nprimo comma della Costituzione. \n    L\u0027eventuale  e  tutto  da  dimostrare  aumento  quantitativo   di\nimputazioni per i reati ostativi alla messa  alla  prova  individuati\ndal Legislatore renderebbe  ancor  di  piu\u0027  necessaria  una  analisi\napprofondita  ed  individualizzata  della  personalita\u0027  del   minore\nimputato, del suo contesto familiare e  sociale  di  provenienza  per\ncogliere le motivazioni del comportamento deviante,  le  sfumature  e\nl\u0027intensita\u0027 del dolo, la presenza di eventuali dinamiche di  gruppo,\nper potere infine giungere, nel merito, ad ammettere od escludere  la\nmessa alla prova, caso per caso e in relazione non soltanto al titolo\ndi reato contestato  che  finirebbe,  come  esplicitato  dalla  Corte\ncostituzionale nella  citata  sentenza  n.  23/2025  con  riferimento\nall\u0027istituto di cui all\u0027art.  27-bis  decreto  del  Presidente  della\nRepubblica n. 448/1988, «per apparire come  l\u0027unico  dato  certo  sul\nminore». \n    In  conclusione,  il  comma  5-bis  dell\u0027art.  28   decreto   del\nPresidente della Repubblica n.  448/1988  impedisce  al  Collegio  di\nvalutare  la  presenza  dei  presupposti  per  la   sospensione   del\nprocedimento e  messa  alla  prova,  con  grave  pregiudizio  per  le\nesigenze di recupero e di  reinserimento  sociale  dell\u0027imputato,  in\nviolazione dell\u0027art. 31 secondo comma, 117  primo  comma  e  3  della\nCostituzione per i profili di irragionevolezza sopra enucleati. \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Visto l\u0027art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87; \n    ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva,\nnei   termini   dinanzi   indicati,   questione    di    legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 28, comma 5-bis, del decreto del  Presidente\ndella Repubblica n.  448/1988  per  contrasto  con  gli  articoli  31\nsecondo comma, 117 primo comma e 3 della Costituzione, nella parte in\ncui prevede che le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai\ndelitti previsti dall\u0027art. 609-bis del  codice  penale  limitatamente\nalle ipotesi aggravate ai sensi dell\u0027art. 609-ter del codice penale. \n    Sospende il procedimento penale in corso  e  dispone  l\u0027immediata\ntrasmissione degli atti alla Corte costituzionale. \n    Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza  sia\nnotificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche\u0027 a O K  D\nR , ai suoi genitori e al difensore e al pubblico ministero. \n    Ordina che, a cura della cancelleria, l\u0027ordinanza sia  comunicata\nai Presidenti delle due Camere del Parlamento. \n    Segnala che, a norma dell\u0027art.  52  del  decreto  legislativo  n.\n196/2003 e successive modifiche, in caso di diffusione  del  presente\nprovvedimento dovranno essere omessi le generalita\u0027 e gli altri  dati\nidentificativi dei minorenni. \n      Roma, 17 aprile 2025 \n \n                     Il Presidente: Manfredonia","elencoNorme":[{"id":"62459","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dpr","denominaz_legge":"decreto del Presidente della 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