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Omar\nChessa (c.f.: CHSMRO70E30I452L, fax: 0706062418, PEC:\nochessa@pec.it), dal prof. avv. Antonio Saitta (c.f.:\nSTTNTN63M13F158C; fax: 0706062418, PEC:\nantonio.saitta@certmail-cnf.it), del libero Foro, dall\u0027Avv. Mattia\nPani (c.f.: PNAMTT74P02B354J; fax 0706062418; PEC:\nmapani@pec.regione.sardegna.it) e dall\u0027avv. Alessandra Putzu (c.f.:\nPTZLSN73B41F979D; fax: 070/6062418; PEC:\naputzu@pec.regione.sardegna.it) dell\u0027Avvocatura dell\u0027ente,\nelettivamente domiciliata presso l\u0027Ufficio di rappresentanza della\nRegione Sardegna in Roma, via Lucullo n. 24 e presso gli indirizzi\nPEC dei nominati difensori, ricorrente, \n contro: \n lo Stato e per esso contro la Presidenza del Consiglio dei\nministri, in persona del Presidente del Consiglio pro-tempore,\nrappresentato e difeso ex lege dall\u0027Avvocatura generale dello Stato, \n e il Tribunale di Cagliari, in persona del Presidente\npro-tempore, ai sensi dell\u0027art. 27, comma 2, delle norme integrative\ndella Corte costituzionale del 22 luglio 2021, \n e il Ministero della giustizia, nella persona del Ministro\npro-tempore, rappresentato e difeso ex lege dall\u0027Avvocatura generale\ndello Stato, ai sensi dell\u0027art. 27, comma 2, delle norme integrative\ndella Corte costituzionale del 22 luglio 2021, \n per la dichiarazione che, ai sensi degli articoli 24, secondo\ncomma, 97 secondo e terzo comma, 102 primo comma, 104 primo comma,\n111 primo e secondo comma, 113 ultimo comma, 116 primo comma, 118,\nprimo comma, 122 primo comma, nonche\u0027 art. 6 C.E.D.U. in riferimento\nall\u0027art. 117, primo comma, Cost., e degli articoli 6 e 15 dello\nStatuto di autonomia della Regione Sardegna, anche in combinato\ndisposto con gli articoli 1 e 22 della legge statutaria regionale 12\nnovembre 2013, n. 1, dell\u0027art. 19 dello Statuto speciale e dell\u0027art.\n17 del regolamento del consiglio regionale sardo, nonche\u0027 dell\u0027art. 6\ndel decreto legislativo di attuazione dello Statuto speciale, decreto\ndel Presidente della Repubblica 19 maggio 1949, n. 250, non spetta\nallo Stato, e per esso al Tribunale di Cagliari stabilire con\nsentenza 28 maggio 2025, n. 848 (all. 3), emessa a conclusione del\ngiudizio R.G. n. 477/2025, promosso dalla sig.ra Alessandra Todde,\nPresidente della Regione autonoma Sardegna, avverso\nl\u0027ordinanza-ingiunzione del Collegio regionale di garanzia elettorale\npresso la Corte d\u0027appello di Cagliari adottata il 20 dicembre 2024 e\nnotificata il 3 gennaio 2025 che «l\u0027accertamento della violazione\ndelle norme in materia di spese elettorali» compiuto nella predetta\nsentenza «rimane insindacabile dal consiglio regionale, [quando]\nquest\u0027ultimo assumera\u0027 le sue determinazioni sulla decadenza, tenendo\nfermo quanto accertato in questa sede». \n e per l\u0027effetto annullare in parte qua, la sentenza del Tribunale\ndi Cagliari 28 maggio 2025, n. 848. \n \n Fatto \n \n 1. In esito alle elezioni per il rinnovo degli organi elettivi\ndella Regione autonoma della Sardegna del 24-25 febbraio 2024, e\u0027\nrisultata eletta alla carica di Presidente della regione la dott.ssa\nAlessandra Todde, giusto atto di proclamazione del 20 marzo\nsuccessivo. \n 2. Il 3 gennaio 2025, il Collegio regionale di garanzia\nelettorale presso la Corte d\u0027appello di Cagliari ha notificato al\nPresidente del consiglio regionale della Sardegna\nun\u0027«ordinanza/ingiunzione in ordine all\u0027adozione del provvedimento di\ndecadenza» dell\u0027ing. Alessandra Todde dalla carica di Presidente\ndella Regione Sardegna (all. 4). \n Nella suddetta «ordinanza/ingiunzione», a seguito della verifica\ndella dichiarazione e del rendiconto depositati dalla candidata\nAlessandra Todde, \"esaminati gli atti prodotti, vista la delibera\nadottata nella seduta del 12 novembre 2024 e considerata la decisione\nadottata dalla maggioranza del Collegio, nel corso della seduta del\n16 novembre 2024 - secondo la quale il candidato alla presidenza\ndella regione non sarebbe sottoposto ad alcun limite di spesa per la\npropria campagna elettorale in virtu\u0027 dell\u0027insussistenza di una norma\nche lo preveda - si e\u0027 proceduto alla notifica delle contestazioni\n... formulate come di seguito riportate: \n 1) la depositata dichiarazione di spesa e di rendiconto non\ne\u0027 conforme a quanto sancito dall\u0027art. 7, comma 6, della legge n.\n515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della legge regionale\nSardegna n. 1/1994 ... - si e\u0027 contestata la violazione dell\u0027art. 7,\ncomma 6, legge n. 515/93, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della\nlegge regionale Sardegna n. 1/94; \n 2) non risulta essere stato nominato il mandatario, la cui\nnomina deve ritenersi obbligatoria ai sensi dell\u0027art. 7, comma 3\ndella legge n. 515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della\nlegge regionale Sardegna n. 1/1994: ... - si e\u0027 contestata la\nviolazione dell\u0027art. 7, comma 3, legge n. 515/93, come richiamato\ndall\u0027art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/94; \n 3) non risulta essere stato aperto un conto corrente dedicato\nesclusivamente alla raccolta dei fondi ai sensi dell\u0027art. 7, comma 4,\ndella legge n. 515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1, della\nlegge regionale Sardegna n. 1/1994: ... - si e\u0027 contestata la\nviolazione dell\u0027art. 7, comma 4, legge 515/93, come richiamato\ndall\u0027art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/1994; \n 4) non risulta l\u0027assegnazione e la sottoscrizione del\nrendiconto da parte del mandatario che avrebbe dovuto essere nominato\nai sensi dell\u0027art. 7, commi 4 e 6 della legge n. 515/1993, come\nrichiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della legge Regionale Sardegna n.\n1/1994: ... - si e\u0027 contestata la violazione dell\u0027art. 7, commi 4 e\n6, legge n. 515/1993, come richiamati dall\u0027art. 3, comma 1 della\nlegge regionale Sardegna n. 1/94; \n 5) non e\u0027 stato prodotto l\u0027estratto del conto corrente\nbancario o postale, come previsto dall\u0027art. 7, comma 6, della legge\nn. 515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della legge\nregionale Sardegna n. 1/1994: ... - si e\u0027 contestata la violazione\ndell\u0027art. 7, comma 6, legge n. 515/93, come richiamato dall\u0027art. 5,\ncomma 3 della legge regionale Sardegna n. 1/94; \n 6) non risultano dalla lista movimenti bancari i nominativi\ndei soggetti che hanno erogato i finanziamenti per la campagna\nelettorale come previsto dall\u0027art. 7, comma 6, della legge n.\n515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della legge regionale\nSardegna n. 1/1994: ... - si e\u0027 contestata la violazione dell\u0027art. 7,\ncomma 6, della legge n. 515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma\n1 della legge regionale Sardegna n. 1/1994 e qualora i finanziamenti\ndovessero risultare da societa\u0027, anche l\u0027art. 4, comma 3, della legge\nn. 659/1981 in combinato disposto con l\u0027art. 7, comma 2, della legge\nn. 195/1974; \n 7) non risulta su quale conto corrente siano confluite le\nsomme indicate nell\u0027elenco operazioni Paypal prodotto dalla\ncandidata, ai sensi dell\u0027art. 7, commi 3 e 4 della legge n. 515/1993,\ncome richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna\nn. 1/1994: ... - si e\u0027 contestata la violazione dell\u0027art. 7, comma 4,\nlegge n. 515/93, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della legge\nregionale Sardegna n. 1/94; \n Rilevato che la candidata Todde Alessandra, a seguito delle\ncontestazioni effettuate, ha proceduto al deposito di una memoria ex\nart. 14 comma IV legge regionale n. 515/93, con relativi allegati,\n... con la quale ha formalizzato le proprie osservazioni in relazione\nappunto, alle varie contestazioni formulate nei suoi confronti; ...\". \n Il collegio ha osservato, altresi\u0027, che «non e\u0027 stato affatto\ncontestato alla Todde il mancato deposito della dichiarazione di\nspesa e rendiconto - come previsto dall\u0027art. 15, comma 8, della legge\nrichiamata (diffida e termine di 15 giorni, come specificatamente\nrichiesto dalla norma) - ma l\u0027anomalia derivante dalla non\nconformita\u0027 della dichiarazione di spesa e rendiconto da lei stessa\npresentata» (cfr. settima riga dell\u0027ultimo capoverso della pag. 5\ndell\u0027ordinanza ingiunzione). \n Premesso quanto sopra, il collegio ha concluso, per quanto di\ninteresse nel presente giudizio, che «alla luce delle rilevate\nirregolarita\u0027 e violazioni delle norme penali inerenti il deposito di\ndichiarazioni contrastanti e delle anomalie rilevate - come suesposto\n- si impone la trasmissione di copia degli atti succitati alla\nProcura della Repubblica in sede per quanto di eventuale competenza,\nnonche\u0027 la comminazione delle sanzioni amministrative e, infine,\nstante l\u0027accertata violazione delle norme che disciplinano la\ncampagna elettorale, la decadenza dalla carica del candidato eletto e\ntrasmissione del provvedimento al Presidente del Consiglio Regionale\nper la procedura di competenza come previsto dall\u0027art. 15, comma 7,\nlegge 515/93» (pag. 5, ultimo capoverso). \n Inoltre, sulla base delle riportate contestazioni, il Collegio di\ngaranzia elettorale ha comminato a carico della Presidente Todde la\nsanzione amministrativa di 40.000,00 euro e «tenuto conto delle\nviolazioni della normativa, cosi\u0027 come suindicate dispone la\ntrasmissione della presente ordinanza/ingiunzione al Presidente del\nconsiglio regionale per quanto di sua competenza in ordine\nall\u0027adozione del provvedimento di decadenza di Todde Alessandra dalla\ncarica di Presidente della Regione Sardegna ...». \n 3. Alla luce di tale provvedimento - che, per quanto di\ninteresse, «impone» al consiglio regionale sardo di adottare il\nprovvedimento di decadenza della dott.ssa Todde dalla carica di\nPresidente della regione - la regione ha proposto dinanzi a codesta\necc.ma Corte ricorso per conflitto di attribuzioni tra enti (R.G. n.\n2/2025) che sara\u0027 chiamato per la discussione nell\u0027udienza del 9\nluglio p.v. \n 4. Frattanto, la dott.ssa Todde ha proposto dinanzi al Tribunale\ndi Cagliari un ricorso ai sensi dell\u0027art. 281-decies c.p.c.,\ndell\u0027art. 22, decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 e della\nlegge 24 novembre 1981, n. 689, con il quale ha chiesto di dichiarare\n«nullo, annullabile e/o comunque nessuna giuridica efficacia e per\nl\u0027effetto revocare il provvedimento emesso dal Collegio regionale di\ngaranzia elettorale in data 20 dicembre 2024, notificato il\nsuccessivo 3 gennaio 2025, per le richiamate violazioni di legge,\nnonche\u0027 per difetto di attribuzione, e in ogni caso in quanto\ncontraddittoriamente motivato con riguardo alla prospettata decadenza\ndel Presidente Alessandra Todde, sia in relazione alla sanzione\npecuniaria di euro 40.000 disposta nei confronti della stessa da\nricondurre, in via di mero subordine, al minimo edittale previsto dal\ncomma 11 dell\u0027art. 15 della legge 515/1993». In tale giudizio, sia la\nRegione Sardegna che il consiglio regionale sono rimasti del tutto\nestranei perche\u0027 non intimati ne\u0027 hanno svolto alcuna forma di\nintervento. \n 5. Con sentenza 28 maggio 2025, n. 848, il Tribunale, in apertura\ndella parte motivazionale della pronuncia, ha affermato che «il\nperimetro della [sua, n.d.r.] cognizione e\u0027 definito dalle domande\ndella stessa ricorrente e consiste nell\u0027accertamento negativo della\nsussistenza delle violazioni comportanti la decadenza e l\u0027irrogazione\ndella sanzione pecuniaria, comprendendo non solo l\u0027atto\namministrativo in se\u0027, ma tutto il rapporto sottostante», sicche\u0027 «la\ncognizione del Tribunale [...] estendendosi all\u0027intero rapporto,\ndovra\u0027 necessariamente riguardare anche il tema della mancata o meno\npresentazione del rendiconto da parte della ricorrente» (pag. 42). \n In esito al giudizio, il Tribunale ha ritenuto, quanto alle\nsanzioni pecuniarie applicate dal Collegio regionale di garanzia\nelettorale, che «le violazioni contestate alla ricorrente con il\nprovvedimento impugnato, sono risultate tutte sussistenti»,\nconfermandone l\u0027importo. Per quanto concerne la sanzione della\ndecadenza, invece, ha osservato e dichiarato quanto segue: «al\nriguardo, preliminarmente, si rileva che il provvedimento contestato\nnon ha disposto la decadenza, ma, ritenendo che le violazioni\naccertate comportassero detta conseguenza, ha disposto la\ntrasmissione degli atti al Presidente del consiglio regionale. \n Deve confermarsi in questa sede che non rientra nella competenza\ndel Collegio di garanzia ne\u0027 in quella del Tribunale adito per\nl\u0027impugnazione dell\u0027ordinanza-ingiunzione, pronunciare l\u0027eventuale\ndecadenza della ricorrente. \n La competenza e\u0027 rimessa dalla legge al consiglio regionale. \n All\u0027organo amministrativo di controllo e poi a quello\ngiurisdizionale, che non intende esondare dall\u0027alveo delle proprie\ncompetenze, e\u0027 rimesso esclusivamente l\u0027accertamento della violazione\ndelle norme in materia di spese elettorali. \n Effettuato detto vaglio, che rimane insindacabile dal consiglio\nregionale, quest\u0027ultimo assumera\u0027 le sue determinazioni sulla\ndecadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede. \n Null\u0027altro si deve quindi dire sul punto» (enfasi aggiunta) \n 6. E\u0027 evidente che con tale decisione il Tribunale di Cagliari, e\nquindi lo Stato, nella parte in cui ha affermato che «l\u0027accertamento\ndella violazione delle norme in materia di spese elettorali»\neffettuato in sentenza «rimane insindacabile dal consiglio regionale»\ne che quest\u0027ultimo assumera\u0027 le sue decisioni sulla decadenza della\nPresidente Todde «tenendo fermo quanto accertato in questa sede»\ndetermina un\u0027inaccettabile invasione delle competenze\ncostituzionalmente proprie della Regione Sardegna, e per essa\nesercitate dal consiglio regionale, sicche\u0027 non resta che proporre il\npresente ricorso per conflitto di attribuzioni ex art. 134 Cost. e\nart. 39, legge 11 marzo 1953, n. 87, per i seguenti \n \n Motivi \n \na) Premessa sull\u0027oggetto del presente giudizio. \n Occorre premettere all\u0027illustrazione dei singoli motivi di\nimpugnazione che in questa sede non si intende censurare nel merito\nla decisione del Tribunale cagliaritano in ordine alla fondatezza o\nmeno delle doglianze dedotte in quella sede dall\u0027attrice. Non e\u0027\nquesta, ovviamente la sede, ne\u0027 la Regione Sardegna ha interesse a\nfarlo. Qui occorre semplicemente contestare la sentenza in parola\nnella parte in cui, pur riconoscendo la competenza del consiglio\nregionale sardo a delibare la sussistenza di ipotesi di decadenza a\ncarico della dott.ssa Todde dalla carica di Presidente della regione,\nha statuito che per l\u0027organo rappresentativo della comunita\u0027 «rimane\ninsindacabile» quanto stabilito in materia dal medesimo Tribunale nel\ngiudizio de quo e che il Consiglio dovra\u0027 assumere le proprie\n«determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo quanto accertato in\nquesta sede». \n Dinanzi a codesta ecc.ma Corte rileva soltanto questa palese\ninvasione di attribuzioni della sfera di attribuzioni\ncostituzionalmente garantita alla regione ricorrente compiuta dallo\nStato, ad opera del Tribunale di Cagliari. \nb) Il quadro normativo di riferimento. \n Premessa la condizione di speciale autonomia della Regione\nSardegna a norma dell\u0027art. 116, primo comma, Cost., l\u0027art. 122, primo\ncomma. Cost. stabilisce che «il sistema d\u0027elezione e i casi di\nineleggibilita\u0027 e di incompatibilita\u0027 del Presidente e degli altri\ncomponenti della giunta regionale nonche\u0027 dei consiglieri regionali\nsono disciplinati con legge della regione nei limiti dei principi\nfondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce\nanche la durata degli organi elettivi». \n L\u0027art. 15 dello Statuto di autonomia speciale della Regione\nSardegna dispone che «in armonia con la Costituzione e i principi\ndell\u0027ordinamento giuridico della Repubblica e con l\u0027osservanza di\nquanto disposto dal presente titolo, la legge regionale, approvata\ndal consiglio regionale con la maggioranza assoluta dei suoi\ncomponenti, determina [...] i casi di ineleggibilita\u0027 e di\nincompatibilita\u0027 con le predette cariche [di Presidente, assessore e\nconsigliere regionale, n.d.r.]. \n L\u0027art. 19 dello Statuto prevede, altresi\u0027 che il consiglio\nregionale si dota di un proprio regolamento interno approvato a\nmaggioranza assoluta dei suoi membri. Tale regolamento (all. 5)\ndisciplina le competenze consiliari in ordine all\u0027«esame delle cause\ndi ineleggibilita\u0027 e di incompatibilita\u0027, comprese quelle\nsopravvenute nel corso della legislatura», contribuendo a dare\nattuazione, in relazione alle attivita\u0027 consiliari, alla competenza\ndella regione sull\u0027ineleggibilita\u0027 dei consiglieri regionali e\nassegnando alla giunta delle elezioni la competenza a formulare\ndinanzi all\u0027assemblea le eventuali proposte di decadenza dei\nconsiglieri (art. 17, comma). \n Secondo l\u0027art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 19\nmaggio 1949, n. 250, il consiglio regionale dichiara la decadenza dei\n«membri della giunta regionale che vengano a trovarsi in una delle\ncondizioni di incompatibilita\u0027 previste dallo statuto speciale per la\nSardegna relativamente alla funzione di consigliere regionale». \n L\u0027art. 5 della legge regionale 27 gennaio 1994, n. 1, dispone che\n«alle altre violazioni delle norme recate dalla presente legge si\napplicano le corrispondenti sanzioni previste dai commi 5, 7, 8, 9,\n10, 11, 12, 14 e 15 dell\u0027art. 15 della legge n. 515 del 1993. La\ncomunicazione di cui al comma 10 dell\u0027art. 15 della legge n. 515 del\n1993 e\u0027 indirizzata al Presidente del consiglio regionale, che\npronuncia la decadenza ai sensi del proprio regolamento». \nc) Sulla natura amministrativa della competenza consiliare di\naccertare le cause di ineleggibilita\u0027 e decadenza dei consiglieri\nregionali. \n La competenza del consiglio regionale in ordine all\u0027accertamento\ndelle cause di ineleggibilita\u0027 (e di incompatibilita\u0027) a carico dei\nconsiglieri regionali e, quindi, di dichiararne la decadenza ha\nnatura sicuramente amministrativa. \n Codesta ecc.ma Corte, sin dalla sentenza n. 66 del 1964, ha\naffermato, nonche\u0027 confermato «nella sentenza n. 115 del 1972, e\nribadito nella sentenza n. 113 del 1993, che le norme legislative e\ndei regolamenti interni le quali parlano di un \"giudizio definitivo\"\ndelle assemblee elettive regionali sulla verifica dei poteri e sulle\ncontestazioni e i reclami elettorali vanno intese, conformemente alla\nCostituzione, come riferite alla fase \"amministrativa\" del\ncontenzioso elettorale» (C. cost., sentenza n. 29 del 2003, proprio\nin riferimento alla Regione Sardegna; nello stesso senso, per la\nRegione Siciliana, gia\u0027 Corte costituzionale n. 115 del 1972). \n Pertanto, poiche\u0027 la Regione Sardegna e\u0027 dotata di competenza\nlegislativa in materia, ne consegue la relativa potesta\u0027\namministrativa in ordine all\u0027accertamento delle cause di\nineleggibilita\u0027 e incompatibilita\u0027 delle quali ha il Governo\nnormativo. Per pacifica giurisprudenza costituzionale, infatti,\nsoprattutto in riferimento alle regioni ad autonomia speciale vige il\nprincipio del parallelismo tra attribuzioni legislative e\namministrative (cfr. Corte costituzionale sentenze numeri 236 del\n2004, 175 del 2006, 238 del 2007, 9 del 2013, 215 del 2019), sicche\u0027\nla competenza a delibare le cause di ineleggibilita\u0027,\nincompatibilita\u0027 e decadenza prevista dalla legge (in primis ex, art.\n15 dello Statuto) e\u0027 sicuramente regionale per specifica attribuzione\ncostituzionale e statutaria. \nd) Sulla portata lesiva della sentenza del Tribunale di Cagliari, n.\n848 del 2025. Violazione delle competenze amministrative della\nRegione Sardegna. Sul «cattivo esercizio» del potere giudiziario da\nparte della sentenza n. 848/2025 e il «tono costituzionale» del\nconflitto. \n d.1. La pronuncia del giudice cagliaritano, pur riconoscendo la\ncompetenza del consiglio regionale sardo a delibare la decadenza\ndella Presidente Todde, pretende di vincolarne le future attivita\u0027\nquanto ad accertamento dei fatti rilevanti ai fini delle\ncontestazioni mosse e alla loro qualificazione giuridica,\ndeterminando cosi\u0027 un\u0027evidente interferenza sulle attribuzioni\namministrative del consiglio regionale e, percio\u0027, sulla sfera\ncostituzionale di competenza della regione ricorrente. \n E\u0027 opportuno richiamare il principio enunciato nella sentenza di\ncodesta ecc.ma Corte n. 110 del 1970 e concordemente seguito in\nsuccessive pronunce (cfr. sentenze numeri 211 del 1972, 178 del 1973,\n289 del 1974, 75 del 1977, 183 del 1981, 70 del 1985, 285 del 1990),\nsecondo cui «nulla vieta che un conflitto di attribuzione tragga\norigine da un atto giurisdizionale, se ed in quanto si deduca\nderivarne una invasione della competenza costituzionalmente garantita\nalla regione: la figura dei conflitti di attribuzione non si\nrestringe alla sola ipotesi di contestazione circa l\u0027appartenenza del\nmedesimo potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per\nse\u0027, ma si estende a comprendere ogni ipotesi in cui dall\u0027illegittimo\nesercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di\nattribuzioni costituzionalmente assegnate all\u0027altro soggetto». \n Preliminarmente e onde evitare equivoci, va chiarito che qui non\nsi vuole certo sostenere che i casi di ineleggibilita\u0027 e decadenza\ndei consiglieri regionali siano una materia sottratta alla cognizione\ndegli organi giurisdizionali dello Stato, per essere affidati in via\ndefinitiva alle deliberazioni del consiglio regionale. Sul punto non\nlascia adito a dubbi la sentenza n. 29 del 2003, resa in occasione di\nun conflitto di attribuzioni tra enti che ha riguardato proprio la\nRegione Sardegna e il consiglio regionale sardo in particolare: in\nquesta pronuncia si afferma con nettezza che «non sussiste alcuna\nnorma o principio costituzionale da cui possa ricavarsi\nl\u0027attribuzione ai Consigli regionali, anche di regioni a statuto\nspeciale, del giudizio definitivo sui titoli di ammissione dei loro\ncomponenti e sulle cause sopraggiunte di ineleggibilita\u0027 e di\nincompatibilita\u0027, cosi\u0027 da sottrarre tale materia alla sfera della\ngiurisdizione». Non pare dunque dubbio che eventuali determinazioni\nfuture del consiglio regionale in ordine alle ipotesi di\nineleggibilita\u0027 e decadenza di Alessandra Todde siano sottoponibili a\nsindacato giudiziale, se impugnate dinanzi ad un\u0027autorita\u0027\ngiurisdizionale. \n Sarebbe invece improprio che il sindacato consiliare fosse\ncondizionato dalle decisioni preventivamente assunte da un organo\ngiurisdizionale come nel caso di specie. Il Tribunale cagliaritano,\ninfatti, non ha ripercorso l\u0027iter logico-giuridico di una\ndeliberazione consiliare, rilevandone i vizi dopo aver sentito nel\ncontraddittorio processuale le ragioni della difesa consiliare. Il\nsuo intervento non si e\u0027 prodotto «a valle» di un\u0027attivita\u0027\nconsiliare e avendo avuto come oggetto di giudizio proprio\nquest\u0027attivita\u0027. Al contrario, si colloca «a monte», prima che il\nconsiglio operi il proprio vaglio: avanza, infatti, la pretesa di\nindirizzare, con una sentenza resa in un processo civile inter alios,\nl\u0027attivita\u0027 amministrativa futura dell\u0027assemblea rappresentativa\nregionale, vincolandola previamente a quanto gia\u0027 accertato nella\nsentenza e con cio\u0027 coartando sul nascere l\u0027attivita\u0027 consiliare\nfutura di accertamento e qualificazione giuridica dei fatti. \n Peraltro, il ragionamento svolto in sentenza e\u0027 palesemente\ncontraddittorio - e lesivo delle attribuzioni consiliari \u0026#x05ab;- laddove\nafferma che la competenza a dichiarare l\u0027eventuale decadenza della\nPres. Todde e\u0027 del consiglio regionale («deve confermarsi in questa\nsede che non rientra nella competenza del Collegio di garanzia ne\u0027 in\nquella del Tribunale adito per l\u0027impugnazione dell\u0027ordinanza\ningiunzione, pronunciare l\u0027eventuale decadenza della ricorrente. La\ncompetenza e\u0027 rimessa dalla legge al consiglio regionale»: pag. 65),\nper poi, subito dopo, negare al consiglio stesso il potere di\naccertare i fatti e di attribuire loro la corretta qualificazione\ngiuridica («all\u0027organo amministrativo di controllo e poi a quello\ngiurisdizionale, che non intende esondare dall\u0027alveo delle proprie\ncompetenze, e\u0027 rimesso esclusivamente l\u0027accertamento della violazione\ndelle norme in materia di spese elettorali. Effettuato detto vaglio,\nche rimane insindacabile dal consiglio regionale, quest\u0027ultimo\nassumera\u0027 le sue determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo quanto\naccertato in questa sede»: pag. 65 della sentenza). \n Infatti, se il consiglio regionale ha (come sicuramente ha) il\npotere-dovere di deliberare sulla decadenza del Presidente della\nRegione, allo stesso organo non si puo\u0027 negare la plena cognitio in\nordine all\u0027accertamento dei fatti e alla loro qualificazione, senza\nsubire alcun vincolo o condizionamento dall\u0027esterno, tanto piu\u0027 se\nderivante da una sentenza pronunciata inter alios a conclusione di un\nprocesso rispetto al quale la regione e\u0027 rimasta del tutto estranea. \n d.2. Quanto al «tono costituzionale» del conflitto, con la\nsentenza n. 848 del Tribunale di Cagliari si e\u0027 realizzato un tipico\ncaso di «cattivo esercizio» o «sviamento del potere», che ha\nindebitamente interferito nella «sfera di competenza costituzionale»\ndella Regione Sardegna, realizzando con cio\u0027 la fattispecie di cui\nall\u0027art. 39, comma 1, della legge statale n. 87 del 1953, a mente del\nquale puo\u0027 produrre ricorso davanti alla Corte costituzionale la\n«Regione la cui sfera di competenza costituzionale sia invasa da un\natto dello Stato». \n Infatti, con la sentenza in discussione al consiglio regionale e\u0027\nindebitamente imposto di basare la verifica dei titoli di accesso\ndella Pres. Todde alla carica di consigliere (pur se da tale ultima\ncarica se ne differenzia come rappresentato nel prosieguo del\nricorso) su quanto accertato dall\u0027atto giurisdizionale statale in\noggetto, con la volonta\u0027 di predeterminare l\u0027esito del giudizio del\nconsiglio sin dalla fase istruttoria. \n Merita considerare al riguardo che la sentenza n. 332 del 2011 di\ncodesta ecc.ma Corte ricorda che per costante giurisprudenza\n«costituisce atto idoneo ad innescare un conflitto intersoggettivo di\nattribuzione qualsiasi comportamento significante, imputabile allo\nStato o alla Regione, che sia dotato di efficacia e rilevanza esterna\ne che - anche se preparatorio o non definitivo - sia comunque diretto\n\"ad esprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di esercitare\nuna data competenza, il cui svolgimento possa determinare una\ninvasione nella altrui sfera di attribuzioni o, comunque, una\nmenomazione altrettanto attuale delle possibilita\u0027 di esercizio della\nmedesima\"» (ex plurimis, sentenze n. 382 del 2006, n. 211 del 1994 e\nn. 771 del 1988). \n Cio\u0027 premesso, non pare dubbio che la decisione del giudice\ncagliaritano, manifestando la volonta\u0027 che il consiglio regionale si\nattenga a quanto da esso stabilito in riferimento a un giudizio del\nquale il consiglio non era parte, esprime, per usare le parole di\nquesta ecc.ma Corte, «in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di\nesercitare una data competenza, il cui svolgimento possa determinare\nuna invasione nella altrui sfera di attribuzioni o, comunque, una\nmenomazione altrettanto attuale delle possibilita\u0027 di esercizio della\nmedesima». In altre parole, la pronuncia del Tribunale cagliaritano,\npur non potendo avere la competenza di vincolare le future\ndeterminazioni consiliari, muove evidentemente dal convincimento di\npoter esercitare detto potere, con cio\u0027 pretendendo di guidare\nl\u0027esercizio della competenza consiliare senza averne titolo. \n Vale la pena di riportare un passo di autorevole dottrina, la\nquale ha efficacemente spiegato che «si ha materia di conflitto\ncostituzionale non quando si denuncia un tipo qualsiasi di vizio del\ncontenuto d\u0027un atto, ma solo quando il vizio dell\u0027atto, in se\u0027 e per\nse\u0027 e indipendentemente dal contenuto, costituisce una lesione della\nposizione costituzionale del ricorrente». In particolare, «si deve\nsottolineare l\u0027espressione in se\u0027 e di per se\u0027. Per aprire la via al\nconflitto non basta, anzi non rileva, che l\u0027atto sia per qualunque\nmotivo invalido; e\u0027 necessario, e sufficiente, ch\u0027esso esprima la\npretesa (illegittima) d\u0027un\u0027intromissione in un campo che non spetta a\nchi l\u0027ha posto in essere. In ipotesi, dal contenuto dell\u0027atto\npotrebbe anche non derivare alcun effetto concreto e negativo per chi\nlo subisce. Il conflitto si giustifica comunque in quanto l\u0027atto che\nne da\u0027 motivo esprime la pretesa d\u0027istituire un rapporto indebito di\nsoggezione o, comunque, di condizionamento tra poteri» (G.\nZagrebelsky, V. Marceno\u0027, Giustizia costituzionale, II, Bologna,\n2007, 284). \n Cio\u0027 attesta il sicuro «tono costituzionale» della menomazione\nlamentata perche\u0027 «per conferire tono costituzionale a un conflitto\nserve essenzialmente prospettare l\u0027esercizio effettivo di un potere,\nnon avente base legale, in concreto incidente sulle prerogative\ncostituzionali della ricorrente» (sentenze n. 259 del 2019, n. 260 e\nn. 104 del 2016). Non pare dubbio che nel caso di specie ricorra la\nmenomazione della sfera di attribuzioni regionali per come definita\nda norme di rango costituzionale. \n Come precisato dal giudice costituzionale, vanno «distinti i casi\nin cui la lesione derivi da un atto meramente illegittimo, da quelli\nin cui l\u0027atto e\u0027 viziato per contrasto con le norme attributive di\ncompetenza costituzionale» (sentenza n. 10 del 2017). \n Nel caso di specie, pertanto, l\u0027atto del Tribunale di Cagliari\nnon e\u0027 solo invalido in se\u0027, in quanto difforme dalle disposizioni\nlegislative vigenti e in contrasto con norme di rango costituzionale,\nma lo e\u0027 anche per se\u0027, poiche\u0027 esprime, per l\u0027appunto, la volonta\u0027 e\nla pretesa di imporre al consiglio regionale di adottare il\nprovvedimento decadenziale secondo le linee predeterminate nella\nsentenza, cosi\u0027 interferendo nella sfera di competenza riservata al\nconsiglio regionale sulla delibazione delle cause di ineleggibilita\u0027\ne incompatibilita\u0027 (cfr. quanto dedotto al superiore punto c) in\nviolazione di non pochi parametri costituzionali, come si illustrera\u0027\nnei paragrafi successivi. \nA. Non spettanza allo Stato del potere di vincolare le decisioni del\nconsiglio regionale della Regione Sardegna in materia di decadenza\ndella dott.ssa Alessandra Todde, Presidente e componente del\nconsiglio regionale a quanto deciso dal Tribunale di Cagliari con la\nsentenza n. 848 del 2025. \n Preliminarmente occorre contestare la pretesa dello Stato,\nmanifestata in modo inequivoco con la sentenza del Tribunale di\nCagliari n. 848 del 2025, di vincolare il consiglio regionale della\nSardegna al «vaglio, che rimane insindacabile dal consiglio regionale\n[quando] quest\u0027ultimo assumera\u0027 le sue determinazioni sulla\ndecadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede». \n A.1 Sulla violazione degli articoli 24 secondo comma e 111, primo\ne secondo comma, della Costituzione e dell\u0027art. 2909 c.c., nonche\u0027\ndell\u0027art. 6 della C.E.D.U., in riferimento all\u0027art. 117, primo comma\nCost. \n Il Tribunale di Cagliari ha affermato un vincolo a carico del\nconsiglio regionale sardo nell\u0027esercizio delle attribuzioni di\nquest\u0027ultimo, vincolo discendente dal contenuto dalla sentenza n. 848\nemessa a conclusione di un giudizio al quale la Regione Sardegna (e\nil consiglio regionale) sono rimasti del tutto estranei. \n L\u0027art. 111, della Costituzione dispone, nei primi due commi, che\n«la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla\nlegge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in\ncondizioni di parita\u0027 davanti a giudice terzo e imparziale», sancendo\ncosi\u0027 il principio costituzionale fondamentale del contraddittorio\nprocessuale quale elemento essenziale del «giusto processo». \n Inoltre, a norma dell\u0027art. 6 della C.E.D.U. da valere quale\nparametro in quanto richiamato dall\u0027art. 117, primo comma, Cost.,\n«ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente,\npubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale\nindipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia\nchiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri\ndi carattere civile» \n Tali principi, a loro volta, trovano fondamento nel diritto di\ndifesa ex art. 24 Cost. e svolgimento nell\u0027art. 2909 c.c., il quale\nnel disporre che «l\u0027accertamento contenuto nella sentenza passata in\ngiudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi\ncausa», non enuncia soltanto il principio della res iudicata, ma\nsancisce altresi\u0027 che la sentenza non dispiega i suoi effetti nei\nconfronti dei terzi (res inter alios iudicata tertio neque nocet\nneque prodest). In altre parole, poiche\u0027 l\u0027accertamento disposto\ndalla sentenza «fa stato tra le parti», vincolando soltanto le parti\ndel processo, ne segue che non puo\u0027 sortire effetti nei confronti di\nsoggetti che non abbiano partecipato al giudizio. E\u0027 un principio\nelementare di civilta\u0027 giuridica che chi non ha potuto far valere le\nproprie ragioni nel contraddittorio processuale non puo\u0027 essere\nriguardato da una pronuncia giurisdizionale. \n Orbene, nel caso di specie va rimarcato che ne\u0027 il consiglio\nregionale sardo ne\u0027 qualsiasi altro organo regionale era parte del\ngiudizio svoltosi dinanzi al tribunale cagliaritano, sicche\u0027 deve\nescludersi che il c.d. «vaglio insindacabile» operato dalla detta\npronuncia possa intimare alcunche\u0027 al consiglio. La contraria\nstatuizione contenuta in sentenza viola, pertanto, le prerogative\ngarantite della Regione Sardegna nell\u0027esercizio delle proprie\nfunzioni costituzionalmente attribuite e garantire. \n A.2 Sulla violazione del principio costituzionale di separazione\ntra funzione giurisdizionale e funzione amministrativa quale risulta\ndal combinato disposto degli articoli 24, secondo comma, 97, primo e\nsecondo comma, 102, primo comma, 104, primo comma, e 113, ultimo\ncomma, della Costituzione. \n Va anche ribadito che le attivita\u0027 consiliari di accertamento e\nqualificazione giuridica dei fatti dal cui verificarsi dipendono\neffetti quali l\u0027ineleggibilita\u0027, l\u0027incompatibilita\u0027 e la decadenza\ndei consiglieri regionali, hanno natura propriamente amministrativa,\navendo carattere esecutivo di norme legislative, statali e regionali,\nnonche\u0027 di norme regolamentari interne (cfr. Corte costituzionale n.\n66 del 1964, n. 115 del 1972, n. 113 del 1993, n. 29 del 2003). \n Come sopra accennato, il novero delle fonti che attribuiscono\nquesta funzione ai consigli regionali e\u0027, percio\u0027 ampio. \n Viene anzitutto in rilievo l\u0027art. 5, comma terzo, della legge\nregionale 27 gennaio 1994, n. 1, il quale dispone che «la\ncomunicazione di cui al comma 10 dell\u0027articolo 15 della legge n. 515\ndel 1993 e\u0027 indirizzata al Presidente del consiglio regionale, che\npronuncia la decadenza ai sensi del proprio regolamento». \n Puo\u0027 eccepirsi che tale disposizione e l\u0027intera legge n. 1/1994\nsiano abrogati dall\u0027art. 22, comma secondo, della legge statutaria\nelettorale n. 1 del 2013, secondo cui «in materia di ineleggibilita\u0027\ne incompatibilita\u0027, fino all\u0027approvazione di una disciplina regionale\nai sensi dell\u0027art. 15 dello Statuto speciale per la Sardegna, oltre a\nquanto previsto dallo stesso Statuto, si applicano le leggi statali».\nMa in tal caso troverebbe comunque applicazione l\u0027art. 15, comma\ndieci, della legge statale 10 dicembre 1993, n. 515, a mente del\nquale «al termine della dichiarazione di decadenza, il Collegio\nregionale di garanzia elettorale da\u0027 comunicazione dell\u0027accertamento\ndefinitivo delle violazioni di cui ai commi 7, 8 e 9 al Presidente\ndella Camera di appartenenza del parlamentare, la quale pronuncia la\ndecadenza ai sensi del proprio regolamento». Tale disposizione deve\nleggersi in combinato disposto con l\u0027art. 4, lettera g), della legge\nstatale 23 febbraio 1995, n. 43 (Nuove norme per la elezione dei\nconsigli delle regioni a statuto ordinario), che rinvia allo stesso\nart. 15, comma 10, della legge n. 515/1993, con la variazione pero\u0027\nche deve intendersi «sostituito al Presidente della Camera di\nappartenenza il Presidente del consiglio regionale». \n A tutto cio\u0027 deve aggiungersi l\u0027art. 6 del decreto legislativo di\nattuazione dello Statuto speciale, decreto del Presidente della\nRepubblica 19 maggio 1949, n. 250, il quale con riguardo ai\nconsiglieri regionali dispone che «la decadenza e\u0027 pronunziata dal\nconsiglio». Sul punto, insomma, non possono esserci dubbi. Del resto,\nlo stesso Tribunale civile di Cagliari muove dal presupposto che al\nconsiglio regionale sardo sia attribuito dal legislatore il compito\namministrativo di pronunziarsi sulla decadenza dei consiglieri\nregionali. \n Cio\u0027 premesso e trattandosi di attivita\u0027 amministrativa, seppure\nsvolta dal Consiglio anziche\u0027 dall\u0027esecutivo regionale, rimane fermo\nche essa ricada nell\u0027orbita di applicazione degli articoli 24,\nsecondo comma, 97, secondo e terzo comma, 102, primo comma, 104,\nprimo comma, e 113, ultimo comma, della Costituzione, dalla cui\nconsiderazione combinata emergono due distinti profili del principio\nche regola il rapporto tra attivita\u0027 amministrativa e\ngiurisdizionale. Per il primo profilo, le funzioni amministrative\nsono certamente soggette al controllo del potere giudiziario\nindipendente, quale esplicazione del piu\u0027 generale principio dello\n«Stato di diritto». Per il secondo profilo, invece, le due attivita\u0027\npubbliche, amministrativa e giurisdizionali, debbono svolgersi in\nregime di separatezza, in modo tale che la funzione amministrativa\nnon ridondi in funzione giurisdizionale e, quel che piu\u0027 conta ai\nfini del caso di specie, la funzione giurisdizionale non invada\nl\u0027ambito riservato alla funzione amministrativa. Orbene, per costante\norientamento di codesta ecc.ma Corte il detto principio\ncostituzionale di separazione e\u0027 sicuramente un parametro invocabile\nnella sede del conflitto di attribuzione tra enti. \n Uno dei leading cases in materia e\u0027 la sentenza n. 70 del 1985,\nla quale afferma recisamente che deve essere contestata «in radice la\nspettanza ad organi giudiziari del potere di [...] di porre in essere\nuna interferenza nelle attivita\u0027 amministrative di spettanza\nregionale, mediante interventi di stimolo, partecipazione e\ncodeterminazione dei relativi procedimenti». Sottolineando in modo\nnetto la parametricita\u0027 del suddetto «principio di separazione» anche\nin occasione dei giudizi per conflitto di attribuzione (sia tra\npoteri che tra enti), la sentenza n. 70 del 1985 aggiunge inoltre che\n«e\u0027 indubbio che, nel sistema costituzionale, funzione amministrativa\ne funzione giurisdizionale sono concepite e devono svolgersi in\nposizione di reciproca separazione (artt. 97, primo e secondo comma\n[oggi, art. 97, secondo e terzo comma, n.d.r.], 102, primo comma,\n104, primo comma, 113, ultimo comma)», sicche\u0027 e\u0027 escluso che le\nautorita\u0027 giudiziarie ordinarie «possano contrapporsi o sovrapporsi\nalle autorita\u0027 amministrative». \n Ma quel che piu\u0027 rileva ai fini del caso oggetto di questo\nricorso e\u0027 che per l\u0027orientamento manifestato da codesta ecc.ma\nCorte, sempre con la sentenza n. 70/1985, «deve negarsi che spetti ad\norgani giudiziari dettare le linee dell\u0027indirizzo amministrativo\nregionale, in cio\u0027 sostituendosi agli organi regionali competenti\nnella determinazione sia degli strumenti di intervento che dei tempi\ne modi di attuazione di tale indirizzo ed addirittura prescrivendo\ngli atti specifici che si ritiene debbano essere adottati.\nDeterminazioni di tal genere esulano certamente dall\u0027ambito di\nlegittimo esercizio dei poteri giurisdizionali, atteso che\nl\u0027ordinamento non attribuisce ad organi giudiziari poteri di stimolo\ndell\u0027azione amministrativa o di partecipazione o codeterminazione\ndell\u0027indirizzo amministrativo; ed esse sono suscettibili di\ninvalidazione, oltre che con gli appositi strumenti processuali,\nanche con quello del conflitto di attribuzione. La carenza di potere\ngiurisdizionale si traduce infatti, qui, in un\u0027alterazione\ndell\u0027ordine costituzionale delle competenze, posto che la pretesa di\nesercitare poteri siffatti comporta l\u0027invasione della sfera di\nautonomia costituzionalmente riservata alla regione». \n La pronuncia di codesta ecc.ma Corte appena ricordata (la\nsentenza n. 70 del 1985) non e\u0027 un precedente isolato, essendo\npreceduto dalle sentenze numeri 150/1981 e 69/1985, per trovare poi\nulteriore conferma specialmente nelle sentenze n. 283/1986, 99/1991.\nNell\u0027ultima, in particolare, si precisa che sia nei conflitti\ninterorganici che in quelli intersoggettivi, ossia «per entrambi i\ntipi di conflitto, la giurisprudenza di questa Corte, la quale,\ndecidendo su conflitti sollevati contro provvedimenti del giudice\nordinario sia dal Presidente del Consiglio dei ministri (numeri 150\ndel 1981 e 283 del 1986) che dalle regioni (n. 70 del 1985), ha avuto\ncura di sottolineare come con i conflitti si assumesse, e\nfondatamente, che il giudice aveva preteso, di volta in volta,\nesercitare un potere regolamentare del Governo o di un Ministro (n.\n150 del 1981), o una funzione di indirizzo della legislazione o\ndell\u0027amministrazione regionale (n. 70 del 1985), o un potere di\nordinanza di necessita\u0027 (n. 283 del 1986), vale a dire un potere o\nuna funzione non riconducibile all\u0027esercizio della giurisdizione come\nfunzione di tutela giurisdizionale»; e che «l\u0027atto o il comportamento\ninvasivo denunciabile con l\u0027uno o l\u0027altro tipo di conflitto [...]\ndeve concretare mediante atti non consentiti ad alcun giudice una\ninterferenza nell\u0027azione amministrativa idonea a condizionare\nl\u0027attribuzione che in quell\u0027azione si esprime e si svolge». \n E\u0027 di tutta evidenza che le affermazioni contenute nella sentenza\ndel Tribunale di Cagliari n. 848 del 2025, oggetto dell\u0027odierno\nricorso, ricadano nella suddetta regola di divieto enucleata da\ncodesta ecc.ma Corte alla luce degli articoli 24, secondo comma, 97,\nprimo e secondo comma, 102, primo comma, 104, primo comma, e 113,\nultimo comma, della Costituzione i quali fondano la distinzione e\nl\u0027autonomia tra l\u0027esercizio della funzione amministrativa e quella\ngiurisdizionale come puntualmente illustrato da codesta ecc.ma Corte\ncon la richiamata sentenza n. 70 del 1985. Difatti, la pretesa del\ngiudice cagliaritano che il suo vaglio sia tenuto «insindacabile» dal\nConsiglio, che pertanto, secondo il monito del Tribunale di Cagliari,\n«assumera\u0027 le sue determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo\nquanto accertato in questa sede» (cioe\u0027, nella sentenza n. 848/2025),\nnega il suddetto principio costituzionale di separazione tra\namministrazione e giurisdizione, poiche\u0027 esprime - per usare le\nchiare parole di codesta ecc.ma Corte (sent. n. 70/1985) - la\nvolonta\u0027 di «dettare le linee dell\u0027indirizzo amministrativo\nregionale», palesando «una interferenza nelle attivita\u0027\namministrative di spettanza regionale», con «un\u0027alterazione\ndell\u0027ordine costituzionale delle competenze, posto che la pretesa di\nesercitare poteri siffatti comporta l\u0027invasione della sfera di\nautonomia costituzionalmente riservata alla regione». \n A.3. Sulla violazione dell\u0027art. 15 dello Statuto speciale della\nSardegna. \n Il tono costituzionale di questo conflitto si evince altresi\u0027\ndall\u0027evocazione di altri parametri costituzionali. \n Infatti, e\u0027 violato pure l\u0027art. 15 dello Statuto speciale sardo,\nnella parte in cui riserva al legislatore regionale la disciplina dei\ncasi d\u0027ineleggibilita\u0027. Avanzando la pretesa di indirizzare e\nvincolare preventivamente il consiglio regionale ad attivita\u0027 di\naccertamento giudiziale svoltesi prima della deliberazione consiliare\nsul caso d\u0027ineleggibilita\u0027 e senza che sia percio\u0027 intervenuta\nl\u0027impugnazione di alcun atto consiliare, la sentenza oggetto del\nricorso ha evidentemente stravolto l\u0027ordine procedimentale e dei\nrapporti tra poteri per come disciplinato dal legislatore regionale\nriservatario, in attuazione dell\u0027art. 15 dello Statuto, ovvero (nel\ncaso si ritenesse non piu\u0027 vigente la legislazione sarda sul punto)\nper come disciplinato dal legislatore statale cui il legislatore\nregionale riservatario fa rinvio (si veda l\u0027art. 22, comma secondo,\ndella legge statutaria n. 1/2013 e quanto gia\u0027 illustrato sopra). \n A.4. Sulla violazione dell\u0027art. 19 dello Statuto speciale della\nSardegna. \n Nel caso alla mano e\u0027 indirettamente violato anche l\u0027art. 19\ndello Statuto, che riserva al consiglio la competenza ad adottare il\nproprio Regolamento interno. Tale regolamento disciplina, tra\nl\u0027altro, le competenze consiliari in ordine all\u0027«esame delle cause di\nineleggibilita\u0027 e di incompatibilita\u0027, comprese quelle sopravvenute\nnel corso della legislatura» (art. 17 del regolamento consiliare),\ncontribuendo a dare attuazione, in relazione alle attivita\u0027\nconsiliari, alla competenza della Regione sull\u0027ineleggibilita\u0027 dei\nconsiglieri regionali e assegnando alla giunta delle elezioni la\ncompetenza a formulare dinanzi all\u0027assemblea le eventuali proposte di\ndecadenza dei consiglieri (art. 17, comma 3). \n Ebbene, dalla suddetta disposizione si evince chiaramente che le\nattivita\u0027 giuntali e assembleari di esame e proposta debbono\nsvolgersi in maniera «libera», ossia procedendo ad autonome\nvalutazioni dei fatti e della loro qualificazione giuridica, pur nel\nrispetto doveroso della legge, sicche\u0027 costituisce una chiara lesione\ndi tali prerogative (fondate direttamente nel regolamento interno e\nindirettamente nello Statuto) la pretesa di condizionarne lo\nsvolgimento e predeterminarne l\u0027esito. \n A.5. Sulla violazione dell\u0027art. 6 del decreto del Presidente\ndella Repubblica 19 maggio 1949, n. 250 (decreto legislativo di\nattuazione dello Statuto speciale sardo). \n Deve altresi\u0027 considerarsi che, come ribadito dalla sentenza n.\n263 del 2005 di codesta ecc.ma Corte, anche le norme di attuazione\ndegli Statuti speciali possono essere invocate a fondamento del\nconflitto: «la consolidata giurisprudenza di questa Corte [...] ha\nritenuto che, al pari delle norme statutarie, anche le norme di\nattuazione dello statuto speciale [...] possono essere utilizzate\ncome parametro del giudizio di costituzionalita\u0027 (cfr. sentenze n.\n36, n. 356 e n. 366 del 1992, n. 165 del 1994, n. 458 del 1995, n.\n520 del 2000, n. 334 e n. 419 del 2001 e n. 28 e n. 267 del 2003)». \n Nel caso di specie viene in particolare rilievo il primo decreto\nlegislativo di attuazione dello Statuto speciale sardo, cioe\u0027 il\ndecreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1949, n. 250, il\ncui art. 6 dispone che «decadono dalla carica i membri della giunta\nregionale che vengano a trovarsi in una delle condizioni di\nincompatibilita\u0027 previste dallo statuto speciale della Sardegna\nrelativamente alla funzione di Consigliere regionale» e che «la\ndecadenza e\u0027 pronunziata dal consiglio». Tale disposizione, pur\nformulata espressamente con riguardo ai casi di incompatibilita\u0027 del\nconsigliere regionale che fosse anche membro della giunta (come e\u0027\ncertamente il caso del Presidente di regione nell\u0027assetto vigente),\ne\u0027 espressivo e confermativo della competenza consiliare in materia\ndi ineleggibilita\u0027 e incompatibilita\u0027 e, quindi, trova altresi\u0027\napplicazione in tutti i casi di ineleggibilita\u0027, tenuto conto che \"il\npiu\u0027 contiene il meno» e che sarebbe quantomeno assurdo che la norma\ndi attuazione attribuisse al consiglio regionale il compito\n(amministrativo) di accertare e sanzionare soltanto i casi\nd\u0027incompatibilita\u0027, lasciando i piu\u0027 gravi casi di ineleggibilita\u0027 e\nincandidabilita\u0027 senza alcun rimedio attivabile in sede consiliare. \n E\u0027 vero che la sentenza n. 848/2025 del giudice cagliaritano\nriconosce formalmente la suddetta competenza consiliare in ordine\nalla decadenza dei consiglieri. E tuttavia, non sembra riconoscerla\nsostanzialmente laddove qualifica il proprio vaglio come\ninsindacabile dal consiglio e laddove asserisce che le determinazioni\nconsiliari dovranno tenere fermo quanto in essa accertato. \nB. Non spettanza allo Stato, sotto un diverso profilo, del potere di\nvincolare le decisioni del consiglio regionale della Regione Sardegna\nin materia di decadenza della dott.ssa Alessandra Todde, Presidente e\ncomponente del consiglio regionale a quanto deciso dal Tribunale di\nCagliari con la sentenza n. 848 del 2025. \n B.1. Senza recesso dalla precedente assorbente censura, per mero\nscrupolo di completezza difensiva - e senza che cio\u0027 possa\nconfigurare una surrettizia impugnazione della contestata sentenza\ndel Tribunale cagliaritano n. 848 del 2025 - occorre dedurre anche la\nseguente ulteriore doglianza sul merito del vincolo giuridico che il\nTribunale ha ritenuto di dover imporre a carico del consiglio\nregionale sardo. Si tratta, pertanto, di una censura da valere in via\nsubordinata al mancato accoglimento di quella dedotta al precedente\npunto A. \n B.2. Il Tribunale ha affermato di essere giudice non dell\u0027atto\n(l\u0027ordinanza del Collegio regionale di garanzia del 3 gennaio 2025)\nbensi\u0027 del rapporto (il perimetro della cognizione «consiste\nnell\u0027accertamento negativo della sussistenza delle violazioni\ncomportanti la decadenza e l\u0027irrogazione della sanzione pecuniaria,\ncomprendendo non solo l\u0027atto amministrativo in se\u0027, ma tutto il\nrapporto sottostante», pag. 42; «come gia\u0027 detto, il presente\ngiudizio si caratterizza quale giudizio sul rapporto e, in quanto\ntale, coinvolge ed attinge direttamente ai presupposti sostanziali\nper l\u0027irrogazione delle sanzioni», pag. 57). \n Pertanto, al capo 12 della sentenza (pagg. 57 ss.) ha ritenuto\nnel senso che la dott.ssa Todde avrebbe omesso del tutto di\npresentare la dichiarazione ex art. 7, comma 6, legge n. 515 e art.\n2, primo comma, n. 3 della legge 5 luglio 1982, n. 441. Da tale\nassunto, invero non contestato dal Collegio regionale di garanzia, ha\ndedotto che troverebbe applicazione a carico dell\u0027interessata il\ncomma 8 dell\u0027art. 15, della legge n. 515 del 1993, il quale prevede\nla sanzione della decadenza. \n In questa sede non interessa se tale capo di sentenza sia stato\npronunciato ultra petita perche\u0027 cio\u0027 costituira\u0027 oggetto\ndell\u0027eventuale impugnazione proposta da chi di interesse nella sede\npropria. Cio\u0027 che rileva dinanzi a codesta ecc.ma Corte e\u0027 che,\nsecondo quanto affermato dal Tribunale, quando il consiglio regionale\ndovra\u0027 delibare l\u0027eventuale decadenza della Presidente Todde dalla\ncarica, dovra\u0027 «tener fermo quanto accertato in questa sede» che,\nperaltro, «rimane insindacabile dal consiglio» (pag. 65 della\nsentenza). Tuttavia, anche il contenuto dell\u0027accertamento compiuto\ndal Tribunale e\u0027 intrinsecamente lesivo delle competenze\ncostituzionalmente attribuite alla regione quanto a determinazione\ndelle cause di ineleggibilita\u0027 e incompatibilita\u0027 (ex art. 15 dello\nStatuto). \n Doveroso, pertanto, censurare il cattivo Governo che il Tribunale\nha fatto del proprio potere giurisdizionale, vincolando il consiglio\nregionale ad applicare statuizioni in contrasto con la legge e con\nnorme di rango costituzionale, cosi\u0027 ledendo le competenze\ncostituzionalmente garantite della regione ricorrente. \n B.2. Lesione delle attribuzioni costituzionalmente garantite alla\nRegione Sardegna per l\u0027erroneita\u0027 del presupposto interpretativo\nsecondo cui la legge regionale n. 1 del 1994 si riferisce, oltre che\nai consiglieri regionali elettivi, pure al Presidente di regione\nricorrente eletto a suffragio universale e diretto. \n B.2.1. Deve, infatti, escludersi la legittima possibilita\u0027 che la\ndisciplina dei rendiconti elettorali prevista dalla legge n. 515 del\n1993, richiamata dalla legge regionale n. 1 del 1994, sia\ncorrettamente interpretabile come se si riferisse anche al Presidente\ndi regione. \n Va primariamente ricordato che all\u0027epoca di entrata in vigore\ndella legge regionale n. 1 del 1994, il previgente art. 36, comma\nprimo, dello Statuto speciale della Sardegna, cioe\u0027 nella\nformulazione precedente la novella introdotta con la legge\ncostituzionale n. 2 del 2001, disponeva che «il Presidente della\ngiunta regionale [fosse] eletto dal consiglio regionale fra i suoi\ncomponenti subito dopo la nomina del Presidente del Consiglio e\ndell\u0027Ufficio di Presidenza». La disciplina del 1994, pertanto, non\ncontemplava ne\u0027 poteva evidentemente contemplare l\u0027ipotesi che il\nPresidente di regione fosse una carica direttamente, anziche\u0027\nindirettamente, elettiva con tutto quel che avrebbe dovuto\nconseguirne in ordine alla disciplina delle rendicontazioni\nelettorali. \n In secondo luogo, va tenuto presente che, a seguito della novita\u0027\ncostituita dall\u0027elezione diretta del Presidente di regione, quale\nrisulta dalla disciplina transitoriamente stabilita dall\u0027art. 3,\ncomma secondo, della legge costituzionale n. 2 del 2001 (disciplina,\ncom\u0027e\u0027 noto, ancora vigente), la posizione e lo status presidenziale\nsi differenziano non poco da quello dei «comuni» consiglieri\nregionali. Difatti, va rimarcato che il Presidente non e\u0027 consigliere\nregionale elettivo, cioe\u0027 un consigliere che tale diventa in virtu\u0027\ndell\u0027elezione consiliare in una delle diverse circoscrizioni\nterritoriali della Sardegna in cui si articola la competizione\nelettorale per l\u0027attribuzione ordinaria\" dei seggi, essendo infatti\nConsigliere regionale di diritto perche\u0027 eletto in capo ad altro\norgano, e cioe\u0027 in capo all\u0027organo monocratico denominato «Presidente\ndella regione» che concorre su una circoscrizione unica comprensiva\ndell\u0027intero territorio regionale in competizione con gli altri\ncandidati alla medesima carica di Presidente. E\u0027, pertanto,\nconsigliere di diritto in forza dell\u0027art. 3, comma 3, della legge\ncostituzionale n. 2 del 2001, il quale dispone che «il Presidente\ndella Regione fa parte del consiglio regionale». \n In terzo luogo, e quale conseguenza del rilievo precedente, va\nsottolineato che per il Presidente vige un sistema di elezione che\ne\u0027, evidentemente, diverso da quello dei consiglieri regionali sotto\ndiversi profili: dalle modalita\u0027 di espressione del voto, alla\ndelimitazione dell\u0027ambito spaziale della candidatura (che infatti\ncoincide con l\u0027intero territorio regionale e non con circoscrizioni,\ncioe\u0027 con porzioni limitate del territorio regionale), dall\u0027assenza\ndel voto di preferenza individuale a proprio favore in competizione\ncon gli altri (comuni) candidati al consiglio regionale e dalla\ndiversita\u0027 dello stesso modulo di accettazione della candidatura che,\nperaltro, espressamente prevede di dichiarare «di non essersi\npresentato quale candidato alla carica di consigliere regionale»\n(all. 6). \n Cio\u0027 avvalora l\u0027interpretazione secondo cui la disciplina\nregionale sulla rendicontazione delle spese elettorali, risalente al\n1994 e pensata con riguardo ai consiglieri elettivi (categoria della\nquale faceva parte anche il Presidente di regione nella forma di\nGoverno a tendenza assembleare allora vigente), non possa ritenersi\napplicabile pure al caso del Presidente elettivo (nella forma di\nGoverno vigente oggi), perlomeno nella parte in cui assegna al\nCollegio di garanzia elettorale il potere di comminare al Presidente\nla sanzione della decadenza. \n B.2.2. Peraltro, e contrariamente a quanto erroneamente ritenuto\ndal Tribunale di Cagliari, la legge regionale n. 1/1994 non puo\u0027\ntrovare applicazione al candidato eletto alla Presidenza della\nregione anche per espresso disposto dell\u0027art. 22 della legge\nstatutaria n. 1 del 12 novembre 2013. \n Infatti, l\u0027art. 15 dello Statuto per la Regione Sardegna rinvia\nall\u0027emanazione di una legge statutaria rinforzata la determinazione\ndei casi di ineleggibilita\u0027 e di incompatibilita\u0027 con le cariche di\nPresidente, Consigliere e componente della giunta. \n Sulle menzionate materie, l\u0027art. 22 della legge Statutaria n.\n1/2013 dispone che «in materia di ineleggibilita\u0027 e incompatibilita\u0027,\nfino all\u0027approvazione di una disciplina regionale ai sensi dell\u0027art.\n15 dello Statuto speciale per la Sardegna, oltre a quanto previsto\ndallo stesso Statuto, si applicano le leggi statali». \n E\u0027 evidente che, se, fino all\u0027approvazione di una disciplina\nregionale ai sensi dell\u0027art. 15 dello Statuto speciale (con cio\u0027\nintendendosi una legge regionale futura), i casi di ineleggibilita\u0027\nsono demandati e rimessi alle sole leggi statali, al sistema\nelettorale delineato dalla legge statutaria n. 1/2013 non si applica\nla (pregressa) legge regionale n. 1/1994. \n Invero, la legge statale n. 515/1993, ove pure ritenuta\nastrattamente applicabile alla Regione Sardegna, all\u0027art. 20, dispone\nche «per le elezioni dei rappresentanti italiani al Parlamento\neuropeo e per le elezioni dei consigli delle regioni a statuto\nordinario e, in quanto compatibili, delle regioni a statuto speciale\ne ... si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 1 a 6 e le\nrelative sanzioni previste nell\u0027art. 15 e le disposizioni di cui agli\narticoli 17, 18 e 19 della presente legge». \n Ne discende, con ogni evidenza, che l\u0027art. 7, comma 6, della\nmedesima legge 515/1993, la cui violazione e\u0027 stata contestata dal\nTribunale con la sentenza in discussione al candidato eletto alla\ncarica di Presidente della regione, e le conseguenti sanzioni\npreviste dall\u0027art. 15, comma VIII, decadenza inclusa, non possono\nessere riferiti applicabili al sistema elettorale della Regione\nSardegna perche\u0027 non menzionato dall\u0027art. 20 tra quelle applicabili\nalle regioni speciali. \n Di conseguenza, diversamente da quanto disposto in sentenza dal\nTribunale cagliaritano, per espressa previsione degli articoli 15 e\n35 dello Statuto, nonche\u0027 dell\u0027art. 1 e, soprattutto, 22 della legge\nstatutaria n. 1 del 12 novembre 2013, al candidato alla carica di\nPresidente della regione non si applicano gli articoli 3 [«1. Si\napplicano nelle elezioni per il consiglio regionale le norme in\nmateria di pubblicita\u0027 e controllo delle spese elettorali recate dai\ncommi 2, 3, 4, 6 e 7 dell\u0027art. 7 e dagli articoli 8, 11, 12 e 14\ndella legge n. 515 del 1993»] e 5 [«3. Alle altre violazioni delle\nnorme recate dalla presente legge si applicano le corrispondenti\nsanzioni previste dai commi 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 14 e 15 dell\u0027art.\n15 della legge n. 515 del 1993. La comunicazione di cui al comma 10\ndell\u0027art. 15 della legge n. 515 del 1993 e\u0027 indirizzata al Presidente\ndel consiglio regionale, che pronuncia la decadenza ai sensi del\nproprio regolamento»] della legge regionale n. 1/1994 e, in generale,\nnon si applica l\u0027intera legge regionale. \n B.2.3. Il Tribunale si pone il tema dell\u0027applicabilita\u0027 della\nlegge n. 515 alle elezioni regionali sarde dopo la novella statutaria\napportata dalla legge cost. n. 2 del 2001 e conclude per la piena e\nintegrale applicabilita\u0027 della legge statale perche\u0027 l\u0027art. 22, comma\n2, della legge statutaria n. 1 del 2013, nell\u0027affermare che «in\nmateria di ineleggibilita\u0027 e incompatibilita\u0027, fino all\u0027approvazione\ndi una disciplina regionale ai sensi dell\u0027art. 15 dello Statuto\nspeciale per la Sardegna, oltre a quanto previsto dallo stesso\nStatuto, si applicano le leggi statali» non «richiama un previo\ngiudizio di compatibilita\u0027 per l\u0027applicazione della disciplina\nstatale in materia di ineleggibilita\u0027 e incompatibilita\u0027; giudizio\ninvece espressamente previsto dal comma precedente con esclusivo\nriguardo alla \"organizzazione amministrativa del procedimento e delle\nvotazioni per l\u0027elezione del Presidente della Regione e del consiglio\nregionale\"» (pag. 44 s.). \n L\u0027assunto e\u0027 errato perche\u0027 non puo\u0027 esserci dubbio che sia\nsempre doveroso operare un preliminare giudizio di compatibilita\u0027 per\nindividuare quali siano le norme effettivamente vigenti a seguito\ndella successione nel tempo di altre norme presupposte alle prime\n(nel caso alla mano discutendosi, addirittura, della permanente\napplicabilita\u0027 di norma legislative, statali e regionali, previgenti\nrispetto ad una radicale riforma statutaria, ivi inclusi la forma di\nGoverno regionale e il sistema elettorale). Come dimostrato sopra al\npunto B.2.2., a seguito della novella dello Statuto e dell\u0027emanazione\ndella legge statutaria n. 1 del 2013, e\u0027 mutato l\u0027intero quadro\nnormativo in materia. \n Il Tribunale, invece, afferma anche la piena compatibilita\u0027 del\ncombinato tra la legge n. 515 del 1993 e la legge regionale n. 1 del\n1994, pur a seguito delle riforme statutarie, della forma di Governo\ndel 2001, della legge statuaria nonche\u0027 della legge elettorale, in\nriferimento specifico a chi si candida alla carica di Presidente (e\nsolo, ope legis a quella di consigliere regionale) (cap. 8.2., pagg.\n47 ss.), intendendo vincolare il consiglio regionale a tali\nconclusioni interpretative. \n Il ragionamento del Tribunale e\u0027 errato anche su questo punto\nperche\u0027 non tiene conto della specificita\u0027 del sistema elettorale e,\nquindi, della candidatura alla Presidenza della regione per la quale\nl\u0027elezione in consiglio regionale (al pari di quella del secondo\ncandidato piu\u0027 votato nella corsa alla Presidenza) e\u0027 un mero effetto\ndi diritto, segue regole del tutto diverse rispetto ai (comuni,\nverrebbe da dire) candidati all\u0027organo consiliare: basti osservare,\nche il candidato Presidente non e\u0027 tenuto ad acquisire voti di\npreferenza personali ed e\u0027 candidato di diritto in un Collegio unico\nregionale e in riferimento a tutte le liste della coalizione a suo\nsostegno a differenza del singolo candidato a consigliere che puo\u0027\ncompetere in una sola delle otto circoscrizioni in cui e\u0027 suddiviso\nil territorio regionale; e senza dimenticare quanto gia\u0027 in\nprecedenza anticipato ossia la radicale diversita\u0027 del modulo di\nadesione alla candidatura (con annessa formula dichiarativa per il\ncandidato Presidente «di non essersi presentato quale candidato alla\ncarica di consigliere regionale»). \n Pertanto, a questa figura non si possono applicare norme (a\npartire dalla legge n. 515 del 1993) pensate e strutturate sulla\nfigura astratta di un soggetto candidato in un solo collegio (e non\nnell\u0027intera regione), interessato all\u0027acquisizione di voti di\npreferenza personali, inserito in una lista di partito (e non a capo\ndi una coalizione). \n Infine, prendendo in esame i caratteri della vigente forma di\nGoverno della Regione Sardegna, si rivela ancor piu\u0027 chiaramente la\nragione per cui occorre interpretare la legge regionale n. 1/1994\ncome se non si riferisse al Presidente di regione elettivo e perche\u0027\nuna diversa interpretazione (quale quella che fa da presupposto alla\npronuncia del giudice cagliaritano) implicherebbe necessariamente la\nlesione della «sfera di competenza costituzionale» degli organi\nregionali di Governo, come s\u0027illustrera\u0027 dappresso. \n La forma di Governo sarda, come e\u0027 noto, si basa sul meccanismo\ndel simul stabunt simul cadent disciplinato dagli articoli 15 e 35\ndello Statuto speciale, per come novellati dall\u0027art. 3 della legge\ncostituzionale n. 2 del 2001. In particolare, l\u0027art. 15 dello Statuto\nsardo dispone che «le dimissioni contestuali della maggioranza dei\ncomponenti il consiglio regionale comportano lo scioglimento del\nConsiglio stesso e l\u0027elezione contestuale del nuovo Consiglio e del\nPresidente della regione se eletto a suffragio universale». A\nseguire, l\u0027art. 35, comma secondo, dello Statuto prevede che\n«l\u0027approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del\nPresidente della regione eletto a suffragio universale e diretto,\nnonche\u0027 la rimozione, l\u0027impedimento permanente, la morte o le\ndimissioni dello stesso comportano le dimissioni della giunta e lo\nscioglimento del consiglio regionale». Come risulta palese,\nl\u0027elezione e la dissoluzione dei due organi, il Presidente e il\nConsiglio, e\u0027 sempre contestuale: o stanno assieme o cadono assieme,\nappunto. Di conseguenza, le vicende che determinano l\u0027interruzione\ndel mandato di un organo producono automaticamente il venir meno pure\ndell\u0027altro. In particolare, le ipotesi dissolutorie, espressamente\ntipizzate da disposizioni di rango costituzionale, sono le seguenti:\nsfiducia consiliare, morte, impedimento permanente, dimissioni e\nrimozione del Presidente. A questo elenco, come si e\u0027 detto, deve\naggiungersi l\u0027ipotesi delle dimissioni contestuali della maggioranza\ndei componenti il consiglio regionale (art. 15 St. Sardegna). \n Cio\u0027 premesso, appare da escludere che il Tribunale di Cagliari\nabbia il potere, in questa sede e in queste forme, di comminare la\nsanzione della decadenza a carico del Presidente di regione elettivo\ne di determinare con cio\u0027 l\u0027automatico scioglimento del consiglio\nregionale, ponendo un vincolo interpretativo della legge a carico del\nconsiglio regionale. Poiche\u0027 le ipotesi di dissoluzione degli organi\nregionali di direzione politica sono tassativamente stabilite da\nnorme costituzionali e poiche\u0027 implicano deroghe al principio\ndemocratico di sovranita\u0027 popolare, esse sono di stretta\ninterpretazione, sicche\u0027 il legislatore non potrebbe legittimamente\nintrodurre nuove ipotesi in assenza di esplicita autorizzazione\ncostituzionale. Ne segue l\u0027ulteriore conseguenza che la legge\nregionale n. 1 del 1994, in virtu\u0027 del canone di interpretazione\ncostituzionalmente conforme (su cui si veda il dictum della sentenza\nn. 356 del 1996 di codesta ecc.ma Corte, secondo cui «le leggi non si\ndichiarano costituzionalmente illegittime perche\u0027 e\u0027 possibile darne\ninterpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga di\ndarne), ma perche\u0027 e\u0027 impossibile darne interpretazioni\ncostituzionali»), deve armonizzarsi col sistema costituzionale e non\npuo\u0027 interpretarsi come se attribuisse al Tribunale cagliaritano il\npotere di azionare il dispositivo del simul stabunt simul cadent, che\nsta alla base della forma di Governo regionale. Se ne deve dunque\nconcludere che il Tribunale di Cagliari non puo\u0027 accertare,\ningiungere, imporre o anche solo proporre la decadenza del Presidente\ndi regione elettivo, con cio\u0027 disponendo indirettamente l\u0027automatica\ndissoluzione del Consiglio. La sua competenza deve ritenersi\ncircoscritta alle cause di decadenza che colpiscono i soli\nconsiglieri regionali elettivi, con esclusione del Presidente di\nregione/consigliere di diritto. \n\n \n P.Q.M. \n \n Per tutte le suddette ragioni, appare evidente che il Tribunale\ndi Cagliari, nel dichiarare che il proprio «vaglio» delle violazioni\ndi legge contestate alla Pres. Todde «rimane insindacabile» per il\nconsiglio regionale sardo e che «quest\u0027ultimo assumera\u0027 le sue\ndeterminazioni sulla decadenza, tenendo fermo quanto accertato in\nquesta sede» interferisce gravemente nell\u0027esercizio delle funzioni\namministrative costituzionalmente garantite al consiglio regionale in\nmateria di verifica della sussistenza di ipotesi di ineleggibilita\u0027 e\ndi decadenza dei consiglieri regionali, direttamente attribuite alla\nregione sarda dalle norme sopra richiamate. \n Quanto sopra premesso e ritenuto, \n Si chiede: \n che codesta ecc.ma Corte, in accoglimento del presente\nricorso voglia dichiarare che non spetta allo Stato e per esso al\nTribunale di Cagliari stabilire con sentenza 28 maggio 2025, n. 848,\nemessa a conclusione del giudizio R.G. n. 477/2025, promosso dalla\ndott.ssa Alessandra Todde, Presidente della Regione autonoma\nSardegna, avverso l\u0027ordinanza-ingiunzione del Collegio regionale di\ngaranzia elettorale presso la Corte d\u0027appello di Cagliari adottata il\n20 dicembre 2024 e notificata il 3 gennaio 2025 che l\u0027accertamento\ndella violazione delle norme in materia di spese elettorali» compiuto\nnella predetta sentenza «rimane insindacabile dal consiglio\nregionale, [quando] quest\u0027ultimo assumera\u0027 le sue determinazioni\nsulla decadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede» e per\nl\u0027effetto annullare in parte qua, la sentenza del Tribunale di\nCagliari 28 maggio 2025, n. 848. \n Cagliari-Roma, 26 giugno 2025 \n \n Gli avvocati: prof. Chessa - prof. 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