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Si applica l’art. 58.” – In via conseguenziale, denunciata previsione, la quale non dispone dopo le parole “la pena pecuniaria sarà convertita nella semilibertà sostitutiva”, le parole “o nella detenzione domiciliare sostitutiva” -\u0026nbsp;Disparità di trattamento rispetto al tertium comparationis rappresentato dall’art. 71 della legge n. 689 del 1981 che, in caso di mancato pagamento entro il termine della pena pecuniaria, consente al magistrato di sorveglianza di sostituire la stessa scegliendo tra la semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva – Lesione dei principio di ragionevolezza – Pregiudizio irragionevole che tale normativa, a parità di condizioni, arreca al principio di emenda della pena, non consentendo al magistrato di sorveglianza una valutazione individualizzata della posizione del condannato, imponendo una sola misura possibile, rispetto a quanto consentito in casi analoghi dall’art. 71 della legge n. 689 del 1981 – Violazione del principio di uguaglianza sostanziale – Violazione della libertà personale.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003eLegge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), art. 102; codice di procedura penale, art. 660, comma 3.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003eCostituzione, artt. 3, comma secondo, 13 e 27, terzo comma.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u003c/p\u003e","prima_parte":"A. G.","altre_parti":"","testo_atto":"N. 84 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 marzo 2025\n\r\nOrdinanza del 31 marzo 2025 del Tribunale di sorveglianza di  Bologna\nnel procedimento di sorveglianza nei confronti di A. G.. \n \nReati e pene - Pene sostitutive - Denunciata norma la  quale  prevede\n  che il mancato pagamento della pena pecuniaria entro il termine  di\n  cui all\u0027art. 660, comma 3, cod. proc. pen. indicato nell\u0027ordine  di\n  esecuzione,   \"comporta   la   conversione    nella    semiliberta\u0027\n  sostitutiva\",  invece  di  stabilire  che  il   mancato   pagamento\n  \"comporta la conversione nella detenzione domiciliare  sostitutiva\"\n  - In via conseguenziale, denunciata previsione la quale dispone che\n  \"la   pena   pecuniaria   sara\u0027   convertita   nella   semiliberta\u0027\n  sostitutiva\",  invece  delle  parole  \"la  pena  pecuniaria   sara\u0027\n  convertita nella detenzione domiciliare sostitutiva\". \nIn via gradata: Reati e pene - Pene sostitutive -  Mancato  pagamento\n  della pena pecuniaria entro il termine di cui all\u0027art.  660,  comma\n  3, cod. proc. pen. indicato nell\u0027ordine di esecuzione -  Denunciata\n  norma che non prevede dopo le parole \"ne  comporta  la  conversione\n  nella semiliberta\u0027  sostitutiva\"  le  parole  \"o  nella  detenzione\n  domiciliare  sostitutiva.  Si  applica  l\u0027art.  58.\"   -   In   via\n  conseguenziale, denunciata previsione, la quale non dispone dopo le\n  parole \"la pena  pecuniaria  sara\u0027  convertita  nella  semiliberta\u0027\n  sostitutiva\",   le   parole   \"o   nella   detenzione   domiciliare\n  sostitutiva\". \n- Legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale),  art.\n  102; Codice di procedura penale, art. 660, comma 3. \n\n\r\n(GU n. 21 del 21-05-2025)\n\r\n \n                 UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI BOLOGNA \n                    Il Magistrato di sorveglianza \n \n    Letti gli atti relativi alla domanda di  conversione  della  pena\npecuniaria ex art. 660 c.p.p. proposta dalla Procura della Repubblica\npresso il Tribunale di Ferrara nei confronti di G. A. nato a...,  ivi\nresidente in via..., in relazione alla pena  pecuniaria  di  3.000,00\neuro di multa di cui alla sentenza n. 564/2023 emessa  dal  Tribunale\ndi Ferrara il 28 marzo 2023 (irrevocabile il 3 maggio 2023). \n \n                               Osserva \n \n    Con sentenza di applicazione della pena n.  564/2023  emessa  dal\nTribunale di Ferrara il 28 marzo 2023 G. A. e\u0027 stato condannato  alla\npena di anni due e giorni venti di  reclusione  e  3.000,00  euro  di\nmulta per i delitti di cui agli articoli 73,  comma  1,  decreto  del\nPresidente della Repubblica n. 309/1990, 337 c.p. e 582 c.p. commessi\nil... in... \n    La Procura della Repubblica di  Ferrara  con  provvedimento  SIEP\n180/2023 del 25 marzo 2024 ha emesso ai sensi del  novello  art.  660\nc.p.p. ordine di esecuzione della pena pecuniaria,  ingiungendo  alla\npersona il pagamento entro novanta giorni e fornendo  all\u0027interessato\ntutti gli avvisi di legge previsti dal comma 3 dell\u0027art. 660  c.p.p.;\nin particolare, oltre agli avvertimenti in punto di conversione della\npena  pecuniaria,  rappresentando  al  condannato  la   facolta\u0027   di\nrichiedere entro venti giorni la rateizzazione della pena pecuniaria. \n    L\u0027ordine di esecuzione era notificato ai difensori  il  28  marzo\n2024 ed al G. il 14 aprile 2024. \n    Pertanto, il termine per il pagamento della multa risulta scaduto\nil 13 luglio 2024 senza che la persona vi prevedesse. \n    Accertato il  mancato  pagamento  e  l\u0027assenza  di  richieste  di\nrateizzazione nel termine di legge, la Procura di Ferrara  ha  dunque\ntrasmesso a questo Ufficio il 4 settembre 2024 ai sensi dell\u0027art. 660\nc.p.p. per procedere alla conversione della pena pecuniaria. \n    Era, pertanto, svolta attivita\u0027 istruttoria onde verificare se G.\nversasse in  condizioni  di  insolvibilita\u0027,  ovvero  di  insolvenza,\ndemandandosi  accertamenti  ai  Carabinieri   di...   sulle   attuali\ncondizioni economiche del condannato. \n    In data 23 novembre 2024 giungeva riscontro istruttorio da  parte\ndei Carabinieri  di...  (cui  gli  atti  erano  stati  trasmessi  per\ncompetenza) che, pero\u0027, risultava carente in  ordine  alla  specifica\nindicazione dei  redditi  dell\u0027interessato;  la  nota,  infatti,  pur\nindicando  che  G.  svolge  attivita\u0027  lavorativa  presso   l\u0027azienda\nmetallurgica  M.,  non   forniva   dati   sulla   consistenza   delle\nretribuzioni a lui corrisposte.  A  fronte  della  disponibilita\u0027  di\nstabile occupazione lavorativa, si riteneva, inoltre, utile  ribadire\nal condannato le diverse conseguenze previste  dall\u0027art.  660  c.p.p.\nper le ipotesi di insolvibilita\u0027 ed insolvenza (invero gia\u0027 contenute\nnell\u0027ordine di esecuzione della Procura), specificando gli esiti  del\nprocedimento nell\u0027uno e nell\u0027altro caso. \n    Si dava, dunque, mandato ai Carabinieri di...  di  integrare  gli\nadempimenti istruttori. \n    In data 3 marzo 2025 perveniva verbale di dichiarazioni da  parte\ndel G. in cui la persona affermava di percepire redditi mensili  medi\nper circa... euro netti e di essere disponibile  al  pagamento  della\npena pecuniaria, previa adeguata rateizzazione al fine di non gravare\nsui propri mezzi di sussistenza. \n    Accertamenti presso la banca dati INPS, inoltre, consentivano  di\nverificare che l\u0027interessato nell\u0027anno 2024 ha percepito redditi  per\n26.195,00 euro. \n    Da  ultimo,  in  merito  alla  possibilita\u0027  di  svolgere  lavoro\nsostitutivo, la persona dichiarava di essere disponibile a svolgerli,\n«solo e qualora emergessero elementi di insolvibilita\u0027 a suo carico». \n    Cio\u0027 posto,  l\u0027attuale  assetto  normativo  imporrebbe  a  questa\nAutorita\u0027  Giudiziaria  di  procedere  alla  conversione  della  pena\npecuniaria non pagata in  semiliberta\u0027  sostitutiva,  essendo  emersa\ndagli atti che il mancato adempimento dell\u0027ordine di esecuzione della\nProcura discende non gia\u0027 da una condizione di insolvibilita\u0027, bensi\u0027\nda insolvenza da parte del G. \n    La persona, infatti, dispone  di  redditi  da  lavoro  dipendente\nadeguati e sufficienti al pagamento della  pena  pecuniaria,  sia  in\nunica  soluzione,  sebbene  con  un  certo   aggravio,   sia,   senza\nparticolari problemi, in forma rateizzata. \n    Tuttavia, la normativa, allo stadio attuale del procedimento, non\nconsente   al   Magistrato   di   Sorveglianza   di   disporre    una\nratealizzazione del pagamento, posto  che  G.  e\u0027  decaduto  da  tale\npossibilita\u0027, non  avendo  proposto  istanza  in  questo  senso  alla\nProcura  di  Ferrara  secondo  le  scansioni   processuali   previste\ndall\u0027art. 660 c.p.p. \n    A  questo  punto,  dunque,  non  potrebbe  che   prendersi   atto\ndell\u0027insolvenza e provvedere ai sensi degli articoli 660 commi  3,  9\nc.p.p. e 102, legge n.  689/1981  alla  conversione  della  pena  non\npagata nella pena della semiliberta\u0027 sostitutiva per  giorni  dodici,\nsecondo il criterio di ragguaglio per cui un giorno  di  semiliberta\u0027\nsostitutiva corrisponde a 250,00 euro di pena pecuniaria. \n    Tale esito, tuttavia, appare a questo Magistrato di  Sorveglianza\nfrutto  di  un  meccanismo  normativo  che,  per  un  verso,  risulta\nparticolarmente irragionevole nel bilanciamento tra gli interessi  in\ngioco (effettivita\u0027 della sanzione pecuniaria -  liberta\u0027  personale)\nal punto da arrecare un vulnus sproporzionato ai beni  costituzionali\nsottesi all\u0027esecuzione penale, cui la materia delle  pene  pecuniarie\nevidentemente afferisce nella misura in cui, oltre a punire  mediante\nuna sanzione che attinge il condannato  nella  sua  sfera  economica,\npuo\u0027 condurre anche all\u0027applicazione di  restrittive  della  liberta\u0027\npersonale  o  comunque  limitative  di   diritti   costituzionalmente\ntutelati dagli articoli 13, 15, 16, 27, comma 3  della  Costituzione;\nper   altro   verso,   invece,   il   suddetto   meccanismo   risulta\nintrinsecamente  contraddittorio,  essendo   minato   nella   propria\nragionevolezza da una lampante contraddizione  di  fondo  insita  nel\nsistema di conversione risultante dagli articoli  660  c.p.p.,  71  e\n102, legge n. 689/1981 tra le pene pecuniarie originarie  e  le  pene\npecuniarie sostitutive,  che  assoggetta  a  difformi  discipline  la\nconversione in caso di insolvenza da parte del condannato,  compiendo\nuna scelta normativa che tratta  in  modo  differente  condizioni  di\nfatto e di diritto del  tutto  assimilabili,  come  tale  lesiva  del\nprincipio di uguaglianza sostanziale di cui all\u0027art. 3, comma 2 della\nCostituzione oltre che del  principio  di  emenda  e  della  liberta\u0027\npersonale del condannato. \n    In questi termini, la norma, si segnala  per  profili  di  dubbia\ncostituzionalita\u0027, che si ritengono non emendabili in via ermeneutica\ne che, anche ai fini di una  applicazione  uniforme,  possono  essere\nsuperati  esclusivamente   mediante   un   intervento   della   Corte\ncostituzionale. \n    L\u0027esame delle questioni richiede una  previa  ricognizione  della\nriforma che ha interessato il sistema delle pene  pecuniarie  con  la\nriformulazione dell\u0027art. 660 c.p.p., nonche\u0027  dell\u0027assetto  normativa\nprevigente,  al  fine  die  cogliere  la  portata   delle   modifiche\nintrodotte  e  ricostruire  in  chiave  sistematica  i  concetti   di\ninsolvibilita\u0027 insolvenza. \n    Con decreto legislativo n. 150/2022 (cosiddetta Riforma Cartabia)\nil Governo in attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134 avente\nad oggetto «Delega al Governo per l\u0027efficienza  del  processo  penale\nnonche\u0027 in materia di giustizia  riparativa  e  disposizioni  per  la\ncelere definizione dei procedimenti giudiziari»  (Gazzetta  Ufficiale\nn.  237  del  4  ottobre  2021),  ha,  tra  gli  altri  significativi\ninterventi,  ridisegnato  i  contorni  dell\u0027esecuzione   delle   pene\npecuniarie. \n    La  direttrice  fondamentale   che   ha   ispirato   l\u0027intervento\nriformatore e\u0027 ben delineata dalla legge di delega all\u0027art. 1,  comma\n16, (1) ove si  esplicita  il  telos  di  garantire  effettivita\u0027  al\nsistema sanzionatorio nel suo complesso, razionalizzando la  materia,\nintroducendo procedure rapide  nell\u0027esazione  di  quanto  dovuto  dal\ncondannato allo Stato e ripensando il sistema di conversione  secondo\nprincipi di equita\u0027, efficienza ed effettivita\u0027 assicurando  certezza\ndella pena pecuniaria. \n    Invero, i dati circa l\u0027esecuzione concreta delle pene pecuniarie,\nriportati negli atti preparatori e nella  Relazione  Illustrativa  al\ndecreto legislativo,  (2)  apparivano  scantonanti,  evidenziando  la\ndiffusa ineffettivita\u0027 del sistema sanzionatorio pecuniario non  solo\nnei confronti del  condannato  che  non  fosse  nelle  condizioni  di\nprovvedere al pagamento della pena pecuniaria, ma anche di coloro che\npur   avrebbero   potuto   essere   solvibile.   Costoro,    infatti,\nsemplicemente omettendo il pagamento potevano  accedere  a  forme  di\nrateizzazione ovvero di conversione della sanzione ai sensi dell\u0027art.\n660 c.p.p. andando incontro a conseguenze giudicate  dal  legislatore\ndelegato particolarmente blande e dal minimo valore coercitivo. \n    A cio\u0027 si aggiunga che nel sistema previgente la pena  pecuniaria\nera considerata un mero credito dello Stato verso il  condannato,  la\ncui riscossione avveniva in via prioritaria mediante ruolo. \n    Tale circostanza che aveva condotto dapprima all\u0027attribuzione  di\ncompetenze per il recupero delle somme dovute  agli  Uffici  Recupero\nCrediti degli Uffici giudiziari e, da ultimo,  con  legge  18  giugno\n2009, n. 69, cui si deve l\u0027introduzione  dell\u0027art.  227-ter,  decreto\ndel Presidente della Repubblica n. 115/2002, a  mente  del  quale  la\nriscossione mediante ruolo era attivata senza che  fosse  previamente\nnotificato dall\u0027U.R.C. l\u0027invito  al  pagamento,  devolvendo  l\u0027intera\nmateria agli agenti  incaricati  della  riscossione,  con  lungaggini\nprocedurali che il piu\u0027  delle  volte  esitavano  nella  prescrizione\ndella pena ai sensi degli articoli 172 e 173 c.p. \n    Solo a fronte dell\u0027esito  negativo  di  tale  procedura,  dunque,\nl\u0027U.R.C. trasmetteva gli atti  alla  Procura  segnalando  la  mancata\nriscossione della pena pecuniaria; l\u0027autorita\u0027 requirente,  a  questo\npunto, trasmetteva gli atti al  Magistrato  di  Sorveglianza  per  la\nconversione ex art. 660 c.p.p. \n    Questi, da ultimo,  era  tenuto  a  svolgere  accertamenti  sulle\ncondizioni economiche dell\u0027interessato, spesso a distanza di anni dai\nfatti e dalla notifica delta cartella  di  pagamento,  incorrendo  in\ndifficolta\u0027  nel  reperire  il  condannato  e  potendo  disporre   la\nconversione  solo  previo  accertamento  della   insolvibilita\u0027   del\ncondannato; nelle ipotesi di insolvenza, infatti,  il  Magistrato  di\nSorveglianza avrebbe dovuto ritrasmettere gli atti  alla  Procura  ed\nalle autorita\u0027 competenti per la riscossione coattiva del credito. \n    Attivita\u0027 che,  statisticamente,  si  traduceva  in  un  continuo\ninseguire senza esito chi si sottraeva al pagamento. \n    Porre  rimedio  a  questa  aporia  esecutiva,  nella  prospettiva\nassunta  dal  legislatore,  era  dunque  necessario  non   solo   per\nrestituire   credibilita\u0027   al   sistema   delle   pene    pecuniarie\natomisticamente considerato, ma anche, in una visione di sistema,  al\nfine di perseguire l\u0027erosione del carcero-centrismo che  caratterizza\nil sistema sanzionatorio italiano, anche in ottica  deflattiva  della\npopolazione carceraria. \n    Nei paesi in cui la pena pecuniaria viene percepita dai cittadini\ncome una forma di afflizione efficace ed effettiva,  infatti,  questa\npuo\u0027   rappresentare   anche   per   il   legislatore,   in    chiave\ngeneral-preventiva, una valida alternativa alla  pena  carceraria  in\nquanto bastevole ad offrire tutela ai beni giuridici  protetti  dalle\nnorme penali. Considerazioni analoghe, invero, erano  state  espresse\nanche dalla giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  in  diverse\nsentenze: nella sentenza,  n.  279/2019  (3)  (seppur  in  un  obiter\ndictum;   il   tema   centrale   della   sentenza    atteneva    alla\nconoscenza/conoscibilita\u0027 della cartella  di  pagamento  nel  sistema\nante Cartabia in caso di notifica  mediante  irreperibilita\u0027);  nella\nsentenza  n.  15/2020  (4)  (anche  qui,  come  notazione-monito   di\ncarattere generale avulsa  dal  tema  decidendum);  da  ultimo  nella\nsentenza n. 28/2022, con un espresso riferimento alla legge delega n.\n134/2021: «resta ferma, piu\u0027 in generale, la stringente  opportunita\u0027\n- piu\u0027 volte segnalata da questa Corte che il legislatore intervenga,\nnell\u0027attuazione  della  delega  stessa  ovvero  mediante   interventi\nnormativi ad hoc, a restituire  effettivita\u0027  alla  pena  pecuniaria,\nanche attraverso una revisione degli attuali meccanismi di esecuzione\nforzata  e  di  conversione  in  pene   limitative   della   liberta\u0027\npersonale». (5) \n    Per  perseguire  questi  obiettivi  il  legislatore  delegato  ha\nripensato  alla  radice  il   sistema,   ispirandosi   all\u0027esperienza\ncomparata di altri paesi  europei,  come  viene  ben  espresso  nella\nRelazione al decreto laddove si sottolinea che la  conversione  della\npena pecuniaria non eseguita in una pena  limitativa  della  liberta\u0027\npersonale, negli ordinamenti in cui  e\u0027  prevista,  non  e\u0027  sorretta\ndall\u0027idea di una rinuncia alla riscossione di un credito dello Stato,\nbensi\u0027 costruita sulla massima di esperienza per cui la  minaccia  di\nsanzioni piu\u0027 gravi in caso di mancato pagamento  puo\u0027  rappresentare\nun\u0027efficace controspinta alla decisione di  sottrarsi  al  pagamento:\n«Non e\u0027 lo Stato a inseguire il creditore; e\u0027 il  condannalo,  autore\ndi un reato, che e\u0027 tenuto  al  pagamento  della  pena  irrogata  dal\ngiudice, onde non andare incontro a conseguenze piu\u0027 gravi». (6) \n    Cio\u0027 e\u0027 avvenuto anzitutto mediante l\u0027assegnazione  alle  Procure\ndi  una  competenza  funzionale   nella   subjecta   materia,   prima\nappannaggio degli Uffici Recupero Crediti  e  dei  concessionari  dei\nservizi di riscossione (Equitalia - Agenzia delle Entrate), che  vede\ngli organi requirenti promotori di un procedimento che inizia con  un\nvero e proprio ordine di esecuzione anche per le pene pecuniarie. \n    Ma la vera innovazione e\u0027 rappresentata, sul  piano  concettuale,\nda un radicale ripensamento del meccanismo di conversione che risulta\nimperniato sulle distinte nozioni di insolvibilita\u0027 ed insolvenza. \n    Si tratta di concetti che  non  erano  estranei  alla  previgente\nformulazione della norma, sebbene  la  disciplina  previgente  fosse,\nmeno rigida nel sanzionare l\u0027insolvenza e nel fissare il  momento  in\ncui dovesse essere compiuta la relativa valutazione. \n    - L\u0027art. 660 c.p.p. nella sua  previgente  formulazione,  infatti\nstabiliva ai commi 2 e 3: \n      «2. Quando e\u0027 accertata la  impossibilita\u0027  di  esazione  della\npena pecuniaria  o  di  una  rata  di  essa,  il  pubblico  ministero\ntrasmette gli atti al magistrato di sorveglianza  competente  per  la\nconversione, il quale  provvede  previo  accertamento  dell\u0027effettiva\ninsolvibilita\u0027 del condannato e, se ne  e\u0027  il  caso,  della  persona\ncivilmente obbligata per la pena pecuniaria.  Se  la  pena  e\u0027  stata\nrateizzata, e\u0027 convertita la parte non ancora pagata. \n      3. In presenza di situazioni di insolvenza,  il  magistrato  di\nsorveglianza puo\u0027  disporre  la  rateizzazione  della  pena  a  norma\ndell\u0027art. 133-ter del codice penale, se essa non  e\u0027  stata  disposta\ncon la sentenza di condanna ovvero puo\u0027 differire la conversione  per\nun tempo non superiore a sei mesi. Alla scadenza del termine fissato,\nse lo stato di insolvenza perdura, e\u0027 disposto un nuovo differimento,\naltrimenti e\u0027 ordinata la conversione. Ai fini della estinzione della\npena per decorso del tempo, non si tiene conto del periodo durante il\nquale l\u0027esecuzione e\u0027 stola differita.». \n    - L\u0027art.  102,  legge  n.  689/1981,  invece,  prevedeva  che  si\nprocedesse a conversione  solo  laddove  le  pene  pecuniari  fossero\nrimaste ineseguite per insolvibilita\u0027  del  condannato,  senza  nulla\ndisciplinare in caso di insolvenza colpevole. \n    Nel sistema previgente,  dunque,  la  Procura  procedeva  ad  una\nrichiesta di conversione a fronte  di  una  accertata  impossibilita\u0027\ndell\u0027esazione,  ii  che  avveniva  sostanzialmente  su   segnalazione\ndell\u0027Ufficio Recupero Crediti in cui si dava  conto  dell\u0027infruttuoso\nesperimento delle procedure esattive mediante ruolo. \n    Gli atti erano  trasmessi  al  Magistrato  di  Sorveglianza  che,\nprevio  accertamento  delle  condizioni  economiche  del  condannato,\nprocedeva agli adempimenti successivi. Laddove avesse riscontrato una\ncondizione di insolvibilita\u0027, avrebbe dovuto procedere a  conversione\ndella pena pecuniaria ai sensi dell\u0027art. 102, legge n. 689/1981. \n    In  condizioni  di   insolvenza,   viceversa,   oltre   a   poter\nritrasmettere gli atti per l\u0027avvio  delle  procedure  di  riscossione\ncoattiva, si aprivano ulteriori due alternative: la  possibilita\u0027  di\nrateizzare il pagamento, laddove la  rateizzazione  non  fosse  stata\ndisposta dal giudice; la possibilita\u0027 di differire il  pagamento  per\nun  periodo  di  sei  mesi,  eventualmente  reiterabile  in  caso  di\npermanenza dello stato di insolvenza. \n    In questo sistema, dunque, non vi era una specifica sanzione  per\nl\u0027insolvenza, ma anzi, colui che non avesse provveduto  al  pagamento\npur potendo farlo  avrebbe  avuto  dinnanzi  a  se\u0027  la  facolta\u0027  di\naccedere alla rateizzazione  dello  stesso,  ovvero  al  differimento\ndella conversione, consentendo al condannato di far valere le proprie\ncondizioni economiche sub  specie  della  difficolta\u0027  di  provvedere\nillic et immediate a saldare quanto dovuto innanzi al  Magistrato  di\nSorveglianza. \n    Le nuove norme, invece, sono molto puntuali dal  punto  di  vista\nlessicale, utilizzando insolvenza per indicare il  mancato  pagamento\ncolpevole  e  insolvibilita\u0027  per  indicare  il   mancato   pagamento\nincolpevole,  descrivendo  due  fattispecie  che  il   sistema   oggi\nconsidera strettamente alternative ed a cui associa esiti diversi  in\nsede di conversione. \n    Cio\u0027 emerge chiaramente da una analisi  complessiva  del  tessuto\nnormativa. \n    - L\u0027art. 660 c.p.p.  prevede  al  comma  terzo  che  l\u0027ordine  di\nesecuzione della Procura contenga «l\u0027avviso che, in mancanza, la pena\npecuniaria sara\u0027 convertita nella semiliberta\u0027 sostitutiva o, in caso\ndi  accertata  insolvibilita\u0027,  nel  lavoro  di   pubblica   utilita\u0027\nsostitutivo o nella  detenzione  domiciliare  sostitutiva,  ai  sensi\ndegli articoli 102 e 103  della  legge  24  novembre  1981,  n.  689,\novvero, quando deve essere eseguita una pena pecuniaria  sostitutiva,\nnella  semiliberta\u0027  sostitutiva  o  nella   detenzione   domiciliare\nsostitutiva, ovvero, in caso di accertata insolvibilita\u0027, nel  lavoro\ndi pubblica  utilita\u0027  sostitutivo  o  nella  detenzione  domiciliare\nsostitutiva, ai sensi dell\u0027art. 71 della legge 24 novembre  1981,  n.\n689. L\u0027ordine di esecuzione contiene, inoltre, l\u0027avviso al condannato\nche, quando non e\u0027 gia\u0027 stato disposto nella sentenza o  nel  decreto\ndi condanna, entro venti giorni, puo\u0027 depositare presso la segreteria\ndel pubblico  ministero  istanza  di  pagamento  rateale  della  pena\npecuniaria, ai sensi dell\u0027art. 133-ter del codice penale». \n    I commi da sette a dieci, invece, stabiliscono che: \n      «7. Quando accerta il mancato pagamento della pena  pecuniaria,\novvero  di  una  rata  della  stessa,  entro  il   termine   indicato\nnell\u0027ordine di esecuzione, il pubblico ministero trasmette  gli  atti\nal magistrato di sorveglianza competente per la conversione ai  sensi\ndegli articoli 102 e 103  della  legge  24  novembre  1981,  n.  689,\novvero, quando si tratta di pena  pecuniaria  sostitutiva,  ai  sensi\ndell\u0027art. 71 della medesima legge n. 689 del 1981. In ogni  caso,  se\nil pagamento della pena pecuniaria e\u0027 stato disposto in rate mensili,\ne\u0027 convertita la parte non ancora pagata. \n      8. Il procedimento per la conversione  della  pena  pecuniaria,\nanche sostitutiva, e\u0027 disciplinato dall\u0027art. 667,  comma  4.  Per  la\nconversione della pena pecuniaria, ai sensi degli articoli 71, 102  e\n103 della legge 24 novembre  1981,  n.  689,  si  applica  in  quanto\ncompatibile, l\u0027art. 545-bis, comma 2. \n      9. Il magistrato  di  sorveglianza  provvede  alla  conversione\ndella  pena  pecuniaria  con  ordinanza,  previo  accertamento  della\ncondizione di insolvenza ovvero di insolvibilita\u0027 del  condannato.  A\ntal fine dispone le opportune indagini  nel  luogo  del  domicilio  o\ndella residenza, ovvero  dove  si  ha  ragione  di  ritenere  che  il\ncondannato  possieda  beni  o  cespiti  di  reddito  e  richiede,  se\nnecessario,  informazioni  agli  organi  finanziari  o   di   polizia\ngiudiziaria. \n      10. Quando il mancato pagamento della pena pecuniaria e\u0027 dovuto\na insolvibilita\u0027,  il  condannato  puo\u0027  chiedere  al  magistrato  di\nsorveglianza il differimento  della  conversione  per  un  tempo  non\nsuperiore a sei mesi, rinnovabile per una sola volta se lo  stato  di\ninsolvibilita\u0027  perdura.  Ai  fini  della   estinzione   della   pena\npecuniaria per decorso del tempo, non  si  tiene  conto  del  periodo\ndurante il quale la conversione e\u0027 stata differita.» \n    - L\u0027art. 660 espressamente indica  che  la  pena  non  pagata  si\nconverte in una pena sostitutiva, secondo le modalita\u0027 di conversione\nstabilite agli articoli 102 e 103, legge  n.  689/1981  per  le  pene\npecuniarie e all\u0027art. 71 legge n. 689/1981  per  le  pene  pecuniarie\nsostitutive di pene detentive brevi. \n    Ai sensi dell\u0027art. 102, legge n. 689/1981, rubricato «Conversione\ndelle pene pecuniarie principali per mancato pagamento»,  laddove  la\npersona non provveda al pagamento  della  pena  pecuniaria  entro  il\ntermine indicato nell\u0027ordine di esecuzione, la  pena  pecuniaria  non\npagata si converte in semiliberta\u0027 sostitutiva per la durata  massima\ndi quattro anni, se la pena convertita e\u0027 quella della multa,  o  due\nanni, se la pena convertita e\u0027 quella dell\u0027ammenda. \n    Laddove la sentenza  abbia  disposto  il  pagamento  rateale,  la\ncondanna ha luogo per la sola parte residua. \n    Da ultimo, si prevede che  dopo  l\u0027inizio  dell\u0027esecuzione  della\npena convertita il condannato puo\u0027 in qualsiasi momento  far  cessare\nla semiliberta\u0027, pagando la pena residua  e,  in  questo  caso,  puo\u0027\nessere ammesso nuovamente al pagamento rateale ex art. 133-ter c.p. \n    Sebbene  la  norma  non  lo  specifichi,  e\u0027  chiaro  che  questa\ndisciplina trova applicazione nel caso in cui  il  mancato  pagamento\ndella pena pecuniaria non sia imputabile ad  insolvibilita\u0027,  ipotesi\ndisciplinata all\u0027articolo  successivo,  ma  venga  in  considerazione\ntutte le volte in cui la persona sia nelle condizioni  economiche  di\nsostenere il pagamento e non vi provveda; si versa,  dunque,  in  una\nipotesi     di     insolvenza,     quale     mancato      adempimento\ndell\u0027obbligazione/ordine di pagamento emesso dalla Procura  entro  il\ntermine ivi indicato. \n    Trattandosi  di  inadempimento  colpevole,  la   conversione   si\nrealizza con la pena sostitutiva massima, vale a dire la semiliberta\u0027\nsostitutiva da  eseguirsi  in  carcere,  secondo  i  criteri  di  cui\nall\u0027art. 135 c.p. (250,00 euro per giorno di pena detentiva)  per  un\nmassimo di quattro anni, se la pena e\u0027 quella della multa, ovvero due\nanni, se la pena e\u0027 quella dell\u0027ammenda. \n    E\u0027 evidente la ratio che ha ispirato la scelta di prevedere,  per\nl\u0027insolvenza, non gia\u0027  con  una  semplice  misura  limitativa  della\nliberta\u0027 personale, ma una pena sostitutiva restrittiva che  realizza\nuna  forma   di   espiazione   propriamente   di   tipo   carcerario:\nrappresentare    (o    forse    rectius    minacciare)    conseguenze\nparticolarmente  gravose  quali  la  detenzione   inframuraria   come\nsanzione per il mancato pagamento da parte di chi pur potendo  pagare\nnon vi provveda, ottenendo auspicabilmente l\u0027adempimento spontaneo da\nparte del condannato. Si tratta di una scelta chiara e che  segue  le\nlimpide linee guida espresse nella Relazione gia\u0027 citata. \n    - L\u0027art. 103, legge n. 689/1981, rubricato espressamente  Mancato\npagamento della pena pecuniaria per  insolvibilita\u0027  del  condannato,\ninvece,  trova  applicazione  «Quando  le  condizioni  economiche   e\npatrimoniali  del  condannato  al  momento  dell\u0027esecuzione   rendono\nimpossibile il pagamento della multa o dell\u0027ammenda entro il  termine\ndi  cui  all\u0027art.  660  del  codice  di  procedura  penale   indicato\nnell\u0027ordine di esecuzione [...]», condizioni al ricorrere delle quali\nsi realizza la diversa fattispecie della insolvibilita\u0027:  la  persona\ncondannata versa in condizioni economiche che le rendono  impossibile\nil  pagamento,  ma  trattasi  di  un  inadempimento  incolpevole  (ad\nimpossibilia nemo tenetur). \n    L\u0027assenza di un rimprovero anche solo a titolo di  colpa  per  il\nmancato adempimento spontaneo giustifica la scelta di  un  meccanismo\ndi conversione meno gravoso di quello previsto per  l\u0027insolvenza  che\ntuteli maggiormente ed in prima battuta  la  liberta\u0027  personale  del\ncondannato. \n    Poiche\u0027 la persona non paga perche\u0027 non  puo\u0027,  laddove  la  pena\npecuniaria desse luogo  all\u0027esecuzione  di  una  pena  con  carattere\ndetentivo, si finirebbe col reintrodurre meccanismi analoghi a quelli\nprevisti dal sistema vigente sotto il Codice Zanardelli ed il  Regime\nFascista, che, non valorizzando l\u0027insolvibilita\u0027 del  condannato,  si\nrisolvevano in un sanzionare la poverta\u0027; meccanismi che, invero, non\npotrebbero avere cittadinanza  nell\u0027ordinamento  Repubblicano,  anche\nperche\u0027 espunti proprio ad opera della Corte costituzionale. \n    Dunque, la pena pecuniaria  non  pagata  si  converte,  ai  sensi\ndell\u0027art. 103, legge n. 689/1981 in  via  principale  nel  lavoro  di\npubblica utilita\u0027 sostitutivo ex art. 56-bis, legge  n.  689/1981  e,\nsolo  in  caso  di  opposizione  del  condannato,  nella   detenzione\ndomiciliare sostitutiva di cui all\u0027art. 56, legge n. 689/1981. \n    La gradazione delle due misure riflette un modello bifasico,  che\nmerita  di   essere   vagliato   nella   sua   costruzione,   perche\u0027\nassiologicamente molto coerente con il discorso sin  qui  condotto  e\nutile per le valutazioni  che  si  svolgeranno  nel  prosieguo  della\npresente ordinanza. \n    Nel disporre la conversione  della  pena  pecuniaria  non  pagata\nnella  misura  del  lavoro  di  pubblica  utilita\u0027  sostitutivo,   il\nlegislatore utilizza la formula «si converte  in».  La  locuzione  e\u0027\nparzialmente difforme da quella utilizzata negli articoli 54 e 55 del\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 274/2000, corpus normativo\nda cui la misura e\u0027 stata in massima parte mutuata. In  quella  sede,\ninfatti,  si  e\u0027  previsto  che  il  lavoro  di   pubblica   utilita\u0027\nsostitutivo sia come sanzione principale, sia  quale  conversione  di\nsanzione  pecuniaria  non  pagata,  possa  essere  disposto  solo  su\nrichiesta dell\u0027interessato. La richiesta del condannato e\u0027,  infatti,\nuna condizione necessaria, poiche\u0027 l\u0027imposizione di  una  prestazione\nlavorativa coattiva potrebbe porsi in termini contrari  all\u0027art.  117\ndella  Costituzione  rispetto  all\u0027art.  4  CEDU,  laddove  la  norma\nconvenzionale vieta il lavoro forzato. \n    Nella  norma  in  esame,  invece,  pur   essendovi   spazio   per\nl\u0027acquisizione di una forma  di  consenso  da  parte  del  condannato\nmediante l\u0027opposizione, l\u0027utilizzo del verbo all\u0027indicativo  presente\n«si converte» esprime un chiaro indirizzo di preferenza  legislativa:\nquesta si appunta sul lavoro di pubblica utilita\u0027 come prima  opzione\nordinamentale in quanto misura piu\u0027 lieve  e  priva  di  connotazioni\nrestrittive. \n    Il lavoro di pubblica utilita\u0027, infatti, non attinge la  liberta\u0027\npersonale del condannato (art. 13 della Costituzione) ma  impone,  al\npiu\u0027 una serie di limiti  ad  altri  diritti  pur  costituzionalmente\ntutelati tra cui, in principalita\u0027, il diritto al lavoro  sub  specie\ndella liberta\u0027 nell\u0027esercizio del diritto al lavoro  (art.  35  della\nCostituzione),  che  viene  in  parte  limitata  sia   sull\u0027an   (con\ncoinvolgimento anche  dell\u0027art.  23  della  Costituzione)  che  nella\nscelta  del  destinatario  della  prestazione   lavorativa   (dovendo\nrivolgersi  verso  la  collettivita\u0027  e  tramite  gli  enti  a   cio\u0027\nabilitati); sono  poi  attinti  da  limitazioni  in  via  secondaria,\nmediante  il  richiamo  alte  prescrizioni  comuni  alle  altre  pene\nsostitutive, il diritto di comunicazione (art. 15 della Costituzione;\nnel vietare contatti e comunicazioni con determinati soggetti) ed  il\ndiritto  di   circolazione   (art.   16   della   Costituzione;   nel\ncircoscrivere la liberta\u0027 territoriale degli spostamenti e nel ritiro\ndel passaporto). \n    Dunque, la pena sostitutiva in esame si caratterizza come  misura\nlimitativa e priva di connotati coercitivi della liberta\u0027  personale,\ncosi\u0027 risultando quella piu\u0027 proporzionata a contemperare  i  diritti\nin gioco: a fronte di una condizione di impossibilita\u0027 del condannato\ndi provvedere al pagamento  la  legge  individua  la  prima  risposta\nordinamentale idonea  e  proporzionata  a  consentire  comunque  alla\nsanzione di spiegare un effetto afflittivo-rieducativo, in quella che\nimpone limiti che  non  restringono  la  liberta\u0027  personale  di  chi\nincolpevolmente non puo\u0027 adempiere alla sentenza di condanna. \n    Si tratta di scelta condivisibile e del  tutto  coerente  con  le\nindicazioni offerte dalla legge delega, laddove  aveva  rimarcato  al\nlegislatore  delegato  la  necessita\u0027  di  tenere  in   conto   nella\nriorganizzazione della materia anche le esigenze di equita\u0027. \n    Tuttavia, a fronte di una scelta dell\u0027ordinamento che  imporrebbe\nla conversione nella misura leviore, il rilievo di principi  di  pari\ncaratura    costituzionale    e    convenzionale    che    presidiano\nl\u0027incoercibilita\u0027 delle prestazioni lavorative, e\u0027  alla  base  della\npossibilita\u0027 che  la  norma  attribuisce  al  condannato  di  opporsi\nall\u0027esecuzione della misura  preferita  dalla  legge,  esprimendo  il\nproprio dissenso ed accedendo cosi\u0027  alla  piu\u0027  grave  misura  della\ndetenzione domiciliare sostitutiva ex art. 56, legge n. 689/1981, dai\nconnotati piu\u0027  marcatamente  restrittivi  della  liberta\u0027  personale\n(prevedendo obblighi di permanenza al domicilio  che  realizzano  una\nforma  di  cattivita\u0027,  rilevante  ai  sensi   dell\u0027art.   13   della\nCostituzione). \n    Cio\u0027 che giustifica, in questo meccanismo, l\u0027imposizione  di  una\nmisura restrittiva della liberta\u0027 personale in luogo di una meramente\nlimitativa non e\u0027, pero\u0027, la meta insolvibilita\u0027, bensi\u0027 la congiunta\nricorrenza  di  insolvibilita\u0027  e  opposizione  al  lavoro,  in   cui\nl\u0027elemento discretivo e\u0027 dato dalla volonta\u0027 del condannato. \n    Solo il concorso della volonta\u0027 del condannato, dunque,  consente\nl\u0027inflizione di una misura restrittiva della  liberta\u0027  personale  in\nluogo di quella limitativa, secondo una  gradazione  degli  interessi\nche attribuisce al condannato la disponibilita\u0027  dei  propri  diritti\ncomprendente il potere di auto  imporsi  forme  di  coercizione  piu\u0027\nelevate di quelle ordinariamente volute dalla legge. \n    In altre parole: il volontario rifiuto della  misura  piu\u0027  lieve\ncon accettazione della misura piu\u0027 grave  rende  compatibile  con  il\nsistema quel che non  lo  sarebbe  in  prima  battuta,  vale  a  dire\nl\u0027applicazione di misura restrittiva in condizioni di insolvibilita\u0027. \n    La norma reitera, poi, quanto previsto dall\u0027art.  102,  legge  n.\n689/1981 in punto di eventuale rateizzazione originaria e  cessazione\ndella misura, con possibilita\u0027 di accesso alla rateizzazione in corso\ndi esecuzione, stabilendo che laddove sia stato disposto il pagamento\nrateale, la condanna ha luogo per la sola parte residua  e  che  dopo\nl\u0027inizio dell\u0027esecuzione della pena convertita il condannato puo\u0027  in\nqualsiasi momento farne cessare l\u0027esecuzione semiliberta\u0027, pagando la\npena residua eventualmente con pagamento rateale ex art. 133-ter c.p. \n    Se questa e\u0027 la disciplina prevista per la conversione delle pene\noriginariamente pecuniarie, la riforma ha poi previsto meccanismi  di\nconversione parzialmente  divergenti  nel  caso  in  cui  il  mancato\npagamento riguardi non gia\u0027 una  pena  pecuniaria,  ma  una  sanzione\nsostitutiva pecuniaria derivante da conversione di pena detentiva. La\ndisciplina e\u0027 gia\u0027  richiamata  sinteticamente  nell\u0027art.  660  e.  3\nc.p.p. su citato, ma e\u0027 piu\u0027  specificatamente  dettagliata  all\u0027art.\n71, legge n. 689/1981. \n    La norma, infatti,  stabilisce  al  comma  primo  che  alle  pene\npecuniarie sostitutive  di  pena  detentiva  si  applica  l\u0027art.  660\nc.p.p., in ossequio al principio generale di cui all\u0027art.  57,  legge\nn. 689/1981 che vede la pena  pecuniaria  sostitutiva  parificata  ad\nogni effetto di  legge  alla  pena  pecuniaria  originaria  (La  pena\npecuniaria si considera sempre come tale, anche se sostitutiva  della\npena detentiva). \n    Il comma  secondo,  invece,  prevede  che  nel  caso  di  mancato\npagamento alla scadenza della pena pecuniaria sostitutiva, la  stessa\ne\u0027 revocata e convertita in  semiliberta\u0027  sostitutiva  o  detenzione\ndomiciliare sostitutiva. Se e\u0027 stato disposto il  pagamento  rateale,\nla revoca e la conversione operano a partire dal mancato pagamento di\nuna rata e solo limitatamente alla pena pecuniaria residua. \n    Il  comma  terzo,  invece,  prevede  che  laddove  le  condizioni\neconomiche  del  condannato  al   momento   dell\u0027esecuzione   rendano\nimpossibile il pagamento entro la scadenza  indicata  nell\u0027ordine  di\nesecuzione della procura, la pena pecuniaria sostitutiva e\u0027  revocata\ne si converte nel lavoro di pubblica utilita\u0027 sostitutivo solo ove la\npersona non vi si opponga, venendo viceversa convertita in detenzione\ndomiciliare sostitutiva. \n    La  norma,  da  ultimo,  richiama  l\u0027ultimo  periodo  del   comma\nprecedente in punto di rateizzazione. \n    Dalla  disamina  condotta  sulla   normativa   complessiva   puo\u0027\ncogliersi la linea di demarcazione tracciata dal legislatore  per  le\ndiverse ipotesi di insolvenza e insolvibilita\u0027, distinguendo, dunque,\ntra mancato pagamento colpevole e mancato pagamento incolpevole. \n    Il  nuovo  sistema,  come   visto,   nell\u0027ottica   di   garantire\neffettivita\u0027 ed efficacia deterrente rispetto al  mancato  pagamento,\ne\u0027 ben piu\u0027 rigido non solo nel sanzionare il condannato inadempiente\ncon la conversione, ma anche nel fissare precise scansioni  temporali\nin  cui  viene  in   rilievo   il   giudizio   sulla   insolvenza   o\ninsolvibilita\u0027,  ancorate  al  termine  di  pagamento  fissato  dalla\nProcura, nonche\u0027 nel restringere le ipotesi in cui e\u0027 consentito dare\nspazio alla  valutazione/rivalutazione  delle  condizioni  economiche\ndell\u0027interessato per l\u0027accesso agii istituti del differimento e della\nrateizzazione rispetto alle diverse condizioni  di  insolvibilita\u0027  o\ninsolvenza. \n    Anzitutto, con l\u0027emissione dell\u0027ordine  di  esecuzione  da  parte\ndella  Procura  si  fissano  le  scansioni  temporali  per   valutare\ninsolvenza ed insolvibilita\u0027; mentre prima, infatti, il giudizio  era\noperato dal Magistrato di Sorveglianza senza un termine specifico  e,\ndunque,  il  piu\u0027  delle  volte  fa  ricorrenza  di   condizioni   di\ninsolvibilita\u0027 o insolvenza era attualizzata  al  momento  della  sua\nvalutazione da parte del Magistrato - che poteva intervenire anche  a\nrilevante distanza temporale da quello in cui gli  atti  erano  stati\ntrasmessi   dalla   Procura,   con   conseguente   possibilita\u0027    di\nsignificative modifiche medio tempore -  tutta  la  nuova  disciplina\nancora la valutazione sulla ricorrenza della condizione di insolvenza\no  insolvibilita\u0027  al  momento  della  scadenza   del   termine   per\nl\u0027adempimento spontaneo. \n    Si consideri, infatti, che gli articoli 102, 103 e 71,  legge  n.\n689/1981 recano tutti la medesima formulazione: «il mancato pagamento\nentro il termine indicato  nell\u0027ordine  di  esecuzione»  comporta  la\nconversione, salvo che  emerga  che  «le  condizioni  economiche  del\ncondannato  al  momento  dell\u0027esecuzione   rendano   impossibile   il\npagamento entro il termine indicato nell\u0027ordine di esecuzione». \n    E\u0027 evidente la ratio della limitazione normativa, tesa a dare  un\nparametro   temporale   certo   entro   cui   valutare   le   ragioni\ndell\u0027inadempimento ed offrire, dunque, uno snodo procedurale  stabile\nper determinare quali conseguenze derivino dal mancato  pagamento  in\nragione della colpevolezza o meno dello stesso; concetto ben espresso\ndalla   Relazione   citata   laddove   si    legge    «L\u0027accertamento\ndell\u0027insolvibilita\u0027  del  condannato  riveste  un  ruolo  ancor  piu\u0027\ncentrale nel riformato sistema di conversione della pena  pecuniaria,\ndipendendo da esso applicazione della disciplina piu\u0027 severa  di  cui\nall\u0027art. 102, ovvero di quella piu\u0027 mite di cui all\u0027art. 103»  (pagg.\n275-276). \n    Secondo profilo di particolare interesse attiene  al  tema  della\npossibilita\u0027 di accesso alla rateizzazione del pagamento. \n    Puo\u0027 ben accadere che la persona, pur non versando in  condizioni\ndi assoluta impossibilita\u0027 di  provvedere  al  pagamento,  in  quanto\npercettrice  di  redditi  o  titolare  di  rendite  che  la   rendono\neconomicamente capiente, ove fosse tenuta a adempiere  alla  condanna\nper l\u0027intero in  unica  soluzione  andrebbe  incontro  a  difficolta\u0027\neconomiche, non talmente gravi da configurare una insolvibilita\u0027. \n    In  altre  parole,  la  persona  si  trova  in   una   condizione\nintermedia,  che  potrebbe  essere  descritta   come   insolvibilita\u0027\nrelativa  rispetto  all\u0027ammontare  della  sanzione:  potrebbe  pagare\nratealmente, ma avrebbe difficolta\u0027 a farlo in unica soluzione. \n    In   questi   casi   l\u0027ordinamento   prevede   l\u0027istituto   delta\nrateizzazione, per scongiurare esiti che potrebbero avere un  effetto\neccessivamente stigmatizzante, quando non anche criminogeno  -  nella\nmisura in cui le condizioni di  difficolta\u0027  economico  rappresentano\nsecondo l\u0027id  quod  plerumque  accidit  una  delle  principali  cause\ndell\u0027agire criminale - contrario dunque agli  obiettivi  assunti  dal\nlegislatore delegato ed al principio di emenda di  cui  all\u0027art.  27,\ncomma 3 della Costituzione. \n    Sotto altro profilo, e\u0027 evidente che l\u0027istituto sia  sorretto  da\nun principio generale di favor dell\u0027ordinamento  per  la  riscossione\ndella pena pecuniaria, che assegna alla procedura di  conversione  il\nruolo di extrema ratio del sistema. \n    La rateizzazione e\u0027 disciplinata all\u0027art. 133-ter  c.p.  e  viene\nconcepita quale beneficio che  consente  di  agevolare  l\u0027adempimento\ndell\u0027obbligazione di pagamento, adeguando la pretesa  di  riscossione\ndello Stato alle condizioni  economiche  della  persona  le  concrete\nmodalita\u0027 esecutive della sanzione, dilazionandole nel tempo. \n    La rateizzazione  puo\u0027  essere  in  prima  battuta  concessa  dal\ngiudice nella sentenza o nel decreto penale di condanna,  secondo  un\ngiudizio che deve tenere in considerazione le condizioni economiche e\npatrimoniali del condannato, stabilendo un  numero  di  rate  che  la\nlegge indica da un minimo di sei ad un massimo  di  sessanta  (limiti\ninnalzati  dalla  riforma  Cartabia  rispetto  a  quelli  precedenti,\nfissati in tre e trenta). \n    Laddove la rateizzazione sia gia\u0027 stata disposta dal  giudice  di\nmerito, la Procura  emette  ordine  di  esecuzione  gia\u0027  rateizzato,\ninvitando la persona al  pagamento  della  prima  rata  entro  trenta\ngiorni, con l\u0027avvertimento che, in caso di  mancato  pagamento  della\nprima rata, e\u0027 prevista  revoca  automatica  del  beneficio  e  sara\u0027\nrichiesto  il  pagamento  dell\u0027intero  entro  i  successivi  sessanta\ngiorni, da effettuarsi sotto pena di conversione. \n    In caso di mancato pagamento, dunque, la Procura  richiedera\u0027  al\nMagistrato di Sorveglianza la conversione. \n    Nel caso in cui il giudice di  merito  non  abbia  effettuato  la\nvalutazione comparativa delle condizioni  economiche  del  condannato\nrispetto alla sanzione, concedendo la  rateizzazione,  vi  e\u0027  spazio\nperche\u0027 provveda il Magistrato di  Sorveglianza;  si  tratta  di  una\npossibilita\u0027 che tanto nella norma previgente che in quella di  nuovo\nconio assume carattere residuale, potendo avvenire seno  ove  non  vi\nsia stata rateizzazione in sede di merito. \n    Ma, mentre nel sistema anteriforma, ove non disposta dal  giudice\ndi merito, la valutazione sulla concedibilita\u0027 della rateizzazione si\ncollocava dopo la richiesta di conversione da parte della  Procura  e\nsolo  a  seguito  degli  accertamenti  svolti   dal   Magistrato   di\nSorveglianza che evidenziassero una condizione di insolvenza  (dunque\nnon in caso di insolvibilita\u0027), nel novello art. 660 c.p.p. questa ha\ndue sedi ben distinte: una precedente alla richiesta  di  conversione\ned una successiva all\u0027esecuzione della pena convertita. \n    La prima sede procedurale in cui  l\u0027interessato  puo\u0027  (o  meglio\ndeve) fare valere le proprie  condizioni  economiche  ai  fini  della\nrateizzazione non disposta, infatti, e\u0027  prevista  gia\u0027  all\u0027atto  di\nemissione dell\u0027ordine di esecuzione da parte delta Procura. \n    Questo, infatti, avra\u0027 ad oggetto l\u0027intera  sanzione  pecuniaria,\ncon l\u0027avviso all\u0027interessato che entro venti  giorni  dalla  notifica\negli puo\u0027 richiedere il pagamento rateale, consentendo quindi di  far\nvalere le proprie condizioni  economiche  rispetto  al  pagamento  in\nunica soluzione. \n    Si  apre,  a   questo   punto,   un   sub-procedimento   per   la\nrateizzazione, in cui la Procura, presso la cui segreteria  l\u0027istanza\ndeve  essere  presentata,  trasmette  gli  atti  al   Magistrato   di\nSorveglianza che provvede ai sensi dell\u0027art.  667,  comma  4  c.p.p.,\nsecondo il procedimento camerale semplificato e non partecipato,  con\nordinanza comunicata  alle  parti  e  passibile  di  opposizione.  La\ndisciplina manca di un raccordo  quanto  alla  fase  successiva  alla\ndecisione dei  Magistrato,  tuttavia,  appare  evidente  che  laddove\nquesti conceda la rateizzazione e non vi sia opposizione, la  Procura\ndovrebbe revocare l\u0027ordine di esecuzione precedente ed emetterne  uno\nnuovo che tenga conto della rateizzazione, posto che i  provvedimenti\ndella Procura in materia di esecuzione, per  costante  giurisprudenza\ncostituzionale   e   di   legittimita\u0027,   sono    atti    formalmente\namministrativi,  revocatili  in  autotutela  e  che   devono   essere\naggiornati alle sopravvenienze normative e di fatto  che  interessano\nl\u0027esecuzione, salvi gli effetti  esauritisi  dell\u0027atto  compiuto  (si\nveda in particolare Cass. Sez.  1,  n.  24831  del  15  giugno  2010,\nCastaldi, Rv.  248046,  richiamata  recentemente  da  Cass.  Sez.  1,\nsentenza n. 25212 del 3 maggio 2019). \n    In assenza di istanza di rateizzazione, o in  caso  di  decadenza\ndal beneficio, e a fronte  del  mancato  pagamento  nel  termine,  il\nMagistrato di Sorveglianza a norma del comma 9 dell\u0027art.  660  c.p.p.\neffettuera\u0027 le verifiche per stabilire se l\u0027inadempimento dipende  da\nuna condizione di insolvenza o di insolvibilita\u0027. \n    Laddove  ravvisi  che  il  condannato  non  abbia  provveduto  al\npagamento perche\u0027 insolvibile, potra\u0027 disporre ii differimento  della\nconversione per un massimo di un anno, ai sensi dell\u0027art. 660,  comma\n10 c.p.p.; oppure procedere alla conversione ai sensi dell\u0027art.  103,\nlegge n. 689/1981 o del terzo comma dell\u0027art. 71, legge n. 689/1981. \n    Rispetto alla norma previgente, le modifiche sono  significative:\nanzitutto, il differimento viene circoscritto alla  sola  ipotesi  di\ninsolvibilita\u0027, laddove la precedente dizione faceva riferimento alla\ninsolvenza. \n    Ma, se il  Magistrato  acceda  una  condizione  di  solvibilita\u0027,\nessendo il condannato nelle condizioni di pagare, anche eventualmente\naccedendo alla rateizzazione da cui e\u0027 decaduto o che non ha chiesto,\nla norma offre  come  sola  alternativa  la  conversione  della  pena\npecuniaria  e  l\u0027inizio  dell\u0027esecuzione   della   pena   sostitutiva\nconvertita. Cio\u0027 perche\u0027 a questo punto della  procedura  la  persona\nrisultata non insolvibile sara\u0027 gia\u0027 stata messa nelle condizioni  di\nprovvedere al pagamento rateale: infatti, o il condannato  era  stato\nammesso al beneficio dal giudice di merito e vi e\u0027 decaduto;  ovvero,\npur a fronte degli avvertimenti contenuti nell\u0027ordine di  esecuzione,\nnon ha avanzato richiesta di rateizzazione nei termini. \n    In entrambi i casi la persona non ha  adempiuto  colpevolmente  o\nnon si e\u0027 attivata in modo negligente,  rendendosi  passibile  di  un\nrimprovero che legittima la conversione ai sensi dell\u0027art. 102, legge\nn. 689/1981. \n    Egli,  in  altre  parole,  avra\u0027  esaurito  le  proprie   chances\naffinche\u0027  l\u0027ordinamento  valuti   le   sue   condizioni   economiche\nagevolandolo nei pagamenti, meritando l\u0027avvio  dell\u0027esecuzione  della\npena sostitutiva. \n    Ai sensi del comma 15 dell\u0027art.  660  c.p.p.,  infatti,  solo  ad\nesecuzione iniziata il condannato  potra\u0027  far  cessare  l\u0027espiazione\ndella pena sostitutiva pagando  e,  in  questo  caso,  potra\u0027  essere\nammesso al pagamento rateale. L\u0027esecuzione  della  pena  sostitutiva,\ninfatti, e\u0027 sospesa non gia\u0027 a partire dalla domanda di  pagamento  o\ndall\u0027accoglimento  della  richiesta  di  rateizzazione,  bensi\u0027   dal\nmateriale pagamento integrale o della prima rata. \n    La norma di cui al comma 15 dell\u0027art. 660 c.p.p. trova un proprio\nomologo sul piano sostanziale negli articoli 102 comma 4 e 103, comma\n4, legge n. 689/1981, e viene qui ad essere  ribadita  come  raccordo\nprocessuale. \n    Si coglie bene in questa costruzione la rivoluzione  copernicana,\nl\u0027inversione prospettica propugnata dal  legislatore  della  riforma:\nnon e\u0027 piu\u0027 lo Stato ad inseguire il condannato  per  metterlo  nelle\ncondizioni di pagare sine die, ma e\u0027 il condannato a dover  adempiere\ned attivarsi per non incorrere in piu\u0027 gravi sanzioni: sanzioni  che,\nse egli puo\u0027 pagare, prevedono la conversione della  pena  pecuniaria\nin pena sostitutiva detentiva. \n    Una volta  esaurite  le  possibilita\u0027  offerte  dall\u0027ordinamento,\ndunque, al condannato non resta che subire  le  conseguenze  previste\n(la conversione), quasi ad istituire un  meccanismo  assimilabile  ad\nuna clausola solve et repete: prima paga con l\u0027avvio  dell\u0027esecuzione\nla  tua  insolvenza  e  poi,  eventualmente,   si   ridiscutera\u0027   di\nrateizzazioni o pagamenti. \n    Cio\u0027, evidentemente, anche al fine di rendere la  minaccia  della\nsanzione detentiva piu\u0027 efficace nell\u0027opera  di  netto  al  pagamento\nspontaneo  nei  termini,  rafforzando,  secondo  le  intenzioni   del\nlegislatore, il sistema nel suo complesso. \n    Cosi\u0027 ricostruiti i criteri di conversione  e  la  ratio  sottesa\nalle scelte legislative operate in un  senso  e  nell\u0027altro  rispetto\nalle condizioni di insolvibilita\u0027 ed insolvenza, sia concesso operare\nalcune considerazioni. \n    Sulla congruita\u0027 della scelta di prevedere la  conversione  della\npena pecuniaria in misure anche detentive di tipo carcerario, invero,\nsorgono  a  questo  Magistrato  rilevanti  dubbi  di   compatibilita\u0027\ncostituzionale. \n    Invero, sebbene le linee guida delle  opzioni  normative  seguite\ndal  legislatore  della  riforma  trovano   costante   sponda   nella\ngiurisprudenza della Corte costituzionale, la Corte aveva nell\u0027ultimo\nmonito  rivolto  al  legislatore  indicato  che  la   revisione   dei\nmeccanismi  di  conversione  avrebbe  dovuto/potuto  prevedere  anche\nmisure limitative. \n    Si e\u0027 gia\u0027 detto supra che i  concetti  di  misure  limitative  e\nmisure restrittive sembrerebbero non essere  pianamente  coincidenti.\nInvero, mentre le prime sono misure che limitano alcune  liberta\u0027  ed\nimpongono obblighi positivi, le seconde  sono  misure  che  prevedono\nforme coercitive che attingono direttamente la liberta\u0027 personale. \n    In questo senso, la previsione che una pena pecuniaria,  in  sede\ndi conversione, diventi idonea a limitare anche la liberta\u0027 personale\npotrebbe non essere del tutto coerente con il sistema costituzionale,\nsoprattutto   laddove   la   sua   materiale    esecuzione    preveda\nl\u0027incarcerazione del condannato. \n    La censura  che  qui  si  muove  si  colloca  sul  terreno  della\ncontraddittoria ed intrinseca irragionevolezza  dell\u0027attuale  assetto\nnormativo, lesivo dell\u0027art. 3, comma 2 della Costituzione e dell\u0027art.\n13 della Costituzione, nella  misura  in  cui  stabilisce  una  forma\nsanzionatoria   sproporzionatamente   restrittiva   della    liberta\u0027\npersonale   del   condannato   a   pena   pecuniaria.   L\u0027ermeneutica\ncostituzionale, infatti, ha da tempo  enucleato  a  partire  da  tale\ndisposizione  -  secondo  costante  giurisprudenza   inaugurata   con\nsentenza della Corte costituzionale n. 53 del 1958 - il principio  di\nragionevolezza come  canone  di  valutazione  delle  differenziazioni\nnormative e, poi, principio immanente al sistema costituzionale. \n    In origine ancorata nella sua operativita\u0027 al  raffronto  con  un\ntertium comparationis secondo un giudizio triadico, la ragionevolezza\nha, infatti, negli anni assunto una propria autonomia operativa anche\nai fini del  sindacato  di  ragionevolezza  intrinseca  delle  scelte\nnormative (storicamente, a partire dalla sentenza n. 1130 del 1988). \n    In questa veste autonoma, il principio e\u0027 stato in parte debitore\ndelle statuizioni di principio e metodologiche emerse  in  seno  alla\ngiurisprudenza  del  Bundesverfassungsgericht  ed  al  principio   di\nproporzionalita\u0027  che,  a  partire  dalla  sentenza  Apotheken-Urteil\ndell\u002711  giugno  1958,  l\u0027omologa  Corte  tedesca  ha  elaborato  per\nvalutare le interferenze ed i criteri  di  composizione  tra  diritti\nantinomici  o  tra  diritti  individuali   ed   esigenze   collettive\nmeritevoli di tutela. Non  sempre,  infatti,  la  limitazione  di  un\ndiritto rappresenta, per cio\u0027 solo, una lesione dello stesso. \n    L\u0027ermeneutica internazionale in tema di diritti  fondamentali  e\u0027\nchiara nell\u0027indicare che  l\u0027esercizio  dei  diritti  da  parte  della\npersona in concreto puo\u0027  (e  a  volte  deve)  essere  operativamente\nlimitato in presenza di ingressi contrapposti, eventualmente  a  loro\nvolta espressivi di diritti  fondamentali  di  altri  soggetti  o  di\ninteressi parimenti meritevoli di tutela tali da porsi, nel  caso  di\nspecie, in  termini  antinomici  rispetto  alla  piena  soddisfazione\ndell\u0027interesse fatto valere dalla persona. \n    E\u0027 ampia, sul punto, la giurisprudenza della Corte di  Strasburgo\nche ha piu\u0027 volte chiarito come i diritti sanciti dalla Convenzione -\nad eccezione di quelli incomprimibili di cui agli articoli 3, 4 e 7 -\nnon debbano essere intesi in termini assoluti nel  loro  esercizio  e\nche possano subire una compressione o financo un sacrificio,  laddove\ncio\u0027 risulti  necessario  per  garantire  altri  diritti  o  esigenze\negualmente meritevoli di tutela. \n    Quel che preme rilevare, in questa sede,  e\u0027  come  la  Corte  di\nStrasburgo, nelle materie in cui e\u0027  stata  chiamata  ad  esprimersi,\nabbia indicato le condizioni (generalmente mediante l\u0027elaborazione di\ntest) che possono portare a ritenere adeguato  al  caso  concreto  il\nsacrificio imposto ai diritti tutelati nella  Convenzione,  adottando\nun approccio che, lungi dall\u0027esaurirsi ad una statica  considerazione\ndei diritti fondamentali, legge gli stessi nel loro dinamico farsi  e\ncomporsi, alla ricerca di quell\u0027equilibrio che realizzi, a parita\u0027 di\ntutela dell\u0027uno, il minor sacrificio possibile  dell\u0027altro;  ma  che,\nastrattamente,  non  preclude  anche  l\u0027instaurazione  di   legittimi\nrapporti di subvalenza/prevalenza tra diritti antinomici. \n    L\u0027ermeneutica della nostra Corte costituzionale  si  inserisce  a\npieno titolo nel solco di tale corrente  di  pensiero,  spiccatamente\nfiglia del costituzionalismo  contemporaneo  europeo,  e  vede  nella\nragionevolezza con cui vengono maneggiati i diritti  un  limite  alle\nscelte discrezionali del legislatore. \n    Negli  ultimi  anni  la  Corte  ha  utilizzato  il  canone  della\nragionevolezza per garantire  un  sindacato  sempre  piu\u0027  attento  e\npuntuale alla proporzionalita\u0027 delle scelte  legislative  nell\u0027ottica\ndi garantire tutela adeguata ai  principi  costituzionali,  valutando\nche il legislatore eserciti ponderatamente  la  discrezionalita\u0027  che\ngli  e\u0027  propria,  sino  a  sanzionarne  il  mancato  esercizio,  con\nconseguente vuoto  di  tutela  per  i  diritti  costituzionalmente  e\nconvenzionalmente tutelati (si veda da ultimo  C.  cost.  10/2024  in\ntema di sessualitÃ\u{A0}-affettivita\u0027 inframuraria). \n    Il sindacato di ragionevolezza si articola nei  sotto-criteri  di\nadeguatezza  del  mezzo  rispetto  allo  scopo  perseguito,  coerenza\ninterna  rispetto  alle  altre  scelte  sistematiche  e,  da  ultimo,\nproporzionalita\u0027 della soluzione  normativa  tra  il  sacrificio  che\nquesta impone al  diritto  limitato  ed  il  vantaggio  che  realizza\nrispetto all\u0027altro diritto/interesse che si intende tutelare. \n    Alla  luce  di  tali  principi,  la  scelta  della   semiliberta\u0027\nsostitutiva quale misura adeguata in sede di conversione di una  pena\npecuniaria appare non rispettare i criteri  indicati,  risultando  in\nradice di dubbia proporzionalita\u0027 e coerenza. \n    Quanto al profilo della  adeguatezza  dello  strumento,  potrebbe\nritenersi che la conversione della  pena  pecuniaria  in  forme  lato\nsensu  detentive  sia  un  rimedio  adeguato  al  mancato   pagamento\ncolpevole, che realizza  una  sostanziale  fuga  dalla  sanzione.  In\nquesti   termini,   alla   luce   del   rimprovera   ulteriore   dato\ndall\u0027insolvenza, che lo Stato attinga  la  liberta\u0027  personale  della\npersona per sanzionare il fatto di reato puo\u0027 rappresentare un  mezzo\nadeguato rispetto allo scopo, vale a dire evitare che la legge penale\ne  le  pene  da  essa  stabilite   rimangano   inseguite;   obiettivo\nlegittimamente perseguito dal legislatore  nella  misura  in  cui  il\nsenso di impunita\u0027 all\u0027interno di un organismo sociale non  puo\u0027  che\nrisolversi in un klimax ascendente di aggressione ai  beni  giuridici\npresidiati dalle  norme  penali.  Il  che,  laddove  si  verificasse,\nrischierebbe di minare  in  radice  le  fondamenta  della  convivenza\ncivile e dell\u0027organizzazione sociale tutta. \n    Ma,  cio\u0027  posto,  e\u0027  sul   piano   della   coerenza   e   della\nproporzionalita\u0027 che il mezzo scelto dal legislatore appare  ultroneo\ne non armonico. \n    Sebbene, infatti, la norma e l\u0027impianto della riforma considerino\nla semiliberta\u0027 sostitutiva una pena meno afflittiva della reclusione\ne  dell\u0027arresto,  sulla  premessa  di   una   antologica   differenza\nqualitative tra le pene indicate, un approccio  piu\u0027  realistico  non\npuo\u0027 non far considerare che tale premessa e\u0027, invero, frutto di  una\nmalcelata truffa delle etichette. \n    La semiliberta\u0027,  infatti,  anche  nel  sistema  delle  forme  di\nesecuzione penali esterne di cui alla legge n. 354/1975, e\u0027  definita\nun regime detentivo e non una vera e propria misura alternativa  alla\ndetenzione; cio\u0027 in quanto, materialmente, la semi liberta\u0027 si  espia\nin carcere. \n    In questo senso, non basta, a parere dello scrivente,  aggiungere\nil termine sostitutiva per mutare la sostanza della pena in questione\nche rimane di tipo carcerario. \n    E  cio\u0027,  alla  luce  delle  statuizioni  di   principio   emerse\nall\u0027interno  della  giurisprudenza  convenzionale  sull\u0027art.  7  CEDU\n(sentenza  Del  Rio  Prada  v.  Spain)  poi   accolte   dalla   Corte\ncostituzionale  a  partire  dalla  sentenza  32/2020,  non  puo\u0027  non\nincidere nella valutazione della congruita\u0027 legislativa di  scegliere\ntale misura ai fini della conversione della pena pecuniaria. \n    Invero,  la  semiliberta\u0027  sostitutiva  comporta   una   modifica\nqualitativa della pena nell\u0027alternativa dentro-fuori dal carcere, che\nin questo caso accede, peraltro, ad una pena  che  o  strutturalmente\n(nel caso della pena  pecuniaria  originaria)  ovvero  a  seguito  di\nvalutazione puntuale del giudice  (nel  caso  della  pena  pecuniaria\nsostitutiva) non dovrebbe avere carattere inframurario. \n    E\u0027 evidente lo spirito che ha animato il  legislatore  in  questo\nsenso: incutere il  metus  del  carcere  per  ottenere  il  pagamento\nspontaneo. \n    Tuttavia, le perplessita\u0027  sollevate  sul  piano  assiologico  in\nquesta sede risultano rilevanti al punto da far dubitare fondatamente\ndella legittimita\u0027 di questa  opzione  normativa,  sotto  il  profilo\ndella sua proporzionalita\u0027 intrinseca  e  la  sua  coerenza  con  gli\nobiettivi deflattivi della popolazione carceraria fatti propri  dalla\nriforma. \n    Il legislatore, infatti, avrebbe, a  parere  di  questo  giudice,\ndovuto individuare nella detenzione domiciliare sostitutiva la misura\nprincipe per le ipotesi di insolvenza. \n    Tale  misura,  infatti,  e\u0027  quella  che  realizza   il   miglior\ncontemperamento delle esigenze punitive  del  reato  e  sanzionatorie\ndell\u0027omesso  pagamento  con  quelle  de  liberiate  dell\u0027interessato,\nevitando che una pena che  non  avrebbe  dovuto  essere  eseguita  in\ncarcere ne determini l\u0027incarcerazione. \n    Invero, la detenzione domiciliare sostitutiva e\u0027  misura  che  e\u0027\ngia\u0027 prevista per  la  sostituzione  delle  pene  detentive  entro  i\nquattro anni e che e\u0027 portatrice di un apparato  prescrittivo  idoneo\nad essere afflittivo, tanto quanto flessibile e  modulabile  in  base\nalla gravita\u0027 del fatto e dell\u0027insolvenza del condannato. \n    La stessa, dunque, potrebbe fornire  una  risposta  proporzionata\nall\u0027insolvenza,  adeguata  anche   all\u0027ottenimento   dell\u0027adempimento\nspontaneo, dietro minaccia di conversione della pena in una  sanzione\ncomunque restrittiva della liberta\u0027 personale. \n    Una  tale  opzione,  dunque,  realizzerebbe  un  piu\u0027   ponderato\nequilibrio tra i beni costituzionali in gioco e  le  finalita\u0027  della\nriforma, individuando quella misura che, a parita\u0027  di  tutela  delle\nesigenze  di  esecuzione  penali,  realizzi  il   minimo   sacrificio\nnecessario della restrizione della liberta\u0027 personale, anche in punto\ndi qualita\u0027 della restrizione comminata dall\u0027ordinamento. \n    In questi termini, l\u0027art. 102, legge n. 689/1981, a parere  dello\nscrivente, e\u0027 da ritenersi incostituzionale, per violazione dell\u0027art.\n3, comma 2 della Costituzione  e  dell\u0027art.  13  della  Costituzione,\nnella parte in cui  prevede  che  il  mancato  pagamento  della  pena\npecuniaria  entro  i   termini   «comporta   la   conversione   nella\nsemiliberta\u0027  sostitutiva»  invece  di  stabilire  che   il   mancato\npagamento  «comporta  la  conversione  nella  detenzione  domiciliare\nsostitutiva». \n    In  via  subordinata,   anche   laddove   si   volesse   ritenere\ncostituzionalmente   compatibile   la   scelta   della   semiliberta\u0027\nsostitutiva  rispetto  ad  una  condizione   di   insolvenza,   balza\nall\u0027occhio  nel  sistema  delineato  dal  legislatore  una   radicale\ndiscrasia tra i  meccanismi  di  conversione  previsti  per  le  pene\npecuniarie originarie  e  quelli  previsti  per  le  pene  pecuniarie\nsostitutive delle pene detentive brevi. \n    Le  due  discipline  sono  del  tutto   omologhe   in   caso   di\ninsolvibilita\u0027 prevedendo tanto l\u0027art. 103, legge n. 689/1981  quanto\nl\u0027art. 71, comma 3, legge  n.  689/1981  la  prioritaria  conversione\ndella pena pecuniaria non pagata  nel  lavoro  di  pubblica  utilita\u0027\nsostitutivo  e,  solo  a  fronte  di  opposizione   del   condannato,\nl\u0027applicazione detenzione domiciliare sostitutiva. \n    Viceversa,  in  caso  di  insolvenza  le  norme  di   riferimento\nprevedono esiti parzialmente difformi. \n    - L\u0027art. 102, legge n. 689/1981, infatti, stabilisce che in  caso\ndi mancato pagamento colpevole la pena pecuniaria si  converta  nella\nsemiliberta\u0027 sostitutiva, prevedendo un\u0027unica modalita\u0027 di esecuzione\npossibile. \n    - L\u0027art. 71, legge n. 689/1981, invece, prevede  che  al  mancato\npagamento entro il termine consegua la revoca della  pena  pecuniaria\nsostitutiva e - in deroga ai principi generali delle pene sostitutive\nper cui le  stesse  in  caso  di  revoca  si  convertono  nella  pena\noriginariamente sostituita - consente al Magistrato  di  Sorveglianza\ndi  sostituire  la  stessa   scegliendo   alternativamente   tra   la\nsemiliberta\u0027 sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva. \n    Le ragioni che hanno portato a questo disallineamento  delle  due\ndiscipline non sono, invero, chiarissime; sul  piano  assiologico  ed\noperativo,  infatti,  posto  che  non   si   ravvisano   profili   di\nincompatibilita\u0027  costituzionale   nella   conversione   della   pena\npecuniaria in forme di esecuzione carceraria in caso  di  insolvenza,\nsi ravvisa invero una sostanziale sovrapponibilita\u0027  dei  presupposti\ndi fatto e di diritto alle base delle due diverse ipotesi. \n    In entrambi i casi, la conversione trova proprio in  un  medesimo\nfatto: il  mancato  pagamento  della  pena  pecuniaria  per  condotta\ncolpevole del condannato. \n    Circostanza che avrebbe richiesto, e che a parere dello scrivente\nMagistrato costituzionalmente richiede, quantomeno  l\u0027assoggettamento\ndelle due fattispecie alla medesima disciplina, cosi\u0027  come  previsto\nnel caso di insolvibilita\u0027. \n    L\u0027attuale assetto normativo, infatti, pare  arrecare  un  patente\nvulnus al principio di uguaglianza sostanziale  di  cui  all\u0027art.  3,\ncomma   2   della   Costituzione,   connotandosi   in   termini    di\nirragionevolezza per la disparita\u0027 di  trattamento  che  l\u0027art.  102,\nlegge  n.  689/1981  prevede  rispetto   al   tertium   comparationis\nrappresentato dall\u0027art. 71, legge n. 689/1981;  nonche\u0027  all\u0027art.  3,\ncomma 2, in relazione all\u0027art. 27, comma 3 della Costituzione per  il\npregiudizio irragionevole che, a parita\u0027 di condizioni, la  normativa\nnel suo complesso e l\u0027art. 102, legge n. 689/1981 arreca al principio\ndi emenda, nella misura  in  cui  non  consentite  al  Magistrato  di\nSorveglianza una valutazione  individualizzata  della  posizione  del\ncondannato, imponendo una sola misura possibile,  rispetto  a  quanto\nconsentito in casi analoghi dall\u0027art. 71, legge n. 689/1981. \n    In questa seconda prospettiva,  il  canone  della  ragionevolezza\nviene in rilievo nella sua veste classica  di  sindacato  comparativo\ntra due opzioni normative  difformi  che,  pero\u0027,  hanno  ad  oggetto\nsituazioni  identiche  da  un  punto  di  vista  sostanziale  e  che,\nnell\u0027ipotesi  sostenuta  da  questo  rimettente,  dovrebbero   essere\npercio\u0027 assoggettate alla comune disciplina. \n    Per  sostenere  l\u0027illegittimita\u0027  costituzionale,  dunque,   deve\nvalutarsi,  anzitutto,  se  le  due   posizioni   sostanziali   siano\neffettivamente le medesime; interrogativo  al  quale  si  ritiene  di\ndover dare  una  risposta  certamente  positiva,  richiamandosi,  per\nbrevita\u0027, a quanto su esposto circa la coincidenza  delle  situazioni\ndi fatto nelle ipotesi di insolvenza. \n    Sia consentito, pero\u0027, avvalorare la tesi della coincidenza della\nsituazione di fatto che si produce  all\u0027atto  del  mancato  pagamento\ndella  pena  pecuniaria  originaria  o   di   una   pena   pecuniaria\nsostitutiva, evidenziando che e\u0027 lo stesso  legislatore  a  prevedere\nuna disciplina sostanzialmente comune, laddove il  mancato  pagamento\nderivi da  insolvibilita\u0027  agli  articoli  103,  comma  3,  legge  n.\n689/1981 e 71, comma 3 legge n. 689/1981. \n    In questo senso, e\u0027  evidente  che  le  due  fattispecie  possono\nnormativamente  soggiacere  ad  una  disciplina  comune  o   comunque\nanaloga. \n    L\u0027elemento discretivo e  di  divaricazione  della  disciplina  si\nrinviene solo sul terreno della insolvenza. \n    Occorre, a questo punto, verificare se  l\u0027opzione  normativa  sia\nsorretta da una ratio adeguata che consenta di valutare in termini di\nragionevolezza questa differenziazione. \n    Il  testo  di  legge,  in  se\u0027,  non  aiuta  molto;  al  fine  di\ncomprendere  quale  sia  stato  il  percorso   logico   seguito   dal\nlegislatore delegato, e poter dunque  vagliare  la  ragionevolezza  e\ncoerenza intrinseca della scelta legislativa, appare dunque opportuno\nriportare quanto indicato nella gia\u0027  citata  relazione  al  decreto,\nladdove si esplicitano i contenuti del secondo  comma  dell\u0027art.  71,\nlegge n. 689/1981 e dell\u0027art. 102, legge n. 689/1981. \n    Con riferimento all\u0027art. 71 legge n. 689/1981, la Relazione cosi\u0027\nsi esprime: \n      «Il secondo comma disciplina in modo innovativo  l\u0027ipotesi  del\nmancato pagamento colpevole, che non dipende cioe\u0027 da una  situazione\ndi impossibilita\u0027 di  adempiere  all\u0027obbligo,  bensi\u0027  da  un  fatto,\nvolontario o  colposo,  del  condannato,  che  puo\u0027  pagare  la  pena\npecuniaria ma non la paga entro il termine  indicato  nell\u0027ordine  di\nesecuzione  del  pubblico  ministero.  La  conseguenza  del   mancato\npagamento  e\u0027  la   revoca   della   pena   pecuniaria   sostitutiva,\nanalogamente a quanto avviene per le  altre  pene  sostitutive  delle\npene detentive brevi, in caso di mancata esecuzione  (cfr.  art.  66,\ncomma 1, legge n. 689/1981). La  conversione  della  pena  pecuniaria\nsostitutiva non eseguita  e\u0027  disciplinata  dall\u0027art.  71,  legge  n.\n689/1981 in deroga alla disciplina generale dell\u0027art.  66,  legge  n.\n689/1981: si prevede, infatti, la  conversione  in  pene  sostitutive\npiu\u0027 gravi e in nessun  caso  nella  pena  detentiva  sostituita.  La\ngravita\u0027 delle pene sostitutive da conversione,  in  particolare,  e\u0027\ngraduata  a  seconda  della  natura  colpevole  (secondo   comma)   o\nincolpevole (terzo comma) del mancato pagamento. \n    Si e\u0027 escluso di prevedere la conversione della  pena  pecuniaria\nsostitutiva   nella   corrispondente   pena   detentiva    sostituita\n(reclusione o arresto) per ragioni  di  coerenza  con  la  scelta  di\nfondo, operata in tema  di  conversione  delle  pene  pecuniarie  non\neseguite (cfr. articoli  102  e  103,  legge  n.  689/1981),  di  non\nprevedere la conversione della pena  pecuniaria  nella  reclusione  o\nnell\u0027arresto. Una scelta diversa, non percorsa nemmeno dalla legge n.\n689/1981, ora riformata, sarebbe possibile (consentita  dall\u0027art.  1,\ncomma 17, lett. m), della legge delega) e  non  irragionevole,  posto\nche, alle spalle della pena pecuniaria sostitutiva, vi  e\u0027  una  pena\ndetentiva alla quale si ritornerebbe. Senonche\u0027 si ritiene  opportuno\nfar prevalere l\u0027esigenza di scongiurare il pericolo  che  proprio  la\npena sostitutiva piu\u0027 mite, per eccellenza, possa  convertirsi  nella\nreclusione o  nell\u0027arresto  per  periodi  di  breve  durata,  pari  o\ninferiori  a  un  anno,  comportando  un   esito   contrastante   con\nl\u0027obiettivo generale della lotta alla pena detentiva  breve.  D\u0027altra\nparte, la modularita\u0027 progressiva delle  altre  pene  sostitutive  da\nconversione, non prive  anche  di  connotazioni  detentive,  soddisfa\nadeguatamente le esigenze  di  prevenzione  correlate  alla  minaccia\nlegale di una pena da conversione, in caso di mancato pagamento della\npena pecuniaria sostitutiva. Si individuano infatti,  quali  pene  da\nconversione  per  il  mancato  e  colpevole  pagamento   della   pena\npecuniaria, la semiliberta\u0027 sostitutiva e la  detenzione  domiciliare\nsostitutiva.   La   revoca   della   pena   pecuniaria    sostitutiva\ncolpevolmente non eseguita, pertanto, comporta una nuova sostituzione\ndella pena detentiva  sostituita,  che  il  giudice  puo\u0027  effettuare\nscegliendo tra  semiliberta\u0027  o  detenzione  domiciliare,  secondo  i\ncriteri ordinari  di  cui  all\u0027art.  58,  disposizione  espressamente\nrichiamata. Viene esclusa  la  possibilita\u0027  di  convertire  la  pena\npecuniaria sostitutiva in lavoro di pubblica utilita\u0027: si e\u0027  infatti\nritenuto opportuno e ragionevole riservare tale possibilita\u0027, come si\ndira\u0027 subito, all\u0027ipotesi del mancato pagamento incolpevole. Cio\u0027 per\ngarantire una progressione fra le pene da conversione,  proporzionata\nalla  colpevolezza  del  condannato   inadempiente   all\u0027obbligo   di\npagamento». \n    Con riferimento all\u0027art.  102,  legge  n.  689/1981,  invece,  la\nRelazione cosi\u0027 argomenta: \n      «La conversione in caso  di  mancato  pagamento  colpevole,  da\nparte di chi non paga la multa e l\u0027ammenda pur potendolo fare, e\u0027 una\nnovita\u0027  introdotta  dal  presente  decreto.  La  legge  minaccia  la\nconversione in una pena limitativa  della  liberta\u0027  personale,  piu\u0027\ngrave  della  pena  pecuniaria  per  assicurare  l\u0027effettivita\u0027   del\npagamento della pena  pecuniaria  stessa.  A  differenza  delle  pene\ndetentive, infatti, per essere eseguite le pene pecuniarie richiedono\nla collaborazione  del  condannato.  Il  fallimento  del  sistema  di\nrecupero  crediti,  che  ha  tradizionalmente  adottato   il   nostro\nordinamento, dimostra come sia  opportuno  e  necessario  indurre  il\ncondannato al pagamento, onde evitare conseguenze peggiori. \n    Le pene da conversione della pena pecuniaria ineseguita assolvono\na una duplice funzione:  sanzionano  sia  il  mancato  pagamento  (se\ncolpevole), sia il reato commesso, sostituendosi alla pena pecuniaria\nprincipale,   rimasta   ineseguita.   Alla    luce    dei    principi\ncostituzionali,  e  nei  limiti  della  legge  delega,  e\u0027   pertanto\nnecessario  adeguare  la  disciplina  della  conversione  tanto  alla\ncolpevolezza del condannato, riferita al  mancato  pagamento,  quanto\nalla gravita\u0027 del reato commesso. Sotto il primo profilo,  la  scelta\ne\u0027 di ribadire,  anche  per  la  conversione  delle  pene  pecuniarie\nprincipali,  come  per  quelle  sostitutive  (cfr.   art.   71),   la\ndistinzione  tra  le  ipotesi  di  mancato  pagamento   colpevole   e\nincolpevole (per insolvibilita\u0027 del condannato). Le due ipotesi  sono\ndisciplinate, rispettivamente, dagli articoli 102 e 103. \n    La pena da conversione piu\u0027 grave, la semiliberta\u0027,  e\u0027  prevista\nin caso di mancato pagamento colpevole. La pena da  conversione  meno\ngrave, il lavoro di pubblica utilita\u0027 (e, in subordine, solo in  caso\ndi opposizione al lavoro,  la  detenzione  domiciliare)  e\u0027  prevista\ninvece per l\u0027ipotesi del  mancato  pagamento  incolpevole  (dovuto  a\ninsolvibilita\u0027, cioe\u0027 alle condizioni economiche e  patrimoniali  del\ncondannato)». \n    Da una lettura dei  due  passi,  puo\u0027  cogliersi  che  l\u0027elemento\ndiscretivo  tenuto  in  conto  dal  legislatore  pare   esser   stato\nrappresentato dalla volonta\u0027 di minacciare conseguenze  esemplari  in\ncaso di mancato pagamento della pena pecuniaria, che  consentano  non\nsolo di sanzionare l\u0027insolvenza, ma anche di  punire  il  reato  alla\nbase della condanna, la cui sanzione e\u0027 rimasta ineseguita. \n    La semiliberta\u0027 sostitutiva  prevista  dall\u0027art.  102,  legge  n.\n689/981, dunque, viene presentata quale misura che realizza  entrambi\nquesti scopi, associando alla minaccia di una misura limitativa della\nliberta\u0027 personale anche profili sanzionatori del reato. \n    Viceversa, nel caso della pena pecuniaria sostitutiva, sembra che\nil legislatore abbia ragionato nei termini di un fenomeno di revoca e\naggravamento della pena  sostitutiva  per  mancata  esecuzione  della\nmisura, con riespansione del  potere  di  sostituzione  che,  dunque,\nritornando al Magistrato di Sorveglianza come  potere  originario  di\nsostituzione  della  pena  detentiva  breve,  gli  consentirebbe   di\nscegliere la misura  piu\u0027  adatta  applicando  l\u0027art.  58,  legge  n.\n689/1981. \n    Tuttavia, nel  mancato  pagamento  per  insolvenza  colpevole  la\nscelta della pena da applicare in sostituzione e\u0027 circoscritta ad una\ndelle due pene  sostitutive  detentive,  riservandosi  il  lavoro  di\npubblica   utilita\u0027   sostitutivo   all\u0027ipotesi   dell\u0027insolvibilita\u0027\nincolpevole. \n    Sarebbe, dunque, il gema  della  misura  da  convertire  ad  aver\nguidato la scelta legislativa nell\u0027uno e nell\u0027altro caso. \n    Alla base di questa differenziazione si potrebbe cogliere  l\u0027idea\nche mentre le pene pecuniarie originarie di solito accedono  a  reati\ngravi quale  sanzione  principale,  la  pena  pecuniaria  sostitutiva\nrappresenterebbe, secondo la prospettiva assunta dal  legislatore  la\npiu\u0027 mite risposta che l\u0027ordinamento offre ad una sanzione  detentiva\ncontenuta entro l\u0027anno e, in ipotesi, cio\u0027 evidenzierebbe tale misura\ncome statisticamente applicabile a delitti di minore gravita\u0027. \n    Si tratta, tuttavia, di argomenti che, invero, appaiono  non  del\ntutto   condivisibili   e,   anzi,   scolorano   verso   la   patente\nirragionevolezza. \n    Quanto alla tesi per cui la pena  pecuniaria  originaria  sarebbe\nespressiva di maggiore pericolosita\u0027 sociale, giova  evidenziare  che\nnel sistema sanzionatorio classico,  la  pena  pecuniaria  e\u0027  sempre\nconsiderata meno afflittiva della pena detentiva. \n    In questo senso, sostenere che le pene pecuniarie sostitutive  di\npene detentive brevi siano la  piu\u0027  mite  risposta  dell\u0027ordinamento\nalla violazione della legge penale appare, quantomeno, frutto di  una\nlettura  semplicistica,  se   non   proprio   erronea   del   sistema\ncomplessivo. \n    Invero,  non  puo\u0027   dubitarsi   che   rispetto   ad   una   pena\noriginariamente  detentiva,  detenzione  o  arresto,   passibile   di\nconversione in pena pecuniaria, una pena  originariamente  pecuniaria\nquale la multa e, a fortiori, l\u0027ammenda,  sia  sempre  da  intendersi\ncome sanzione penalmente piu\u0027 mite. \n    Cio\u0027 in considerazione del fatto che se l\u0027una vede  tramutata  la\npropria natura da detentiva a pecuniaria in forza di una  valutazione\nconcreta  operata  dal  giudice,  la  prima  e\u0027  gia\u0027   in   astratto\nselezionata dal legislatore come per la  adeguata  alla  gravita\u0027  di\nquel fatto, nel senso che  tipicamente  lo  stesso  non  richiede  il\npresidio  di  sanzioni  di  tipo  coercitivo,  sulla  base   di   una\nvalutazione di politica criminale e  di  tutela  dei  beni  giuridici\noperata a monte dal legislatore. \n    E\u0027 dunque sul piano della tipizzazione normativa, al netto  della\npossibilita\u0027 di valorizzare situazioni specifiche  e  concrete  sulla\nbase della giurisprudenza CEDU in tema di matiere penale, che pure ha\ntrovato opportunamente eco nella giurisprudenza costituzionale (ci si\nriferisce alla sentenza n. 223/2018 della Corte costituzionale),  che\nl\u0027assedia maggiore gravita\u0027 della pena pecuniaria originaria rispetto\nalla  pena  pecuniaria  sostitutiva  di  pena  detentiva  risulta  un\nargomento non convincente e non puo\u0027 ragionevolmente essere  accolto.\nMen che meno, dunque, sulla base di un  tale  argomento  si  potrebbe\nvalidamente stabilire una differente disciplina  per  situazioni  del\ntutto analoghe, prevedendo che a fronte di un medesimo  comportamento\ncolpevole del condannato per il mancato pagamento nell\u0027un caso  possa\ndarsi luogo solo  ad  applicazione  della  semiliberta\u0027  sostitutiva,\nmentre nell\u0027altro sia consentito al giudice di  scegliere  la  misura\npiu\u0027  adeguata  tra  la  semiliberta\u0027  sostitutiva  e  la  detenzione\ndomiciliare sostitutiva. \n    Cio\u0027 appare ancor piu\u0027 irrazionale laddove si consideri che e\u0027 lo\nstesso legislatore delegato a stabilire, all\u0027art. 57,  ultimo  comma,\nlegge n. 689/1981 che «la pena pecuniaria si  considera  sempre  come\ntale, anche se sostitutiva della pena detentiva», cosi\u0027 indicando che\nai  fini  dell\u0027ordinamento  l\u0027originarieta\u0027  o  meno   della   natura\npecuniaria della sanzione non e\u0027 (o quantomeno non  dovrebbe  essere)\nelemento rilevante. \n    Ma, anche laddove si volesse accogliere una tale  prospettazione,\ne,  dunque,  si  volesse  dare  un  maggior  risalto  alle   esigenze\nsecuritarie nel caso della conversione di  una  pena  originariamente\npecuniaria, la scelta di prevedere la sola  semiliberta\u0027  sostitutiva\napparirebbe comunque normativamente sproporzionata;  e  cio\u0027  sia  in\nastratto,  sia  in  concreto  alla  luce  delle   altre   norme   che\ndisciplinano il fenomeno della conversione della pena pecuniaria. \n    Si  consideri  che  l\u0027art.  660,  comma   8   c.p.p.   stabilisce\nespressamente che nel procedere alla conversione secondo gli articoli\n71, 102 e 103, legge n. 689/1981 si  applica  in  quanto  compatibile\nl\u0027art. 545-bis c.p.p.,  norma  che  detta  sul  piano  processuale  i\ncriteri di scelta delle pene sostitutive e che richiama, a sua volta,\nl\u0027art. 58, legge  n.  689/1981,  dedicato  sul  piano  sostanziale  a\ndettagliare i canoni di giudizio che devono guidare il giudice  nella\ndecisione sull\u0027ammissione o meno alle pene sostitutive e nella scelta\ndella pena sostitutiva da applicare in concreto. \n    Da una lettura delle  disposizioni  di  legge  richiamate  emerge\nchiaramente che nel decidere l\u0027an della sostituzione  della  pena  e,\npoi, nel selezionare la specifica misura con cui sostituire  la  pena\ndetentiva breve, il giudice e\u0027 chiamato a  operare  un  giudizio  che\ninveste, tra gli altri elementi, la gravita\u0027 del fatto,  le  esigenze\ndi sicurezza sociale, nonche\u0027 l\u0027adeguatezza della pena sostitutiva  a\ncontemperare questi ultimi con la finalita\u0027 di reinserimento  sociale\ndel condannato. \n    Il che, dunque, significa che anche all\u0027interno della conversione\ndella pena pecuniaria vi sarebbe gia\u0027 spazio per recuperare non  gia\u0027\nin astratto, ma in concreto, ed  individualizzando  il  giudizio,  la\nmaggiore o minore gravita\u0027 del fatto ai  fini  della  scelta  tra  la\nmisura piu\u0027 grave (semiliberta\u0027 sostitutiva) e quella meno coercitiva\n(detenzione  domiciliare  sostitutiva);  come,  peraltro,   e\u0027   gia\u0027\nprevisto dall\u0027art. 71, legge n. 689/1981. \n    Quanto alla considerazione per cui nel caso della norma da ultimo\ncitata, la conversione della pena  pecuniaria  sostitutiva  viene  ad\nessere vista come una sorta di aggravamento della pena  sostitutiva.,\nsi tratta anche in questo caso di un argomento non dirimente. \n    Invero, a prescindere se si voglia intendere  la  conversione  in\ncaso  di  insolvenza  colpevole  come  aggravamento   di   una   pena\nsostitutiva piu\u0027 mite o quale sanzione per il  mancato  pagamento  di\nuna pena pecunia, rimane il fatto che ambedue  le  norme  assumono  a\npresupposto per la propria applicazione il mancato pagamento da parte\ndi chi potrebbe pagare, prevedendo, come la si voglia  intendere,  un\nmeccanismo  sostanzialmente  sanzionatorio  dell\u0027insolvenza.  Che  il\nmedesimo presupposto di fatto e di diritto possa condurre a normative\ndivergenti in ragione del genus della pena cui accede (pene  che,  si\nribadisce, lo stesso legislatore parifica per tutti gli altri effetti\ndi legge)  appare  frutto  di  una  patente  incongruenza  sul  piano\nsostanziale. \n    Sia poi concesso considerare gli esiti paradossali  cui  perviene\nlo schema normativo della cui costituzionalita\u0027 si dubita. \n    Una pena originariamente pecuniaria che, in ipotesi, mai  avrebbe\npotuto essere eseguita mediante forme coercitive di tipo detentivo  e\ncarcerario, in caso di mancato pagamento importa obbligatoriamente la\ncarcerazione del condannato; come la si voglia vestire, infatti,  non\nbasta  l\u0027aggettivo   sostitutiva   a   mutare   la   sostanza   della\nsemiliberta\u0027. Questa rimane sostanzialmente una pena qualitativamente\ncarceraria. \n    Viceversa, una pena originariamente detentiva, sia pur  contenuta\nentro l\u0027anno, che ordinariamente avrebbe  ben  potuto  condurre  alla\ncarcerazione del condannato, laddove convertita  in  pena  pecuniaria\nche non  venga  pagata,  puo\u0027  comportare  o  la  carcerazione  della\npersona, ma anche l\u0027accesso a forme detentive di tipo domiciliare che\nnon prevedono contatto con l\u0027istituzione carceraria. \n    Ne\u0027 basterebbe a rendere ragionevole questo sistema  l\u0027argomento,\nche pur potrebbe cogliersi alla luce dell\u0027analisi supra condotta, per\ncui la previsione del solo carcere per la  pena  pecuniaria  dovrebbe\navere efficacia deterrente rispetto all\u0027inadempimento dell\u0027obbligo di\npagare  e,  dunque,  rappresenterebbe  un  necessario   presidio   di\neffettivita\u0027 della sanzione pecuniaria. \n    Se si fosse voluto davvero  perseguire  tale  obiettivo,  invero,\nallora  si  sarebbe  dovuto  prevedere  il   medesimo   criterio   di\nconversione anche rispetto alla pena pecuniaria sostitutiva. \n    Viceversa, il disallineamento tra le due discipline  pare  frutto\ndi un non ponderato esercizio della discrezionalita\u0027 legislativa, che\nfinisce con il sanzionare piu\u0027 gravemente una  pena  pecuniaria  tout\ncourt rispetto ad una pena pecuniaria originariamente detentiva. \n    Il che, oltre che discriminatorio, e\u0027  del  tutto  irragionevole,\ncon ingiustificata lesione anche dell\u0027art. 13 della Costituzione. \n    Quanto alla lesione dell\u0027art. 27, comma 3 della Costituzione,  in\nsintesi, non puo\u0027 non considerarsi che la rigidita\u0027 della norma,  nel\nprevedere la sola pena sostitutiva massima in  sede  di  conversione,\nfrustra il principio di emenda e la tendenziale finalita\u0027 rieducativa\ndella pena. \n    Non consentire  al  Magistrato  di  Sorveglianza  di  gradare  ed\nindividualizzare il trattamento lato sensu detentivo, precludendo  in\nradice la scelta tra la misura piu\u0027 grave e quella meno afflittiva di\ntipo domiciliare, espone il sistema al rischio di sanzionare troppo. \n    E una pena sproporzionata  e\u0027,  invero,  una  pena  difficilmente\npercepibile come giusta da  chi  la  subisce,  il  che  impedisce  al\ncondannato di compiere quel percorso interiore di accettazione  della\ncondanna e della sanzione necessario per l\u0027emenda. \n    Si tratta di concetti ormai acquisiti nella giurisprudenza  della\nCorte costituzionale; si pensi al grande lavorio della Consulta negli\nultimi anni in punto di ragionevolezza dei limiti edittali che ha, da\nultimo, visto cadere sotto la scure del legislatore  negativo  l\u0027art.\n628, comma 3 c.p. \n    Mutatis mutandis, le  statuizioni  di  principio  espresse  dalla\nrichiamata giurisprudenza non possono non  avere  cittadinanza  anche\nnel settore in esame. \n    In fin dei conti, lo si e\u0027 ampiamente argomentato supra, rispetto\nalla conversione della pena pecuniaria per  colpevole  inadempimento,\ncio\u0027 che  giustifica  l\u0027applicazione  di  restrizioni  alla  liberta\u0027\npersonale e\u0027 il rimprovero per il mancato pagamento. La  conversione,\ndunque, e\u0027 si\u0027 un modo di far espiare in modo diverso  una  pena  non\npagata, ma e\u0027 altresi\u0027 rispetto all\u0027insolvenza (diversamente che  per\nl\u0027insolvibilita\u0027) un meccanismo sanzionatorio. \n    Meccanismo che, quantomeno  rispetto  alle  pene  pecuniarie,  ai\nsensi  dell\u0027art.  102,  legge  n.  689/1981  e\u0027  del  tutto   rigido,\nrisolvendosi in  un  automatismo  applicativo  sproporzionato  e,  in\nultima analisi, potenzialmente ingiusto. \n    Poiche\u0027 la medesima condizione e\u0027 stata assunta dal  legislatore,\nnel medesimo corpus normativo, ai fini di  prevedere  una  disciplina\nche consente di modulare la risposta ordinamentale tra un massimo  ed\nun minimo di afflizione  della  liberta\u0027  personale,  non  si  vedono\nragioni per non estendere quest\u0027ultima opzione anche  nell\u0027art.  102,\nlegge n. 689/1981. \n    A parere di chi scrive, dunque, l\u0027attuale disciplina  incorre  in\nun evidente cortocircuito  assiologico  e  logico,  che  deve  essere\nricondotto a costituzionalita\u0027,  dichiarando  l\u0027art.  102,  legge  n.\n689/1981 incostituzionale nella parte in  cui  non  prevede  dopo  le\nparole «ne comporta la conversione nella semiliberta\u0027 sostitutiva» le\nparole «o nella detenzione domiciliare sostitutiva. Si applica l\u0027art.\n58» si\u0027 come stabilito nell\u0027art. 71, legge n. 689/1981,  nonche\u0027,  in\nvia conseguenziale, dichiarando incostituzionale l\u0027art. 660, comma  3\nc.p.p. nella parte in cui disciplina gli avvisi al condannato,  nella\nparte  in  cui  non  prevede  dopo  le  parole  «nella   semiliberta\u0027\nsostitutiva» le parole «o nella detenzione domiciliare sostitutiva». \n    Le questioni qui poste sono  certamente  rilevanti  nel  caso  di\nspecie, posto che G. si trova esattamente nella condizione  descritta\ndall\u0027art. 102, legge n.  689/1981:  egli,  pur  avendo  ricevuto  gli\navvisi da parte della Procura, non ha provveduto al  pagamento  della\npena pecuniaria ne\u0027 ha richiesto la rateizzazione della stessa  entro\ni termini previsti dalla nuova disciplina. \n    E\u0027, dunque, decaduto dalla possibilita\u0027 di  consentire  a  questo\nMagistrato  di  procedere  alta  rateizzazione,  che   potrebbe   ben\nconsentirgli  si  provvedere  al  pagamento  secondo  modalita\u0027  meno\ngravose. \n    Eppure, e\u0027 persona che lavora stabilmente da diversi anni  e  che\nha percepito redditi da lavoro dipendente per  circa  27.000,00  euro\nnel 2024, attualmente assunto con busta paga di quasi  2.000,00  euro\nmensili; con qualche sforzo, dunque, egli ben potrebbe  anche  pagare\nin unica soluzione. \n    A fronte di questa condizione, questo giudice  sarebbe  costretto\ndalla  disciplina  attuale  a  convertire  la  pena  in  semiliberta\u0027\nsostitutiva, determinando la carcerazione del condannato. \n    E, solo una volta incarcerato, ed a semiliberta\u0027 in  corso,  egli\npotra\u0027 far valere l\u0027eventuale richiesta di pagamento rateale. \n    Laddove,  invece,  vi  fosse  l\u0027intervento   auspicato   in   via\nprincipale  questo  giudice   potrebbe   valutare   direttamente   la\nconcessione della  detenzione  domiciliare  sostitutiva;  laddove  la\nCorte  accogliesse  la  subordinata,  nel  presente  procedimento  si\npotrebbe scegliere tra quest\u0027ultima e la semiliberta\u0027 sostitutiva. \n    Eventualmente (in termini astratti) anche scegliendo ad esito  di\nun giudizio di merito, per la semiliberta\u0027. Invero, la Corte ha ormai\naffermato una nozione di  rilevanza  della  questione  che  prescinde\ndall\u0027eventuale diretta  incidenza  sull\u0027esito  del  giudizio  a  quo,\ndescritta come rilevanza giudicata. \n    Secondo tale orientamento, ormai maggioritario  e  condiviso,  il\nrequisito di rilevanza sussiste  anche  qualora  la  decisione  della\nCorte sia idonea ad incidere nel giudizio a qua anche solo nel  senso\ndi     imporre     al      giudice      un      diverso      percorso\nlogico-giuridico-argomentativo, pur  rimanendo  in  ipotesi  identico\nl\u0027esito del giudizio. \n    Circostanze che si verificano, invero, nel caso di specie,  posto\nche la norma impedisce anche solo di  esaminare  la  possibilita\u0027  di\napplicare, in luogo della  semiliberta\u0027  sostitutiva,  la  detenzione\ndomiciliare sostitutiva. E cio\u0027 basti quanto alla rilevanza. \n    Le  questioni,  inoltre,  per  quanto  su  esposto  appaiono  non\nmanifestamente infondate e non  emendabili  mediante  interpretazioni\ncostituzionalmente orientate. \n    Invero, il dato normativo, per come  ricostruito  sia  alla  luce\ndella sua dimensione testuale, sia in ragione di una  interpretazione\nteleologica che valorizzi la volonta\u0027 legislativa, non lascia margine\nper un  esito  diverso  da  quello  di  applicare  la  semi  liberta\u0027\nsostitutiva all\u0027ipotesi dell\u0027insolvenza. \n    Ne\u0027 potrebbe tentare di valorizzarsi la possibilita\u0027  di  accesso\nalla rateizzazione al di fuori delle ipotesi  previste  dalla  legge,\nche cesella  minuziosamente  i  canoni  e  le  tempistiche  cui  deve\nattenersi il Magistrato di Sorveglianza nel relativo giudizio. \n    L\u0027interpretazione conforme, infatti, (con la felice  immagine  di\nautorevole dottrina) non puo\u0027 diventare un letto di Procuste, in  cui\nla norma viene tagliuzzata e rimodulata per farla entrare  nell\u0027alveo\ncostituzionale snaturandone le fattezze. \n    A  fronte  di  queste  considerazioni,  si   ritiene   di   dover\ninterrompere  il   procedimento   e   sollevare   le   questioni   di\ncostituzionalita\u0027 su esposte, nella loro dimensione gradata di cui si\ne\u0027 detto supra. \n    La declaratoria di  incostituzionalita\u0027,  inoltre,  ove  accolta,\ndovrebbe attingere anche l\u0027art. 660, comma 3 c.p.p., nella  parte  in\ncui richiama, al  fine  di  darne  avviso  al  condannato,  le  norme\nsostanziali  in  punto  di  modalita\u0027  di  conversione   della   pena\npecuniaria. \n\n(1) Art. 1, comma 16 della legge delega: «Nell\u0027esercizio della delega\n    di cui al comma 1, i decreti  legislativi  recanti  modifiche  al\n    codice di procedura penale, al codice  penale  e  alla  collegala\n    legislazione speciale in materia di pena pecuniaria, al  fine  di\n    restituire effettivita\u0027 alla stessa, sono adottati  nel  rispetto\n    dei seguenti principi e criteri direttivi:  a)  razionalizzare  e\n    semplificare il procedimento di esecuzione delle pene pecuniarie;\n    b)  rivedere,  secondo  criteri   di   equita\u0027,   efficienza   ed\n    effettivita\u0027, i meccanismi e la procedura  di  conversione  della\n    pena pecuniaria in caso di mancato  pagamento  per  insolvenza  o\n    insolvibilita\u0027   del   condannato;   c)    prevedere    procedure\n    amministrative efficaci, che assicurino  l\u0027effettiva  riscossione\n    della pena pecuniaria e la sua conversione  in  caso  di  mancato\n    pagamento».  \n\n(2) Cfr. «Decreto  legislativo  recante  attuazione  della  legge  27\n    settembre 2021 n. 134 recante delega al governo per  l\u0027efficienza\n    del processo penale nonche\u0027 in materia di giustizia riparativa  e\n    disposizioni  per  la   celere   definizione   dei   procedimenti\n    giudiziari - Relazione Illustrativa»  pubblicata  nella  Gazzetta\n    Ufficiale - Serie generale  -  n.  245  del  19  ottobre  2022  -\n    Supplemento straordinario n. 5.  \n\n(3) Cfr. Corte  costituzionale,  sentenza  n.  279/2019  «Gia\u0027  nella\n    sentenza  n.  108  del  1987,  questa  Corte  aveva  invocato  un\n    Intervento del legislatore  sulla  disciplina  processuale  della\n    conversione, ritenuta inficiala da «difetti che  la  rendono  non\n    pienamente adeguata ai principi costituzionali in materia, e  che\n    possono indirettamente frenare un piu\u0027 ampio  ricorso  alla  pena\n    pecuniaria, da molti auspicato». Un simile monito deve essere ora\n    ribadito. Il procedimento di esecuzione  della  pena  pecuniaria,\n    del quale i provvedimenti di conversione  costituiscono  una  dei\n    possibili esiti, e\u0027 oggi ancor piu\u0027 farraginoso di quanto non  lo\n    fosse  nel  1987,  prevedendo   l\u0027intervento,   in   successione,\n    dell\u0027ufficio  del  giudice  dell\u0027esecuzione,  dell\u0027agente   della\n    riscossione,  del  pubblico  ministero  e   del   magistrato   di\n    sorveglianza. A tutti  questi  soggetti  sono  demandati  plurimi\n    adempimenti piu\u0027 o meno complessi,  che  tuttavia  non  riescono,\n    allo stato, ad assicurare ne\u0027 adeguati tassi di riscossione delle\n    pene pecuniarie, ne\u0027 l\u0027effettivita\u0027 della conversione delle  pene\n    pecuniarie non  pagate.  Tale  situazione,  oggetto  di  diagnosi\n    risalenti in dottrina, fa si\u0027 che  la  pena  268  pecuniaria  non\n    riesca a costituire in Italia un\u0027alternativa  credibile  rispetto\n    alle pene privative della liberta\u0027, come accade invece  in  molti\n    altri ordinamenti». \n\n(4) Cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 15/2020 § 3 «soltanto  una\n    disciplina della pena  pecuniaria  in  grado  di  garantirne  una\n    commisurazione da parte  del  giudice  proporzionata  tanto  alla\n    gravita\u0027 del reato quanto alle condizioni economiche del  reo,  e\n    assieme  di  assicurarne  poi   l\u0027effettiva   riscossione,   puo\u0027\n    costituire una seria alternativa alla pena detentiva, cosi\u0027  come\n    di fatto accade in molti altri ordinamenti contemporanei»  \n\n(5) Cfr.  Corte  costituzionale,  sentenza  n.  134/2021  §   8   del\n    Considerato in diritto, a chiusura della sentenza. \n\n(6) Cosi\u0027  testualmente  a  pag.  271  «Decreto  legislativo  recante\n    attuazione della legge 27 settembre 2021 n. 134 recante delega al\n    governo per l\u0027efficienza del processo penale nonche\u0027  in  materia\n    di giustizia riparativa e disposizioni per la celere  definizione\n    dei procedimenti giudiziari - Relazione Illustrativa»  pubblicata\n    nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 245 del 19 ottobre\n    2022 - Supplemento straordinario n. 5. \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Visto l\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; \n    ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva,\nnei  termini  indicati,  questione  di  legittimita\u0027   costituzionale\ndell\u0027art. 102, legge n. 689/1981 per violazione dell\u0027art. 3, comma  2\ndella Costituzione e dell\u0027art. 13 della Costituzione nella  parte  in\ncui prevede che il mancato pagamento della pena  pecuniaria  entro  i\ntermini «comporta  la  conversione  nella  semiliberta\u0027  sostitutiva»\ninvece di stabilire che il mancato pagamento «comporta la conversione\nnella  detenzione   domiciliare   sostitutiva»;   nonche\u0027,   in   via\nconseguenziale, questione di  legittimita\u0027  costituzionale  dell\u0027art.\n660, comma  3  c.p.p.  nella  parte  in  cui  prevede  che  «la  pena\npecuniaria sara\u0027 convertita nella  semiliberta\u0027  sostitutiva»  invece\ndelle parole «la pena pecuniaria sara\u0027  convertita  nella  detenzione\ndomiciliare sostitutiva» invece  delle  parole  «la  pena  pecuniaria\nsara\u0027 convertita nella detenzione domiciliare sostitutiva». \n    In via gradata, solleva, nei termini indicati  in  parte  motiva,\nquestione di legittimita\u0027  costituzionale  dell\u0027art.  102,  legge  n.\n689/1981 per violazione degli articoli 3, comma 2 della Costituzione,\nin relazione all\u0027art. 13 ed all\u0027art. 27, comma 3 della  Costituzione,\nnella parte in cui  non  prevede  dopo  le  parole  «ne  comporta  la\nconversione  nella  semiliberta\u0027  sostitutiva»  le  parole  «o  nella\ndetenzione domiciliare sostitutiva. Si applica l\u0027art. 58.»,  nonche\u0027,\nin  via  conseguenziale,  questione  di  legittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art. 660, comma 3 c.p.p. nella parte in cui non prevede dopo  le\nparole  «la  pena  pecuniaria  sara\u0027  convertita  nella  semiliberta\u0027\nsostitutiva» le parole «o nella detenzione domiciliare sostitutiva». \n    Sospende  il  giudizio  in  corso  sino  all\u0027esito  del  giudizio\nincidentale di legittimita\u0027 costituzionale. \n    Dispone  che,  a  cura  della   Cancelleria,   gli   atti   siano\nimmediatamente trasmessi alla Corte costituzionale, e che la presente\nordinanza  sia  notificata  alle  parti  in  causa  ed  al   Pubblico\nministero, nonche\u0027 al Presidente del Consiglio dei  ministri,  e  che\nsia anche comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. \n      Cosi\u0027 deciso in Bologna, il 31 marzo 2025 \n \n             Il Magistrato di sorveglianza: Romano Ezio","elencoNorme":[{"id":"62445","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"24/11/1981","data_nir":"1981-11-24","numero_legge":"689","descrizionenesso":"","legge_articolo":"102","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1981-11-24;689~art102"},{"id":"62446","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"ppn","denominaz_legge":"codice di procedura penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"","legge_articolo":"660","specificaz_art":"","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""}],"elencoParametri":[{"id":"79174","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79175","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"13","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79231","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[]}}"
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