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Si applica l’art. 58.” – In via conseguenziale, denunciata previsione, la quale non dispone dopo le parole “la pena pecuniaria sarà convertita nella semilibertà sostitutiva”, le parole “o nella detenzione domiciliare sostitutiva” -\u0026nbsp;Disparità di trattamento rispetto al tertium comparationis rappresentato dall’art. 71 della legge n. 689 del 1981 che, in caso di mancato pagamento entro il termine della pena pecuniaria, consente al magistrato di sorveglianza di sostituire la stessa scegliendo tra la semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva – Lesione dei principio di ragionevolezza – Pregiudizio irragionevole che tale normativa, a parità di condizioni, arreca al principio di emenda della pena, non consentendo al magistrato di sorveglianza una valutazione individualizzata della posizione del condannato, imponendo una sola misura possibile, rispetto a quanto consentito in casi analoghi dall’art. 71 della legge n. 689 del 1981 – Violazione del principio di uguaglianza sostanziale – Violazione della libertà personale.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003eLegge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), art. 102; codice di procedura penale, art. 660, comma 3.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003eCostituzione, artt. 3, comma secondo, 13 e 27, terzo comma.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u003c/p\u003e","prima_parte":"A. G.","altre_parti":"","testo_atto":"N. 84 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 marzo 2025\n\r\nOrdinanza del 31 marzo 2025 del Tribunale di sorveglianza di Bologna\nnel procedimento di sorveglianza nei confronti di A. G.. \n \nReati e pene - Pene sostitutive - Denunciata norma la quale prevede\n che il mancato pagamento della pena pecuniaria entro il termine di\n cui all\u0027art. 660, comma 3, cod. proc. pen. indicato nell\u0027ordine di\n esecuzione, \"comporta la conversione nella semiliberta\u0027\n sostitutiva\", invece di stabilire che il mancato pagamento\n \"comporta la conversione nella detenzione domiciliare sostitutiva\"\n - In via conseguenziale, denunciata previsione la quale dispone che\n \"la pena pecuniaria sara\u0027 convertita nella semiliberta\u0027\n sostitutiva\", invece delle parole \"la pena pecuniaria sara\u0027\n convertita nella detenzione domiciliare sostitutiva\". \nIn via gradata: Reati e pene - Pene sostitutive - Mancato pagamento\n della pena pecuniaria entro il termine di cui all\u0027art. 660, comma\n 3, cod. proc. pen. indicato nell\u0027ordine di esecuzione - Denunciata\n norma che non prevede dopo le parole \"ne comporta la conversione\n nella semiliberta\u0027 sostitutiva\" le parole \"o nella detenzione\n domiciliare sostitutiva. Si applica l\u0027art. 58.\" - In via\n conseguenziale, denunciata previsione, la quale non dispone dopo le\n parole \"la pena pecuniaria sara\u0027 convertita nella semiliberta\u0027\n sostitutiva\", le parole \"o nella detenzione domiciliare\n sostitutiva\". \n- Legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), art.\n 102; Codice di procedura penale, art. 660, comma 3. \n\n\r\n(GU n. 21 del 21-05-2025)\n\r\n \n UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI BOLOGNA \n Il Magistrato di sorveglianza \n \n Letti gli atti relativi alla domanda di conversione della pena\npecuniaria ex art. 660 c.p.p. proposta dalla Procura della Repubblica\npresso il Tribunale di Ferrara nei confronti di G. A. nato a..., ivi\nresidente in via..., in relazione alla pena pecuniaria di 3.000,00\neuro di multa di cui alla sentenza n. 564/2023 emessa dal Tribunale\ndi Ferrara il 28 marzo 2023 (irrevocabile il 3 maggio 2023). \n \n Osserva \n \n Con sentenza di applicazione della pena n. 564/2023 emessa dal\nTribunale di Ferrara il 28 marzo 2023 G. A. e\u0027 stato condannato alla\npena di anni due e giorni venti di reclusione e 3.000,00 euro di\nmulta per i delitti di cui agli articoli 73, comma 1, decreto del\nPresidente della Repubblica n. 309/1990, 337 c.p. e 582 c.p. commessi\nil... in... \n La Procura della Repubblica di Ferrara con provvedimento SIEP\n180/2023 del 25 marzo 2024 ha emesso ai sensi del novello art. 660\nc.p.p. ordine di esecuzione della pena pecuniaria, ingiungendo alla\npersona il pagamento entro novanta giorni e fornendo all\u0027interessato\ntutti gli avvisi di legge previsti dal comma 3 dell\u0027art. 660 c.p.p.;\nin particolare, oltre agli avvertimenti in punto di conversione della\npena pecuniaria, rappresentando al condannato la facolta\u0027 di\nrichiedere entro venti giorni la rateizzazione della pena pecuniaria. \n L\u0027ordine di esecuzione era notificato ai difensori il 28 marzo\n2024 ed al G. il 14 aprile 2024. \n Pertanto, il termine per il pagamento della multa risulta scaduto\nil 13 luglio 2024 senza che la persona vi prevedesse. \n Accertato il mancato pagamento e l\u0027assenza di richieste di\nrateizzazione nel termine di legge, la Procura di Ferrara ha dunque\ntrasmesso a questo Ufficio il 4 settembre 2024 ai sensi dell\u0027art. 660\nc.p.p. per procedere alla conversione della pena pecuniaria. \n Era, pertanto, svolta attivita\u0027 istruttoria onde verificare se G.\nversasse in condizioni di insolvibilita\u0027, ovvero di insolvenza,\ndemandandosi accertamenti ai Carabinieri di... sulle attuali\ncondizioni economiche del condannato. \n In data 23 novembre 2024 giungeva riscontro istruttorio da parte\ndei Carabinieri di... (cui gli atti erano stati trasmessi per\ncompetenza) che, pero\u0027, risultava carente in ordine alla specifica\nindicazione dei redditi dell\u0027interessato; la nota, infatti, pur\nindicando che G. svolge attivita\u0027 lavorativa presso l\u0027azienda\nmetallurgica M., non forniva dati sulla consistenza delle\nretribuzioni a lui corrisposte. A fronte della disponibilita\u0027 di\nstabile occupazione lavorativa, si riteneva, inoltre, utile ribadire\nal condannato le diverse conseguenze previste dall\u0027art. 660 c.p.p.\nper le ipotesi di insolvibilita\u0027 ed insolvenza (invero gia\u0027 contenute\nnell\u0027ordine di esecuzione della Procura), specificando gli esiti del\nprocedimento nell\u0027uno e nell\u0027altro caso. \n Si dava, dunque, mandato ai Carabinieri di... di integrare gli\nadempimenti istruttori. \n In data 3 marzo 2025 perveniva verbale di dichiarazioni da parte\ndel G. in cui la persona affermava di percepire redditi mensili medi\nper circa... euro netti e di essere disponibile al pagamento della\npena pecuniaria, previa adeguata rateizzazione al fine di non gravare\nsui propri mezzi di sussistenza. \n Accertamenti presso la banca dati INPS, inoltre, consentivano di\nverificare che l\u0027interessato nell\u0027anno 2024 ha percepito redditi per\n26.195,00 euro. \n Da ultimo, in merito alla possibilita\u0027 di svolgere lavoro\nsostitutivo, la persona dichiarava di essere disponibile a svolgerli,\n«solo e qualora emergessero elementi di insolvibilita\u0027 a suo carico». \n Cio\u0027 posto, l\u0027attuale assetto normativo imporrebbe a questa\nAutorita\u0027 Giudiziaria di procedere alla conversione della pena\npecuniaria non pagata in semiliberta\u0027 sostitutiva, essendo emersa\ndagli atti che il mancato adempimento dell\u0027ordine di esecuzione della\nProcura discende non gia\u0027 da una condizione di insolvibilita\u0027, bensi\u0027\nda insolvenza da parte del G. \n La persona, infatti, dispone di redditi da lavoro dipendente\nadeguati e sufficienti al pagamento della pena pecuniaria, sia in\nunica soluzione, sebbene con un certo aggravio, sia, senza\nparticolari problemi, in forma rateizzata. \n Tuttavia, la normativa, allo stadio attuale del procedimento, non\nconsente al Magistrato di Sorveglianza di disporre una\nratealizzazione del pagamento, posto che G. e\u0027 decaduto da tale\npossibilita\u0027, non avendo proposto istanza in questo senso alla\nProcura di Ferrara secondo le scansioni processuali previste\ndall\u0027art. 660 c.p.p. \n A questo punto, dunque, non potrebbe che prendersi atto\ndell\u0027insolvenza e provvedere ai sensi degli articoli 660 commi 3, 9\nc.p.p. e 102, legge n. 689/1981 alla conversione della pena non\npagata nella pena della semiliberta\u0027 sostitutiva per giorni dodici,\nsecondo il criterio di ragguaglio per cui un giorno di semiliberta\u0027\nsostitutiva corrisponde a 250,00 euro di pena pecuniaria. \n Tale esito, tuttavia, appare a questo Magistrato di Sorveglianza\nfrutto di un meccanismo normativo che, per un verso, risulta\nparticolarmente irragionevole nel bilanciamento tra gli interessi in\ngioco (effettivita\u0027 della sanzione pecuniaria - liberta\u0027 personale)\nal punto da arrecare un vulnus sproporzionato ai beni costituzionali\nsottesi all\u0027esecuzione penale, cui la materia delle pene pecuniarie\nevidentemente afferisce nella misura in cui, oltre a punire mediante\nuna sanzione che attinge il condannato nella sua sfera economica,\npuo\u0027 condurre anche all\u0027applicazione di restrittive della liberta\u0027\npersonale o comunque limitative di diritti costituzionalmente\ntutelati dagli articoli 13, 15, 16, 27, comma 3 della Costituzione;\nper altro verso, invece, il suddetto meccanismo risulta\nintrinsecamente contraddittorio, essendo minato nella propria\nragionevolezza da una lampante contraddizione di fondo insita nel\nsistema di conversione risultante dagli articoli 660 c.p.p., 71 e\n102, legge n. 689/1981 tra le pene pecuniarie originarie e le pene\npecuniarie sostitutive, che assoggetta a difformi discipline la\nconversione in caso di insolvenza da parte del condannato, compiendo\nuna scelta normativa che tratta in modo differente condizioni di\nfatto e di diritto del tutto assimilabili, come tale lesiva del\nprincipio di uguaglianza sostanziale di cui all\u0027art. 3, comma 2 della\nCostituzione oltre che del principio di emenda e della liberta\u0027\npersonale del condannato. \n In questi termini, la norma, si segnala per profili di dubbia\ncostituzionalita\u0027, che si ritengono non emendabili in via ermeneutica\ne che, anche ai fini di una applicazione uniforme, possono essere\nsuperati esclusivamente mediante un intervento della Corte\ncostituzionale. \n L\u0027esame delle questioni richiede una previa ricognizione della\nriforma che ha interessato il sistema delle pene pecuniarie con la\nriformulazione dell\u0027art. 660 c.p.p., nonche\u0027 dell\u0027assetto normativa\nprevigente, al fine die cogliere la portata delle modifiche\nintrodotte e ricostruire in chiave sistematica i concetti di\ninsolvibilita\u0027 insolvenza. \n Con decreto legislativo n. 150/2022 (cosiddetta Riforma Cartabia)\nil Governo in attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134 avente\nad oggetto «Delega al Governo per l\u0027efficienza del processo penale\nnonche\u0027 in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la\ncelere definizione dei procedimenti giudiziari» (Gazzetta Ufficiale\nn. 237 del 4 ottobre 2021), ha, tra gli altri significativi\ninterventi, ridisegnato i contorni dell\u0027esecuzione delle pene\npecuniarie. \n La direttrice fondamentale che ha ispirato l\u0027intervento\nriformatore e\u0027 ben delineata dalla legge di delega all\u0027art. 1, comma\n16, (1) ove si esplicita il telos di garantire effettivita\u0027 al\nsistema sanzionatorio nel suo complesso, razionalizzando la materia,\nintroducendo procedure rapide nell\u0027esazione di quanto dovuto dal\ncondannato allo Stato e ripensando il sistema di conversione secondo\nprincipi di equita\u0027, efficienza ed effettivita\u0027 assicurando certezza\ndella pena pecuniaria. \n Invero, i dati circa l\u0027esecuzione concreta delle pene pecuniarie,\nriportati negli atti preparatori e nella Relazione Illustrativa al\ndecreto legislativo, (2) apparivano scantonanti, evidenziando la\ndiffusa ineffettivita\u0027 del sistema sanzionatorio pecuniario non solo\nnei confronti del condannato che non fosse nelle condizioni di\nprovvedere al pagamento della pena pecuniaria, ma anche di coloro che\npur avrebbero potuto essere solvibile. Costoro, infatti,\nsemplicemente omettendo il pagamento potevano accedere a forme di\nrateizzazione ovvero di conversione della sanzione ai sensi dell\u0027art.\n660 c.p.p. andando incontro a conseguenze giudicate dal legislatore\ndelegato particolarmente blande e dal minimo valore coercitivo. \n A cio\u0027 si aggiunga che nel sistema previgente la pena pecuniaria\nera considerata un mero credito dello Stato verso il condannato, la\ncui riscossione avveniva in via prioritaria mediante ruolo. \n Tale circostanza che aveva condotto dapprima all\u0027attribuzione di\ncompetenze per il recupero delle somme dovute agli Uffici Recupero\nCrediti degli Uffici giudiziari e, da ultimo, con legge 18 giugno\n2009, n. 69, cui si deve l\u0027introduzione dell\u0027art. 227-ter, decreto\ndel Presidente della Repubblica n. 115/2002, a mente del quale la\nriscossione mediante ruolo era attivata senza che fosse previamente\nnotificato dall\u0027U.R.C. l\u0027invito al pagamento, devolvendo l\u0027intera\nmateria agli agenti incaricati della riscossione, con lungaggini\nprocedurali che il piu\u0027 delle volte esitavano nella prescrizione\ndella pena ai sensi degli articoli 172 e 173 c.p. \n Solo a fronte dell\u0027esito negativo di tale procedura, dunque,\nl\u0027U.R.C. trasmetteva gli atti alla Procura segnalando la mancata\nriscossione della pena pecuniaria; l\u0027autorita\u0027 requirente, a questo\npunto, trasmetteva gli atti al Magistrato di Sorveglianza per la\nconversione ex art. 660 c.p.p. \n Questi, da ultimo, era tenuto a svolgere accertamenti sulle\ncondizioni economiche dell\u0027interessato, spesso a distanza di anni dai\nfatti e dalla notifica delta cartella di pagamento, incorrendo in\ndifficolta\u0027 nel reperire il condannato e potendo disporre la\nconversione solo previo accertamento della insolvibilita\u0027 del\ncondannato; nelle ipotesi di insolvenza, infatti, il Magistrato di\nSorveglianza avrebbe dovuto ritrasmettere gli atti alla Procura ed\nalle autorita\u0027 competenti per la riscossione coattiva del credito. \n Attivita\u0027 che, statisticamente, si traduceva in un continuo\ninseguire senza esito chi si sottraeva al pagamento. \n Porre rimedio a questa aporia esecutiva, nella prospettiva\nassunta dal legislatore, era dunque necessario non solo per\nrestituire credibilita\u0027 al sistema delle pene pecuniarie\natomisticamente considerato, ma anche, in una visione di sistema, al\nfine di perseguire l\u0027erosione del carcero-centrismo che caratterizza\nil sistema sanzionatorio italiano, anche in ottica deflattiva della\npopolazione carceraria. \n Nei paesi in cui la pena pecuniaria viene percepita dai cittadini\ncome una forma di afflizione efficace ed effettiva, infatti, questa\npuo\u0027 rappresentare anche per il legislatore, in chiave\ngeneral-preventiva, una valida alternativa alla pena carceraria in\nquanto bastevole ad offrire tutela ai beni giuridici protetti dalle\nnorme penali. Considerazioni analoghe, invero, erano state espresse\nanche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale in diverse\nsentenze: nella sentenza, n. 279/2019 (3) (seppur in un obiter\ndictum; il tema centrale della sentenza atteneva alla\nconoscenza/conoscibilita\u0027 della cartella di pagamento nel sistema\nante Cartabia in caso di notifica mediante irreperibilita\u0027); nella\nsentenza n. 15/2020 (4) (anche qui, come notazione-monito di\ncarattere generale avulsa dal tema decidendum); da ultimo nella\nsentenza n. 28/2022, con un espresso riferimento alla legge delega n.\n134/2021: «resta ferma, piu\u0027 in generale, la stringente opportunita\u0027\n- piu\u0027 volte segnalata da questa Corte che il legislatore intervenga,\nnell\u0027attuazione della delega stessa ovvero mediante interventi\nnormativi ad hoc, a restituire effettivita\u0027 alla pena pecuniaria,\nanche attraverso una revisione degli attuali meccanismi di esecuzione\nforzata e di conversione in pene limitative della liberta\u0027\npersonale». (5) \n Per perseguire questi obiettivi il legislatore delegato ha\nripensato alla radice il sistema, ispirandosi all\u0027esperienza\ncomparata di altri paesi europei, come viene ben espresso nella\nRelazione al decreto laddove si sottolinea che la conversione della\npena pecuniaria non eseguita in una pena limitativa della liberta\u0027\npersonale, negli ordinamenti in cui e\u0027 prevista, non e\u0027 sorretta\ndall\u0027idea di una rinuncia alla riscossione di un credito dello Stato,\nbensi\u0027 costruita sulla massima di esperienza per cui la minaccia di\nsanzioni piu\u0027 gravi in caso di mancato pagamento puo\u0027 rappresentare\nun\u0027efficace controspinta alla decisione di sottrarsi al pagamento:\n«Non e\u0027 lo Stato a inseguire il creditore; e\u0027 il condannalo, autore\ndi un reato, che e\u0027 tenuto al pagamento della pena irrogata dal\ngiudice, onde non andare incontro a conseguenze piu\u0027 gravi». (6) \n Cio\u0027 e\u0027 avvenuto anzitutto mediante l\u0027assegnazione alle Procure\ndi una competenza funzionale nella subjecta materia, prima\nappannaggio degli Uffici Recupero Crediti e dei concessionari dei\nservizi di riscossione (Equitalia - Agenzia delle Entrate), che vede\ngli organi requirenti promotori di un procedimento che inizia con un\nvero e proprio ordine di esecuzione anche per le pene pecuniarie. \n Ma la vera innovazione e\u0027 rappresentata, sul piano concettuale,\nda un radicale ripensamento del meccanismo di conversione che risulta\nimperniato sulle distinte nozioni di insolvibilita\u0027 ed insolvenza. \n Si tratta di concetti che non erano estranei alla previgente\nformulazione della norma, sebbene la disciplina previgente fosse,\nmeno rigida nel sanzionare l\u0027insolvenza e nel fissare il momento in\ncui dovesse essere compiuta la relativa valutazione. \n - L\u0027art. 660 c.p.p. nella sua previgente formulazione, infatti\nstabiliva ai commi 2 e 3: \n «2. Quando e\u0027 accertata la impossibilita\u0027 di esazione della\npena pecuniaria o di una rata di essa, il pubblico ministero\ntrasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la\nconversione, il quale provvede previo accertamento dell\u0027effettiva\ninsolvibilita\u0027 del condannato e, se ne e\u0027 il caso, della persona\ncivilmente obbligata per la pena pecuniaria. Se la pena e\u0027 stata\nrateizzata, e\u0027 convertita la parte non ancora pagata. \n 3. In presenza di situazioni di insolvenza, il magistrato di\nsorveglianza puo\u0027 disporre la rateizzazione della pena a norma\ndell\u0027art. 133-ter del codice penale, se essa non e\u0027 stata disposta\ncon la sentenza di condanna ovvero puo\u0027 differire la conversione per\nun tempo non superiore a sei mesi. Alla scadenza del termine fissato,\nse lo stato di insolvenza perdura, e\u0027 disposto un nuovo differimento,\naltrimenti e\u0027 ordinata la conversione. Ai fini della estinzione della\npena per decorso del tempo, non si tiene conto del periodo durante il\nquale l\u0027esecuzione e\u0027 stola differita.». \n - L\u0027art. 102, legge n. 689/1981, invece, prevedeva che si\nprocedesse a conversione solo laddove le pene pecuniari fossero\nrimaste ineseguite per insolvibilita\u0027 del condannato, senza nulla\ndisciplinare in caso di insolvenza colpevole. \n Nel sistema previgente, dunque, la Procura procedeva ad una\nrichiesta di conversione a fronte di una accertata impossibilita\u0027\ndell\u0027esazione, ii che avveniva sostanzialmente su segnalazione\ndell\u0027Ufficio Recupero Crediti in cui si dava conto dell\u0027infruttuoso\nesperimento delle procedure esattive mediante ruolo. \n Gli atti erano trasmessi al Magistrato di Sorveglianza che,\nprevio accertamento delle condizioni economiche del condannato,\nprocedeva agli adempimenti successivi. Laddove avesse riscontrato una\ncondizione di insolvibilita\u0027, avrebbe dovuto procedere a conversione\ndella pena pecuniaria ai sensi dell\u0027art. 102, legge n. 689/1981. \n In condizioni di insolvenza, viceversa, oltre a poter\nritrasmettere gli atti per l\u0027avvio delle procedure di riscossione\ncoattiva, si aprivano ulteriori due alternative: la possibilita\u0027 di\nrateizzare il pagamento, laddove la rateizzazione non fosse stata\ndisposta dal giudice; la possibilita\u0027 di differire il pagamento per\nun periodo di sei mesi, eventualmente reiterabile in caso di\npermanenza dello stato di insolvenza. \n In questo sistema, dunque, non vi era una specifica sanzione per\nl\u0027insolvenza, ma anzi, colui che non avesse provveduto al pagamento\npur potendo farlo avrebbe avuto dinnanzi a se\u0027 la facolta\u0027 di\naccedere alla rateizzazione dello stesso, ovvero al differimento\ndella conversione, consentendo al condannato di far valere le proprie\ncondizioni economiche sub specie della difficolta\u0027 di provvedere\nillic et immediate a saldare quanto dovuto innanzi al Magistrato di\nSorveglianza. \n Le nuove norme, invece, sono molto puntuali dal punto di vista\nlessicale, utilizzando insolvenza per indicare il mancato pagamento\ncolpevole e insolvibilita\u0027 per indicare il mancato pagamento\nincolpevole, descrivendo due fattispecie che il sistema oggi\nconsidera strettamente alternative ed a cui associa esiti diversi in\nsede di conversione. \n Cio\u0027 emerge chiaramente da una analisi complessiva del tessuto\nnormativa. \n - L\u0027art. 660 c.p.p. prevede al comma terzo che l\u0027ordine di\nesecuzione della Procura contenga «l\u0027avviso che, in mancanza, la pena\npecuniaria sara\u0027 convertita nella semiliberta\u0027 sostitutiva o, in caso\ndi accertata insolvibilita\u0027, nel lavoro di pubblica utilita\u0027\nsostitutivo o nella detenzione domiciliare sostitutiva, ai sensi\ndegli articoli 102 e 103 della legge 24 novembre 1981, n. 689,\novvero, quando deve essere eseguita una pena pecuniaria sostitutiva,\nnella semiliberta\u0027 sostitutiva o nella detenzione domiciliare\nsostitutiva, ovvero, in caso di accertata insolvibilita\u0027, nel lavoro\ndi pubblica utilita\u0027 sostitutivo o nella detenzione domiciliare\nsostitutiva, ai sensi dell\u0027art. 71 della legge 24 novembre 1981, n.\n689. L\u0027ordine di esecuzione contiene, inoltre, l\u0027avviso al condannato\nche, quando non e\u0027 gia\u0027 stato disposto nella sentenza o nel decreto\ndi condanna, entro venti giorni, puo\u0027 depositare presso la segreteria\ndel pubblico ministero istanza di pagamento rateale della pena\npecuniaria, ai sensi dell\u0027art. 133-ter del codice penale». \n I commi da sette a dieci, invece, stabiliscono che: \n «7. Quando accerta il mancato pagamento della pena pecuniaria,\novvero di una rata della stessa, entro il termine indicato\nnell\u0027ordine di esecuzione, il pubblico ministero trasmette gli atti\nal magistrato di sorveglianza competente per la conversione ai sensi\ndegli articoli 102 e 103 della legge 24 novembre 1981, n. 689,\novvero, quando si tratta di pena pecuniaria sostitutiva, ai sensi\ndell\u0027art. 71 della medesima legge n. 689 del 1981. In ogni caso, se\nil pagamento della pena pecuniaria e\u0027 stato disposto in rate mensili,\ne\u0027 convertita la parte non ancora pagata. \n 8. Il procedimento per la conversione della pena pecuniaria,\nanche sostitutiva, e\u0027 disciplinato dall\u0027art. 667, comma 4. Per la\nconversione della pena pecuniaria, ai sensi degli articoli 71, 102 e\n103 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si applica in quanto\ncompatibile, l\u0027art. 545-bis, comma 2. \n 9. Il magistrato di sorveglianza provvede alla conversione\ndella pena pecuniaria con ordinanza, previo accertamento della\ncondizione di insolvenza ovvero di insolvibilita\u0027 del condannato. A\ntal fine dispone le opportune indagini nel luogo del domicilio o\ndella residenza, ovvero dove si ha ragione di ritenere che il\ncondannato possieda beni o cespiti di reddito e richiede, se\nnecessario, informazioni agli organi finanziari o di polizia\ngiudiziaria. \n 10. Quando il mancato pagamento della pena pecuniaria e\u0027 dovuto\na insolvibilita\u0027, il condannato puo\u0027 chiedere al magistrato di\nsorveglianza il differimento della conversione per un tempo non\nsuperiore a sei mesi, rinnovabile per una sola volta se lo stato di\ninsolvibilita\u0027 perdura. Ai fini della estinzione della pena\npecuniaria per decorso del tempo, non si tiene conto del periodo\ndurante il quale la conversione e\u0027 stata differita.» \n - L\u0027art. 660 espressamente indica che la pena non pagata si\nconverte in una pena sostitutiva, secondo le modalita\u0027 di conversione\nstabilite agli articoli 102 e 103, legge n. 689/1981 per le pene\npecuniarie e all\u0027art. 71 legge n. 689/1981 per le pene pecuniarie\nsostitutive di pene detentive brevi. \n Ai sensi dell\u0027art. 102, legge n. 689/1981, rubricato «Conversione\ndelle pene pecuniarie principali per mancato pagamento», laddove la\npersona non provveda al pagamento della pena pecuniaria entro il\ntermine indicato nell\u0027ordine di esecuzione, la pena pecuniaria non\npagata si converte in semiliberta\u0027 sostitutiva per la durata massima\ndi quattro anni, se la pena convertita e\u0027 quella della multa, o due\nanni, se la pena convertita e\u0027 quella dell\u0027ammenda. \n Laddove la sentenza abbia disposto il pagamento rateale, la\ncondanna ha luogo per la sola parte residua. \n Da ultimo, si prevede che dopo l\u0027inizio dell\u0027esecuzione della\npena convertita il condannato puo\u0027 in qualsiasi momento far cessare\nla semiliberta\u0027, pagando la pena residua e, in questo caso, puo\u0027\nessere ammesso nuovamente al pagamento rateale ex art. 133-ter c.p. \n Sebbene la norma non lo specifichi, e\u0027 chiaro che questa\ndisciplina trova applicazione nel caso in cui il mancato pagamento\ndella pena pecuniaria non sia imputabile ad insolvibilita\u0027, ipotesi\ndisciplinata all\u0027articolo successivo, ma venga in considerazione\ntutte le volte in cui la persona sia nelle condizioni economiche di\nsostenere il pagamento e non vi provveda; si versa, dunque, in una\nipotesi di insolvenza, quale mancato adempimento\ndell\u0027obbligazione/ordine di pagamento emesso dalla Procura entro il\ntermine ivi indicato. \n Trattandosi di inadempimento colpevole, la conversione si\nrealizza con la pena sostitutiva massima, vale a dire la semiliberta\u0027\nsostitutiva da eseguirsi in carcere, secondo i criteri di cui\nall\u0027art. 135 c.p. (250,00 euro per giorno di pena detentiva) per un\nmassimo di quattro anni, se la pena e\u0027 quella della multa, ovvero due\nanni, se la pena e\u0027 quella dell\u0027ammenda. \n E\u0027 evidente la ratio che ha ispirato la scelta di prevedere, per\nl\u0027insolvenza, non gia\u0027 con una semplice misura limitativa della\nliberta\u0027 personale, ma una pena sostitutiva restrittiva che realizza\nuna forma di espiazione propriamente di tipo carcerario:\nrappresentare (o forse rectius minacciare) conseguenze\nparticolarmente gravose quali la detenzione inframuraria come\nsanzione per il mancato pagamento da parte di chi pur potendo pagare\nnon vi provveda, ottenendo auspicabilmente l\u0027adempimento spontaneo da\nparte del condannato. Si tratta di una scelta chiara e che segue le\nlimpide linee guida espresse nella Relazione gia\u0027 citata. \n - L\u0027art. 103, legge n. 689/1981, rubricato espressamente Mancato\npagamento della pena pecuniaria per insolvibilita\u0027 del condannato,\ninvece, trova applicazione «Quando le condizioni economiche e\npatrimoniali del condannato al momento dell\u0027esecuzione rendono\nimpossibile il pagamento della multa o dell\u0027ammenda entro il termine\ndi cui all\u0027art. 660 del codice di procedura penale indicato\nnell\u0027ordine di esecuzione [...]», condizioni al ricorrere delle quali\nsi realizza la diversa fattispecie della insolvibilita\u0027: la persona\ncondannata versa in condizioni economiche che le rendono impossibile\nil pagamento, ma trattasi di un inadempimento incolpevole (ad\nimpossibilia nemo tenetur). \n L\u0027assenza di un rimprovero anche solo a titolo di colpa per il\nmancato adempimento spontaneo giustifica la scelta di un meccanismo\ndi conversione meno gravoso di quello previsto per l\u0027insolvenza che\ntuteli maggiormente ed in prima battuta la liberta\u0027 personale del\ncondannato. \n Poiche\u0027 la persona non paga perche\u0027 non puo\u0027, laddove la pena\npecuniaria desse luogo all\u0027esecuzione di una pena con carattere\ndetentivo, si finirebbe col reintrodurre meccanismi analoghi a quelli\nprevisti dal sistema vigente sotto il Codice Zanardelli ed il Regime\nFascista, che, non valorizzando l\u0027insolvibilita\u0027 del condannato, si\nrisolvevano in un sanzionare la poverta\u0027; meccanismi che, invero, non\npotrebbero avere cittadinanza nell\u0027ordinamento Repubblicano, anche\nperche\u0027 espunti proprio ad opera della Corte costituzionale. \n Dunque, la pena pecuniaria non pagata si converte, ai sensi\ndell\u0027art. 103, legge n. 689/1981 in via principale nel lavoro di\npubblica utilita\u0027 sostitutivo ex art. 56-bis, legge n. 689/1981 e,\nsolo in caso di opposizione del condannato, nella detenzione\ndomiciliare sostitutiva di cui all\u0027art. 56, legge n. 689/1981. \n La gradazione delle due misure riflette un modello bifasico, che\nmerita di essere vagliato nella sua costruzione, perche\u0027\nassiologicamente molto coerente con il discorso sin qui condotto e\nutile per le valutazioni che si svolgeranno nel prosieguo della\npresente ordinanza. \n Nel disporre la conversione della pena pecuniaria non pagata\nnella misura del lavoro di pubblica utilita\u0027 sostitutivo, il\nlegislatore utilizza la formula «si converte in». La locuzione e\u0027\nparzialmente difforme da quella utilizzata negli articoli 54 e 55 del\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 274/2000, corpus normativo\nda cui la misura e\u0027 stata in massima parte mutuata. In quella sede,\ninfatti, si e\u0027 previsto che il lavoro di pubblica utilita\u0027\nsostitutivo sia come sanzione principale, sia quale conversione di\nsanzione pecuniaria non pagata, possa essere disposto solo su\nrichiesta dell\u0027interessato. La richiesta del condannato e\u0027, infatti,\nuna condizione necessaria, poiche\u0027 l\u0027imposizione di una prestazione\nlavorativa coattiva potrebbe porsi in termini contrari all\u0027art. 117\ndella Costituzione rispetto all\u0027art. 4 CEDU, laddove la norma\nconvenzionale vieta il lavoro forzato. \n Nella norma in esame, invece, pur essendovi spazio per\nl\u0027acquisizione di una forma di consenso da parte del condannato\nmediante l\u0027opposizione, l\u0027utilizzo del verbo all\u0027indicativo presente\n«si converte» esprime un chiaro indirizzo di preferenza legislativa:\nquesta si appunta sul lavoro di pubblica utilita\u0027 come prima opzione\nordinamentale in quanto misura piu\u0027 lieve e priva di connotazioni\nrestrittive. \n Il lavoro di pubblica utilita\u0027, infatti, non attinge la liberta\u0027\npersonale del condannato (art. 13 della Costituzione) ma impone, al\npiu\u0027 una serie di limiti ad altri diritti pur costituzionalmente\ntutelati tra cui, in principalita\u0027, il diritto al lavoro sub specie\ndella liberta\u0027 nell\u0027esercizio del diritto al lavoro (art. 35 della\nCostituzione), che viene in parte limitata sia sull\u0027an (con\ncoinvolgimento anche dell\u0027art. 23 della Costituzione) che nella\nscelta del destinatario della prestazione lavorativa (dovendo\nrivolgersi verso la collettivita\u0027 e tramite gli enti a cio\u0027\nabilitati); sono poi attinti da limitazioni in via secondaria,\nmediante il richiamo alte prescrizioni comuni alle altre pene\nsostitutive, il diritto di comunicazione (art. 15 della Costituzione;\nnel vietare contatti e comunicazioni con determinati soggetti) ed il\ndiritto di circolazione (art. 16 della Costituzione; nel\ncircoscrivere la liberta\u0027 territoriale degli spostamenti e nel ritiro\ndel passaporto). \n Dunque, la pena sostitutiva in esame si caratterizza come misura\nlimitativa e priva di connotati coercitivi della liberta\u0027 personale,\ncosi\u0027 risultando quella piu\u0027 proporzionata a contemperare i diritti\nin gioco: a fronte di una condizione di impossibilita\u0027 del condannato\ndi provvedere al pagamento la legge individua la prima risposta\nordinamentale idonea e proporzionata a consentire comunque alla\nsanzione di spiegare un effetto afflittivo-rieducativo, in quella che\nimpone limiti che non restringono la liberta\u0027 personale di chi\nincolpevolmente non puo\u0027 adempiere alla sentenza di condanna. \n Si tratta di scelta condivisibile e del tutto coerente con le\nindicazioni offerte dalla legge delega, laddove aveva rimarcato al\nlegislatore delegato la necessita\u0027 di tenere in conto nella\nriorganizzazione della materia anche le esigenze di equita\u0027. \n Tuttavia, a fronte di una scelta dell\u0027ordinamento che imporrebbe\nla conversione nella misura leviore, il rilievo di principi di pari\ncaratura costituzionale e convenzionale che presidiano\nl\u0027incoercibilita\u0027 delle prestazioni lavorative, e\u0027 alla base della\npossibilita\u0027 che la norma attribuisce al condannato di opporsi\nall\u0027esecuzione della misura preferita dalla legge, esprimendo il\nproprio dissenso ed accedendo cosi\u0027 alla piu\u0027 grave misura della\ndetenzione domiciliare sostitutiva ex art. 56, legge n. 689/1981, dai\nconnotati piu\u0027 marcatamente restrittivi della liberta\u0027 personale\n(prevedendo obblighi di permanenza al domicilio che realizzano una\nforma di cattivita\u0027, rilevante ai sensi dell\u0027art. 13 della\nCostituzione). \n Cio\u0027 che giustifica, in questo meccanismo, l\u0027imposizione di una\nmisura restrittiva della liberta\u0027 personale in luogo di una meramente\nlimitativa non e\u0027, pero\u0027, la meta insolvibilita\u0027, bensi\u0027 la congiunta\nricorrenza di insolvibilita\u0027 e opposizione al lavoro, in cui\nl\u0027elemento discretivo e\u0027 dato dalla volonta\u0027 del condannato. \n Solo il concorso della volonta\u0027 del condannato, dunque, consente\nl\u0027inflizione di una misura restrittiva della liberta\u0027 personale in\nluogo di quella limitativa, secondo una gradazione degli interessi\nche attribuisce al condannato la disponibilita\u0027 dei propri diritti\ncomprendente il potere di auto imporsi forme di coercizione piu\u0027\nelevate di quelle ordinariamente volute dalla legge. \n In altre parole: il volontario rifiuto della misura piu\u0027 lieve\ncon accettazione della misura piu\u0027 grave rende compatibile con il\nsistema quel che non lo sarebbe in prima battuta, vale a dire\nl\u0027applicazione di misura restrittiva in condizioni di insolvibilita\u0027. \n La norma reitera, poi, quanto previsto dall\u0027art. 102, legge n.\n689/1981 in punto di eventuale rateizzazione originaria e cessazione\ndella misura, con possibilita\u0027 di accesso alla rateizzazione in corso\ndi esecuzione, stabilendo che laddove sia stato disposto il pagamento\nrateale, la condanna ha luogo per la sola parte residua e che dopo\nl\u0027inizio dell\u0027esecuzione della pena convertita il condannato puo\u0027 in\nqualsiasi momento farne cessare l\u0027esecuzione semiliberta\u0027, pagando la\npena residua eventualmente con pagamento rateale ex art. 133-ter c.p. \n Se questa e\u0027 la disciplina prevista per la conversione delle pene\noriginariamente pecuniarie, la riforma ha poi previsto meccanismi di\nconversione parzialmente divergenti nel caso in cui il mancato\npagamento riguardi non gia\u0027 una pena pecuniaria, ma una sanzione\nsostitutiva pecuniaria derivante da conversione di pena detentiva. La\ndisciplina e\u0027 gia\u0027 richiamata sinteticamente nell\u0027art. 660 e. 3\nc.p.p. su citato, ma e\u0027 piu\u0027 specificatamente dettagliata all\u0027art.\n71, legge n. 689/1981. \n La norma, infatti, stabilisce al comma primo che alle pene\npecuniarie sostitutive di pena detentiva si applica l\u0027art. 660\nc.p.p., in ossequio al principio generale di cui all\u0027art. 57, legge\nn. 689/1981 che vede la pena pecuniaria sostitutiva parificata ad\nogni effetto di legge alla pena pecuniaria originaria (La pena\npecuniaria si considera sempre come tale, anche se sostitutiva della\npena detentiva). \n Il comma secondo, invece, prevede che nel caso di mancato\npagamento alla scadenza della pena pecuniaria sostitutiva, la stessa\ne\u0027 revocata e convertita in semiliberta\u0027 sostitutiva o detenzione\ndomiciliare sostitutiva. Se e\u0027 stato disposto il pagamento rateale,\nla revoca e la conversione operano a partire dal mancato pagamento di\nuna rata e solo limitatamente alla pena pecuniaria residua. \n Il comma terzo, invece, prevede che laddove le condizioni\neconomiche del condannato al momento dell\u0027esecuzione rendano\nimpossibile il pagamento entro la scadenza indicata nell\u0027ordine di\nesecuzione della procura, la pena pecuniaria sostitutiva e\u0027 revocata\ne si converte nel lavoro di pubblica utilita\u0027 sostitutivo solo ove la\npersona non vi si opponga, venendo viceversa convertita in detenzione\ndomiciliare sostitutiva. \n La norma, da ultimo, richiama l\u0027ultimo periodo del comma\nprecedente in punto di rateizzazione. \n Dalla disamina condotta sulla normativa complessiva puo\u0027\ncogliersi la linea di demarcazione tracciata dal legislatore per le\ndiverse ipotesi di insolvenza e insolvibilita\u0027, distinguendo, dunque,\ntra mancato pagamento colpevole e mancato pagamento incolpevole. \n Il nuovo sistema, come visto, nell\u0027ottica di garantire\neffettivita\u0027 ed efficacia deterrente rispetto al mancato pagamento,\ne\u0027 ben piu\u0027 rigido non solo nel sanzionare il condannato inadempiente\ncon la conversione, ma anche nel fissare precise scansioni temporali\nin cui viene in rilievo il giudizio sulla insolvenza o\ninsolvibilita\u0027, ancorate al termine di pagamento fissato dalla\nProcura, nonche\u0027 nel restringere le ipotesi in cui e\u0027 consentito dare\nspazio alla valutazione/rivalutazione delle condizioni economiche\ndell\u0027interessato per l\u0027accesso agii istituti del differimento e della\nrateizzazione rispetto alle diverse condizioni di insolvibilita\u0027 o\ninsolvenza. \n Anzitutto, con l\u0027emissione dell\u0027ordine di esecuzione da parte\ndella Procura si fissano le scansioni temporali per valutare\ninsolvenza ed insolvibilita\u0027; mentre prima, infatti, il giudizio era\noperato dal Magistrato di Sorveglianza senza un termine specifico e,\ndunque, il piu\u0027 delle volte fa ricorrenza di condizioni di\ninsolvibilita\u0027 o insolvenza era attualizzata al momento della sua\nvalutazione da parte del Magistrato - che poteva intervenire anche a\nrilevante distanza temporale da quello in cui gli atti erano stati\ntrasmessi dalla Procura, con conseguente possibilita\u0027 di\nsignificative modifiche medio tempore - tutta la nuova disciplina\nancora la valutazione sulla ricorrenza della condizione di insolvenza\no insolvibilita\u0027 al momento della scadenza del termine per\nl\u0027adempimento spontaneo. \n Si consideri, infatti, che gli articoli 102, 103 e 71, legge n.\n689/1981 recano tutti la medesima formulazione: «il mancato pagamento\nentro il termine indicato nell\u0027ordine di esecuzione» comporta la\nconversione, salvo che emerga che «le condizioni economiche del\ncondannato al momento dell\u0027esecuzione rendano impossibile il\npagamento entro il termine indicato nell\u0027ordine di esecuzione». \n E\u0027 evidente la ratio della limitazione normativa, tesa a dare un\nparametro temporale certo entro cui valutare le ragioni\ndell\u0027inadempimento ed offrire, dunque, uno snodo procedurale stabile\nper determinare quali conseguenze derivino dal mancato pagamento in\nragione della colpevolezza o meno dello stesso; concetto ben espresso\ndalla Relazione citata laddove si legge «L\u0027accertamento\ndell\u0027insolvibilita\u0027 del condannato riveste un ruolo ancor piu\u0027\ncentrale nel riformato sistema di conversione della pena pecuniaria,\ndipendendo da esso applicazione della disciplina piu\u0027 severa di cui\nall\u0027art. 102, ovvero di quella piu\u0027 mite di cui all\u0027art. 103» (pagg.\n275-276). \n Secondo profilo di particolare interesse attiene al tema della\npossibilita\u0027 di accesso alla rateizzazione del pagamento. \n Puo\u0027 ben accadere che la persona, pur non versando in condizioni\ndi assoluta impossibilita\u0027 di provvedere al pagamento, in quanto\npercettrice di redditi o titolare di rendite che la rendono\neconomicamente capiente, ove fosse tenuta a adempiere alla condanna\nper l\u0027intero in unica soluzione andrebbe incontro a difficolta\u0027\neconomiche, non talmente gravi da configurare una insolvibilita\u0027. \n In altre parole, la persona si trova in una condizione\nintermedia, che potrebbe essere descritta come insolvibilita\u0027\nrelativa rispetto all\u0027ammontare della sanzione: potrebbe pagare\nratealmente, ma avrebbe difficolta\u0027 a farlo in unica soluzione. \n In questi casi l\u0027ordinamento prevede l\u0027istituto delta\nrateizzazione, per scongiurare esiti che potrebbero avere un effetto\neccessivamente stigmatizzante, quando non anche criminogeno - nella\nmisura in cui le condizioni di difficolta\u0027 economico rappresentano\nsecondo l\u0027id quod plerumque accidit una delle principali cause\ndell\u0027agire criminale - contrario dunque agli obiettivi assunti dal\nlegislatore delegato ed al principio di emenda di cui all\u0027art. 27,\ncomma 3 della Costituzione. \n Sotto altro profilo, e\u0027 evidente che l\u0027istituto sia sorretto da\nun principio generale di favor dell\u0027ordinamento per la riscossione\ndella pena pecuniaria, che assegna alla procedura di conversione il\nruolo di extrema ratio del sistema. \n La rateizzazione e\u0027 disciplinata all\u0027art. 133-ter c.p. e viene\nconcepita quale beneficio che consente di agevolare l\u0027adempimento\ndell\u0027obbligazione di pagamento, adeguando la pretesa di riscossione\ndello Stato alle condizioni economiche della persona le concrete\nmodalita\u0027 esecutive della sanzione, dilazionandole nel tempo. \n La rateizzazione puo\u0027 essere in prima battuta concessa dal\ngiudice nella sentenza o nel decreto penale di condanna, secondo un\ngiudizio che deve tenere in considerazione le condizioni economiche e\npatrimoniali del condannato, stabilendo un numero di rate che la\nlegge indica da un minimo di sei ad un massimo di sessanta (limiti\ninnalzati dalla riforma Cartabia rispetto a quelli precedenti,\nfissati in tre e trenta). \n Laddove la rateizzazione sia gia\u0027 stata disposta dal giudice di\nmerito, la Procura emette ordine di esecuzione gia\u0027 rateizzato,\ninvitando la persona al pagamento della prima rata entro trenta\ngiorni, con l\u0027avvertimento che, in caso di mancato pagamento della\nprima rata, e\u0027 prevista revoca automatica del beneficio e sara\u0027\nrichiesto il pagamento dell\u0027intero entro i successivi sessanta\ngiorni, da effettuarsi sotto pena di conversione. \n In caso di mancato pagamento, dunque, la Procura richiedera\u0027 al\nMagistrato di Sorveglianza la conversione. \n Nel caso in cui il giudice di merito non abbia effettuato la\nvalutazione comparativa delle condizioni economiche del condannato\nrispetto alla sanzione, concedendo la rateizzazione, vi e\u0027 spazio\nperche\u0027 provveda il Magistrato di Sorveglianza; si tratta di una\npossibilita\u0027 che tanto nella norma previgente che in quella di nuovo\nconio assume carattere residuale, potendo avvenire seno ove non vi\nsia stata rateizzazione in sede di merito. \n Ma, mentre nel sistema anteriforma, ove non disposta dal giudice\ndi merito, la valutazione sulla concedibilita\u0027 della rateizzazione si\ncollocava dopo la richiesta di conversione da parte della Procura e\nsolo a seguito degli accertamenti svolti dal Magistrato di\nSorveglianza che evidenziassero una condizione di insolvenza (dunque\nnon in caso di insolvibilita\u0027), nel novello art. 660 c.p.p. questa ha\ndue sedi ben distinte: una precedente alla richiesta di conversione\ned una successiva all\u0027esecuzione della pena convertita. \n La prima sede procedurale in cui l\u0027interessato puo\u0027 (o meglio\ndeve) fare valere le proprie condizioni economiche ai fini della\nrateizzazione non disposta, infatti, e\u0027 prevista gia\u0027 all\u0027atto di\nemissione dell\u0027ordine di esecuzione da parte delta Procura. \n Questo, infatti, avra\u0027 ad oggetto l\u0027intera sanzione pecuniaria,\ncon l\u0027avviso all\u0027interessato che entro venti giorni dalla notifica\negli puo\u0027 richiedere il pagamento rateale, consentendo quindi di far\nvalere le proprie condizioni economiche rispetto al pagamento in\nunica soluzione. \n Si apre, a questo punto, un sub-procedimento per la\nrateizzazione, in cui la Procura, presso la cui segreteria l\u0027istanza\ndeve essere presentata, trasmette gli atti al Magistrato di\nSorveglianza che provvede ai sensi dell\u0027art. 667, comma 4 c.p.p.,\nsecondo il procedimento camerale semplificato e non partecipato, con\nordinanza comunicata alle parti e passibile di opposizione. La\ndisciplina manca di un raccordo quanto alla fase successiva alla\ndecisione dei Magistrato, tuttavia, appare evidente che laddove\nquesti conceda la rateizzazione e non vi sia opposizione, la Procura\ndovrebbe revocare l\u0027ordine di esecuzione precedente ed emetterne uno\nnuovo che tenga conto della rateizzazione, posto che i provvedimenti\ndella Procura in materia di esecuzione, per costante giurisprudenza\ncostituzionale e di legittimita\u0027, sono atti formalmente\namministrativi, revocatili in autotutela e che devono essere\naggiornati alle sopravvenienze normative e di fatto che interessano\nl\u0027esecuzione, salvi gli effetti esauritisi dell\u0027atto compiuto (si\nveda in particolare Cass. Sez. 1, n. 24831 del 15 giugno 2010,\nCastaldi, Rv. 248046, richiamata recentemente da Cass. Sez. 1,\nsentenza n. 25212 del 3 maggio 2019). \n In assenza di istanza di rateizzazione, o in caso di decadenza\ndal beneficio, e a fronte del mancato pagamento nel termine, il\nMagistrato di Sorveglianza a norma del comma 9 dell\u0027art. 660 c.p.p.\neffettuera\u0027 le verifiche per stabilire se l\u0027inadempimento dipende da\nuna condizione di insolvenza o di insolvibilita\u0027. \n Laddove ravvisi che il condannato non abbia provveduto al\npagamento perche\u0027 insolvibile, potra\u0027 disporre ii differimento della\nconversione per un massimo di un anno, ai sensi dell\u0027art. 660, comma\n10 c.p.p.; oppure procedere alla conversione ai sensi dell\u0027art. 103,\nlegge n. 689/1981 o del terzo comma dell\u0027art. 71, legge n. 689/1981. \n Rispetto alla norma previgente, le modifiche sono significative:\nanzitutto, il differimento viene circoscritto alla sola ipotesi di\ninsolvibilita\u0027, laddove la precedente dizione faceva riferimento alla\ninsolvenza. \n Ma, se il Magistrato acceda una condizione di solvibilita\u0027,\nessendo il condannato nelle condizioni di pagare, anche eventualmente\naccedendo alla rateizzazione da cui e\u0027 decaduto o che non ha chiesto,\nla norma offre come sola alternativa la conversione della pena\npecuniaria e l\u0027inizio dell\u0027esecuzione della pena sostitutiva\nconvertita. Cio\u0027 perche\u0027 a questo punto della procedura la persona\nrisultata non insolvibile sara\u0027 gia\u0027 stata messa nelle condizioni di\nprovvedere al pagamento rateale: infatti, o il condannato era stato\nammesso al beneficio dal giudice di merito e vi e\u0027 decaduto; ovvero,\npur a fronte degli avvertimenti contenuti nell\u0027ordine di esecuzione,\nnon ha avanzato richiesta di rateizzazione nei termini. \n In entrambi i casi la persona non ha adempiuto colpevolmente o\nnon si e\u0027 attivata in modo negligente, rendendosi passibile di un\nrimprovero che legittima la conversione ai sensi dell\u0027art. 102, legge\nn. 689/1981. \n Egli, in altre parole, avra\u0027 esaurito le proprie chances\naffinche\u0027 l\u0027ordinamento valuti le sue condizioni economiche\nagevolandolo nei pagamenti, meritando l\u0027avvio dell\u0027esecuzione della\npena sostitutiva. \n Ai sensi del comma 15 dell\u0027art. 660 c.p.p., infatti, solo ad\nesecuzione iniziata il condannato potra\u0027 far cessare l\u0027espiazione\ndella pena sostitutiva pagando e, in questo caso, potra\u0027 essere\nammesso al pagamento rateale. L\u0027esecuzione della pena sostitutiva,\ninfatti, e\u0027 sospesa non gia\u0027 a partire dalla domanda di pagamento o\ndall\u0027accoglimento della richiesta di rateizzazione, bensi\u0027 dal\nmateriale pagamento integrale o della prima rata. \n La norma di cui al comma 15 dell\u0027art. 660 c.p.p. trova un proprio\nomologo sul piano sostanziale negli articoli 102 comma 4 e 103, comma\n4, legge n. 689/1981, e viene qui ad essere ribadita come raccordo\nprocessuale. \n Si coglie bene in questa costruzione la rivoluzione copernicana,\nl\u0027inversione prospettica propugnata dal legislatore della riforma:\nnon e\u0027 piu\u0027 lo Stato ad inseguire il condannato per metterlo nelle\ncondizioni di pagare sine die, ma e\u0027 il condannato a dover adempiere\ned attivarsi per non incorrere in piu\u0027 gravi sanzioni: sanzioni che,\nse egli puo\u0027 pagare, prevedono la conversione della pena pecuniaria\nin pena sostitutiva detentiva. \n Una volta esaurite le possibilita\u0027 offerte dall\u0027ordinamento,\ndunque, al condannato non resta che subire le conseguenze previste\n(la conversione), quasi ad istituire un meccanismo assimilabile ad\nuna clausola solve et repete: prima paga con l\u0027avvio dell\u0027esecuzione\nla tua insolvenza e poi, eventualmente, si ridiscutera\u0027 di\nrateizzazioni o pagamenti. \n Cio\u0027, evidentemente, anche al fine di rendere la minaccia della\nsanzione detentiva piu\u0027 efficace nell\u0027opera di netto al pagamento\nspontaneo nei termini, rafforzando, secondo le intenzioni del\nlegislatore, il sistema nel suo complesso. \n Cosi\u0027 ricostruiti i criteri di conversione e la ratio sottesa\nalle scelte legislative operate in un senso e nell\u0027altro rispetto\nalle condizioni di insolvibilita\u0027 ed insolvenza, sia concesso operare\nalcune considerazioni. \n Sulla congruita\u0027 della scelta di prevedere la conversione della\npena pecuniaria in misure anche detentive di tipo carcerario, invero,\nsorgono a questo Magistrato rilevanti dubbi di compatibilita\u0027\ncostituzionale. \n Invero, sebbene le linee guida delle opzioni normative seguite\ndal legislatore della riforma trovano costante sponda nella\ngiurisprudenza della Corte costituzionale, la Corte aveva nell\u0027ultimo\nmonito rivolto al legislatore indicato che la revisione dei\nmeccanismi di conversione avrebbe dovuto/potuto prevedere anche\nmisure limitative. \n Si e\u0027 gia\u0027 detto supra che i concetti di misure limitative e\nmisure restrittive sembrerebbero non essere pianamente coincidenti.\nInvero, mentre le prime sono misure che limitano alcune liberta\u0027 ed\nimpongono obblighi positivi, le seconde sono misure che prevedono\nforme coercitive che attingono direttamente la liberta\u0027 personale. \n In questo senso, la previsione che una pena pecuniaria, in sede\ndi conversione, diventi idonea a limitare anche la liberta\u0027 personale\npotrebbe non essere del tutto coerente con il sistema costituzionale,\nsoprattutto laddove la sua materiale esecuzione preveda\nl\u0027incarcerazione del condannato. \n La censura che qui si muove si colloca sul terreno della\ncontraddittoria ed intrinseca irragionevolezza dell\u0027attuale assetto\nnormativo, lesivo dell\u0027art. 3, comma 2 della Costituzione e dell\u0027art.\n13 della Costituzione, nella misura in cui stabilisce una forma\nsanzionatoria sproporzionatamente restrittiva della liberta\u0027\npersonale del condannato a pena pecuniaria. L\u0027ermeneutica\ncostituzionale, infatti, ha da tempo enucleato a partire da tale\ndisposizione - secondo costante giurisprudenza inaugurata con\nsentenza della Corte costituzionale n. 53 del 1958 - il principio di\nragionevolezza come canone di valutazione delle differenziazioni\nnormative e, poi, principio immanente al sistema costituzionale. \n In origine ancorata nella sua operativita\u0027 al raffronto con un\ntertium comparationis secondo un giudizio triadico, la ragionevolezza\nha, infatti, negli anni assunto una propria autonomia operativa anche\nai fini del sindacato di ragionevolezza intrinseca delle scelte\nnormative (storicamente, a partire dalla sentenza n. 1130 del 1988). \n In questa veste autonoma, il principio e\u0027 stato in parte debitore\ndelle statuizioni di principio e metodologiche emerse in seno alla\ngiurisprudenza del Bundesverfassungsgericht ed al principio di\nproporzionalita\u0027 che, a partire dalla sentenza Apotheken-Urteil\ndell\u002711 giugno 1958, l\u0027omologa Corte tedesca ha elaborato per\nvalutare le interferenze ed i criteri di composizione tra diritti\nantinomici o tra diritti individuali ed esigenze collettive\nmeritevoli di tutela. Non sempre, infatti, la limitazione di un\ndiritto rappresenta, per cio\u0027 solo, una lesione dello stesso. \n L\u0027ermeneutica internazionale in tema di diritti fondamentali e\u0027\nchiara nell\u0027indicare che l\u0027esercizio dei diritti da parte della\npersona in concreto puo\u0027 (e a volte deve) essere operativamente\nlimitato in presenza di ingressi contrapposti, eventualmente a loro\nvolta espressivi di diritti fondamentali di altri soggetti o di\ninteressi parimenti meritevoli di tutela tali da porsi, nel caso di\nspecie, in termini antinomici rispetto alla piena soddisfazione\ndell\u0027interesse fatto valere dalla persona. \n E\u0027 ampia, sul punto, la giurisprudenza della Corte di Strasburgo\nche ha piu\u0027 volte chiarito come i diritti sanciti dalla Convenzione -\nad eccezione di quelli incomprimibili di cui agli articoli 3, 4 e 7 -\nnon debbano essere intesi in termini assoluti nel loro esercizio e\nche possano subire una compressione o financo un sacrificio, laddove\ncio\u0027 risulti necessario per garantire altri diritti o esigenze\negualmente meritevoli di tutela. \n Quel che preme rilevare, in questa sede, e\u0027 come la Corte di\nStrasburgo, nelle materie in cui e\u0027 stata chiamata ad esprimersi,\nabbia indicato le condizioni (generalmente mediante l\u0027elaborazione di\ntest) che possono portare a ritenere adeguato al caso concreto il\nsacrificio imposto ai diritti tutelati nella Convenzione, adottando\nun approccio che, lungi dall\u0027esaurirsi ad una statica considerazione\ndei diritti fondamentali, legge gli stessi nel loro dinamico farsi e\ncomporsi, alla ricerca di quell\u0027equilibrio che realizzi, a parita\u0027 di\ntutela dell\u0027uno, il minor sacrificio possibile dell\u0027altro; ma che,\nastrattamente, non preclude anche l\u0027instaurazione di legittimi\nrapporti di subvalenza/prevalenza tra diritti antinomici. \n L\u0027ermeneutica della nostra Corte costituzionale si inserisce a\npieno titolo nel solco di tale corrente di pensiero, spiccatamente\nfiglia del costituzionalismo contemporaneo europeo, e vede nella\nragionevolezza con cui vengono maneggiati i diritti un limite alle\nscelte discrezionali del legislatore. \n Negli ultimi anni la Corte ha utilizzato il canone della\nragionevolezza per garantire un sindacato sempre piu\u0027 attento e\npuntuale alla proporzionalita\u0027 delle scelte legislative nell\u0027ottica\ndi garantire tutela adeguata ai principi costituzionali, valutando\nche il legislatore eserciti ponderatamente la discrezionalita\u0027 che\ngli e\u0027 propria, sino a sanzionarne il mancato esercizio, con\nconseguente vuoto di tutela per i diritti costituzionalmente e\nconvenzionalmente tutelati (si veda da ultimo C. cost. 10/2024 in\ntema di sessualitÃ\u{A0}-affettivita\u0027 inframuraria). \n Il sindacato di ragionevolezza si articola nei sotto-criteri di\nadeguatezza del mezzo rispetto allo scopo perseguito, coerenza\ninterna rispetto alle altre scelte sistematiche e, da ultimo,\nproporzionalita\u0027 della soluzione normativa tra il sacrificio che\nquesta impone al diritto limitato ed il vantaggio che realizza\nrispetto all\u0027altro diritto/interesse che si intende tutelare. \n Alla luce di tali principi, la scelta della semiliberta\u0027\nsostitutiva quale misura adeguata in sede di conversione di una pena\npecuniaria appare non rispettare i criteri indicati, risultando in\nradice di dubbia proporzionalita\u0027 e coerenza. \n Quanto al profilo della adeguatezza dello strumento, potrebbe\nritenersi che la conversione della pena pecuniaria in forme lato\nsensu detentive sia un rimedio adeguato al mancato pagamento\ncolpevole, che realizza una sostanziale fuga dalla sanzione. In\nquesti termini, alla luce del rimprovera ulteriore dato\ndall\u0027insolvenza, che lo Stato attinga la liberta\u0027 personale della\npersona per sanzionare il fatto di reato puo\u0027 rappresentare un mezzo\nadeguato rispetto allo scopo, vale a dire evitare che la legge penale\ne le pene da essa stabilite rimangano inseguite; obiettivo\nlegittimamente perseguito dal legislatore nella misura in cui il\nsenso di impunita\u0027 all\u0027interno di un organismo sociale non puo\u0027 che\nrisolversi in un klimax ascendente di aggressione ai beni giuridici\npresidiati dalle norme penali. Il che, laddove si verificasse,\nrischierebbe di minare in radice le fondamenta della convivenza\ncivile e dell\u0027organizzazione sociale tutta. \n Ma, cio\u0027 posto, e\u0027 sul piano della coerenza e della\nproporzionalita\u0027 che il mezzo scelto dal legislatore appare ultroneo\ne non armonico. \n Sebbene, infatti, la norma e l\u0027impianto della riforma considerino\nla semiliberta\u0027 sostitutiva una pena meno afflittiva della reclusione\ne dell\u0027arresto, sulla premessa di una antologica differenza\nqualitative tra le pene indicate, un approccio piu\u0027 realistico non\npuo\u0027 non far considerare che tale premessa e\u0027, invero, frutto di una\nmalcelata truffa delle etichette. \n La semiliberta\u0027, infatti, anche nel sistema delle forme di\nesecuzione penali esterne di cui alla legge n. 354/1975, e\u0027 definita\nun regime detentivo e non una vera e propria misura alternativa alla\ndetenzione; cio\u0027 in quanto, materialmente, la semi liberta\u0027 si espia\nin carcere. \n In questo senso, non basta, a parere dello scrivente, aggiungere\nil termine sostitutiva per mutare la sostanza della pena in questione\nche rimane di tipo carcerario. \n E cio\u0027, alla luce delle statuizioni di principio emerse\nall\u0027interno della giurisprudenza convenzionale sull\u0027art. 7 CEDU\n(sentenza Del Rio Prada v. Spain) poi accolte dalla Corte\ncostituzionale a partire dalla sentenza 32/2020, non puo\u0027 non\nincidere nella valutazione della congruita\u0027 legislativa di scegliere\ntale misura ai fini della conversione della pena pecuniaria. \n Invero, la semiliberta\u0027 sostitutiva comporta una modifica\nqualitativa della pena nell\u0027alternativa dentro-fuori dal carcere, che\nin questo caso accede, peraltro, ad una pena che o strutturalmente\n(nel caso della pena pecuniaria originaria) ovvero a seguito di\nvalutazione puntuale del giudice (nel caso della pena pecuniaria\nsostitutiva) non dovrebbe avere carattere inframurario. \n E\u0027 evidente lo spirito che ha animato il legislatore in questo\nsenso: incutere il metus del carcere per ottenere il pagamento\nspontaneo. \n Tuttavia, le perplessita\u0027 sollevate sul piano assiologico in\nquesta sede risultano rilevanti al punto da far dubitare fondatamente\ndella legittimita\u0027 di questa opzione normativa, sotto il profilo\ndella sua proporzionalita\u0027 intrinseca e la sua coerenza con gli\nobiettivi deflattivi della popolazione carceraria fatti propri dalla\nriforma. \n Il legislatore, infatti, avrebbe, a parere di questo giudice,\ndovuto individuare nella detenzione domiciliare sostitutiva la misura\nprincipe per le ipotesi di insolvenza. \n Tale misura, infatti, e\u0027 quella che realizza il miglior\ncontemperamento delle esigenze punitive del reato e sanzionatorie\ndell\u0027omesso pagamento con quelle de liberiate dell\u0027interessato,\nevitando che una pena che non avrebbe dovuto essere eseguita in\ncarcere ne determini l\u0027incarcerazione. \n Invero, la detenzione domiciliare sostitutiva e\u0027 misura che e\u0027\ngia\u0027 prevista per la sostituzione delle pene detentive entro i\nquattro anni e che e\u0027 portatrice di un apparato prescrittivo idoneo\nad essere afflittivo, tanto quanto flessibile e modulabile in base\nalla gravita\u0027 del fatto e dell\u0027insolvenza del condannato. \n La stessa, dunque, potrebbe fornire una risposta proporzionata\nall\u0027insolvenza, adeguata anche all\u0027ottenimento dell\u0027adempimento\nspontaneo, dietro minaccia di conversione della pena in una sanzione\ncomunque restrittiva della liberta\u0027 personale. \n Una tale opzione, dunque, realizzerebbe un piu\u0027 ponderato\nequilibrio tra i beni costituzionali in gioco e le finalita\u0027 della\nriforma, individuando quella misura che, a parita\u0027 di tutela delle\nesigenze di esecuzione penali, realizzi il minimo sacrificio\nnecessario della restrizione della liberta\u0027 personale, anche in punto\ndi qualita\u0027 della restrizione comminata dall\u0027ordinamento. \n In questi termini, l\u0027art. 102, legge n. 689/1981, a parere dello\nscrivente, e\u0027 da ritenersi incostituzionale, per violazione dell\u0027art.\n3, comma 2 della Costituzione e dell\u0027art. 13 della Costituzione,\nnella parte in cui prevede che il mancato pagamento della pena\npecuniaria entro i termini «comporta la conversione nella\nsemiliberta\u0027 sostitutiva» invece di stabilire che il mancato\npagamento «comporta la conversione nella detenzione domiciliare\nsostitutiva». \n In via subordinata, anche laddove si volesse ritenere\ncostituzionalmente compatibile la scelta della semiliberta\u0027\nsostitutiva rispetto ad una condizione di insolvenza, balza\nall\u0027occhio nel sistema delineato dal legislatore una radicale\ndiscrasia tra i meccanismi di conversione previsti per le pene\npecuniarie originarie e quelli previsti per le pene pecuniarie\nsostitutive delle pene detentive brevi. \n Le due discipline sono del tutto omologhe in caso di\ninsolvibilita\u0027 prevedendo tanto l\u0027art. 103, legge n. 689/1981 quanto\nl\u0027art. 71, comma 3, legge n. 689/1981 la prioritaria conversione\ndella pena pecuniaria non pagata nel lavoro di pubblica utilita\u0027\nsostitutivo e, solo a fronte di opposizione del condannato,\nl\u0027applicazione detenzione domiciliare sostitutiva. \n Viceversa, in caso di insolvenza le norme di riferimento\nprevedono esiti parzialmente difformi. \n - L\u0027art. 102, legge n. 689/1981, infatti, stabilisce che in caso\ndi mancato pagamento colpevole la pena pecuniaria si converta nella\nsemiliberta\u0027 sostitutiva, prevedendo un\u0027unica modalita\u0027 di esecuzione\npossibile. \n - L\u0027art. 71, legge n. 689/1981, invece, prevede che al mancato\npagamento entro il termine consegua la revoca della pena pecuniaria\nsostitutiva e - in deroga ai principi generali delle pene sostitutive\nper cui le stesse in caso di revoca si convertono nella pena\noriginariamente sostituita - consente al Magistrato di Sorveglianza\ndi sostituire la stessa scegliendo alternativamente tra la\nsemiliberta\u0027 sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva. \n Le ragioni che hanno portato a questo disallineamento delle due\ndiscipline non sono, invero, chiarissime; sul piano assiologico ed\noperativo, infatti, posto che non si ravvisano profili di\nincompatibilita\u0027 costituzionale nella conversione della pena\npecuniaria in forme di esecuzione carceraria in caso di insolvenza,\nsi ravvisa invero una sostanziale sovrapponibilita\u0027 dei presupposti\ndi fatto e di diritto alle base delle due diverse ipotesi. \n In entrambi i casi, la conversione trova proprio in un medesimo\nfatto: il mancato pagamento della pena pecuniaria per condotta\ncolpevole del condannato. \n Circostanza che avrebbe richiesto, e che a parere dello scrivente\nMagistrato costituzionalmente richiede, quantomeno l\u0027assoggettamento\ndelle due fattispecie alla medesima disciplina, cosi\u0027 come previsto\nnel caso di insolvibilita\u0027. \n L\u0027attuale assetto normativo, infatti, pare arrecare un patente\nvulnus al principio di uguaglianza sostanziale di cui all\u0027art. 3,\ncomma 2 della Costituzione, connotandosi in termini di\nirragionevolezza per la disparita\u0027 di trattamento che l\u0027art. 102,\nlegge n. 689/1981 prevede rispetto al tertium comparationis\nrappresentato dall\u0027art. 71, legge n. 689/1981; nonche\u0027 all\u0027art. 3,\ncomma 2, in relazione all\u0027art. 27, comma 3 della Costituzione per il\npregiudizio irragionevole che, a parita\u0027 di condizioni, la normativa\nnel suo complesso e l\u0027art. 102, legge n. 689/1981 arreca al principio\ndi emenda, nella misura in cui non consentite al Magistrato di\nSorveglianza una valutazione individualizzata della posizione del\ncondannato, imponendo una sola misura possibile, rispetto a quanto\nconsentito in casi analoghi dall\u0027art. 71, legge n. 689/1981. \n In questa seconda prospettiva, il canone della ragionevolezza\nviene in rilievo nella sua veste classica di sindacato comparativo\ntra due opzioni normative difformi che, pero\u0027, hanno ad oggetto\nsituazioni identiche da un punto di vista sostanziale e che,\nnell\u0027ipotesi sostenuta da questo rimettente, dovrebbero essere\npercio\u0027 assoggettate alla comune disciplina. \n Per sostenere l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale, dunque, deve\nvalutarsi, anzitutto, se le due posizioni sostanziali siano\neffettivamente le medesime; interrogativo al quale si ritiene di\ndover dare una risposta certamente positiva, richiamandosi, per\nbrevita\u0027, a quanto su esposto circa la coincidenza delle situazioni\ndi fatto nelle ipotesi di insolvenza. \n Sia consentito, pero\u0027, avvalorare la tesi della coincidenza della\nsituazione di fatto che si produce all\u0027atto del mancato pagamento\ndella pena pecuniaria originaria o di una pena pecuniaria\nsostitutiva, evidenziando che e\u0027 lo stesso legislatore a prevedere\nuna disciplina sostanzialmente comune, laddove il mancato pagamento\nderivi da insolvibilita\u0027 agli articoli 103, comma 3, legge n.\n689/1981 e 71, comma 3 legge n. 689/1981. \n In questo senso, e\u0027 evidente che le due fattispecie possono\nnormativamente soggiacere ad una disciplina comune o comunque\nanaloga. \n L\u0027elemento discretivo e di divaricazione della disciplina si\nrinviene solo sul terreno della insolvenza. \n Occorre, a questo punto, verificare se l\u0027opzione normativa sia\nsorretta da una ratio adeguata che consenta di valutare in termini di\nragionevolezza questa differenziazione. \n Il testo di legge, in se\u0027, non aiuta molto; al fine di\ncomprendere quale sia stato il percorso logico seguito dal\nlegislatore delegato, e poter dunque vagliare la ragionevolezza e\ncoerenza intrinseca della scelta legislativa, appare dunque opportuno\nriportare quanto indicato nella gia\u0027 citata relazione al decreto,\nladdove si esplicitano i contenuti del secondo comma dell\u0027art. 71,\nlegge n. 689/1981 e dell\u0027art. 102, legge n. 689/1981. \n Con riferimento all\u0027art. 71 legge n. 689/1981, la Relazione cosi\u0027\nsi esprime: \n «Il secondo comma disciplina in modo innovativo l\u0027ipotesi del\nmancato pagamento colpevole, che non dipende cioe\u0027 da una situazione\ndi impossibilita\u0027 di adempiere all\u0027obbligo, bensi\u0027 da un fatto,\nvolontario o colposo, del condannato, che puo\u0027 pagare la pena\npecuniaria ma non la paga entro il termine indicato nell\u0027ordine di\nesecuzione del pubblico ministero. La conseguenza del mancato\npagamento e\u0027 la revoca della pena pecuniaria sostitutiva,\nanalogamente a quanto avviene per le altre pene sostitutive delle\npene detentive brevi, in caso di mancata esecuzione (cfr. art. 66,\ncomma 1, legge n. 689/1981). La conversione della pena pecuniaria\nsostitutiva non eseguita e\u0027 disciplinata dall\u0027art. 71, legge n.\n689/1981 in deroga alla disciplina generale dell\u0027art. 66, legge n.\n689/1981: si prevede, infatti, la conversione in pene sostitutive\npiu\u0027 gravi e in nessun caso nella pena detentiva sostituita. La\ngravita\u0027 delle pene sostitutive da conversione, in particolare, e\u0027\ngraduata a seconda della natura colpevole (secondo comma) o\nincolpevole (terzo comma) del mancato pagamento. \n Si e\u0027 escluso di prevedere la conversione della pena pecuniaria\nsostitutiva nella corrispondente pena detentiva sostituita\n(reclusione o arresto) per ragioni di coerenza con la scelta di\nfondo, operata in tema di conversione delle pene pecuniarie non\neseguite (cfr. articoli 102 e 103, legge n. 689/1981), di non\nprevedere la conversione della pena pecuniaria nella reclusione o\nnell\u0027arresto. Una scelta diversa, non percorsa nemmeno dalla legge n.\n689/1981, ora riformata, sarebbe possibile (consentita dall\u0027art. 1,\ncomma 17, lett. m), della legge delega) e non irragionevole, posto\nche, alle spalle della pena pecuniaria sostitutiva, vi e\u0027 una pena\ndetentiva alla quale si ritornerebbe. Senonche\u0027 si ritiene opportuno\nfar prevalere l\u0027esigenza di scongiurare il pericolo che proprio la\npena sostitutiva piu\u0027 mite, per eccellenza, possa convertirsi nella\nreclusione o nell\u0027arresto per periodi di breve durata, pari o\ninferiori a un anno, comportando un esito contrastante con\nl\u0027obiettivo generale della lotta alla pena detentiva breve. D\u0027altra\nparte, la modularita\u0027 progressiva delle altre pene sostitutive da\nconversione, non prive anche di connotazioni detentive, soddisfa\nadeguatamente le esigenze di prevenzione correlate alla minaccia\nlegale di una pena da conversione, in caso di mancato pagamento della\npena pecuniaria sostitutiva. Si individuano infatti, quali pene da\nconversione per il mancato e colpevole pagamento della pena\npecuniaria, la semiliberta\u0027 sostitutiva e la detenzione domiciliare\nsostitutiva. La revoca della pena pecuniaria sostitutiva\ncolpevolmente non eseguita, pertanto, comporta una nuova sostituzione\ndella pena detentiva sostituita, che il giudice puo\u0027 effettuare\nscegliendo tra semiliberta\u0027 o detenzione domiciliare, secondo i\ncriteri ordinari di cui all\u0027art. 58, disposizione espressamente\nrichiamata. Viene esclusa la possibilita\u0027 di convertire la pena\npecuniaria sostitutiva in lavoro di pubblica utilita\u0027: si e\u0027 infatti\nritenuto opportuno e ragionevole riservare tale possibilita\u0027, come si\ndira\u0027 subito, all\u0027ipotesi del mancato pagamento incolpevole. Cio\u0027 per\ngarantire una progressione fra le pene da conversione, proporzionata\nalla colpevolezza del condannato inadempiente all\u0027obbligo di\npagamento». \n Con riferimento all\u0027art. 102, legge n. 689/1981, invece, la\nRelazione cosi\u0027 argomenta: \n «La conversione in caso di mancato pagamento colpevole, da\nparte di chi non paga la multa e l\u0027ammenda pur potendolo fare, e\u0027 una\nnovita\u0027 introdotta dal presente decreto. La legge minaccia la\nconversione in una pena limitativa della liberta\u0027 personale, piu\u0027\ngrave della pena pecuniaria per assicurare l\u0027effettivita\u0027 del\npagamento della pena pecuniaria stessa. A differenza delle pene\ndetentive, infatti, per essere eseguite le pene pecuniarie richiedono\nla collaborazione del condannato. Il fallimento del sistema di\nrecupero crediti, che ha tradizionalmente adottato il nostro\nordinamento, dimostra come sia opportuno e necessario indurre il\ncondannato al pagamento, onde evitare conseguenze peggiori. \n Le pene da conversione della pena pecuniaria ineseguita assolvono\na una duplice funzione: sanzionano sia il mancato pagamento (se\ncolpevole), sia il reato commesso, sostituendosi alla pena pecuniaria\nprincipale, rimasta ineseguita. Alla luce dei principi\ncostituzionali, e nei limiti della legge delega, e\u0027 pertanto\nnecessario adeguare la disciplina della conversione tanto alla\ncolpevolezza del condannato, riferita al mancato pagamento, quanto\nalla gravita\u0027 del reato commesso. Sotto il primo profilo, la scelta\ne\u0027 di ribadire, anche per la conversione delle pene pecuniarie\nprincipali, come per quelle sostitutive (cfr. art. 71), la\ndistinzione tra le ipotesi di mancato pagamento colpevole e\nincolpevole (per insolvibilita\u0027 del condannato). Le due ipotesi sono\ndisciplinate, rispettivamente, dagli articoli 102 e 103. \n La pena da conversione piu\u0027 grave, la semiliberta\u0027, e\u0027 prevista\nin caso di mancato pagamento colpevole. La pena da conversione meno\ngrave, il lavoro di pubblica utilita\u0027 (e, in subordine, solo in caso\ndi opposizione al lavoro, la detenzione domiciliare) e\u0027 prevista\ninvece per l\u0027ipotesi del mancato pagamento incolpevole (dovuto a\ninsolvibilita\u0027, cioe\u0027 alle condizioni economiche e patrimoniali del\ncondannato)». \n Da una lettura dei due passi, puo\u0027 cogliersi che l\u0027elemento\ndiscretivo tenuto in conto dal legislatore pare esser stato\nrappresentato dalla volonta\u0027 di minacciare conseguenze esemplari in\ncaso di mancato pagamento della pena pecuniaria, che consentano non\nsolo di sanzionare l\u0027insolvenza, ma anche di punire il reato alla\nbase della condanna, la cui sanzione e\u0027 rimasta ineseguita. \n La semiliberta\u0027 sostitutiva prevista dall\u0027art. 102, legge n.\n689/981, dunque, viene presentata quale misura che realizza entrambi\nquesti scopi, associando alla minaccia di una misura limitativa della\nliberta\u0027 personale anche profili sanzionatori del reato. \n Viceversa, nel caso della pena pecuniaria sostitutiva, sembra che\nil legislatore abbia ragionato nei termini di un fenomeno di revoca e\naggravamento della pena sostitutiva per mancata esecuzione della\nmisura, con riespansione del potere di sostituzione che, dunque,\nritornando al Magistrato di Sorveglianza come potere originario di\nsostituzione della pena detentiva breve, gli consentirebbe di\nscegliere la misura piu\u0027 adatta applicando l\u0027art. 58, legge n.\n689/1981. \n Tuttavia, nel mancato pagamento per insolvenza colpevole la\nscelta della pena da applicare in sostituzione e\u0027 circoscritta ad una\ndelle due pene sostitutive detentive, riservandosi il lavoro di\npubblica utilita\u0027 sostitutivo all\u0027ipotesi dell\u0027insolvibilita\u0027\nincolpevole. \n Sarebbe, dunque, il gema della misura da convertire ad aver\nguidato la scelta legislativa nell\u0027uno e nell\u0027altro caso. \n Alla base di questa differenziazione si potrebbe cogliere l\u0027idea\nche mentre le pene pecuniarie originarie di solito accedono a reati\ngravi quale sanzione principale, la pena pecuniaria sostitutiva\nrappresenterebbe, secondo la prospettiva assunta dal legislatore la\npiu\u0027 mite risposta che l\u0027ordinamento offre ad una sanzione detentiva\ncontenuta entro l\u0027anno e, in ipotesi, cio\u0027 evidenzierebbe tale misura\ncome statisticamente applicabile a delitti di minore gravita\u0027. \n Si tratta, tuttavia, di argomenti che, invero, appaiono non del\ntutto condivisibili e, anzi, scolorano verso la patente\nirragionevolezza. \n Quanto alla tesi per cui la pena pecuniaria originaria sarebbe\nespressiva di maggiore pericolosita\u0027 sociale, giova evidenziare che\nnel sistema sanzionatorio classico, la pena pecuniaria e\u0027 sempre\nconsiderata meno afflittiva della pena detentiva. \n In questo senso, sostenere che le pene pecuniarie sostitutive di\npene detentive brevi siano la piu\u0027 mite risposta dell\u0027ordinamento\nalla violazione della legge penale appare, quantomeno, frutto di una\nlettura semplicistica, se non proprio erronea del sistema\ncomplessivo. \n Invero, non puo\u0027 dubitarsi che rispetto ad una pena\noriginariamente detentiva, detenzione o arresto, passibile di\nconversione in pena pecuniaria, una pena originariamente pecuniaria\nquale la multa e, a fortiori, l\u0027ammenda, sia sempre da intendersi\ncome sanzione penalmente piu\u0027 mite. \n Cio\u0027 in considerazione del fatto che se l\u0027una vede tramutata la\npropria natura da detentiva a pecuniaria in forza di una valutazione\nconcreta operata dal giudice, la prima e\u0027 gia\u0027 in astratto\nselezionata dal legislatore come per la adeguata alla gravita\u0027 di\nquel fatto, nel senso che tipicamente lo stesso non richiede il\npresidio di sanzioni di tipo coercitivo, sulla base di una\nvalutazione di politica criminale e di tutela dei beni giuridici\noperata a monte dal legislatore. \n E\u0027 dunque sul piano della tipizzazione normativa, al netto della\npossibilita\u0027 di valorizzare situazioni specifiche e concrete sulla\nbase della giurisprudenza CEDU in tema di matiere penale, che pure ha\ntrovato opportunamente eco nella giurisprudenza costituzionale (ci si\nriferisce alla sentenza n. 223/2018 della Corte costituzionale), che\nl\u0027assedia maggiore gravita\u0027 della pena pecuniaria originaria rispetto\nalla pena pecuniaria sostitutiva di pena detentiva risulta un\nargomento non convincente e non puo\u0027 ragionevolmente essere accolto.\nMen che meno, dunque, sulla base di un tale argomento si potrebbe\nvalidamente stabilire una differente disciplina per situazioni del\ntutto analoghe, prevedendo che a fronte di un medesimo comportamento\ncolpevole del condannato per il mancato pagamento nell\u0027un caso possa\ndarsi luogo solo ad applicazione della semiliberta\u0027 sostitutiva,\nmentre nell\u0027altro sia consentito al giudice di scegliere la misura\npiu\u0027 adeguata tra la semiliberta\u0027 sostitutiva e la detenzione\ndomiciliare sostitutiva. \n Cio\u0027 appare ancor piu\u0027 irrazionale laddove si consideri che e\u0027 lo\nstesso legislatore delegato a stabilire, all\u0027art. 57, ultimo comma,\nlegge n. 689/1981 che «la pena pecuniaria si considera sempre come\ntale, anche se sostitutiva della pena detentiva», cosi\u0027 indicando che\nai fini dell\u0027ordinamento l\u0027originarieta\u0027 o meno della natura\npecuniaria della sanzione non e\u0027 (o quantomeno non dovrebbe essere)\nelemento rilevante. \n Ma, anche laddove si volesse accogliere una tale prospettazione,\ne, dunque, si volesse dare un maggior risalto alle esigenze\nsecuritarie nel caso della conversione di una pena originariamente\npecuniaria, la scelta di prevedere la sola semiliberta\u0027 sostitutiva\napparirebbe comunque normativamente sproporzionata; e cio\u0027 sia in\nastratto, sia in concreto alla luce delle altre norme che\ndisciplinano il fenomeno della conversione della pena pecuniaria. \n Si consideri che l\u0027art. 660, comma 8 c.p.p. stabilisce\nespressamente che nel procedere alla conversione secondo gli articoli\n71, 102 e 103, legge n. 689/1981 si applica in quanto compatibile\nl\u0027art. 545-bis c.p.p., norma che detta sul piano processuale i\ncriteri di scelta delle pene sostitutive e che richiama, a sua volta,\nl\u0027art. 58, legge n. 689/1981, dedicato sul piano sostanziale a\ndettagliare i canoni di giudizio che devono guidare il giudice nella\ndecisione sull\u0027ammissione o meno alle pene sostitutive e nella scelta\ndella pena sostitutiva da applicare in concreto. \n Da una lettura delle disposizioni di legge richiamate emerge\nchiaramente che nel decidere l\u0027an della sostituzione della pena e,\npoi, nel selezionare la specifica misura con cui sostituire la pena\ndetentiva breve, il giudice e\u0027 chiamato a operare un giudizio che\ninveste, tra gli altri elementi, la gravita\u0027 del fatto, le esigenze\ndi sicurezza sociale, nonche\u0027 l\u0027adeguatezza della pena sostitutiva a\ncontemperare questi ultimi con la finalita\u0027 di reinserimento sociale\ndel condannato. \n Il che, dunque, significa che anche all\u0027interno della conversione\ndella pena pecuniaria vi sarebbe gia\u0027 spazio per recuperare non gia\u0027\nin astratto, ma in concreto, ed individualizzando il giudizio, la\nmaggiore o minore gravita\u0027 del fatto ai fini della scelta tra la\nmisura piu\u0027 grave (semiliberta\u0027 sostitutiva) e quella meno coercitiva\n(detenzione domiciliare sostitutiva); come, peraltro, e\u0027 gia\u0027\nprevisto dall\u0027art. 71, legge n. 689/1981. \n Quanto alla considerazione per cui nel caso della norma da ultimo\ncitata, la conversione della pena pecuniaria sostitutiva viene ad\nessere vista come una sorta di aggravamento della pena sostitutiva.,\nsi tratta anche in questo caso di un argomento non dirimente. \n Invero, a prescindere se si voglia intendere la conversione in\ncaso di insolvenza colpevole come aggravamento di una pena\nsostitutiva piu\u0027 mite o quale sanzione per il mancato pagamento di\nuna pena pecunia, rimane il fatto che ambedue le norme assumono a\npresupposto per la propria applicazione il mancato pagamento da parte\ndi chi potrebbe pagare, prevedendo, come la si voglia intendere, un\nmeccanismo sostanzialmente sanzionatorio dell\u0027insolvenza. Che il\nmedesimo presupposto di fatto e di diritto possa condurre a normative\ndivergenti in ragione del genus della pena cui accede (pene che, si\nribadisce, lo stesso legislatore parifica per tutti gli altri effetti\ndi legge) appare frutto di una patente incongruenza sul piano\nsostanziale. \n Sia poi concesso considerare gli esiti paradossali cui perviene\nlo schema normativo della cui costituzionalita\u0027 si dubita. \n Una pena originariamente pecuniaria che, in ipotesi, mai avrebbe\npotuto essere eseguita mediante forme coercitive di tipo detentivo e\ncarcerario, in caso di mancato pagamento importa obbligatoriamente la\ncarcerazione del condannato; come la si voglia vestire, infatti, non\nbasta l\u0027aggettivo sostitutiva a mutare la sostanza della\nsemiliberta\u0027. Questa rimane sostanzialmente una pena qualitativamente\ncarceraria. \n Viceversa, una pena originariamente detentiva, sia pur contenuta\nentro l\u0027anno, che ordinariamente avrebbe ben potuto condurre alla\ncarcerazione del condannato, laddove convertita in pena pecuniaria\nche non venga pagata, puo\u0027 comportare o la carcerazione della\npersona, ma anche l\u0027accesso a forme detentive di tipo domiciliare che\nnon prevedono contatto con l\u0027istituzione carceraria. \n Ne\u0027 basterebbe a rendere ragionevole questo sistema l\u0027argomento,\nche pur potrebbe cogliersi alla luce dell\u0027analisi supra condotta, per\ncui la previsione del solo carcere per la pena pecuniaria dovrebbe\navere efficacia deterrente rispetto all\u0027inadempimento dell\u0027obbligo di\npagare e, dunque, rappresenterebbe un necessario presidio di\neffettivita\u0027 della sanzione pecuniaria. \n Se si fosse voluto davvero perseguire tale obiettivo, invero,\nallora si sarebbe dovuto prevedere il medesimo criterio di\nconversione anche rispetto alla pena pecuniaria sostitutiva. \n Viceversa, il disallineamento tra le due discipline pare frutto\ndi un non ponderato esercizio della discrezionalita\u0027 legislativa, che\nfinisce con il sanzionare piu\u0027 gravemente una pena pecuniaria tout\ncourt rispetto ad una pena pecuniaria originariamente detentiva. \n Il che, oltre che discriminatorio, e\u0027 del tutto irragionevole,\ncon ingiustificata lesione anche dell\u0027art. 13 della Costituzione. \n Quanto alla lesione dell\u0027art. 27, comma 3 della Costituzione, in\nsintesi, non puo\u0027 non considerarsi che la rigidita\u0027 della norma, nel\nprevedere la sola pena sostitutiva massima in sede di conversione,\nfrustra il principio di emenda e la tendenziale finalita\u0027 rieducativa\ndella pena. \n Non consentire al Magistrato di Sorveglianza di gradare ed\nindividualizzare il trattamento lato sensu detentivo, precludendo in\nradice la scelta tra la misura piu\u0027 grave e quella meno afflittiva di\ntipo domiciliare, espone il sistema al rischio di sanzionare troppo. \n E una pena sproporzionata e\u0027, invero, una pena difficilmente\npercepibile come giusta da chi la subisce, il che impedisce al\ncondannato di compiere quel percorso interiore di accettazione della\ncondanna e della sanzione necessario per l\u0027emenda. \n Si tratta di concetti ormai acquisiti nella giurisprudenza della\nCorte costituzionale; si pensi al grande lavorio della Consulta negli\nultimi anni in punto di ragionevolezza dei limiti edittali che ha, da\nultimo, visto cadere sotto la scure del legislatore negativo l\u0027art.\n628, comma 3 c.p. \n Mutatis mutandis, le statuizioni di principio espresse dalla\nrichiamata giurisprudenza non possono non avere cittadinanza anche\nnel settore in esame. \n In fin dei conti, lo si e\u0027 ampiamente argomentato supra, rispetto\nalla conversione della pena pecuniaria per colpevole inadempimento,\ncio\u0027 che giustifica l\u0027applicazione di restrizioni alla liberta\u0027\npersonale e\u0027 il rimprovero per il mancato pagamento. La conversione,\ndunque, e\u0027 si\u0027 un modo di far espiare in modo diverso una pena non\npagata, ma e\u0027 altresi\u0027 rispetto all\u0027insolvenza (diversamente che per\nl\u0027insolvibilita\u0027) un meccanismo sanzionatorio. \n Meccanismo che, quantomeno rispetto alle pene pecuniarie, ai\nsensi dell\u0027art. 102, legge n. 689/1981 e\u0027 del tutto rigido,\nrisolvendosi in un automatismo applicativo sproporzionato e, in\nultima analisi, potenzialmente ingiusto. \n Poiche\u0027 la medesima condizione e\u0027 stata assunta dal legislatore,\nnel medesimo corpus normativo, ai fini di prevedere una disciplina\nche consente di modulare la risposta ordinamentale tra un massimo ed\nun minimo di afflizione della liberta\u0027 personale, non si vedono\nragioni per non estendere quest\u0027ultima opzione anche nell\u0027art. 102,\nlegge n. 689/1981. \n A parere di chi scrive, dunque, l\u0027attuale disciplina incorre in\nun evidente cortocircuito assiologico e logico, che deve essere\nricondotto a costituzionalita\u0027, dichiarando l\u0027art. 102, legge n.\n689/1981 incostituzionale nella parte in cui non prevede dopo le\nparole «ne comporta la conversione nella semiliberta\u0027 sostitutiva» le\nparole «o nella detenzione domiciliare sostitutiva. Si applica l\u0027art.\n58» si\u0027 come stabilito nell\u0027art. 71, legge n. 689/1981, nonche\u0027, in\nvia conseguenziale, dichiarando incostituzionale l\u0027art. 660, comma 3\nc.p.p. nella parte in cui disciplina gli avvisi al condannato, nella\nparte in cui non prevede dopo le parole «nella semiliberta\u0027\nsostitutiva» le parole «o nella detenzione domiciliare sostitutiva». \n Le questioni qui poste sono certamente rilevanti nel caso di\nspecie, posto che G. si trova esattamente nella condizione descritta\ndall\u0027art. 102, legge n. 689/1981: egli, pur avendo ricevuto gli\navvisi da parte della Procura, non ha provveduto al pagamento della\npena pecuniaria ne\u0027 ha richiesto la rateizzazione della stessa entro\ni termini previsti dalla nuova disciplina. \n E\u0027, dunque, decaduto dalla possibilita\u0027 di consentire a questo\nMagistrato di procedere alta rateizzazione, che potrebbe ben\nconsentirgli si provvedere al pagamento secondo modalita\u0027 meno\ngravose. \n Eppure, e\u0027 persona che lavora stabilmente da diversi anni e che\nha percepito redditi da lavoro dipendente per circa 27.000,00 euro\nnel 2024, attualmente assunto con busta paga di quasi 2.000,00 euro\nmensili; con qualche sforzo, dunque, egli ben potrebbe anche pagare\nin unica soluzione. \n A fronte di questa condizione, questo giudice sarebbe costretto\ndalla disciplina attuale a convertire la pena in semiliberta\u0027\nsostitutiva, determinando la carcerazione del condannato. \n E, solo una volta incarcerato, ed a semiliberta\u0027 in corso, egli\npotra\u0027 far valere l\u0027eventuale richiesta di pagamento rateale. \n Laddove, invece, vi fosse l\u0027intervento auspicato in via\nprincipale questo giudice potrebbe valutare direttamente la\nconcessione della detenzione domiciliare sostitutiva; laddove la\nCorte accogliesse la subordinata, nel presente procedimento si\npotrebbe scegliere tra quest\u0027ultima e la semiliberta\u0027 sostitutiva. \n Eventualmente (in termini astratti) anche scegliendo ad esito di\nun giudizio di merito, per la semiliberta\u0027. Invero, la Corte ha ormai\naffermato una nozione di rilevanza della questione che prescinde\ndall\u0027eventuale diretta incidenza sull\u0027esito del giudizio a quo,\ndescritta come rilevanza giudicata. \n Secondo tale orientamento, ormai maggioritario e condiviso, il\nrequisito di rilevanza sussiste anche qualora la decisione della\nCorte sia idonea ad incidere nel giudizio a qua anche solo nel senso\ndi imporre al giudice un diverso percorso\nlogico-giuridico-argomentativo, pur rimanendo in ipotesi identico\nl\u0027esito del giudizio. \n Circostanze che si verificano, invero, nel caso di specie, posto\nche la norma impedisce anche solo di esaminare la possibilita\u0027 di\napplicare, in luogo della semiliberta\u0027 sostitutiva, la detenzione\ndomiciliare sostitutiva. E cio\u0027 basti quanto alla rilevanza. \n Le questioni, inoltre, per quanto su esposto appaiono non\nmanifestamente infondate e non emendabili mediante interpretazioni\ncostituzionalmente orientate. \n Invero, il dato normativo, per come ricostruito sia alla luce\ndella sua dimensione testuale, sia in ragione di una interpretazione\nteleologica che valorizzi la volonta\u0027 legislativa, non lascia margine\nper un esito diverso da quello di applicare la semi liberta\u0027\nsostitutiva all\u0027ipotesi dell\u0027insolvenza. \n Ne\u0027 potrebbe tentare di valorizzarsi la possibilita\u0027 di accesso\nalla rateizzazione al di fuori delle ipotesi previste dalla legge,\nche cesella minuziosamente i canoni e le tempistiche cui deve\nattenersi il Magistrato di Sorveglianza nel relativo giudizio. \n L\u0027interpretazione conforme, infatti, (con la felice immagine di\nautorevole dottrina) non puo\u0027 diventare un letto di Procuste, in cui\nla norma viene tagliuzzata e rimodulata per farla entrare nell\u0027alveo\ncostituzionale snaturandone le fattezze. \n A fronte di queste considerazioni, si ritiene di dover\ninterrompere il procedimento e sollevare le questioni di\ncostituzionalita\u0027 su esposte, nella loro dimensione gradata di cui si\ne\u0027 detto supra. \n La declaratoria di incostituzionalita\u0027, inoltre, ove accolta,\ndovrebbe attingere anche l\u0027art. 660, comma 3 c.p.p., nella parte in\ncui richiama, al fine di darne avviso al condannato, le norme\nsostanziali in punto di modalita\u0027 di conversione della pena\npecuniaria. \n\n(1) Art. 1, comma 16 della legge delega: «Nell\u0027esercizio della delega\n di cui al comma 1, i decreti legislativi recanti modifiche al\n codice di procedura penale, al codice penale e alla collegala\n legislazione speciale in materia di pena pecuniaria, al fine di\n restituire effettivita\u0027 alla stessa, sono adottati nel rispetto\n dei seguenti principi e criteri direttivi: a) razionalizzare e\n semplificare il procedimento di esecuzione delle pene pecuniarie;\n b) rivedere, secondo criteri di equita\u0027, efficienza ed\n effettivita\u0027, i meccanismi e la procedura di conversione della\n pena pecuniaria in caso di mancato pagamento per insolvenza o\n insolvibilita\u0027 del condannato; c) prevedere procedure\n amministrative efficaci, che assicurino l\u0027effettiva riscossione\n della pena pecuniaria e la sua conversione in caso di mancato\n pagamento». \n\n(2) Cfr. «Decreto legislativo recante attuazione della legge 27\n settembre 2021 n. 134 recante delega al governo per l\u0027efficienza\n del processo penale nonche\u0027 in materia di giustizia riparativa e\n disposizioni per la celere definizione dei procedimenti\n giudiziari - Relazione Illustrativa» pubblicata nella Gazzetta\n Ufficiale - Serie generale - n. 245 del 19 ottobre 2022 -\n Supplemento straordinario n. 5. \n\n(3) Cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 279/2019 «Gia\u0027 nella\n sentenza n. 108 del 1987, questa Corte aveva invocato un\n Intervento del legislatore sulla disciplina processuale della\n conversione, ritenuta inficiala da «difetti che la rendono non\n pienamente adeguata ai principi costituzionali in materia, e che\n possono indirettamente frenare un piu\u0027 ampio ricorso alla pena\n pecuniaria, da molti auspicato». Un simile monito deve essere ora\n ribadito. Il procedimento di esecuzione della pena pecuniaria,\n del quale i provvedimenti di conversione costituiscono una dei\n possibili esiti, e\u0027 oggi ancor piu\u0027 farraginoso di quanto non lo\n fosse nel 1987, prevedendo l\u0027intervento, in successione,\n dell\u0027ufficio del giudice dell\u0027esecuzione, dell\u0027agente della\n riscossione, del pubblico ministero e del magistrato di\n sorveglianza. A tutti questi soggetti sono demandati plurimi\n adempimenti piu\u0027 o meno complessi, che tuttavia non riescono,\n allo stato, ad assicurare ne\u0027 adeguati tassi di riscossione delle\n pene pecuniarie, ne\u0027 l\u0027effettivita\u0027 della conversione delle pene\n pecuniarie non pagate. Tale situazione, oggetto di diagnosi\n risalenti in dottrina, fa si\u0027 che la pena 268 pecuniaria non\n riesca a costituire in Italia un\u0027alternativa credibile rispetto\n alle pene privative della liberta\u0027, come accade invece in molti\n altri ordinamenti». \n\n(4) Cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 15/2020 § 3 «soltanto una\n disciplina della pena pecuniaria in grado di garantirne una\n commisurazione da parte del giudice proporzionata tanto alla\n gravita\u0027 del reato quanto alle condizioni economiche del reo, e\n assieme di assicurarne poi l\u0027effettiva riscossione, puo\u0027\n costituire una seria alternativa alla pena detentiva, cosi\u0027 come\n di fatto accade in molti altri ordinamenti contemporanei» \n\n(5) Cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 134/2021 § 8 del\n Considerato in diritto, a chiusura della sentenza. \n\n(6) Cosi\u0027 testualmente a pag. 271 «Decreto legislativo recante\n attuazione della legge 27 settembre 2021 n. 134 recante delega al\n governo per l\u0027efficienza del processo penale nonche\u0027 in materia\n di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione\n dei procedimenti giudiziari - Relazione Illustrativa» pubblicata\n nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 245 del 19 ottobre\n 2022 - Supplemento straordinario n. 5. \n\n \n P.Q.M. \n \n Visto l\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; \n ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva,\nnei termini indicati, questione di legittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art. 102, legge n. 689/1981 per violazione dell\u0027art. 3, comma 2\ndella Costituzione e dell\u0027art. 13 della Costituzione nella parte in\ncui prevede che il mancato pagamento della pena pecuniaria entro i\ntermini «comporta la conversione nella semiliberta\u0027 sostitutiva»\ninvece di stabilire che il mancato pagamento «comporta la conversione\nnella detenzione domiciliare sostitutiva»; nonche\u0027, in via\nconseguenziale, questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art.\n660, comma 3 c.p.p. nella parte in cui prevede che «la pena\npecuniaria sara\u0027 convertita nella semiliberta\u0027 sostitutiva» invece\ndelle parole «la pena pecuniaria sara\u0027 convertita nella detenzione\ndomiciliare sostitutiva» invece delle parole «la pena pecuniaria\nsara\u0027 convertita nella detenzione domiciliare sostitutiva». \n In via gradata, solleva, nei termini indicati in parte motiva,\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 102, legge n.\n689/1981 per violazione degli articoli 3, comma 2 della Costituzione,\nin relazione all\u0027art. 13 ed all\u0027art. 27, comma 3 della Costituzione,\nnella parte in cui non prevede dopo le parole «ne comporta la\nconversione nella semiliberta\u0027 sostitutiva» le parole «o nella\ndetenzione domiciliare sostitutiva. Si applica l\u0027art. 58.», nonche\u0027,\nin via conseguenziale, questione di legittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art. 660, comma 3 c.p.p. nella parte in cui non prevede dopo le\nparole «la pena pecuniaria sara\u0027 convertita nella semiliberta\u0027\nsostitutiva» le parole «o nella detenzione domiciliare sostitutiva». \n Sospende il giudizio in corso sino all\u0027esito del giudizio\nincidentale di legittimita\u0027 costituzionale. \n Dispone che, a cura della Cancelleria, gli atti siano\nimmediatamente trasmessi alla Corte costituzionale, e che la presente\nordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Pubblico\nministero, nonche\u0027 al Presidente del Consiglio dei ministri, e che\nsia anche comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. \n Cosi\u0027 deciso in Bologna, il 31 marzo 2025 \n \n Il Magistrato di sorveglianza: Romano Ezio","elencoNorme":[{"id":"62445","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"24/11/1981","data_nir":"1981-11-24","numero_legge":"689","descrizionenesso":"","legge_articolo":"102","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1981-11-24;689~art102"},{"id":"62446","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"ppn","denominaz_legge":"codice di procedura penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"","legge_articolo":"660","specificaz_art":"","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""}],"elencoParametri":[{"id":"79174","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79175","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"13","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79231","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[]}}" ] ] |