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R.. \n \nReati e pene  -  Cronica  intossicazione  da  alcool  o  da  sostanze\n  stupefacenti - Previsione che per i  fatti  commessi  in  stato  di\n  cronica  intossicazione  prodotta  da  alcool  ovvero  da  sostanze\n  stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute negli artt. 88\n  e 89 cod. pen. - Denunciata interpretazione della norma  nel  senso\n  di richiedere, ai fini della «cronica intossicazione»,  l\u0027esistenza\n  di una condizione di infermita\u0027, di  malattia  o  di  disturbo  con\n  effetti permanenti o irreversibili e non una cronicita\u0027 d\u0027uso. \nIn subordine: Reati e pene - Cronica intossicazione da  alcool  o  da\n  sostanze stupefacenti - Previsione che  per  i  fatti  commessi  in\n  stato di  cronica  intossicazione  prodotta  da  alcool  ovvero  da\n  sostanze stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute negli\n  artt. 88 e 89 cod.  pen.  -  Fatti  commessi  in  presenza  di  una\n  condizione inquadrabile nella categoria dei disturbi da dipendenza,\n  ovvero correlati all\u0027uso di sostanze psicotrope e non associata  ad\n  infermita\u0027, ovvero altri disturbi della personalita\u0027  -  Denunciata\n  limitazione dell\u0027applicazione delle norme di cui agli artt. 88 e 89\n  cod. pen. alle sole situazioni di cronica intossicazione. \n- Codice penale, art. 95. \n\n\r\n(GU n. 24 del 11-06-2025)\n\r\n \n                        TRIBUNALE DI BERGAMO \n           Ufficio del giudice per le indagini preliminari \n \n    Il giudice per le indagini preliminari, Alessia Solombrino  visti\ngli atti del procedimento nei confronti di: \n        R J S , nato in il ; \n \n                              Imputato \n \n    1) Per il reato di cui all\u0027art. 572 del codice  penale,  perche\u0027,\nanche alla presenza dei figli minori  R  E  (...)  e  R  G  (  ),  ha\nmaltrattato la compagna convivente L B , sottoponendola  abitualmente\na vessazioni ed aggressioni tramite le seguenti condotte reiterate: \n        a) abituali ingiurie, con frequenza dapprima  quindicinale  e\nnel corso del quotidiana, del tenore «stronza,  puttana,  grassa»  ed\naltri analoghi; \n        b) abituali atti violenti (dapprima solo  spinte,  poi  anche\npugni e schiaffi) su tutto il corpo; \n        c) abituali minacce, prospettando la  morte  ed  altri  danni\nall\u0027incolumita\u0027 fisica della persona offesa,  ogniqualvolta  riceveva\ndinieghi (ad esempio, dell\u0027uso della carta di debito  per  acquistare\nstupefacenti) o correlate ad un eventuale allontanamento della donna. \n    Fatto aggravato dall\u0027essere stato commesso in presenza  di  figli\nminori (art. 571, secondo comma, del codice penale). \nReato abituale perfezionato a nel e consumato a in data \n    2) Per il reato di cui all\u0027art. 646 del codice  penale,  perche\u0027,\nper procurarsi l\u0027ingiusto profitto derivante dalla disponibilita\u0027 dei\nrelativi beni, si e\u0027 appropriato di tre  paia  di  scarpe  (Nike  Air\nForce  bianche,  Globo  nere  e  verdi),  1  giubbotto,  un  forno  a\nmicroonde, 1 macchinetta per il caffe\u0027  De  Longhi,  1  tostapane,  1\nfrullatore Bosch ed 1 robot da cucina Moulinex, di  proprieta\u0027  di  ,\nnella propria materiale disponibilita\u0027 in  ragione  della  permanenza\npresso la casa dove precedentemente conviveva con la  citata  persona\noffesa, omettendone la restituzione al momento della richiesta  della\npersona offesa di ritirare i propri effetti personali. \nReato istantaneo consumato in data \n    3) Per piu\u0027 ipotesi di reato  di  cui  all\u0027art.  572  del  codice\npenale, perche\u0027 ha maltrattato i propri genitori conviventi R B e K R\n, nonche\u0027 il proprio fratello convivente minorenne R S «di  anni  16)\nmediante reiterate  azioni  vessatorie  e  violente,  consistenti  in\nspintoni, urla, minacce (anche di morte) alle persone, lancio e colpi\nad oggetti materiali in casa, con particolare escalation di  violenza\nfisica in data (stretta al collo del fratello minore  R  S  )  e  nei\ngiorni compresi tra il ed il (schiaffo al R  S  e  gravi  minacce  di\nmorte ed aggressione fisica nei confronti di tutti e tre i familiari. \n    Fatti aggravati dall\u0027essere stati commessi in presenza e in danno\ndi persona minorenne (art. 572, secondo comma del codice penale) \n    Reato  abituale  perfezionato  a  ed  in  corso  di  consumazione\nquantomeno fino al a \n \n                               Osserva \n \n    Questo giudice dubita della legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art.\n95 del codice penale, nella parte in cui, per  i  fatti  commessi  in\npresenza di una condizione inquadrabile nella categoria dei  disturbi\nda dipendenza ovvero correlati all\u0027uso di sostanze psicotrope  e  non\nassociata  ad  infermita\u0027   ovvero   altri   gravi   disturbi   della\npersonalita\u0027, limita l\u0027applicazione delle norme di cui agli  articoli\n88  e  89  del  codice  penale  alle  sole  situazioni   di   cronica\nintossicazione. \n    Si ritiene che la questione sia rilevante  e  non  manifestamente\ninfondata. \n1. Svolgimento del processo \n    Con  provvedimento  depositato  in  data  24  novembre  2023,  il\npubblico ministero presso  la  locale  Procura  della  Repubblica  ha\nformulato richiesta di rinvio a giudizio  dell\u0027imputato  in  epigrafe\ngeneralizzato, per i reati di cui agli articoli 572 e 646 del  codice\npenale, a lui ascritti nell\u0027ambito  del  procedimento  n.  12329/2022\nR.G.Mod. 21. \n    Esperiti gli adempimenti di cui  agli  articoli  418  e  419  del\ncodice di procedura penale, all\u0027udienza preliminare  del  10  gennaio\n2024, la persona offesa L B ha depositato  atto  di  costituzione  di\nparte civile, al fine di ottenere la  condanna  dell\u0027imputato  ed  il\nrisarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali  subiti\nper effetto della condotta criminosa  ed  il  difensore  ne  chiedeva\nl\u0027esclusione, eccependo l\u0027incapacita\u0027 di partecipare  consapevolmente\nal processo, ai sensi dell\u0027art. 70 del codice  di  procedura  penale,\ndel prevenuto, gia\u0027 sottoposto alla misura di sicurezza della REMS. \n    Nondimeno, questo giudice, preso atto della mancata  declaratoria\ndella sospensione del procedimento e ritenuta l\u0027esigenza di  valutare\nl\u0027effettiva capacita\u0027 di stare in giudizio in  capo  al  R  ,  -  con\nspecifico riguardo alla comprensione della portata delle  condotte  e\ndel   danno   cagionato   alle   vittime   -   ,   ad    integrazione\ndell\u0027approfondimento   istruttorio   gia\u0027   eseguito   nelle    forme\ndell\u0027incidente probatorio, ha  disposto  perizia  psichiatrica  sulla\npersona  dell\u0027imputato,  con  incarico  conferito  al  professionista\nnominato alla successiva udienza del 14 febbraio 2024. \n    Quindi, assunto  l\u0027esame  del  perito  ed  acquisito  l\u0027elaborato\nperitale, ritenuta l\u0027insussistenza dei presupposti una  pronuncia  ex\nart. 70 del codice di procedura  penale  ed  escluso  il  difetto  di\nimputabilita\u0027 originariamente ravvisato, questo GUP  ha  revocato  la\nmisura di sicurezza della REMS applicata all\u0027imputato, disponendo nei\nsuoi confronti l\u0027applicazione della misura degli arresti  domiciliari\npresso una struttura di prima accoglienza individuata  a  cura  dello\nSMI competente, effettivamente eseguita presso una comunita\u0027  c.d.  a\ndoppia diagnosi e successivamente revocata per volonta\u0027 della  stessa\nstruttura. \n    Su conforme richiesta formulata dall\u0027imputato  personalmente,  il\nprocedimento  e\u0027  quindi  proseguito   nelle   forme   del   giudizio\nabbreviato, ove questo giudice, udite le conclusioni formulate  dalle\nparti, con ordinanza in data 5 giugno 2024, ha  disposto  l\u0027ulteriore\naudizione del perito gia\u0027 nominato, al fine di  ottenere  chiarimenti\nin ordine al  profilo  della  tossicomania  dell\u0027imputato,  ai  sensi\ndell\u0027art. 441, quinto comma del codice di procedura penale. \n    Assunto   infine   l\u0027incombente   istruttorio   integrativo,   il\nprocedimento e\u0027 stato infine  chiamato  all\u0027odierna  udienza  per  le\nopportune determinazioni. \n    Tanto   premesso,    prima    di    pronunciarsi    sul    merito\ndell\u0027imputazione, ritiene  questo  giudice  di  dover  sospendere  il\nprocedimento e sollevare la questione di legittimita\u0027  costituzionale\ndi seguito esposta. \n2. Il fatto storico \n    Il presente  procedimento  trae  origine  dalla  denuncia-querela\nsporta in data 25 novembre 2022 dinanzi alla Stazione Carabinieri  di\nda L B , la quale, in dettaglio, - con dichiarazioni  successivamente\nsupportate dalle dichiarazioni rese dalle persone sentite a  sommarie\ninformazioni, riferiva che: \n        conviveva da circa cinque anni con il compagno R J S e con  i\nfigli nati dall\u0027unione, dell\u0027eta\u0027,  rispettivamente,  di  tre  e  due\nanni, e  fin  dal  primo  anno  di  convivenza  era  rimasta  vittima\ndell\u0027atteggiamento aggressivo del compagno con frequenti  episodi  di\npassaggio alle vie di fatto, drammaticamente aumentati nel corso  del\ntempo e consistiti in spinte, pugni, schiaffi in tutte  le  zone  del\ncorpo, in concomitanza con  il  consolidamento  della  condizione  di\nassuntore di sostanze stupefacenti; \n        aveva confidato le violenze subite alla propria madre C  R  ,\noltre ai genitori dello stesso  R  ,  il  quale  palesava  allarmante\naggressivita\u0027, in particolare, nei periodi  di  astinenza  ovvero  in\nconcomitanza con l\u0027assunzione di sostanze psicotrope; \n        pur non avendo mai assistito agli atti di violenza,  i  figli\nminori avevano piu\u0027 volte percepito lo  stato  di  alterazione  e  le\naggressioni verbali perpetrate dal padre, il quale in  occasione  dei\ndiverbi manifestava veri e  propri  tratti  deliranti,  la  insultava\npesantemente e la minacciava di morte e manifestava un insano bisogno\ndi  controllo,  monitorando  di  continuo  i  suoi   spostamenti   ed\nimpedendole di contattare la madre. \n    La donna precisava che il compagno era solito  assumere  sostanze\npsicotrope quasi tutti i giorni da almeno un anno, che  non  svolgeva\nalcuna attivita\u0027 lavorativa e che, da quando era seguito dal SERD  di\naveva  manifestato  segni  di  miglioramento.  Allegava  quindi   che\nl\u0027ultima aggressione  si  era  verificata  appena  un  giorno  prima,\nallorche\u0027 lei stessa, colpita con schiaffi al volto e mani al  collo,\ncalci e pugni, era stata costretta ad allertare  il  personale  della\npolizia locale, si era successivamente  allontanata  dall\u0027abitazione,\ncercando rifugio presso i propri genitori, a (BG)  e  si  era  infine\nrecata presso il pronto soccorso del vicino nosocomio, ove i sanitari\nle avevano diagnosticato lesioni consistenti in «graffi sul collo  ed\necchimosi», giudicate guaribili in otto giorni, salvo complicazioni. \n    Le dichiarazioni rese dalla donna trovavano  conferma,  in  primo\nluogo, nel referto medico versato in  atti,  quindi,  nelle  sommarie\ninformazioni della madre della denunciante C R , dei genitori del R ,\ntestimoni di aggressioni verbali e fisiche da quest\u0027ultimo perpetrate\ne a loro volta vittime di violente aggressioni,  con  passaggio  alle\nvie di fatto (cfr. verbali di sommarie informazioni testimoniali rese\nin data 25 novembre 2022,  8  dicembre  2022  e  9  marzo  2023);  in\nparticolare, il padre dell\u0027imputato,  riferiva  di  avere  notato  in\nun\u0027occasione il  figlio  in  condizioni  di  alterazione  ascrivibile\nall\u0027assunzione di  sostanze  del  tipo  cocaina,  con  manifestazioni\nparanoidee peggiorate con il  trascorrere  delle  ore,  al  punto  da\nindurlo  a  richiedere  l\u0027intervento  del   servizio   sanitario   di\nemergenza, dal quale il figlio era stato condotto presso  il  reparto\ndi psichiatria del locale ospedale e sottoposto a TSO. \n    Sussiste sul punto, il referto redatto in data dai  sanitari  del\npronto soccorso dell\u0027ospedale di , ove l\u0027imputato giungeva  in  stato\ndi agitazione e riferita aggressione  psicomotoria  con  coltelli  e,\nall\u0027esito della visita psichiatrica,  presentava  una  sintomatologia\npsicotica direttamente correlata all\u0027abuso di sostanze. \n    Venivano altresi\u0027 acquisite le  plurime  annotazioni  di  polizia\ngiudiziaria attestanti gli interventi  esperiti  presso  l\u0027abitazione\ndel R e della compagna, e successivamente,  presso  l\u0027abitazione  dei\ngenitori nei quali si dava atto dell\u0027allarmante stato di  alterazione\ndel prevenuto, il quale, in  occasione  di  un  accesso  in  data  28\nnovembre  2022,  si  era  presentato  con  il   telefono   in   mano,\nvisibilmente  alterato  e  delirante,  e  mantenendo  un  volume  del\ntelefono alto aveva iniziato  a  recitare  riti  in  lingua  indiana,\nassertivamente  finalizzati  ad   allontanare   presenze   demoniache\ndall\u0027abitazione, delle quali era convinto, al punto  che  poco  prima\naveva rovesciato dell\u0027acqua benedetta sul pavimento, con l\u0027intento di\n«benedire» i locali. \n    Del pari, in data  25  marzo  2023,  i  militari  attestavano  la\npresenza dell\u0027imputato in stato di agitazione, correlato  all\u0027uso  di\nstupefacenti, mentre in occasione dell\u0027intervento del 16 aprile 2023,\npresso l\u0027abitazione dei genitori - ove lo stesso R si era nelle  more\nstabilito -, gli operanti lo rinvenivano sul  divano  del  soggiorno,\nnell\u0027atto di recitare preghiere in  lingua  indiana  e  in  preda  ad\nallucinazioni  e,  dopo  averlo  sedato,  lo  conducevano  presso  il\nnosocomio di per le  opportune  cure,  ove  i  sanitari  confermavano\nl\u0027atteggiamento  di  angoscia  ed   irrequietezza   ed   i   fenomeni\nallucinatori, apprendendo della recente assunzione  di  sostanze  del\ntipo cocaina e formulando una diagnosi di  «anomalie  comportamentali\nin intossicazione di cocaina» con prognosi di tre giorni (1) . \n    Con informativa del 2 giugno 2023, i carabinieri  della  stazione\ndi segnalavano infine plurime condotte violente perpetrate dal R  nei\nconfronti dei genitori  e  del  fratello  minorenne  R  S  con  grave\nturbamento  della  serenita\u0027  familiare,  per  il  timore  di   gesti\ninconsulti da parte del prevenuto, come  confermato  dall\u0027annotazione\ndi polizia giudiziaria e dalle relazioni del 1° e del 2 giugno  2023,\nsupportate dalle sommarie  informazioni  rese  dalle  citate  persone\noffese,  nonche\u0027  del  referto  redatto  in  occasione  dell\u0027ennesimo\naccesso  dell\u0027imputato  al  nosocomio,  con  diagnosi  di  «abuso  di\ncocaina» e la  presenza  di  uno  «stato  di  attivazione»  correlato\nall\u0027uso della sostanza, senza tuttavia  la  presenza  di  alterazioni\ndella forma o del contenuto del pensiero, ne\u0027 dispercezioni. \n    Sulla  scorta  delle  risultanze   acquisite,   corredate   dalla\nrelazione del  consiglio  di  classe  dell\u0027istituto  frequentato  dal\nfratello minore  del  prevenuto,  -  nella  quale  si  dava  atto  di\ncomportamenti violenti subiti dai familiari e riferiti  dal  ragazzo,\naccompagnati da continue minacce di  gesti  di  autolesionismo  e  da\nepisodi di crisi psicotiche, urla verso presunti demoni, o  tentativi\ndi allagare la casa -, in accoglimento della richiesta formulata  dal\npubblico  ministero,  si   procedeva   nelle   forme   dell\u0027incidente\nprobatorio all\u0027accertamento della capacita\u0027 di intendere e di  volere\ndel R J S ed il professionista nominato, con elaborato depositato  in\ndata 27 giugno 2023 concludeva ritenendo configurabile una condizione\ndi  «intossicazione  cronica»,  con  una  compromissione  stabile   e\nirreversibile  del  funzionamento  delle  cellule,  qualificabile  in\ntermini di «demenza da sostanze», una ridotta capacita\u0027 di «resistere\nall\u0027impulsivita\u0027  tossicodipendente,  favorendo  dunque  il  sommarsi\ndella patologia  cognitiva  con  le  conseguenze  dell\u0027assunzione  di\nsostanze stupefacenti», e, per l\u0027effetto, una totale  incapacita\u0027  di\nintendere e di volere al momento dei fatti, oltre che una  condizione\ndi incapacita\u0027 di stare in giudizio. \n    A sostegno delle conclusioni, il perito dott. M B allegava sia la\ncopiosa documentazione sanitaria redatta in  occasione  dei  ricoveri\ndel prevenuto in SPDC ovvero dal servizio dipendenze che lo aveva  in\ncura, dalla quale emergevano «Anomalie del comportamento in  disturbo\nda abuso di cocaina», con sviluppo di «Psicosi  indotta  da  sostanze\ncon ideazione  persecutoria  e  dispercezioni  uditive  e  visive  di\norigine fsotossica»,  sia  l\u0027esito  dell\u0027esame  psichico,  dal  quale\nemergevano «difficolta\u0027 cognitive di natura  organica,  a  verosimile\ngenesi tossica» con una «condizione  di  complessiva  sofferenza  dei\ndomini   della   memoria   e    dell\u0027attenzione    e    poi    quelli\ndell\u0027orientamento, a configurare note  di  torpidita\u0027  tipiche  della\nsofferenza cerebrale organica verosimilmente di natura tossica»,  pur\nsenza segni di un attuale inquinamento delirante o di  parassitamento\ndispercettivo. \n    All\u0027esito dell\u0027incombente, sulla conforme richiesta del  pubblico\nministero, con ordinanza in data 20 settembre 2023, l\u0027imputato veniva\npertanto  sottoposto  alla  misura  di  sicurezza  provvisoria  della\nliberta\u0027  vigilata  con  obbligo  di  inserimento  in  una  comunita\u0027\nresidenziale, nonche\u0027, con successiva ordinanza del 28 ottobre  2023,\nmotivata dal rifiuto opposto dal R alla prosecuzione dei trattamenti,\ncon la misura del ricovero in REMS e, in attesa del  rinvenimento  di\nuna  collocazione   nella   struttura   disponibile,   del   ricovero\nprovvisorio presso il reparto di psichiatrica dell\u0027ospedale di \n    A diverse conclusioni perveniva il perito  nominato  in  sede  di\nudienza preliminare,  dott.  S  L  M  ,  il  quale,  con  motivazioni\napparentemente immeritevoli di censure sotto  il  profilo  logico,  -\nampiamente supportate dalle relazioni di aggiornamento in ordine alle\ncondizioni dell\u0027imputato durante la degenza in SPDC e dopo l\u0027ingresso\nin REMS nelle more versate in atti (2)  -, escludeva  la  sussistenza\nall\u0027epoca dei fatti di manifestazioni psicopatologiche  dell\u0027imputato\nidonee ad escludere o scemare grandemente le capacita\u0027  di  intendere\ne/o di volere. \n    Evidenziava, sul punto, che sia  dalla  valutazione  diretta  che\ndalla documentazione clinica vagliata non emergevano -  relativamente\nal periodo oggetto di  contestazione  ma  anche  con  riferimento  al\nperiodo antecedente e successivo -, disturbi psichiatrici maggiori  a\ngenesi primaria, mentre risultavano documentati  unicamente  «episodi\ndi discontrollo comportamentale con agiti estero aggressivi e  talora\nclastici  ed  anche  franchi  episodi  di  scompenso  psicotico   con\nallucinazioni e deliri floridi» che avevano imposto numerosi  accessi\nal pronto soccorso e, in almeno tre  occasioni,  reso  necessario  il\nricovero nel reparto di psichiatria e che tuttavia erano strettamente\ncorrelati agli effetti diretti delle sostanze di abuso. \n    A conferma delle considerazioni svolte, precisava che  dal  ,  in\nconcomitanza con la cessazione dell\u0027assunzione, l\u0027assetto psichico  e\ncomportamentale  del  periziato  era  esente  da  manifestazioni   di\nrilevanza  psicopatologica  e  che  la  terapia   somministrata   era\nfinalizzata unicamente a contenere e controllare il possibile craving\nper la sostanza di abuso. \n    Concludeva  pertanto  escludendo  la  configurabilita\u0027   di   una\ncompromissione cognitiva di portata tale da configurarsi in uno stato\ndi «cronica intossicazione»  rilevante  ai  fini  dell\u0027imputabilita\u0027,\nevidenziando come sebbene fosse indiscutibile la sussistenza  di  una\ncapacita\u0027 di intendere e di volere al  momento  dei  fatti  «viziata»\ndall\u0027effetto psicotropo della sostanza di abuso, sia  in  termini  di\nintossicazione che di  astinenza  (craving,  piu\u0027  propriamente),  la\nstessa  doveva  considerarsi  su  base  volontaria,  ai  sensi  degli\narticoli 91 e seguenti del codice  penale,  ne\u0027  era  ravvisabile  un\ndanno  organico  perdurante  ed  irreversibile  idoneo   a   ritenere\napplicabile l\u0027ipotesi di cui  all\u0027art.  95  del  codice  penale,  non\npotendosi  ritenere  tale  il  decadimento  cognitivo  rilevato,  non\nparticolarmente inferiore rispetto alla norma e comunque  influenzato\nanche dei limiti culturali del periziando (cfr. relazione  depositata\nin data 1° maggio 2024). \n    Chiamato a precisare le motivazioni che inducevano  ad  escludere\nla configurabilita\u0027 di una condizione di «cronica intossicazione», il\nprofessionista evidenziava che «lo stato  di  cronica  intossicazione\nnasce primariamente in conseguenza dell\u0027assunzione  di  alcolici,  e\u0027\n(...) una fattispecie giuridica e medico-legale  molto  datata,  dove\npero\u0027  c\u0027era  una  precisa  corrispondenza  a   un   quadro   clinico\nnosograficamente  definito,  la  paranoia  alcolica   piuttosto,   la\nsindrome di Korsakoff, la sindrome di Wernicke, che erano proprio con\ncompromissioni biologiche, organiche, riscontrabili», mentre «per gli\nstupefacenti, per trovare un\u0027alterazione di questo tipo e\u0027 pressoche\u0027\nimpossibile», anche perche\u0027, in assenza  di  un  riferimento  preciso\nsulla sostanza assunta, un eventuale stato psicotico  perdurante  ben\npuo\u0027 essere riconducibile a sostanze  psichedeliche  o  anfetaminiche\ninserite nella dose di stimolanti assunta dall\u0027interessato. \n    Aggiungeva, con specifico riferimento alla sostanza  assunta  che\n«nella  cocaina  l\u0027utilizzo  prolungato  puo\u0027  dare  uno   scadimento\ncognitivo progressivo di varie  entita\u0027.  E  in  alcuni  casi  da  un\ndisturbo delirante, di solito di  tipo  persecutorio  o  di  gelosia.\nQueste sono  le  tipologie  che  si  vedono  frequentemente  per  usi\nprolungati. \n    C\u0027e\u0027 da dire che queste condizioni si instaurano, come dicevo,  a\nseconda della variabilita\u0027 delle sostanze che vengono  prese  ma  che\npassano per cocaina, poi in effetti non sono necessariamente cocaina,\ne  l\u0027altro  aspetto  anche  c\u0027e\u0027  una  struttura   predisponente   di\npersonalita\u0027, in alcuni casi, che consente  e  poi  si  associano  ad\naltri fattori, se la nutrizione  e\u0027  adeguata,  se  l\u0027idratazione  e\u0027\nadeguata, sono fattori di carenza metabolica, ritornando  all\u0027aspetto\ndelle patologie della cronica intossicazione da alcool. Non si vedono\npressoche\u0027 piu\u0027 determinate patologie perche\u0027  erano  dovute  ad  una\nmalnutrizione e alla carenza di fattori  nutritivi  e  vitaminici  in\nparticolare. \n    Quindi,  quello  che   e\u0027   lecito   aspettarsi   nell\u0027assunzione\ncontinuativa di cocaina e\u0027 in genere uno scadimento delle  capacita\u0027,\ndi memoria, di memorizzazione e di rievocazione piu\u0027 o meno  intenso.\nSiamo lontani pero\u0027 da quella che e\u0027 una demenza da uso di  sostanze.\nLa demenza da uso di sostanze  non  differisce  dalla  demenza  della\nmalattia di Alzheimer. Lo  scadimento  di  tutte  le  competenze,  la\ncapacita\u0027 di orientamento, le capacita\u0027 ad una consapevolezza di se\u0027,\nla capacita\u0027 di agire in determinati ambiti di  vita,  di  avere  una\nvolizione conservata, una çapacita\u0027 di comprensione  adeguata.  Tutto\nquesto non c\u0027e\u0027 nell\u0027indagato». \n    Sentito nuovamente all\u0027udienza del 10 luglio 2024, con  specifico\nriguardo   all\u0027incidenza   dell\u0027uso    prolungato    di    stimolanti\nsull\u0027insorgenza di una condizione di disturbo e sugli effetti tossici\ndella cocaina, il perito precisava: \n        che trattasi di «uno stimolante,  per  cui  aumenta  il  tono\ndell\u0027umore, lo rende piu\u0027 elevato, c\u0027e\u0027 un  senso  di  benessere,  di\nintensa  energia,  i   pensieri   sono   accelerati,   corrono   piu\u0027\nrapidamente, le associazioni mentali sono piu\u0027 ... altrettanto rapide\ne piu\u0027 lineari, piu\u0027... c\u0027e\u0027 una maggiore  lucidita\u0027  di  pensiero  e\nc\u0027e\u0027 una riduzione del sonno connessa alla perdita  del  senso  della\npercezione e della fatica e dello sforzo, per cui si ha un incremento\ndelle prestazioni sia fisiche che mentali»; \n        che «l\u0027effetto della  cocaina  e\u0027  nell\u0027ordine  di  ore,  poi\ndipende dalle caratteristiche dell\u0027assuntore, perche\u0027  ovviamente  si\ncrea  un\u0027assuefazione  praticamente  e  quella  che  si  chiama   una\ntolleranza, nel senso che un assuntore abituale e  continuativo  deve\nincrementare la dose della sostanza per ottenere gli  stessi  effetti\nricercati, cioe\u0027 stimolanti»; \n        che, quanto al craving, a differenza ad esempio  dell\u0027eroina,\nin cui subentra una crisi d\u0027astinenza, si tratta di «una  compulsione\nintensa, estremamente variabile, che va da un desiderio a un bisogno,\ntanto e\u0027 vero che si parla di una sorta di  dipendenza  psicologica»;\nperaltro,  il  desiderio,  il  bisogno  intenso  va   degradando   in\nproporzione anche a quanto e\u0027 la durata dell\u0027assunzione,  e,  in  una\npersona che ha un disturbo da uso di sostanze «questo pensiero rimane\nsempre, per cui  e\u0027  sempre  da  controllare  un\u0027assunzione,  perche\u0027\ndiversamente si spalanca una porta per la ripresa all\u0027assunzione  che\ndiventa abituale»; in altri termini, «una persona che e\u0027  entrata  in\ncontatto  con  la  sostanza  e  ha  sviluppato  un  craving,   questo\nmeccanismo viene attivato per sempre»; \n        che un\u0027eventuale condizione di disturbo «non e\u0027  nell\u0027uso  di\nsostanza, e\u0027 nelle conseguenze dell\u0027uso di  sostanza,  quello  e\u0027  il\ndisturbo, nel senso: non  esiste  una  patologia  a  se\u0027  stante  che\ngiustifichi  l\u0027utilizzo  di  qualsivoglia  sostanza;  si  innesca  un\nmeccanismo che e\u0027  legato  a  diversi  fattori,  che  possono  essere\ndisturbi psichiatrici che sono in  comorbilita\u0027  cosiddetti  o  delle\ncondizioni di interesse psicologico o psichiatrico che sono,  diciamo\ncosi\u0027, sovrapposte in un determinato periodo,  per  cui  personalita\u0027\nparticolari, che non sono necessariamente patologiche»; \n        che, quanto  ad  eventuali  modificazioni  sotto  il  profilo\nneurologico, «qualsiasi sostanza di ordine farmacologico  o  comunque\ndi abuso, determina una modificazione cerebrale, che transitoriamente\npuo\u0027 anche persistere, ma questo non esclude la capacita\u0027 di rendersi\nconto, di capire e di autodeterminarsi»; \n        che,   sotto   il   profilo   psichiatrico,    «non    esiste\nun\u0027intossicazione acuta e cronica, ma  un\u0027intossicazione  ripetuta  e\nprolungata»,  la  «condizione  di  intossicazione  cronica  e\u0027   data\ndall\u0027abuso continuativo frequente e ravvicinato, per cui la  sostanza\nrimane attiva a livello cerebrale, e\u0027 quella la cronicita\u0027, lo  stato\ndi intossicazione cronica»; \n      che pertanto, anche eventuali  anomalie  correlate  al  consumo\ndella sostanza, o sono riconducibili a condizioni  di  disturbo,  per\ncosi\u0027 dire, «slatentizzati» dall\u0027assunzione, o sono comunque su  base\nfunzionale (conseguente all\u0027utilizzo  o  all\u0027effetto  di  esaurimento\ndella sostanza) e non su base organica. \n3. La rilevanza della questione. \n    Ritiene il decidente che la prospettata questione di legittimita\u0027\ncostituzionale sia rilevante, sotto un duplice profilo: \n        a) emerge dagli atti acquisiti al fascicolo che R  J  S  ,  -\ndell\u0027eta\u0027 di 25 anni al  momento  dei  fatti  -,  aveva  iniziato  ad\nassumere cocaina, sia per via nasale  che  inalata  -,  dall\u0027eta\u0027  di\ncirca  18  anni,  talvolta  accompagnata  dal  consumo  di   sostanze\nalcoliche, con abuso ingravescente a partire da fino  ad  un  craving\nquotidiano ingestibile e la comparsa di anomalie comportamentali e di\nepisodi  psicotici  sintomatici  di  una   fase   di   intossicazione\nesotossica acuta protrattasi ben oltre il termine dei tre  giorni  di\nriscontro  dei  metaboliti  della  cocaina  nelle  urine   e   posta,\nunitamente al craving, alla base degli agiti aggressivi integranti le\ncondotte maltrattanti e lesive contestate. \n        Laddove  questo  giudice,  all\u0027esito  della  discussione  del\ngiudizio abbreviato, ritenesse integrati  gli  elementi  oggettivi  e\nsoggettivi delle condotte contestate, pur dando  atto  dell\u0027esistenza\ndi una condizione dell\u0027imputato al momento del  fatto  apparentemente\nidonea ad incidere sulla sua  capacita\u0027  di  intendere  e  di  volere\n(intesa  come  il  complesso  delle   condizioni   psicofisiche   che\nconsentono di  ritenere  l\u0027essere  umano  in  grado  di  recepire  il\nmessaggio  della  sanzione  punitiva,   in   ragione   del   corretto\nfunzionamento dell\u0027elemento intellettivo e  dell\u0027elemento  volitivo),\ntrattandosi di uno stato mentale insorto a seguito di una  situazione\ndi abuso di stupefacenti, derivato in  particolare  dalla  prolungata\nassunzione di cocaina (come  del  resto  dimostrato  dal  decadimento\ncognitivo riscontrato), ma senza l\u0027insorgenza - a livello organico  -\ndi alterazioni patologiche irreversibili o anche soltanto  permanenti\ntali  da   ritenere   configurabile   una   condizione   di   cronica\nintossicazione,  non  avrebbe  la   possibilita\u0027   di   valutare   la\nsussistenza di un vizio di mente totale o parziale dell\u0027imputato,  ai\nsensi degli articoli 88 e 89 del codice penale. \n        E cio\u0027 neanche in relazione  agli  episodi  in  cui  il  R  J\npresentava  sintomatologia  psicotica  caratterizzata  da   ideazioni\npersecutorie, dispercezioni uditive e  discontrollo  comportamentale,\ntali da determinare in capo al giudicabile una situazione di  assetto\npsichico  riconducibile  ad   una   condizione   di   «significativa»\nalterazione dei  processi  dell\u0027intelligenza  e  della  volonta\u0027  del\nprevenuto e, conseguentemente, del meccanismo delle  spinte  e  delle\ncontrospinte all\u0027azione. \n        A tale proposito, non  puo\u0027  sottacersi  che  codesta  Corte,\nchiamata a pronunciarsi su una questione analoga  a  quella  odierna,\ncon sentenza n. 114/1998, ha comunque sottolineato come il  superiore\nvalore del principio di colpevolezza consenta al giudice di  superare\ni problemi che si presentano nella concreta applicazione dell\u0027art. 95\ndel codice penale, «facendo applicazione, nel dubbio,  proprio  delle\nregole espressamente stabilite nei commi 2 e 3 dell\u0027art. 530 c.p.p.». \n        Nondimeno, esclusa la sussistenza di una sorta di incapacita\u0027\npreordinata, rispetto ad effetti  psicotici  protrattisi  nei  giorni\nsuccessivi all\u0027assunzione di sostanze e strettamente  correlati  alla\ncondizione di disturbo da uso di sostanze  diagnosticata  al  R  J  ,\nritiene questo giudice che le categorie  dell\u0027imputabilita\u0027  e  della\ncolpevolezza interagiscono in  un  rapporto  di  totale  e  reciproca\nindipendenza concettuale: l\u0027imputabilita\u0027  attiene  all\u0027irrogabilita\u0027\ndella pena, mentre  la  colpevolezza  si  riassume  in  due  passaggi\nfondamentali, l\u0027attribuibilita\u0027 del fatto-reato e la riprovazione che\nne deriva, la quale legittima l\u0027assoggettamento alla  sanzione.  Come\naffermato in dottrina, l\u0027anima originaria  della  colpevolezza  resta\nquindi  la  paternita\u0027  del  fatto  quale  responsabilita\u0027  in  senso\nmeccanicistico, «restando impregiudicate, la punibilita\u0027 del soggetto\nsano e maturo e la non punibilita\u0027 del soggetto insano e  non  maturo\ne, come tale, non rimproverabile». \n        Se  ne  ricava  l\u0027impossibilita\u0027  di   prescindere   da   una\nvalutazione in ordine all\u0027effettiva imputabilita\u0027 del giudicabile, al\ndi la\u0027 del  giudizio  di  colpevolezza  afferente  essenzialmente  il\nprincipio di  soggettivita\u0027  del  reato,  inteso  come  riferibilita\u0027\npsichica  al  suo  agente,  evidentemente  configurabile  anche   nei\nconfronti di soggetti non imputabili, in assenza di cause esterne che\nescludono la suitas della condotta ovvero si trovano al di  fuori  di\nogni possibilita\u0027 di controllo soggettivo; del resto, e\u0027 pacifico che\nmeccanismi psichici  di  rappresentazione  e  di  volizione  agiscono\ncomunque nella  mente  del  non  imputabile,  anche  se  trattasi  di\nmeccanismi abnormi e distorti. \n        b) in ogni caso, anche  laddove  fosse  ravvisabile  in  capo\nall\u0027imputato una condizione idonea anche  soltanto  ad  alterarne  la\ncapacita\u0027 di  comprendere  l\u0027illiceita\u0027  dei  fatti  o  di  agire  in\nconformita\u0027 a tale valutazione, in caso di condanna, tale  condizione\nnon potrebbe essere valutata  nella  determinazione  del  trattamento\nsanzionatorio, con l\u0027applicazione della diminuente di cui all\u0027art. 89\ndel codice penale. \n4. La non manifesta infondatezza della questione. \n    4.1 Ritiene il decidente che la disposizione censurata violi  gli\narticoli 3, 25, secondo  comma  e  27,  primo  e  terzo  comma  della\nCostituzione, nella misura in cui, per i fatti commessi  in  presenza\ndi una  condizione  inquadrabile  nella  categoria  dei  disturbi  da\ndipendenza ovvero correlati all\u0027uso  di  sostanze  psicotrope  e  non\nassociata  ad  infermita\u0027   ovvero   altri   gravi   disturbi   della\npersonalita\u0027, limita l\u0027applicazione delle norme di cui agli  articoli\n88  e  89  del  codice  penale  alle  sole  situazioni   di   cronica\nintossicazione. \n    Com\u0027e\u0027 noto, l\u0027art. 95 del codice penale, «Cronica intossicazione\nda alcool o da  sostanze  stupefacenti»  prevede  che  «per  i  fatti\ncommessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool ovvero\nda sostanze stupefacenti,  si  applicano  le  disposizioni  contenute\nnegli articoli 88 e 89 c.p.». \n    Come gia\u0027 osservato dalla Corte costituzionale nella sentenza  n.\n114 del 16 aprile 1998, la disposizione, unitamente all\u0027art.  94  del\ncodice penale, risulta inserita «in modo organico -  e  indubbiamente\ncoerente nel proprio interno -, in  un  sistema  completo,  quale  e\u0027\nquello che il codice penale del 1930 ritenne di dover  istituire  per\nl\u0027affermazione od esclusione dell\u0027imputabilita\u0027 penale  dei  soggetti\nche abbiano commesso  il  reato  in  stato  di  ubriachezza  o  sotto\nl\u0027azione di sostanze stupefacenti». \n    Sistema  che,  sempre  usando  le   parole   della   Corte,   «e\u0027\nnotoriamente ispirato a intenti di prevenzione generale improntati  a\ngrande rigore» e che trova il suo nucleo primario nelle  disposizioni\ndi cui agli articoli 92, primo comma e 93 del codice penale, le quali\nparificano i reati commessi in stato di ubriachezza o sotto  l\u0027azione\ndi sostanze stupefacenti ai reati commessi in  stato  di  normalita\u0027,\n«eliminando le diminuzioni di pena previste nel codice  Zanardelli  e\nsottoponendo  ad  eguale  regime  penale   tanto   l\u0027ubriachezza   (o\nassunzione  di  sostanze  stupefacenti)  volontaria   quanto   quella\nmeramente colposa», con vere e proprie «finzioni  di  imputabilita\u0027»,\ncon le quali  il  legislatore  ritiene  possibile  un  rimprovero  di\ncolpevolezza e ragionevole il ricorso alla pena, nei confronti  degli\nautori di reato che si siano comunque posti, non accidentalmente,  in\nuno stato di incapacita\u0027, prescindendo dallo stato in  cui  versavano\nal momento del fatto, anticipando sostanzialmente  il  mçmento  della\n«rimproverabilita\u0027»  della  condotta  a   quello   della   volontaria\nsituazione di innesco del  pericolo,  mediante  la  violazione  della\nregola cautelare del «non assumere alcool o droghe». \n    Tali conclusioni sono del resto conformi alla posizione  espressa\nnella lontana sentenza  n.  33  del  1970,  con  la  quale  la  Corte\ncostituzionale,   respingendo   le    questioni    di    legittimita\u0027\ncostituzionale  dell\u0027art.  92  del  codice  penale,   sollevate   con\nriferimento agli articoli 3 e 27 Costituzione, ha ritenuto  la  norma\nnon irragionevole in relazione al fine  perseguito  dal  legislatore,\ncoincidente con la  prevenzione  e  la  repressione  dell\u0027ubriachezza\n«come male sociale, e, soprattutto,  come  situazione  che  in  certi\nsoggetti puo\u0027 spingere al delitto», evidenziando come  l\u0027ubriaco  che\nrealizzi un reato ne  debba  rispondere  per  una  condotta  comunque\nantidoverosa,  consistente  nell\u0027essersi  posto   volontariamente   o\ncolposamente in condizione di commetterlo, in  altri  termini,  viene\nasserita l\u0027antidoverosita\u0027  tout  court  dell\u0027ubriacarsi,  nella  cui\nnatura volontaria o colposa sarebbe da ravvisare il fondamento  della\nresponsabilita\u0027; dall\u0027altro lato,  il  coefficiente  psicologico  che\nsorregge il fatto commesso e\u0027 assunto a «titolo della  colpevolezza»,\ncon conseguente possibilita\u0027 di affermare un «titolo di colpevolezza»\npiu\u0027 grave di quello ricollegabile al fatto dell\u0027ubriacarsi,  secondo\nla formula del versari in re illicita. \n    Tale orientamento si pone nella  scia  del  disfavore  da  sempre\nmanifestato  dalle  scienze  criminali  nei  confronti  dei  fenomeni\ndell\u0027alcoolismo e dell\u0027uso di stupefacenti,  sia  in  quanto  fattori\npregiudizievoli per la salute  individuale  e  collettiva  e  per  la\ndiscendenza; sia in quanto fattori criminogeni diretti - favorendo la\ngeneri  di  comportamenti  criminali  -,  e  indiretti,  legati  alla\nsqualificazione sociale, al depauperamento,  al  decadimento  morale,\nallo stato di bisogno dovuto alla tossicodipendenza. \n    In questo senso, sebbene dal punto di  vista  medico  legale  chi\ncommette un reato sotto l\u0027azione di  alcool  o  stupefacenti  sia  da\nconsiderarsi non imputabile o semimputabile, laddove la sua capacita\u0027\ndi intendere e/o di volere sia esclusa o grandemente compromessa,  ai\nsensi  degli  articoli  91  e  93   del   codice   penale,   soltanto\nl\u0027intossicazione  accidentale,  ovvero   incolpevole,   da   sostanze\nalcoliche o stupefacenti puo\u0027 escludere o diminuire la  capacita\u0027  di\nintendere e di volere. \n    Specularmente, ai sensi gli articoli 92 e 93  del  codice  penale\nnon fa scemare ne\u0027 esclude l\u0027imputabilita\u0027, l\u0027assunzione di  sostanze\nvolontaria -  ovvero  compiuta  di  proposito  -  o  colposa,  ovvero\nvolontaria nella causa, anche  se  involontaria  nell\u0027effetto,  fermo\nrestando  l\u0027aumento  di  pena  nelle  ipotesi  in  cui  lo  stato  di\nincapacita\u0027 sia stato preordinato  proprio  al  fine  di  eludere  la\nsanzione. \n    Ulteriori  circostanze   aggravanti   sono   infine   contemplate\ndall\u0027art. 94 del codice penale,  specificamente  ancorate,  in  primo\nluogo, ad uno stato di intossicazione acuta, volontaria o colposa; in\nsecondo luogo, alla commissione di un  reato  in  tali  condizioni  e\nall\u0027abituabilita\u0027, definita come  dedizione  all\u0027uso  di  alcolici  o\nstupefacenti e frequente stato di alterazione, si\u0027 da configurare «un\nvizio continuativo, una consuetudine viziosa di vita», a conferma  di\nuna dedizione all\u0027uso e non di una mera proclivita\u0027. \n    Cio\u0027 posto, l\u0027art. 95 del codice penale prevede  una  sostanziale\nderoga a tali finzioni, ancorandola a quelle situazioni in cui non e\u0027\n(piu\u0027) ragionevole colpire lo stile  di  vita  dell\u0027autore  di  reato\ndedito agli  stupefacenti  e  all\u0027alcool,  ritenendolo  responsabile,\npoiche\u0027, anche nel momento in cui  si  e\u0027  posto  in  una  condizione\nsuscettibile di incidere sulla  sua  capacita\u0027,  assumendo  alcool  o\ndroghe, versava gia\u0027 in una condizione di incapacita\u0027  (3)  ,  a  sua\nvolta ascrivibile ad un\u0027alterazione patologica dei processi  volitivi\ne intellettivi, indicata dalla disposizione oggetto di censura con il\nricorso alla formula legale di «cronica intossicazione da  sostanze»,\napparentemente censurabile  sotto  il  profilo  della  genericita\u0027  e\ndell\u0027indeterminatezza e per l\u0027effetto tale da  offrire  all\u0027operatore\nuno spazio di incontrollabile discrezionalita\u0027,  anche  tenuto  conto\ndelle ambiguita\u0027 riscontrabili nel difficile accertamento dei confini\ntra normalita\u0027 e anomalia. \n    Cio\u0027 premesso, ricade  pertanto  su  questo  giudice  l\u0027onere  di\nsperimentare se  di  tale  concetto  possa  essere  comunque  offerta\nun\u0027interpretazione ed applicazione razionale,  nell\u0027osservanza  degli\nordinari criteri  ermeneutici  (segnatamente,  il  dato  letterale  e\nsistematico)  e  in  conformita\u0027  con  il  compito  essenziale  della\ngiurisprudenza, che e\u0027 quello di  dipanare  gradualmente,  attraverso\ngli strumenti dell\u0027esegesi  normativa,  i  dubbi  interpretativi  che\nciascuna disposizione inevitabilmente solleva, nel costante confronto\ncon la concretezza dei casi in cui essa e\u0027  suscettibile  di  trovare\napplicazione (cfr. Corte costituzionale, n. 110 del 18 aprile 2023). \n    Un\u0027attenta esegesi della norma in discussione,  approfondendo  il\nsignificato  delle  parole,  consente  in  verita\u0027  di  plasmare   la\ndefinizione di cronica intossicazione, colmando  l\u0027apparente  deficit\ndi determinatezza con ricorso, per un verso, al criterio semantico, -\ngiacche\u0027, mentre la condizione acuta richiama fenomeni ad  insorgenza\nbreve o improvvisa, con un andamento delimitato nel tempo, il termine\n«cronico» richiama in via generale il concetto di malattia ovvero  di\nuna sintomatologia che perdura e  si  sviluppa  in  maniera  lenta  e\nprogressiva  e  talvolta  irreversibile  -,  e  per  altro  verso,  a\nparametri interpretativi essenzialmente fondati  sulla  ratio  legis,\nnella duplice accezione  di  giustificazione  della  norma  sotto  il\nprofilo logico-assiologico e di motivazione storicamente  contingente\ne soggettiva posta all\u0027origine della sua formulazione.s \n    Sotto il primo profilo, giungono in soccorso, i  criteri  offerti\ndalla  piu\u0027  autorevole  letteratura  scientifica  in  materia  (cfr.\npomari, trattato di psichiatria forense), che consentono di delineare\nnei termini di  seguito  esposti  i  concetti  generali  in  tema  di\n«tossicomania»,  nonche\u0027  i  rapporti  tra  assunzione  di   sostanze\nstupefacenti  e  «sanita\u0027  psichica»,  elaborati  dalla   psichiatria\nforense sulla scorta delle indicazioni del codice penale del 1930: \n        le intossicazioni voluttuarie  sono  causate  dall\u0027assunzione\nsaltuaria, periodica o continuativa di sostanze non  necessarie  alla\nvita, che provocano, a breve termine, effetti per lo  piu\u0027  piacevoli\nsullo psichismo individuale, ma che, a medio-lungo  termine,  possono\ncausare danni rilevanti fisici e psichici; \n        sostanze   psicoattive   sono   quelle   sostanze   naturali,\nsintetiche o semisintetiche che, introdotte  nell\u0027organismo  per  via\nparenterale, enterale o inalatoria, svolgono  un\u0027azione  psicoattiva,\nnel  senso  che  modificano  -  esaltandole  o  deprimendole  -,   le\ncondizioni  psichiche  abituali  del  soggetto  e   possono   indurre\nassuefazione, dipendenza e disturbi di astinenza; sotto la dizione di\nstupefacenti,  sono   convenzionalmente   considerate   le   sostanze\nraggruppate nelle tabelle di cui agli articoli 13 e  14  del  decreto\ndel Presidente della Repubblica n. 309/90; \n        per  tossico  e  alcool-dipendente  s\u0027intende   un   soggetto\nportatore di  problemi  multipli  (psicologici,  sociali,  economici,\nculturali,   medici   psichiatrici)   variamente   intrecciantisi   e\nsovrapponentisi, ma sempre interagenti tra loro; i termini di tossico\ne alcool-dipendenza individuano un  comportamento  polideterminato  e\ncostituito dall\u0027assunzione saltuaria, periodica  o  continuativa,  di\nsostanze non necessarie alla vita. Nel linguaggio clinico, il termine\ne\u0027 onnicomprensivo ed e\u0027 usato per indicare,  indifferentemente,  chi\nusa e chi presenta pure sintomi di cronica intossicazione. \n        A  tale  definizione  si  aggiunge   peraltro   quella   data\ndall\u0027Organizzazione   mondiale   della   sanita\u0027,   che   indica   la\ntossicodipendenza in termini di «condizione di intossicazione cronica\no periodica dannosa all\u0027individuo e alla societa\u0027, prodotta  dall\u0027uso\nripetuto di una sostanza chimica naturale  o  di  sintesi.  Sono  sue\ncaratteristiche: 1) il desiderio  incontrollabile  di  continuare  ad\nassumere la sostanza e di procurarsela con ogni mezzo; 2) la tendenza\nad aumentare la  dose  (tolleranza);  3)  la  dipendenza  psichica  e\ntalvolta fisica degli effetti  della  sostanza»  e  che  gia\u0027  lascia\nintravedere le problematiche connesse all\u0027odierna questione; \n        il concetto di assuefazione  o  tolleranza  si  distingue  da\nquello di abitudine: il primo comporta la necessita\u0027 di aumentare  la\ndose della sostanza introdotta per ottenere sempre i medesimi effetti\ne, per converso,  una  riduzione  quantitativa  della  risposta  alla\nsomministrazione del  farmaco,  con  il  trascorrere  del  tempo;  il\nsecondo concetto indica la possibilita\u0027 di ottenere medesimi  effetti\nda medesime dosi, senza che sia necessario aumentare la quantita\u0027  di\nsostanza introdotta; \n        i  concetti  di  dipendenza  e  astinenza   sono   tra   loro\nintimamente  correlati,  nel  senso  che  le  sostanze  inducono  nel\nconsumatore un bisogno (avente una componente fisica e  psichica)  di\nripetere  la  somministrazione,  a  pena  di  lamentare  disturbi  da\ncarenza, quanto la sostanza venga sospesa; ambedue  i  fenomeni  sono\naccomunati da una condizione di sofferenza, di disagio, di ansia,  di\ndiscenestesie, di timore della loro comparsa  o  riapparizione  e  da\ndisturbi piu\u0027 gravi; \n        nella pratica clinica,  si  usa  distinguere  il  consumatore\noccasionale da quello abituale e dal tossicodipendente,  in  base  al\ntipo, alle modalita\u0027 e alle quantita\u0027 di sostanza assunta; \n        la sindrome di astinenza, avente caratteristiche di  malattia\ninternistica, rilevante in ambito clinico, compare  alcune  ore  dopo\nl\u0027assunzione della sostanza, varia a seconda  del  tipo  di  sostanza\naumenta di intensita\u0027 nei primi  giorni  e  poi  si  attenua  fino  a\nscomparire;   molte   manifestazioni   sono   peraltro    finalizzate\nall\u0027obiettivo di ottenere la sostanza per allontanare la «paura» e la\n«sofferenza» legate all\u0027astinenza; \n        la   diagnosi   di   tossicodipendenza   e\u0027   una    diagnosi\ncomportamentale, che  diviene  clinica  soltanto  se  e\u0027  presente  e\ndocumentabile un danno organico a carico delle funzioni psichiche del\nsoggetto, che in tal caso dev\u0027essere inquadrato e trattato in maniera\ndel tutto peculiare  rispetto  a  un  disturbo  psicotico  funzionale\n(disturbi neurocognitivi indotti da sostanze/farmaci, DSM5). \n    I disturbi correlati a sostanze sono suddivisi in due gruppi: \n        l) Disturbi da  uso  di  sostanze,  consistenti  in  disturbi\npsicotici che \npossono avere, almeno inizialmente, esordio e decorso dotati  di  una\npropria autonomia espressiva; \npossono essere «lanciati» dall\u0027uso di sostanze; \npossono infine decorrere in maniera  piu\u0027  o  meno  mascherata  dalle\nstesse; \n        2) Disturbi indotti da sostanze, che possono coincidere \ncon disturbi da uso di sostanze, da soli indicativi  di  meri  tratti\nsui quali si costruisce lo «stile di vita» del tossicodipendente; \ncon disturbi acuti indotti da sostanze, che sono  reversibili,  hanno\neziopatogenetica e decorso autonomi e non sono  attribuibili  ad  una\ncondizione medica generale ovvero ad altro disturbo mentale; \ncon disturbi persistenti indotti da sostanze,  codificati  in  quadri\ncaratterizzati  dalla  presenza   di   una   psicosindrome   organica\nperdurante  nel  tempo,  fondamentalmente   costituita   da   deficit\ndell\u0027attenzione,  memoria   compromessa,   ideazione   rallentata   e\nirrigidita, disfunzioni dell\u0027umore,  compromissione  delle  attivita\u0027\nsociali e professionali, sospettosita\u0027 e  tematiche  paranoidi  o  di\nriferimento, ansia marcata, disforia, aggressivita\u0027 e ostilita\u0027. \n    Tutto quanto innanzi premesso,  il  concetto  di  «intossicazione\ncronica» elaborato dalla dottrina medico-legale  appare  estremamente\nvariabile, risentendo delle diverse posizioni assunte nel  corso  del\ntempo in tema di politica criminale e di difesa  sociale,  oltre  che\ndella diffusione del fenomeno della tossicodipendenza all\u0027interno del\nmondo criminale e viene solitamente elaborato con riferimento ai vari\nstadi  dell\u0027iter  tossicomanico  e   con   riferimento   al   momento\ndell\u0027insorgenza  dei  segni  della  sindrome  da  carenza   o   della\ndipendenza fisica: in presenza di un  uso  cronico  di  sostanze,  e\u0027\npossibile parlare di  cronica  intossicazione  laddove  sussista  una\ncondizione di «malattia»  (4) psichiatricamente intesa, - ravvisabile\nanche a distanza di tempo rispetto alla cessazione dell\u0027assunzione -,\nconcetto che, a  sua  volta  richiama  disturbi  patologici  psichici\n(evidentemente  differenti  dalla  mera  sindrome  di  astinenza)   e\nriconducibili ad una psicosindrome organica ovvero una  patologia  di\ntipo depressivo paranoideo o schizo-paranoide. \n    In  questo   senso,   affinche\u0027   possa   parlarsi   di   cronica\nintossicazione, occorrono: \n        a) un uso non occasionale; \n        b)  la  configurabilita\u0027  di  una  condizione  di  «malattia»\nperdurante nel tempo ed avente un  decorso  autonomo,  a  prescindere\ndall\u0027interruzione delle  condotte  di  uso  o  abuso  e  con  effetti\ncertamente permanenti se non irreversibili. \n    Tale opzione interpretativa appare, del resto, in  linea  con  la\nvoluntas  legislatoris  espressa  nella  relazione  ministeriale   al\nprogetto del codice Rocco, nella quale per le  persone  in  stato  di\nubriachezza (alle quali sono equiparati gli autori dei reati commessi\nsotto l\u0027azione di stupefacenti) viene richiamato il  principio  delle\nactiones liberae in causa fissato nell\u0027art.  89  del  codice  penale,\neccettuando espressamente  soltanto  l\u0027eventualita\u0027  dell\u0027ubriachezza\naccidentale  e  giustificando  tale  rigore  con  la  necessita\u0027   di\ncombattere «contro forme d\u0027intossicazione che attaccano  alle  radici\nla forza e, con questa, l\u0027avvenire della stirpe» e disincentivare una\nforma di delinquenza  collegata  al  consumo  di  alcol  e  all\u0027epoca\nparticolarmente diffusa. \n    Del pari, quanto al consumo di stupefacenti,  si  legge  che  «il\ngrave fenomeno sociale dell\u0027uso ed abuso degli stupefacenti in  tutte\nle classi e in tutte le eta\u0027,  ma  specie  nei  giovani,  promesse  e\nsperanze della  Patria  rinnovata  dal  Fascismo,  doveva  richiamare\nl\u0027attenzione del legislatore e indurlo a mettere  il  problema  della\nlotta contro questa, che puo\u0027 ben dirsi una calamita\u0027  sociale,  allo\nstesso piano, sulla stessa linea della lotta contro l\u0027alcolismo». \n    Coerente con un sistema  che  spiega  la  dipendenza  secondo  un\nmodello morale, basato sulla convinzione che sia la risultante di una\n«debolezza di carattere» piuttosto che una «malattia»,  ai  fini  del\nriconoscimento del  difetto  di  imputabilita\u0027,  il  codice  richiede\nalterazioni croniche, piu\u0027 o meno stabili, «che in parte sono effetti\ndel ripetuto e protratto rapporto con tossico e in parte sono  dovute\nalla ripercussione  che  ciascun  organo  leso  puo\u0027  esercitare  nel\nrimanente  organismo;  ne  risultano  disturbi  nervosi  e   psichici\ngravissimi che, anche quando non sono permanenti,  insorgono  spesso,\nsenza che si ingeriscano i veleni, che ne furono la causa lontana». \n    Diversa e\u0027 l\u0027intossicazione acuta, nella quale «si hanno solo  le\nmanifestazioni direttamente  e  temporalmente  apportate  dall\u0027azione\nperturbatrice del volere sulle funzioni, durante  il  loro  passaggio\nbiochimico attraverso l\u0027organismo». \n    Riferendosi  all\u0027ubriachezza,  con  considerazioni  evidentemente\nestese anche all\u0027intossicazione  da  stupefacenti,  la  relazione  al\nprogetto prosegue, allegando che, sebbene sia  difficile  distinguere\nin concreto l\u0027ubriachezza abituale dall\u0027alcolismo cronico,  sotto  il\nprofilo clinico, una  simile  operazione  e\u0027  possibile,  laddove  si\nconsideri che l\u0027ubriachezza, anche abituale, e\u0027  sempre  un  episodio\ndella vita di un individuo,  il  quale,  scomparso  il  perturbamento\nacuto  delle  sue  facolta\u0027  psichiche,  torna   alla   sua   normale\npersonalita\u0027; mentre l\u0027alcolismo cronico e\u0027  un  processo  patologico\npermanente,  un\u0027affezione  cerebrale,  che  «oltre  che  produrre  un\nprogrediente e caratteristico abbrutimento nel carattere, da\u0027 origine\na vere e proprie psicopatie». \n    In linea con  tali  considerazioni,  affrontando  il  problema  -\ncontroverso nella dottrina medico-legale formatasi in relazione  alle\ndisposizioni del codice -, di valutare  se  lo  stato  definito  come\n«cronica intossicazione» dell\u0027art. 95 del codice penale debba  essere\nconsiderato un vero e proprio vizio di  mente  (totale  o  parziale),\ncodesta Corte, nella gia\u0027 citata sentenza  n.  114/1998,  aveva  gia\u0027\nevidenziato come «la formula usata  dalla  legge,  che  si  limita  a\nstabilire che \"si applicano le disposizioni contenute negli artt.  88\ne  89\",  farebbe  pensare  assai  piu\u0027  ad  una   assimilazione   nel\ntrattamento penale(...) che non  ad  una  identificazione»,  e  come,\nanche alla luce dei progetti di elaborazione in  corso  negli  ultimi\ndecenni, inerenti  proprio  le  disposizioni  normative  in  tema  di\nimputabilita\u0027, lo stato di cronica intossicazione da alcool ovvero da\nsostanze stupefacenti induca ad un concetto del tutto autonomo e piu\u0027\nampio dell\u0027infermita\u0027 (o della  semi-infermita\u0027)  mentale,  «ad  essa\nparificandola  sotto  il  segno  dell\u0027assenza  o  della   diminuzione\ndell\u0027imputabilita\u0027, e dunque della colpevolezza». \n    A fronte di tali indicazioni e ad onta delle incertezze  espresse\ndalla  dottrina  medico-legale  e  delle  richieste  di   innovazioni\nlegislative   fortemente   presenti   nella   dottrina   penalistica,\nl\u0027approccio della giurisprudenza ordinaria gia\u0027  cristallizzato  alla\ndata  della  ormai  risalente  sentenza  n.  114/1998  ritiene  unica\ninterpretazione plausibile della norma di cui all\u0027art. 95 del  codice\npenale quella che  ai  fini  della  cronica  intossicazione  richiede\nl\u0027insorgenza    nell\u0027organismo    dell\u0027assuntore    di    alterazioni\nneuropsichiche a carattere patologico, stabilizzate e permanenti. \n    Sul punto, invero, la  giurisprudenza  di  legittimita\u0027,  seguita\nquasi pedissequamente dai giudici ordinari si e\u0027 assestata da  alcuni\ndecenni -uniformemente e  senza  apprezzabili  divergenze  -  su  una\nidentificazione dei requisiti della cronica intossicazione da  alcool\no da sostanze stupefacenti  in  una  condizione  di  alterazione  non\ntransitoria  dell\u0027equilibrio  biochimico  del   soggetto,   tale   da\ndeterminare  un  vero  e   proprio   stato   patologico   psicofisico\ndell\u0027imputato  e,  dunque,  una  corrispondente  e  non   transitoria\nalterazione dei processi intellettivi e volitivi, formando un vero  e\nproprio «diritto vivente», proprio in quanto connotato dai «caratteri\ndi costanza e ripetizione» (Corte  cost.  2  luglio  2008,  n.  242),\ndesumibili dall\u0027evoluzione della Suprema Corte, secondo una «tendenza\normai uniforme da molti anni» (Corte cost. 25 luglio  1984  n.  225),\ncosi\u0027 da dare vita ad una «interpretazione assolutamente dominante  e\nconsolidata» (Corte cost. 8 febbraio 2006, n. 41), dalla quale appare\nfrancamente difficile discostarsi. \n    Di  seguito  alcune  tra  le  plurime  decisioni  intervenute  in\nmateria. \n    Cass.  pen.,   sez.   I,   n.   3633   del   18   gennaio   1995:\n«L\u0027intossicazione  cronica  da  sostanze  stupefacenti  consiste   in\nun\u0027alterazione dell\u0027equilibrio biochimico del  soggetto  che  provoca\nuna permanente alterazione  dei  processi  intellettivi  e  volitivi,\nconfigurabile come una vera e propria malattia mentale. A tal fine va\noperata  una  distinzione   tra   alterazione   della   volonta\u0027   ed\neventualmente della capacita\u0027 intellettiva che  si  manifesta  in  un\nsoggetto tossicodipendente in crisi di astinenza e che viene superata\nal termine della crisi stessa e la  permanente  compromissione  delle\nfacolta\u0027 psichiche in  conseguenza  dell\u0027intossicazione  da  sostanze\nstupefacenti considerata dall\u0027art. 95 c.p.». \n    Cass. pen., sez. VI, n. 6357 del 24 maggio 1996: «Non  tutti  gli\nstati di tossicomania, la quale e\u0027 una dipendenza meramente  psichica\nalla droga, o di tossicodipendenza, che  e\u0027  un\u0027assuefazione  cronica\nalla stessa, producono di per se\u0027 alterazione mentale rilevante  agli\neffetti di cui agli artt. 88 e 89 c.p., ma solo quegli stati di grave\nintossicazione da sostanze stupefacenti che  determinano  un  vero  e\nproprio  stato  patologico   psicofisico   dell\u0027imputato,   incidendo\nprofondamente sui processi intellettivi o volitivi di quest\u0027ultimo». \n    Cass. pen. sez. VI, n. 7885 del 22 dicembre  1998  richiamata  da\nCassazione sez.  VI,  n.  1775/2003:  «Per  escludere  (o  diminuire)\nl\u0027imputabilita\u0027, l\u0027intossicazione da sostanze stupefacenti  non  solo\ndev\u0027essere cronica (cioe\u0027 stabile) ma  deve  produrre  un\u0027alterazione\npsichica  permanente,  cioe\u0027  una  patologia  a   livello   cerebrale\nimplicante psicopatie che permangono indipendentemente dal rinnovarsi\ndi  un\u0027azione  strettamente  collegata  all\u0027assunzione  di   sostanze\nstupefacenti;  lo  stato  di   tossicodipendenza   non   costituisce,\npertanto, di per se\u0027, indizio di malattia mentale  o  di  alterazione\npsichica». \n    Cass. pen., sez. V, n. 7363 del 29 ottobre  2002:  «Affinche\u0027  si\npossa  ritenere  esclusa  o  diminuita  l\u0027imputabilita\u0027  dell\u0027agente,\nl\u0027intossicazione da sostanze stupefacenti  dev\u0027essere  caratterizzata\ndalla permanenza e  dall\u0027irreversibilita\u0027  e,  cioe\u0027,  da  condizioni\npsichiche   che   permangono   indipendentemente    dal    rinnovarsi\ndell\u0027assunzione o meno di sostanze stupefacenti, condizioni  che,  in\nogni caso, debbono essere valutate con riferimento al momento in  cui\nil fatto di reato e\u0027 stato commesso». \n    Cass. pen., sez. III, n.  35872  del  1°  ottobre  2007;  nonche\u0027\nCassazione pen., sez. VI, n. 25252/2018: «Deve anzitutto riaffermarsi\nal riguardo che,  come  costantemente  evidenziato  da  questa  Corte\nSuprema, la  situazione  di  tossicodipendenza  che  influisce  sulla\ncapacita\u0027 di intendere e di volere, e\u0027 solo quella di  intossicazione\ncronica, cioe\u0027 quella che -per il suo carattere ineliminabile  e  per\nl\u0027impossibilita\u0027 di guarigione  -,  provoca  alterazioni  patologiche\npermanenti (vale a dire, una patologia a livello cerebrale implicante\npsicopatie  che  permangono  indipendentemente  dal   rinnovarsi   di\nun\u0027azione   strettamente   collegata   all\u0027assunzione   di   sostanze\nstupefacenti) tali da fare apparire indiscutibile che ci si trovi  di\nfronte ad una vera e propria malattia psichica (...) l\u0027intossicazione\ncronica prevista dall\u0027art. 95 c.p., deve tenersi ben distinta inoltre\n(e lo e\u0027 sotto il profilo clinico) dalla intossicazione derivante  da\nun uso abituale di sostanze stupefacenti,  che  aggrava  la  pena  ai\nsensi dell\u0027art. 94 c.p., comma terzo. Stabilire se e in  quale  delle\nsituazioni anzidette l\u0027imputato versasse al  momento  del  compimento\ndell\u0027azione delittuosa costituisce, comunque,  valutazione  di  fatto\nche compete esclusivamente al giudice di merito ed  e\u0027  insindacabile\nin sede di legittimita\u0027 se congruamente motivata». \n    Cass.  pen.,  sez.  II,   n.   44337   del   31   ottobre   2013:\n«L\u0027intossicazione da sostanze stupefacenti dev\u0027essere  caratterizzata\ndalla permanenza e dall\u0027irreversibilita\u0027, vale a dire, da  condizioni\npsichiche   che   permangono   indipendentemente    dal    rinnovarsi\ndell\u0027assunzione di sostanze stupefacenti  (condizioni  che,  in  ogni\ncaso, devono essere valutate con riferimento al  momento  in  cui  il\nfatto  e\u0027  stato  commesso).  In  altre  parole,  riveste   carattere\npreliminare e assorbente rispetto ad ogni altra argomentazione  fatta\nvalere (...) il rilievo che, a prescindere  dall\u0027identificabilita\u0027  o\nmeno,  in  astratto  della   cronica   intossicazione   da   sostanze\nstupefacenti di  cui  all\u0027art.  95  c.p.,  con  il  vizio  (totale  o\nparziale) di mente o dalla mera assimilabilita\u0027 ad esso, ad ogni modo\nnel caso in esame non e\u0027 emersa ne\u0027 e\u0027 stata  allegata  in  punto  di\nfatto alcuna cronica intossicazione. Ne\u0027  il  mero  uso  di  sostanze\nstupefacenti, per quanto abituale,  influenza  coscienza  e  volonta\u0027\ndella condotta, cosi\u0027 come non incide sull\u0027imputabilita\u0027 del  reo  se\nnon derivante da caso fortuito o forza maggiore». \n    Cass. pen., sez. I, 22 marzo 2016, n. 27129: «L\u0027abuso  di  droghe\nesclude o diminuisce l\u0027imputabilita\u0027, per vizio totale o parziale  di\nmente, soltanto in caso di intossicazione da  sostanze  stupefacenti.\nAffinche\u0027 l\u0027intossicazione da sostanze possa avere rilievo, non  solo\ndev\u0027essere cronica, ma deve avere  prodotto  un\u0027alterazione  psichica\npermanente, implicante psicopatie ed effetti che durano oltre la fase\naccessuale d\u0027assunzione della sostanza stupefacente stessa». \n    Cass. pen., sez. VI, n. 25252/2018: «La  documentazione  prodotta\n(...)  indicava  un   disturbo   dell\u0027orientamento,   con   ansia   e\ndepressione, ma non era direttamente riconducibile  alla  sussistenza\ndi   uno   stato   patologico   permanente,   non   piu\u0027   dipendente\ndall\u0027assunzione di sostanze stupefacenti,  tale  da  configurare  una\nmalattia psichica  incidente  sull\u0027imputabilita\u0027.  Del  resto,  l\u0027uso\nprolungato di droga non influisce necessariamente  in  maniera  grave\nsulla psiche. \n    Gli elementi  incentrati  sui  plurimi  ricoveri  del  ricorrente\npresso comunita\u0027 terapeutiche, nonche\u0027 sul fatto  che  il  ricorrente\nnon riusciva a smettere, che con la testa \"era andato  fuori\"  e  che\nquando si drogava il  ricorrente  era  innocuo,  danno  conto  di  un\neffettivo stato di tossicodipendenza e di dipendenza dalla droga,  ma\ndi per se stessi sono inidonei a delineare quel  peculiare  stato  di\npermanente psicopatica, scollegata all\u0027assunzione di stupefacenti, in\npresenza della quale  avrebbe  potuto  concretamente  delinearsi  una\nmalattia psichica. In questo senso,  per  cronica  intossicazione  si\nintende solo quella che induce  un\u0027alterazione  psichica  permanente,\ntermine che a  sua  volta  puo\u0027  essere  interpretata,  con  criterio\nrestrittivo,  come  \"irreversibile\"   ovvero,   con   criterio   piu\u0027\nestensivo, come \"prolungato nel tempo\"». \n    Cass. pen., sez. III, n. 12949/2021: «La ratio del riconoscimento\ndi una diminuzione di pena qualora la condotta costituente reato  sia\nstata commessa in stato di  cronica  intossicazione  da  alcol  o  da\nsostanze stupefacenti risiede nell\u0027esistenza di uno stato  patologico\ndi carattere cronico, ossia di lungo corso e  senza  possibilita\u0027  di\nrapida guarigione, incidente, pur senza escluderla,  sulla  capacita\u0027\ndi intendere e di volere al momento del  /alto;  tale  condizione  di\ncarattere cronico giustifica, proprio  in  considerazione  della  sua\nradicata persistenza, che ne determina il  carattere  patologico,  la\ndiminuzione di pena  per  i  fatti  commessi  in  tale  stato.  Detta\ncondizione che, come evidenziato, deve  avere  carattere  patologico,\ncioe\u0027 avere determinato un\u0027alterazione  funzionale  dell\u0027organismo  e\ncronica, ossia con sintomi che non  si  risolvono  nel  tempo  e  non\ngiungono  a   miglioramento,   si   distingue,   proprio   per   tali\ncaratteristiche, dalla ubriachezza volontaria o colposa o preordinata\nche, ai sensi dell\u0027art. 92 c.p., se non  dovuta  a  caso  fortuito  o\nforza  maggiore   non   esclude   ne\u0027   diminuisce   l\u0027imputabilita\u0027,\ndeterminando anzi ai sensi del secondo comma di tale disposizione, un\naumento di pena se preordinata al fine di commettere il  reato  o  di\nprepararsi una scusa». \n    Cass. pen., sez. VI, 11 luglio  2022,  n.  26617:  «Una  siffatta\nlimitazione della capacita\u0027 di intendere e  di  volere  sul  soggetto\ntossicodipendente puo\u0027 individuarsi in  presenza  di  uno  status  di\ndipendenza  che,  per  il   suo   carattere   ineliminabile   e   per\nl\u0027impossibilita\u0027  di  guarigione,  provoca  alterazioni   patologiche\npermanenti,  cioe\u0027  una  patologia  a  livello  cerebrale  implicante\npsicopatie  che  permangono  indipendentemente  dal   rinnovarsi   di\nun\u0027azione   strettamente   collegata   all\u0027assunzione   di   sostanze\nstupefacenti, tali da fare apparire indiscutibile  che  ci  si  trovi\ndifronte ad una vera e propria malattia psichica». \n    Cass. pen., sez. VI, n. 26478 del 30 maggio 2023: «La  situazione\ndi tossicodipendenza che influisce sulla capacita\u0027 di intendere e  di\nvolere e\u0027 solo quella che per il suo carattere  ineliminabile  e  per\nl\u0027impossibilita\u0027  di  guarigione,  provoca  alterazioni   patologiche\npermanenti,  cioe\u0027  una  patologia  a  livello  cerebrale  implicante\npsicopatie  che  permangono  indipendentemente  dal   rinnovarsi   di\nun\u0027azione   strettamente   collegata   all\u0027assunzione   di   sostanze\nstupefacenti, tali da fare apparire indiscutibile che ci si trovi  di\nfronte ad una vera e propria malattia psichica». \n    4.2.   Ritiene   questo   giudice    che    letta    alla    luce\ndell\u0027interpretazione stabilizzata e consolidata dianzi richiamata,  -\nche individua nella patologicita\u0027 e,  quindi,  nell\u0027irreversibilita\u0027,\nil  tratto  che  empiricamente   distingue   l\u0027intossicazione   acuta\ndall\u0027intossicazione cronica -, la norma di cui all\u0027art. 95 del codice\npenale non sia conforme ai parametri costituzionali della  legalita\u0027,\ndell\u0027uguaglianza e  della  colpevolezza,  per  i  motivi  di  seguito\nillustrati. \n    4.2.1. Come  gia\u0027  osservato  dalla  Corte  costituzionale  nella\nsentenza  n.  114/1998,   tale   approccio   interpretativo   risulta\nfortemente ancorato al concetto e  alla  definizione  di  infermita\u0027,\nintesa peraltro secondo il  piu\u0027  tradizionale  e  risalente  modello\nnosografico, quale «malattia del cervello  o  del  sistema  nervoso»,\navente per l\u0027effetto un substrato organico o  biologico,  coincidente\ncon  una  vera  e  propria   manifestazione   patologica   «certa   e\ndocumentabile»: il concetto di riferimento e\u0027 quello  della  malattia\npsichiatrica in senso stretto, da intendersi come  rottura  di  nessi\nlogici psichici, determinata da un processo patologico  organico;  in\nquesto senso, la  visione  della  malattia  mentale  e\u0027  strettamente\nlegata all\u0027accertamento di una causa anatomo-patologa e,  in  assenza\ndi una sicura base organica, sostanzialmente inquadra  la  condizione\ndi «disturbo mentale» in  uno  schema  classificatorio  «nosografico»\nprestabilito, che raggruppa i quadri morbosi aventi in comune  cause,\nforme, sviluppo, decorso, esito e reperto cerebrale. \n    Trattasi di  un  modello  anacronistico,  non  piu\u0027  giustificato\ndall\u0027evoluzione della scienza psichiatrica che  attualmente  accoglie\nun  paradigma   integrato   (bio-psico-sociale)   che   tiene   conto\ndell\u0027aspetto  medico,  quanto  di  quello  psicologico  e  di  quello\nsociologico, ciascuno dei  quali  risulta  coinvolto  nella  malattia\nmentale. \n    In tale direzione si e\u0027 del  resto  assestata  la  giurisprudenza\ndella Corte di cassazione che, nell\u0027applicazione degli articoli 88  e\n89 del codice penale, a partire dalla nota sentenza a Sezioni  Unite,\nn. 9163 del 25 gennaio 2005 (sentenza), ha aderito ad un concetto  di\ninfermita\u0027 diverso e piu\u0027 ampio di quello di malattia, nel senso  che\nnon si limita esclusivamente alle vere  e  proprie  malattie  mentali\nesattamente   inquadrabili   nella   nosografia,   psichiatrica    ma\nricomprende anche piu\u0027 estensivamente qualsiasi condizione patologica\nche sia stata in grado di interferire sulla capacita\u0027 di intendere  e\ndi volere anche solo transitoriamente. \n    Cio\u0027, in ragione di un noto triplice ordine di considerazioni: \n        a) il termine di «infermita\u0027» di cui agli articoli  88  e  89\ncodice penale non viene utilizzato  negli  articoli  582  e  583  del\ncodice penale, in cui il legislatore impiega il  diverso  termine  di\n«malattia», sicche\u0027 e\u0027 lo stesso codice ad attribuire  diversita\u0027  di\nsignificato ai due termini: \n«malattia» e\u0027 uno stato di sofferenza dell\u0027organismo transitorio, con\nandamento evolutivo verso un esito (guarigione, morte, adattamento ad\naltre condizioni di vita) e, dal punto di vista  etimologico,  indica\nun concetto dinamico; \n«infermita\u0027»  e\u0027  qualsiasi  malattia  che  colpisca  l\u0027organismo  ed\nesprime  un  concetto  statico,  un  modo  di  essere   senza   alcun\nriferimento al tempo di durata ed ha  per  l\u0027effetto  un  significato\npiu\u0027 ampio e generico; \n        b) sotto il profilo sistematico, cio\u0027 che rileva ai fini  del\ngiudizio  di  imputabilita\u0027,  non   e\u0027   tanto   la   classificazione\nnosografica della condizione del soggetto, quanto  «che  il  disturbo\nabbia  in  concreto  l\u0027attitudine  a  comprometterne  gravemente   la\ncapacita\u0027 sia di percepire il disvalore del  fatto  commesso  sia  di\nrecepire il significato  del  trattamento  punitivo»,  il  che  rende\nevidentemente  rilevanti  anche  i  disturbi  psichici  non   inclusi\nnell\u0027ambito delle malattie psichiatriche in denso stretto; \n    c)  i  disturbi  della  personalita\u0027  sono  stati  in  ogni  caso\nclassificati dal DSM e cio\u0027 rende evidente l\u0027esistenza di un  diffuso\naccordo tra la comunita\u0027 scientifica ad attribuire  a  tali  disturbi\nl\u0027attitudine a proporsi come causa idonea ad escludere o  grandemente\nscemare la capacita\u0027 di intendere e di volere del  soggetto,  in  via\nautonoma  e  specifica,  senza  la  necessita\u0027  che  il  disturbo  si\nsovrapponga ad un preesistente stato patologico. \n    In questo senso, la Suprema  Corte,  con  motivazioni  pienamente\ncondivisibili e di fatto condivise  dalla  giurisprudenza  successiva\nalla sentenza , ha ammesso la  riconducibilita\u0027  dei  disturbi  della\npersonalita\u0027 nell\u0027ambito delle infermita\u0027  rilevanti  ai  fini  degli\narticoli 88 e 89 del codice penale,  a  condizione  che  il  disturbo\nincida effettivamente sulla capacita\u0027 di intendere  e  di  volere,  -\nannullandola o  compromettendola   (5)  -  e  che  vi  sia  un  nesso\neziologico  tra  disturbo  e  fatto-reato,  tale  da  fare   ritenere\nquest\u0027ultimo causalmente determinato dal primo. \n    Sulla scorta delle considerazioni svolte,  ritiene  il  decidente\nche, cosi\u0027 come interpretata, la norma di cui all\u0027art. 95 del  codice\npenale sia censurabile sotto il profilo della ragionevolezza  e,  per\nl\u0027effetto, violi il principio di uguaglianza di cui all\u0027art  3  della\nCostituzione. \n    Sul  punto,  deve  evidenziarsi  che,  rispetto  alle   decisioni\ncriminalizzatrici del legislatore, - alla  cui  discrezionalita\u0027,  va\nribadito, e\u0027  evidentemente  affidata  non  soltanto  la  scelta  dei\nbeni/interessi/valori  da  tutelare  e  le  tecniche  di  tutela,  ma\naltresi\u0027 la commisurazione delle sanzioni -, e\u0027 del  pari  innegabile\nil potere della Consulta di verificare, senza che possa  parlarsi  di\ninvasione di competenze, che  la  libera  ponderazione  politica  non\ntrasmodi in  arbitrio  e  sia  esercitata  entro  i  limiti  concreti\nderivanti proprio dai criteri di ragionevolezza,  proporzionalita\u0027  e\ncoerenza,  laddove  la  proporzionalita\u0027  risponda  all\u0027esigenza   di\nmitigare  il  rigore  della  disciplina  positiva  di   fronte   alle\npeculiarita\u0027 del caso concreto, mentre la coerenza  coincida  con  la\nrispondenza logica della norma  rispetto  al  fine  perseguito  dalla\nlegge ovvero rispetto ai principi generali del sistema. \n    Del resto, e\u0027 proprio il principio di uguaglianza ad esigere, che\nvi sia una parita\u0027 di  trattamento  fra  fattispecie  sostanzialmente\nomogenee, ovvero che l\u0027eventuale scelta di differenziarle  abbia  una\nrispondenza logica rispetto al fine  perseguito  dalla  legge  ovvero\nalla  sua  ratio  e  sia  per  l\u0027effetto  sorretta   da   ragionevole\ngiustificazione (cfr. Corte costituzionale 2 febbraio  2007,  n.  22;\nnonche\u0027  Corte  costituzionale  n.  409/1989;  e  di  recente   Corte\ncostituzionale, n. 46/2024, secondo cui «qualsiasi legge dalla  quale\ndiscendano compressioni dei diritti fondamentali della  persona  deve\npotersi  razionalmente  giustificare  in  relazione  a  una  o   piu\u0027\nfinalita\u0027 legittime perseguite dal legislatore; e i  mezzi  prescelti\ndal legislatore non devono  risultare  manifestamente  sproporzionati\nrispetto a quelle pur legittime finalita\u0027»). \n    Quanto alle  modalita\u0027  attraverso  le  quali  si  estrinseca  il\ngiudizio di ragionevolezza di una norma giuridica come  osservato  da\ncodesta Corte, esso, «lungi dal comportare il ricorso  a  criteri  di\nvalutazione assoluti e astrattamente prefissati, si svolge attraverso\nponderazioni relative alla proporzionalita\u0027 dei mezzi  prescelti  dal\nlegislatore nella sua insindacabile  discrezionalita\u0027  rispetto  alle\nesigenze  obiettive  da  soddisfare  o  alle  finalita\u0027  che  intende\nperseguire,  tenuto  conto  delle  circostanze  e  delle  limitazioni\nconcretamente sussistenti» (cfr. Corte  costituzionale,  sentenza  n.\n1130 del 1988). \n    Per altro verso,  in  relazione  al  sindacato  sull\u0027operato  del\nlegislatore, richiamando le considerazioni svolte nella nota sentenza\ndi Codesta Corte n. 236/2016, da  tempo  ormai  e\u0027  stata  registrata\nl\u0027emancipazione del  principio  di  proporzionalita\u0027  dalla  dinamica\ntrilaterale ex art. 3 della Costituzione,  sicche\u0027  il  sindacato  di\nproporzionalita\u0027 si irradia a questo punto in un controllo  a  monte,\naffrancandosi dallo schema  triadico  del  tertium  comparationis  ed\nancorandosi piuttosto, al rapporto di misura tra la  quantita\u0027  della\npena comminata dal legislatore ed il  conseguimento  della  finalita\u0027\nrisocializzante, «non potendosi perseguire alcuna azione  rieducativa\nmediante un trattamento sanzionatorio  sproporzionato  alla  gravita\u0027\ndel fatto» (cosi\u0027 la circolare della  Presidenza  del  Consiglio  dei\nministri del 19 dicembre 1989, pubblicata in leg. pen., 1984). \n    Tanto premesso, a  parere  di  questo  giudice,  la  disposizione\ncensurata, cosi come interpretata alla luce  del  «diritto  vivente»,\n,contrasta con il principio  di  uguaglianza,  nella  misura  in  cui\ndiversifica in senso ingiustificatamente sfavorevole il  trattamento,\ndell\u0027autore  di  reato  il  quale  versi  al  momento  del  fatto  in\ncondizioni di «cronica intossicazione da alcool  o  stupefacenti»,  -\nper il quale, ai fini dell\u0027applicabilita\u0027 delle  norme  di  cui  agli\narticoli 88 e 89 del codice penale, e\u0027 necessaria la configurabilita\u0027\ndi alterazioni patologiche permanenti aventi un substrato organico  o\nbiologico, come quelle a livello cerebrale o di natura biochimica  -,\ne l\u0027autore di reato che non si trovi in tali condizioni ed  al  quale\nsia per l\u0027effetto applicabile il piu\u0027 ampio concetto  di  infermita\u0027,\ncomprensiva  altresi\u0027  di  disturbi   psichici   di   carattere   non\nstrettamente patologico ovvero di  anomalie  psichiche  riconducibili\nalla  psicopatologia  clinica  ma  non  ascrivibili   alle   malattie\npsichiatriche in senso stretto. \n    Tale ingiustificata difformita\u0027 di trattamento appare ancora piu\u0027\nevidente con riferimento alla valutazione ed al trattamento  previsto\nin relazione a  forme  di  dipendenza  del  tutto  assimilabili  alla\ntossicodipendenza ovvero  alla  alcooldipendenza,  consistenti  nella\ncleptomania o nel gioco d\u0027azzardo patologico o ludopatia (in inglese,\ngambling), quest\u0027ultima originariamente definita dal punto  di  vista\npsichiatrico come disturbo compulsivo o del controllo degli impulsi e\ndi recente classificata nell\u0027ultima edizione del Manuale  diagnostico\ne statistico dei disturbi mentali (DSM-5) come forma di dipendenza al\npari di quelle da sostanze stupefacenti e alcool. \n    Anticipando le considerazioni che saranno  infra  svolte,  appare\nfin d\u0027ora opportuno sottolineare che proprio nell\u0027ultima edizione del\nDSM, le categorie di  abuso  e  dipendenza  da  sostanze  sono  state\nunificate in un unico disturbo, misurato su un continuum da  lieve  a\ngrave, - i cui criteri per la diagnosi sono stati uniti in  un  unico\nelenco di  undici  sintomi  -,  comprensivo  del  disturbo  da  gioco\nd\u0027azzardo, indicato come esempio di una nuova categoria di dipendenze\ncomportamentali. \n    Adeguandosi  a  tale  nuova  classificazione  e  in   sostanziale\nallineamento con la sentenza delle Sezioni Unite,  la  giurisprudenza\ndegli ultimi anni e\u0027 ormai sostanzialmente uniforme non soltanto  nel\nriconoscere la ludopatia tra i disturbi di personalita\u0027, ma  altresi\u0027\nnel ritenere la relativa condizione idonea ad integrare il  vizio  di\nmente totale o parziale dell\u0027autore del fatto,  specialmente  laddove\nsia fortemente compromessa la  capacita\u0027  di  volere,  nel  senso  di\ncapacita\u0027 di frenare le sollecitazioni endopsichiche che  sollecitano\ncomportamenti compulsivi finalizzati all\u0027appropriazione di denaro  da\nspendere nel gioco, con  impulsi  all\u0027azione  del  tutto  analoghi  a\nquelli che stimolano  l\u0027azione  delittuosa  di  un  tossicodipendente\n(cfr. tra le tante, Cassazione pen., sez.  VI,  10  maggio  2018,  n.\n33463, secondo cui «ai fini del riconoscimento  del  vizio  totale  o\nparziale  di  mente,  il  gioco  d\u0027azzardo  patologico,  che  e\u0027   da\nconsiderarsi un disturbo della personalita\u0027 o disturbo  di  controllo\ndegli impulsi, destinato, come tale, a sconfinare nella  patologia  e\nad incidere, escludendola, sulla imputabilita\u0027 per il  profilo  della\ncapacita\u0027 di volere,  puo\u0027  rientrare  nel  concetto  di  infermita\u0027,\npurche\u0027 sia di consistenza, intensita\u0027 e gravita\u0027  tali  da  incidere\nconcretamente sulla capacita\u0027 di intendere o di volere,  escludendola\no scemandola grandemente,  e  a  condizione  che  sussista  un  nesso\neziologico  con  la  specifica  condotta  criminosa»;  nonche\u0027,  meno\nrecente, Cassazione pen.,  n.  45156/2015,  che,  in  relazione  alla\ncondotta di una donna autrice del delitto di rapina ed affetta da una\n«sindrome di disregolazione  della  dopamina»  in  grado  di  indurre\ncomportamenti compulsivi, tra cui il gioco d\u0027azzardo,  censurando  la\nvalutazione del giudice di merito, ha richiamato la necessita\u0027 di una\nverifica positiva in ordine alla  sfera  della  capacita\u0027  di  volere\nimplicante l\u0027esistenza di un impulso  cui  resisti  non  potest  alla\nperpetrazione del reato). \n    D\u0027altro lato,  la  scelta  legislativa  di  valutare  e  trattare\ndiversamente  «stati  mentali»  riconducibili  al  medesimo   modello\nesplicativo, non appare  piu\u0027  ragionevole  sotto  il  profilo  della\ncoerenza, in quanto giustificata da intenti di  prevenzione  generale\ndi particolare  rigore  rispetto  a  «forme  di  intossicazione,  che\nattaccano alle  radici  la  forza  e  con  questa,  l\u0027avvenire  della\nstirpe», divenuti nondimeno del tutto incongruenti rispetto al mutato\ncontesto globale della societa\u0027 attuale, in cui la  tossicodipendenza\n(cosi\u0027 come l\u0027alcooldipendenza), pur  restando  inequivocabile  piaga\nsociale, non e\u0027 piu\u0027  valutata  in  termini  di  devianza,  ma  quale\nmanifestazione della c.d. addiction, concettualizzata secondo modelli\naccreditati dalle scienze mediche e sociologiche quale disturbo di un\nmalfunzionamento dei circuiti cerebrali della ricompensa (a sua volta\ncausato dall\u0027assunzione prolungata)  suscettibile  di  integrare  una\nvera e propria compromissione  patologica   (6)  non  necessariamente\nirreversibile,  in  presenza  di   determinate   caratteristiche   di\ncontesto  (7) . \n    In altri termini, in  conformita\u0027  con  il  modello  proposto  da\nautorevole dottrina scientifica, trattasi non tanto di una  «malattia\ndel cervello», bensi\u0027 di un  «disturbo  incorporato  in  un  contesto\nsociale», in cui, ai fini dell\u0027iniziazione  all\u0027addiction,  sia  pure\ninnescata  da  un\u0027attivita\u0027  volitiva  iniziale  (la  prima  dose  di\nstupefacente, il primo bicchiere, la prima slot), assumono  rilevanza\nfattori  biochimici,  cosi\u0027  come  fattori  psicologici,   economici,\nsociali e situazionali (8) . \n    Tale impostazione e\u0027 stata del resto  progressivamente  condivisa\ndall\u0027evoluzione  legislativa,  che  si  e\u0027  dimostrata  sempre   piu\u0027\nsensibile verso la  presa  in  carico  di  soggetti  che  versino  in\ncondizioni di  abuso  di  stupefacenti,  attraverso  l\u0027apertura  alla\nprevenzione ed al reinserimento sociale: \n        con la legge n. 685/1975 i luoghi di cura non sono  piu\u0027  gli\nospedali psichiatrici, ma i normali  presidi  ospedalieri,  favorendo\nl\u0027immagine del tossicodipendente non piu\u0027 come potenziale  o  attuale\ncriminale, ma come persona malata e bisognosa di cure; \n        con la legge n. 297/1985 si sottolinea il fondamentale valore\ndell\u0027intervento  preventivo  rispetto  all\u0027abuso  di  sostanze  e  il\nbisogno di un reinserimento sociale ai fini del trattamento; \n        con  la  legge  n.  663/1996,  si  regola  la  modalita\u0027   di\naffidamento  in  prova   ai   servizi   sociali   per   il   detenuto\ntossicodipendente o alcoldipendente che abbia in corso  un  programma\ndi recupero o che intenda sottoporsi ad esso; \n        con la legge n. 162/1990 si conferma la volonta\u0027 politica  di\ncollocare il problema della  dipendenza  da  stupefacenti  al  centro\ndell\u0027attenzione della comunita\u0027 civile, come espressione del  disagio\ndel singolo, portatore di problematiche piu\u0027 ampie, prevedendo che la\npena detentiva nei confronti di persona condannata per reati commessi\nin relazione al  suo  stato  di  tossicodipendenza  sia  scontata  in\nistituti  idonei  per  lo  svolgimento  di  programmi  terapeutici  e\nsocio-riabilitativi. \n    Rispetto a tale  qualificazione  ormai  condivisa  dalla  scienza\nmoderna in tema di dipendenza (da  sostanze  e  comportamentali),  le\n«finzioni giuridiche» stabilite dagli articoli 92  e  93  del  codice\npenale ed il rigore che sottende la disposizione oggetto dell\u0027odierna\ncensura, -fondata su un modello giuridico del tutto sfasato  rispetto\nalle categorie  scientifico-naturalistiche  che  secondo  le  attuali\ncorrenti  psicodinamiche  e  fenomenologiche  spiegano   l\u0027abuso   di\nsostanze e l\u0027alcoldipendenza collocandole  all\u0027interno  di  patologie\ncomportamentali -, si dimostrano irragionevolmente anacronistiche, in\nquanto non corrispondenti e addirittura contrastanti con le  esigenze\ndel tempo attuale. \n    In conformita\u0027 con la dottrina  costituzionalistica  in  materia,\nl\u0027anacronismo legislativo e\u0027 stato infatti individuato, innanzitutto,\nnella «sfasatura» nella «mancata  armonia  sul  piano  temporale»  e,\nquindi, nel «contrasto» che la norma presenta  «nei  confronti  delle\nstrutture sociali connesse  alla  sua  regolazione»  e  dei  «modelli\nculturali in atto in una determinata societa\u0027»; in questo senso, puo\u0027\nmanifestarsi «quando la legge, come mezzo  originariamente  collegato\nad un fine, perde col passare del tempo, il senso di  tale  relazione\n.funzionale, ossia la propria ratio» - intesa sia  quale  motivazione\nstoricamente  contingente  e  soggettiva  posta   all\u0027origine   della\nformulazione della norma sia  quale  fondamento  razionale  obiettivo\ndella norma stessa - «e  risulta  percio\u0027  irragionevole»,  anche  in\nseguito al «mutare dei rapporti assiologici sui  quali  la  legge  si\nfondava o, comunque, per la intervenuta non  corrispondenza  ai  suoi\noriginari presupposti». \n    Nella giurisprudenza costituzionale,  del  resto,  si  rinvengono\nnumerose pronunce in cui l\u0027obsolescenza o inattualita\u0027 delle norme  -\ne la connessa perdita di ratio -, sono state ricondotte al mutare  (o\nal venir meno) dei presupposti scientifici a sua volta conseguente ai\nprogressi ed alle acquisizioni della scienza medica (cfr.  sul  punto\nCorte costituzionale n. 134/1985; n. 179/1988; nonche\u0027 n. 324/1998 la\nquale, ritenendo incompatibili con i principi costituzionali le norme\nche prevedevano l\u0027applicabilita\u0027 anche  ai  minori  della  misura  di\nsicurezza del  ricovero  in  ospedale  psichiatrico  giudiziario,  ha\nevidenziato che  «il  legislatore,  recependo  le  acquisizioni  piu\u0027\nrecenti della scienza e della coscienza sociale, ha riconosciuto come\nla  cura  della  malattia  mentale  non   debba   attuarsi   se   non\neccezionalmente in condizioni di degenza ospedaliera, bensi\u0027 di norma\nattraverso  servizi  e  presidi  psichiatrici  extra  ospedalieri,  e\ncomunque non attraverso  la  segregazione  dei  malati  in  strutture\nchiuse come le preesistenti istituzioni manicomiali»). \n    Cio\u0027 che e\u0027 avvenuto  con  riguardo  alla  disciplina  dei  reati\ncommessi in fase di intossicazione, elaborata in un contesto  storico\nin cui peraltro il problema criminogeno della  tossicodipendenza  era\ndel  tutto  trascurabile,  giacche\u0027,  come  osservato  da  autorevole\ndottrina, «fino agli anni cinquanta il  tossicomane  era  una  figura\nisolata, di estrazione borghese o piu\u0027 elevata, scarsamente integrato\nnella vita sociale lavorativa tradizionale che,  al  massimo,  poteva\nrivestirsi, nel suo comportamento,  di  caratteri  asociali,  ma  non\nantisociali o  francamente  criminosi»;  e  l\u0027immagine  del  «pallido\nviveur che annusa cocaina o il morfinomane che e\u0027 preda  del  farmaco\nper debolezza di  carattere  o  per  malattia  cronica  piu\u0027  o  meno\nconfessabile»   cliche\u0027   «quasi   letterario   e   romantico,    del\ntossicodipendente della prima meta\u0027 del secolo» appare assai distante\ndalla   definizione    della    tossicodipendenza    offerta    dalla\nOrganizzazione mondiale della sanita\u0027 supra richiamata. \n    In  questo  senso,  ritiene  il   decidente   che   i   mutamenti\nextranormativi sopravvenuti nel contesto di riferimento  della  norma\nin  tema  di  cronica  intossicazione  ne   abbiano   inevitabilmente\ndeterminato l\u0027obsolescenza, privandola della sua  ratio,  ovvero  del\nsuo fondamento giustificativo attuale e  rendendola  incostituzionale\nin forza di una sopravvenuta  irragionevolezza,  con  un  conseguente\npregiudizio per il principio di  coerenza  interna  dell\u0027ordinamento,\ntenuto conto della difforme valutazione riservata ad altre  forme  di\ndipendenza. \n    La censura non coinvolge per l\u0027effetto  la  discrezionalita\u0027  del\nlegislatore, poiche\u0027 il giudice costituzionale interviene al fine  di\nsanare un vizio non originario, ma provocato dal  semplice  passaggio\ndel tempo, sicche\u0027 la dichiarazione  di  incostituzionalita\u0027  non  e\u0027\nidonea  in  concreto  a  sollevare  reazioni   di   lesa   violazione\ndell\u0027autonomia legislativa. \n    4.2,2. Sintomi di irragionevolezza, in relazione al principio  di\ncui all\u0027art. 3  della  Costituzione,  nonche\u0027  profili  di  anomalia,\nrispetto al principio dell\u0027obbligo di motivazione  dei  provvedimenti\ngiurisdizionali di cui all\u0027art. 111 della Costituzione, sono altresi\u0027\nravvisabili, a parere  di  questo  giudice,  nell\u0027accostamento  della\ncondizione di intossicazione cronica del tossicodipendente rispetto a\nquella dell\u0027alcooldipendente, rispetto alle  alterazioni  patologiche\npermanenti richieste ai fini del riconoscimento del  vizio  di  mente\nidoneo ad incidere sull\u0027imputabilita\u0027, ex articoli 88 e 89 del codice\npenale. \n    Anche  in  questo  caso,  l\u0027evoluzione  scientifica  ha   infatti\ndimostrato che esiste una differenza sostanziale sul  piano  clinico,\nsintomatologico,  anatomopatologico,  sociale   e   psicologico   tra\nintossicazione da alcool e intossicazione da sostanza stupefacente  e\nche,  contrariamente  a  quanto  avviene  per  l\u0027alcolismo,  dove  la\ncronicita\u0027 trova base sia clinica che anatomopatologica,  non  vi  e\u0027\nsostanza stupefacente che induca un danno anatomico di tale  gravita\u0027\nda indurre una «permanente e irreversibile anomalia psichica». \n    Se ne ricava che mentre l\u0027intossicazione alcolica rappresenta una\n«patologia  di  rilievo  somatico,  neurologico,  psichiatrico,   con\nspiccate  caratteristiche  di  permanenza  e,  comunque   osservabile\ncostantemente anche oltre la cessazione degli effetti, con  parametri\ndi rilievo nosografico», le tossicomanie di fatto non  rientrano  mai\nnel disposto di cui  all\u0027art.  95  del  codice  penale,  giacche\u0027  e\u0027\nestremamente  raro  che  possano   rinvenirsi   quelle   «alterazioni\npsichiche permanenti» necessarie ai  fini  del  riconoscimento  della\n«cronica   intossicazione»   da   sostanze,   idonea   ad   escludere\nl\u0027imputabilita\u0027. \n    In verita\u0027, se i piu\u0027 recenti studi eseguiti  grazie  all\u0027impiego\ndelle moderne tecniche di neuroimmagine consentono di ritenere con un\nsufficiente  grado  di  certezza   l\u0027influenza   delle   droghe   sul\n:funzionamento   delle   principali   capacita\u0027   cerebrali,   agendo\ndirettamente sui neuro-trasmettitori (le molecole che  coordinano  la\ntrasmissione degli  impulsi  nervosi)  e  determinando  significative\nconseguenze,  -  quali  la  perdita   di   reazione   agli   stimoli,\nl\u0027incapacita\u0027  di  valutare  e  controllare  le  proprie  azioni,  lo\nsdoppiamento di personalita\u0027, le alterazioni mentali,  oltre  ad  una\ndistorta percezione dello spazio e  del  tempo  e  alterazioni  delle\nfunzioni cognitive -, documentabili anche a distanza  di  mesi  dalla\nsospensione dell\u0027uso (come per la cocaina),  nondimeno,  trattasi  di\nalterazioni  in  via  generale  reversibili  con  la  cessazione  del\nconsumo, grazie al ruolo  della  plasticita\u0027  cerebrale  rispetto  al\nrecupero cognitivo, pur variabile, a seconda della  durata  dell\u0027uso,\ndella   quantita\u0027   delle   sostanze   assunte,    dalle    modalita\u0027\ndell\u0027assunzione e della sensibilita\u0027  individuale,  oltre  che  della\ncompresenza di altre malattie. \n    Per altro verso, come  osservato  dalla  letteratura  scientifica\npiu\u0027 accreditata, le psicosi acute  e  croniche  indotte  dall\u0027alcool\nsono di accertamento relativamente agevole e strettamente legate agli\nstati  permanenti  di  intossicazione  cronica,  quali  il  «delirium\ntremens»  (perturbamento  di  coscienza  con  grande   irrequietezza,\ntremori e allucinazioni visive  spesso  terrifiche),  la  «allucinosi\nalcolica» (saldo delirio di persecuzione sulla base di  allucinazioni\nsoprattutto  uditive);  il  «delirio   di   gelosia»   (convincimenti\nirremovibili ed erronei sulla infedelta\u0027 del partner),  la  «sindrome\ndi Korsakoff» (manifestantesi in molte affezioni tossiche o in  altre\nmalattie organiche, quali traumi, tumori  ovvero  gravissime  lesioni\ndella memoria, colmata da fantastiche invenzioni  e  accompagnata  da\nconfabulazione)  e  la   «demenza   alcolica»   (scadimento   globale\nintellettivo  grave  ed  irrimediabile).   Trattasi,   pertanto,   di\npatologie di rilievo somatico, neurologico e psichiatrico  che  hanno\ncaratteristiche di permanenza e  sono  certamente  osservabili  anche\noltre la cessazione dell\u0027abuso. \n    Al contrario, i disturbi psicotici acuti  e  cronici  da  uso  di\nsostanze sono di difficile e contrastato inquadramento e,  come  gia\u0027\nsupra evidenziato, sebbene idonei ad escludere o scemare la capacita\u0027\ndi volere in  caso  di  gravi  disordini  da  dipendenza,  non  hanno\nnecessariamente effetti permanenti e/o  irreversibili,  ad  eccezione\ndei casi di uso  protratto  di  eroina  e  morfina,  suscettibili  di\nprodurre una degenerazione grassa  dei  neuroni,  associata  a  varie\nlesioni di tipo degenerativo, quali sclerosi,  tigrolisi,  o  lesioni\nregressive  delle  pareti  vascolari  con  conseguente   spopolamento\ncellulare, e,  per  l\u0027effetto,  stati  discrasici  che  difficilmente\npossono consentire la perpetrazione di reati. \n    In    questo    scenario,    la    psichiatrica    clinica,    la\nneuropsicofarmacologia  e  la  neurobiologia   puntano   l\u0027attenzione\nproprio sul problema ancora oggi insoluto del ruolo che  le  sostanze\nd\u0027abuso possono esercitare nell\u0027esordio di un  disturbo  psichiatrico\ne, in particolare, di un quadro psicotico. \n    A cio\u0027 vanno aggiunte  le  perplessita\u0027  gia\u0027  sollevate  con  la\nquestione decisa con la sentenza n. 114/1998, in ordine all\u0027oggettiva\ndifficolta\u0027 di stabilire un confine tra normalita\u0027 e anomalia  in  un\nquadro di cronica intossicazione da stupefacenti, e,  per  l\u0027effetto,\ndi pervenire ad una motivazione del provvedimento giurisdizionale che\nla riconosce o la esclude senza  risolversi  in  formule  stereotipe,\nincongrue e contraddittorie, in ossequio al principio di cui all\u0027art.\n111 della Costituzione. \n    Cio\u0027  in  quanto,  in  conformita\u0027  con  quanto  ritenuto   dalla\nletteratura psichiatrica in materia: \n        a) non  esiste  una  struttura  di  personalita\u0027  tipica  del\ntossicodipendente; \n        b) i tratti abnormi o  patologici  di  personalita\u0027,  qualora\nesistano, non si sa se precedono  o  succedono  all\u0027uso  di  sostanze\nstupefacenti; \n        c) le eventuali  manifestazioni  psicopatologiche,  in  senso\nlato  intese,  possono  cambiare  con  il  cambiamento  del  contesto\nstorico-culturale; \n        d)  se  disturbi  patologici  psichici  persistono  anche   a\ndistanza di tempo  nella  personalita\u0027  del  tossicodipendente,  essi\nvanno essenzialmente riportati ad  una  patologia  organica  (in  via\ngenerale  provocata  da  sostanze  quali  barbiturici,   sedativi   e\nipnotici, oppiacei, anfetaminici) ovvero ad  una  patologia  di  tipo\ndepressivo-paranoideo. \n    Peraltro, se e\u0027 pacifica la sintomatologia propria  dei  disturbi\nmentali organici - costituita  da  deficit  dell\u0027attenzione,  memoria\ncompromessa,   ideazione   rallentata   e   irrigidita,   disfunzioni\ndell\u0027umore, compromissione delle attivita\u0027 sociali  e  professionali,\nsospettosita\u0027 e idee  paranoidi  o  di  riferimento,  ansia  marcata,\naggressivita\u0027 e ostilita\u0027  -,  oltre  agli  esiti  dei  test  mentali\n(specialmente il test di Rorschach e i test di disegno  della  figura\numana), resta il fatto che i dati clinici segnalati dalla letteratura\nsono difficilmente individuabili e fruibili  in  ambito  giudiziario,\nspecialmente nei confronti di soggetti  che  appartengano  a  culture\ndifferenti da quella occidentale ed in parte coincidono con i  tratti\ncomuni a tutti i tossicodipendenti, rendendo  francamente  ambiguo  e\nprivo di validita\u0027 scientifica l\u0027accertamento peritale sul  quale  si\nfonda la decisione, che - giova ancora una volta evidenziarlo  -,  in\nassenza di patologie somatiche o neurologiche specifiche direttamente\ncollegate all\u0027intossicazione, si fonda una verifica di un\u0027alterazione\ninerente lo stato psichico e  comportamentale  e  non  biologico  del\nsoggetto e nella maggioranza dei casi, avviene in un momento che  non\ncoincide con l\u0027epoca di  commissione  del  reato,  sicche\u0027  lo  stato\npsichico del soggetto viene ricostruito per retrospezione. \n    A cio\u0027 va aggiunto  che,  proprio  per  le  considerazioni  supra\nsvolte, in tutti i casi in cui l\u0027uso  di  sostanze  diventa  cronico,\nsubentrano  altri  fattori   nel   mantenimento   del   comportamento\ntossicomanico, non necessariamente coincidenti con tratti o  disturbi\npreesistenti di personalita\u0027, ma consistenti  piu\u0027  in  generale  con\npatologie conflittuali o frustrazionali, fattori  socio-ambientali  e\nculturali, esperienze  legali  e  giudiziarie  di  diversa  gravita\u0027;\nfattori  che  rendono  inevitabilmente   l\u0027approccio   esclusivamente\nmedico-biologico-psichiatrico  del   tutto   inadeguato,   riduttivo,\nimpreciso. \n    Se  ne  ricava  che  non  e\u0027  in  alcun  modo  determinabile  con\nragionevole certezza scientifica, ai fini  del  riconoscimento  della\ncronicita\u0027 dell\u0027intossicazione, il momento in cui l\u0027uso  abitudinario\nsfocia  nelle  alterazioni  piu\u0027  o  meno  stabili   richiamate   dal\nlegislatore: l\u0027assenza di  una  base  per  una  diagnostica  clinica,\npreclude quell\u0027accertamento differenziale che sembra richiamato dalle\nnorme esaminate. \n    Ne  e\u0027  prova,  del  resto,  la  vicenda  sottostante   l\u0027odierna\nquestione, in cui  il  medesimo  soggetto,  valutato  a  distanza  di\nqualche mese da due distinti professionisti, e\u0027  stato  ritenuto  dal\nprimo non imputabile e per l\u0027effetto collocato in REMS e dal  secondo\nimputabile e per l\u0027effetto sottoposto a misura cautelare, proprio  in\nragione di un difforme giudizio in ordine  alla  configurabilita\u0027  di\nuna condizione di cronica intossicazione. \n    Infine, non puo\u0027 sottacersi che, a  differenza  dell\u0027alcool,  gli\nstupefacenti non rappresentano una sostanza categorialmente  unitaria\ne, dunque, producono nei consumatori disturbi che si  inseriscono  in\nquadri psicopatologici  diversi,  a  seconda  del  tipo  di  sostanza\nassunta:  esiste  in  questo  senso,   un\u0027enorme   differenza   nelle\nconseguenze   dell\u0027uso,   tra   le   singole   droghe,   sul    piano\ncomportamentale  oltre  che  clinico,  agendo  alcune   sostanze   in\ndirezione dell\u0027io (modificazione della  somaticita\u0027,  apertura  verso\nfantasie allucinanti) ed altre, alterando il rapporto  interpersonale\ne causando comportamenti eteroaggressivi (9) . \n    Richiamando  integralmente  i  quadri  tossici   previsti   dalla\npsichiatria  forense  e  riportando  in   questa   sede,   a   titolo\nesemplificativo,   gli   effetti   conseguenti   all\u0027assunzione    di\nPsicodislettici  minori  ovvero  di  Sostanze   stimolanti   (assunte\ndall\u0027imputato del procedimento a quo),  nel  caso  di  intossicazione\ncronica   da   cannabis,   le   evidenze   piu\u0027   significative    si\nmanifesterebbero sotto forma di una sindrome simile alla schizofrenia\novvero  di  una  psicosindrome  organica,   mentre,   nel   caso   di\nintossicazione cronica da cocaina, il quadro si trasformerebbe in una\npsicosi  cronica  di  tipo  schizofrenico  paranoide,  con  manie  di\npersecuzione, allucinazioni e  tono  dell\u0027umore  orientato  in  senso\ndisforico-depressivo. \n    Se ne ricava la sostanziale impossibilita\u0027 di delineare un  unico\nquadro clinico e psichiatrico di intossicazione cronica  da  sostanze\noggettivamente misurabile  con  riferimento  alle  sostanze  assunte,\nposto che ogni psicosi ha un significato diverso sulla base  di  ogni\nintossicazione  da  sostanze  e  della  struttura   di   personalita\u0027\ndell\u0027assuntore   e   che   non    e\u0027    mai    possibile    procedere\nall\u0027identificazione  delle  sostanze  presenti  nell\u0027organismo,   ne\u0027\nstabilire l\u0027epoca di insorgenza della intossicazione, cosi\u0027  come  la\ndurata e l\u0027entita\u0027 dell\u0027abuso. \n    Senza trascurare l\u0027effetto procurato  da  sostanze  psichedeliche\nsolitamente  utilizzate  per  «tagliare»  la  cocaina,  destinate  ad\nincrementare la sintomatologia psicotica, mediante alterazione  della\npercezione e dello  stato  di  coscienza,  provocando  allucinazioni,\ndistorsioni della realta\u0027, modifiche della  percezione  del  tempo  e\ndell\u0027ambiente; questo significa che l\u0027effetto di una sostanza  (nella\nspecie,   la   cocaina)   non   puo\u0027   essere   mai   matematicamente\npredeterminato, ne\u0027 univoco, ma, ancora un volta,  dev\u0027essere  sempre\ncontestualizzato all\u0027interno delle ben  piu\u0027  ampie  dinamiche  della\nvita personale e sociale del tossicodipendente. \n    4.2.3. Infine, ritiene  il  decidente  che  la  norma  censurata,\nprecludendo per le sostanze stupefacenti  (e  per  le  ragioni  supra\nspiegate) l\u0027accertamento di uno stato mentale in  concreto  idoneo  a\nsuperare la finzione giuridica di cui all\u0027art. 93 del codice  penale,\ncontrasti con il principio di personalita\u0027 e di finalita\u0027 rieducativa\ndella pena di cui all\u0027art. 27, terzo  comma  della  Costituzione,  da\nintendersi sia come divieto imposto al legislatore di ricorrere  alla\nc.d. responsabilita\u0027  oggettiva,  fondate  sul  mero  versori  in  re\nillicita, sia, nelle ipotesi di possibile riconoscimento di un  vizio\ndi mente parziale, ai  sensi  dell\u0027art.  89  del  codice  penale,  in\ntermini  di  «individualizzazione  del  trattamento   sanzionatorio»,\ndiretta   a   rendere   quanto   piu\u0027   possibile   «personale»    la\nresponsabilita\u0027 penale e, nello stesso tempo, quanto  piu\u0027  possibile\n«finalizzata» la pena determinata in caso  di  condanna  (cfr.  Corte\ncostituzionale, n. 50/1980), giacche\u0027, come piu\u0027 volte rammentato  da\ncodesta Corte, una pena non proporzionata alla gravita\u0027 del fatto  si\nrisolve in un ostacolo alla sua funzione rieducativa (cfr. ex multis,\nCorte  costituzionale,  sentenze  n.  236/2016,  n.  68/2012   e   n.\n341/1994). \n    In  questo  senso,  il   principio   della   personalita\u0027   della\nresponsabilita\u0027 penale impone uno stretto legame tra  colpevolezza  e\nliberta\u0027 di agire  e  di  volere  dell\u0027uomo,  intesa  come  capacita\u0027\ndell\u0027uomo di autodeterminarsi, di decidere tra piu\u0027  alternative,  in\nultima istanza, come liberta\u0027 di agire altrimenti  dell\u0027individuo,  a\ncui comunque deve potersi muovere un rimprovero individuale  (perche\u0027\nil soggetto e\u0027 stato nelle condizioni di comprendere  il  significato\nnocivo della  propria  azione  nel  giudizio  di  valore  che  impone\nl\u0027inflizione di un castigo), sia pure estraneo allo stato psicologico\ndel momento, ai sensi dell\u0027art. 42 del codice penale, in  un  disegno\ncomplessivo diretto a  garantire  la  certezza  e  la  prevedibilita\u0027\ndell\u0027agire umano. \n    Per altro verso, una pena applicata a  prescindere  dall\u0027esigenza\ndi rieducazione del  condannato  incolpevole,  solo  per  ragioni  di\ndeterrenza    di    natura    generai-preventiva,    finirebbe    per\n«strumentalizzare» la persona, sacrificando i suoi beni  fondamentali\nper ragioni di politica criminale, in contrasto con il principio c.d.\npersonalistico che ispira la Costituzione. \n    Sul punto, invero, i principi di cui agli articoli 3 e  27  della\nCostituzione «esigono di contenere la privazione della liberta\u0027 e  la\nsofferenza inflitta alla persona umana nella misura minima necessaria\ne sempre allo scopo di favorirne il cammino di recupero, riparazione,\nriconciliazione e reinserimento sociale» (Corte cost. n. 179/2017) in\nvista del «progressivo reinserimento  armonico  della  persona  nella\nsocieta\u0027, che  costituisce  l\u0027essenza  della  finalita\u0027  rieducativa»\ndella pena (cfr. Corte costituzionale n. 149/2018). \n    La  stessa  Corte  costituzionale,  dichiarando  l\u0027illegittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 69, quarto comma del  codice  penale,  nella\nparte in cui statuisce il divieto  di  prevalenza  della  circostanza\nattenuante di cui all\u0027art. 89 del  codice  penale  sulla  circostanza\naggravante della recidiva, ha di  recente  (sentenza  n.  73  del  24\naprile 2020) colto l\u0027occasione per precisare  che  «il  principio  di\nproporzionalita\u0027 della pena rispetto  alla  gravita\u0027  del  reato,  da\ntempo affermato da questa Corte sulla base di una  lettura  congiunta\ndegli articoli 3 e 27, terzo comma, Costituzione  (a  partire  almeno\ndalla sentenza n.  343  del  1993;  in  senso  conforme,  ex  multis,\nsentenze n. 40 del 2019, n. 233 del 2018, n. 236 del 2016)  esige  in\nvia generale che la pena sia  adeguatamente  calibrata  non  solo  al\nconcreto contenuto  di  offensivita\u0027  del  fatto  di  reato  per  gli\ninteressi protetti, ma anche al  disvalore  soggettivo  espresso  dal\nfatto medesimo (sentenza n. 222 del 2018). E il quantum di  disvalore\nsoggettivo dipende in maniera determinante  non  solo  dal  contenuto\ndella volonta\u0027 criminosa (dolosa o colposa) e dal grado  del  dolo  o\ndella colpa, ma anche dalla eventuale presenza di fattori  che  hanno\ninfluito sul processo motivazionale dell\u0027autore,  rendendolo  piu\u0027  o\nmeno rimproverabile»; fattori tra i quali si  colloca,  in  posizione\npreminente,  «proprio   la   presenza   di   patologie   o   disturbi\nsignificativi della personalita\u0027 (cosi\u0027 come  definiti  da  Corte  di\ncassazione, sezioni unite penali, sentenza 25 gennaio - 8 marzo 2005,\nn. 9163) come quelli che la scienza  medico-forense  stima  idonei  a\ndiminuire, pur senza escluderla totalmente, la capacita\u0027 di intendere\ne di volere dell\u0027autore del reato». \n    D\u0027altro   lato,   appare   evidente   come   l\u0027eventuale   palese\nsproporzione  della  risposta  punitiva  -  e  del  sacrificio  della\nliberta\u0027 personale -, anche e specialmente nelle ipotesi  in  cui  la\npena deve mirare non soltanto alla rieducazione ma  anche  alla  cura\ndel condannato, compromette ab initio  il  processo  rieducativo,  al\nquale il reo tendera\u0027 a non  prestare  adesione,  gia\u0027  solo  per  la\npercezione di subire una condanna ingiusta, svincolata dalla gravita\u0027\ne dal disvalore della propria condotta) (10) . \n    Tutto quanto innanzi premesso, appare di tutta evidenza  come  si\nriveli  alquanto  pregiudizievole  per  l\u0027efficacia  rieducativa   in\nconcreto  della  pena,  rispetto  ai  casi  di  scarsa  gravita\u0027,  la\npreclusione  della   possibilita\u0027   di   riconoscere   una   minorata\nresponsabilita\u0027  soggettiva  del  reo,  favorendo  l\u0027applicazione  di\nmisure di  sicurezza,  certamente  piu\u0027  adeguate  nelle  ipotesi  di\nimputabilita\u0027 diminuita, in  quanto  recanti  un  profilo  di  «cura»\nassociato al contenimento della pericolosita\u0027. \n    In particolare, essendo preclusa  la  possibilita\u0027  di  accertare\nl\u0027esistenza di una patologia di carattere permanente ed irreversibile\nidonea a consentire l\u0027applicazione delle norme di cui all\u0027art.  88  e\n89 del codice penale, nelle ipotesi in cui e\u0027 in astratto ravvisabile\nuna diminuita capacita\u0027 di intendere o di  volere  del  responsabile,\ndifetta la  possibilita\u0027  di  applicare  un  trattamento  adeguato  e\nproporzionato al  singolo  caso  concreto,  nonche\u0027  di  ricorrere  a\ntrattamenti finalizzati al recupero e al reinserimento del reo  nelle\nipotesi in cui quest\u0027ultimo, pur essendosi reso responsabile  di  una\ncondotta criminosa, meriti una ridotta rimproverabilita\u0027 proprio  per\nil suo minore grado di  discernimento  del  disvalore  della  propria\ncondotta ovvero della sua minore capacita\u0027 di  controllo  dei  propri\nimpulsi, al momento di commissione del fatto, in  frontale  contrasto\ncon la finalita\u0027 rieducativa della pena. \n    4.3. Ritenuta l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale della norma di  cui\nall\u0027art. 95 del codice penale,  cosi\u0027  come  interpretata  alla  luce\ndell\u0027univoco indirizzo giurisprudenziale costituente diritto  vivente\nsupra richiamato, e\u0027 onere di  questo  giudice  verificare  se  della\ndisposizione censurata possa essere  offerta,  nell\u0027osservanza  degli\nordinari  criteri  ermeneutici,  un\u0027interpretazione  adeguatrice,  in\ngrado  di  porla  al  riparo  dalle  sollevate  censure  e   comunque\nrispettosa  dei  parametri  costituzionali,  non  sussistendo   alcun\nobbligo di uniformarsi all\u0027interpretazione stabilizzata  (cfr.  Corte\ncostituzionale, n. 230 del 12 ottobre 230). \n    Cio\u0027 posto, l\u0027unico percorso interpretativo  praticabile,  appare\nquello apparentemente «suggerito» dalla stessa  Corte  costituzionale\ncon la sentenza n. 114/1998 (la quale, nel richiamare i  progetti  di\nriforma del codice  penale  degli  anni  \u002790,  sottolinea  lo  spazio\nautonomo assegnato  alla  «cronica  intossicazione  da  alcool  o  da\nsostanze stupefacenti» rispetto alle ipotesi  di  infermita\u0027  o  alle\naltre anomalie, in questo senso svincolandola proprio dal concetto di\ninfermita\u0027) e fatto proprio dalla nota sentenza  della  Cassazione  a\nSS.UU. n. 9163/2005, che, con uno storico cambio di rotta destinato a\nfare da viatico anche nei confronti di  quei  disturbi  psichici  non\nperfettamente inquadrabili dalla nosografia  clinica,  ha  aperto  la\ncategoria del vizio di  mente  a  tali  condizioni,  comprensive  dei\ndisturbi mentali o disordini dell\u0027umore o del  pensiero,  scavalcando\nla nozione classica di malattia psichiatrica. \n    In questo senso, ci si chiede  se  sia  possibile  ipotizzare  la\nsussistenza di uno stato di cronica intossicazione da stupefacenti in\npresenza di una condizione di infermita\u0027 nella quale  siano  compresi\nanche i gravi  disturbi  di  personalita\u0027  che,  pur  non  avendo  un\ninquadramento nosografico ed essendo transeunti e reversibili,  siano\ndi  consistenza,   intensita\u0027,   rilevanza   e   gravita\u0027   tali   da\nconcretamente incidere sulla capacita\u0027 di intendere e di volere. \n    Seguendo tale approccio interpretativo, sarebbe possibile  aprire\nalla possibilita\u0027 di riconoscere legittimazione  alla  categoria  dei\n«Disturbi correlati a sostanze» (Disturbo da uso  di  sostanze  DUS),\nriconosciuta dal DSM-V, ai fini della configurabilita\u0027 di  uno  stato\ndi cronica intossicazione, sia pure in presenza di sintomatologia non\npermanente ne\u0027 irreversibile. \n    Nell\u0027identificazione del disturbo sarebbero pertanto utilizzabili\ni criteri elaborati dalla psichiatria forense, in  relazione  ad  una\nsintomatologia riscontrata entro un termine di dodici mesi: \n        1. Tolleranza: fenomeno caratterizzato dal  bisogno  di  dosi\nnotevolmente   piu\u0027   elevate   della   sostanza   per    raggiungere\nl\u0027intossicazione o l\u0027effetto desiderato; \n        2. Astinenza: manifestata dalla  caratteristica  sindrome  di\nastinenza, la quale porta ad assumere la sostanza (o una strettamente\ncorrelata a quella abituale) per attenuare o evitarne i sintomi; \n        3.  Interruzione  o  riduzione   delle   attivita\u0027   sociali,\nlavorative o ricreative, con danni sul funzionamento della persona; \n        4. Desiderio persistente o tentativi infruttuosi di ridurre o\ncontrollare l\u0027uso della sostanza; \n        5. Quantita\u0027 significative di tempo impiegato nella ricerca e\nnell\u0027assunzione della sostanza; \n        6. Perdita del controllo ed attuazione di comportamenti d\u0027uso\ncompulsivi; \n        7.   Uso   continuativo   della   sostanza   nonostante    la\nconsapevolezza di avere un  problema  persistente  o  ricorrente,  di\nnatura fisica o psicologica, causato o esacerbato dalla sostanza; \n        8. Uso frequente  con  incapacita\u0027  di  adempiere  ai  propri\ncompiti; \n        9. Uso della sostanza in situazioni a rischio; \n        10. Uso ricorrente della sostanza nonostante l\u0027insorgenza  di\nproblemi sociali o interpersonali; \n        11. Craving, inteso in termini di desiderio impulsivo per una\nsostanza  psicoattiva,  per   un   cibo   o   per   qualunque   altro\noggetto-comportamento gratificante. \n    In dettaglio, proprio la sintomatologia del craving  consente  di\nspiegare il  modello  dell\u0027addiction  elaborato  sulla  scorta  delle\nevidenze del progresso neuroscientifico degli ultimi  trentanni,  che\nha consentito di verificare come le sostanze psicoattive agiscano sul\nsistema   nervoso,    alterando    il    normale    equilibrio    dei\nneurotrasmettitori e di fatto i  processi  del  c.d.  circuito  della\ngratificazione ovvero i processi di elaborazione  delle  informazioni\ned i processi critici cerebrali che interagiscono  con  il  controllo\ncomportamentale. \n    Sul punto, invero, una recente rassegna  di  studi  ha  accertato\nche, in caso di dipendenza in fase  avanzata,  sono  ravvisabili  una\nserie di alterazioni inerenti non soltanto la struttura  del  sistema\nnervoso centrale - con la riduzione della capacita\u0027  della  corteccia\nprefrontale  di  dare  il  via  a   comportamenti   in   risposta   a\ngratificazioni biologiche, di fatto diminuendo il controllo cognitivo\ne incrementando l\u0027impulso glutamatergico nella risposta allo  stimolo\nassociato  alla  sostanza  -,  ma  altresi\u0027  il  profilo  sensoriale,\ngenerando una visione distorta della realta\u0027 e condizionando lo stato\npsichico del soggetto, rendendolo il piu\u0027  delle  volte  incapace  di\ndeterminarsi razionalmente, sebbene le due forme di alterazione siano\ncomunque influenzate da fattori individuali (condizioni genetiche con\ndeficit del sistema dopaminergico e controllo comportamentale), oltre\nche da fattori familiari e  socio-ambientali,  come  la  mancanza  di\nadeguate cure, supporto e controllo parentale, ovvero  condizioni  di\ndeprivazione affettiva, eventi e condizioni di vita stressanti. \n    In questo senso, l\u0027addiction assume i  contorni  di  un  disturbo\ndella cognizione sociale, configurandosi in termini di una condizione\npatologica  progressiva  in  grado  di  ledere  fortemente  lo  stato\ngenerale di salute psico-fisica dell\u0027individuo e di condizionarne  in\nmodo sostanziale e pervasivo il comportamento in ambito personale; ed\ne\u0027 per l\u0027effetto una condizione in grado di influire sullo  stato  di\nmente  dell\u0027individuo  e  ricondurlo  a  condizioni  di   infermita\u0027,\nvariabili per intensita\u0027 in funzione della gravita\u0027 del disturbo. \n    Ritiene tuttavia il  decidente  che  tale  interpretazione  della\n«cronica intossicazione»,  riferita  non  soltanto  ad  una  malattia\npsichiatrica ma anche a gravi  disturbi  di  personalita\u0027,  sia  pure\nstrettamente correlati alla realizzazione della condotta non soltanto\nnon consente il superamento delle censure di  indeterminatezza  e  di\nirragionevolezza della disposizione di cui  all\u0027art.  95  del  codice\npenale supra illustrate, in assenza di solide basi  scientifiche  che\nconsentano di individuare una patologia somatica o neurologica ovvero\nuna condizione di disturbo specifica ma si pone in contrasto  con  il\npresupposto della  cronica  intossicazione  nei  termini  voluti  dal\nlegislatore del 1930,  ipotizzabile  soltanto  quando  l\u0027abuso  abbia\ncomportato «alterazioni psichiche permanenti». \n    Non puo\u0027 sottacersi che l\u0027art. 95 del codice penale si  inserisce\nimmediatamente dopo una serie di  disposizioni  che  contemplano  una\nsorta di anticipazione del «rimprovero» rivolto all\u0027autore del  fatto\nillecito nel momento dell\u0027assunzione della sostanza e non·al  momento\ndella realizzazione della  condotta  commesso  sotto  l\u0027azione  della\nsostanza: so bene o posso immaginare che quando hai commesso il fatto\neri in condizioni di capacita\u0027  assente  o  scemata,  ma  ti  punisco\nperche\u0027 sei stato tu a porti in questo stato e, piuttosto, ti punisco\ncon maggiore severita\u0027 se accerto il tuo atteggiamento antisociale di\npersona dedita al  consumo  di  stupefacenti.  Nondimeno,  non  posso\nmuoverti analogo rimprovero se accerto  che  quando  hai  assunto  la\nsostanza e quando hai commesso il fatto la tua capacita\u0027 era  assente\no scemata grandemente. \n    Pretendere l\u0027esistenza di  una  pre-condizione  di  infermita\u0027  o\nanche soltanto di disturbo di personalita\u0027 quale l\u0027addiction in primo\nluogo, condurrebbe a  pronunciamenti  tautologici:  dovendo  spiegare\nquali siano le infermita\u0027 idonee a produrre incapacita\u0027 di  intendere\ne di volere si risponde che si intende infermita\u0027  quello  stato  che\nproduce incapacita\u0027 di intendere  e  di  volere,  proprio  in  quanto\nqualsiasi  situazione  morbosa,   anche   se   non   ben   definibile\nclinicamente, e\u0027 idonea a configurare il vizio di mente,  purche\u0027  la\nsua intensita\u0027 sia tale  da  escludere  o  diminuire  grandemente  le\ncapacita\u0027 intellettive e volitive del soggetto. \n    In secondo luogo, crea distonia ed  incoerenza  con  il  sistema,\ngiacche\u0027, per le considerazioni esposte, ai sensi  dell\u0027art.  95  del\ncodice  penale,  la  cronica  intossicazione  rappresenta  lo  stadio\nconclusivo dell\u0027alcolismo o della  tossicodipendenza,  caratterizzato\nda una vera e propria stabilita\u0027 dei fenomeni tossici, che persistono\nanche dopo l\u0027eliminazione delle sostanze  dall\u0027organismo  e  che  non\nsono assenti neanche negli intervalli di astinenza. \n    In  questo  senso,  a   differenza   del   carattere   transeunte\ndell\u0027assunzione abituale  di  sostanze  e  del  carattere  acuto  dei\nfenomeni tossici, l\u0027intossicazione cronica e\u0027 considerata un  vero  e\nproprio status, caratterizzato da incapacita\u0027 totale  o  parziale  di\nautodeterminarsi liberamente, tale da rendere incoercibile, in  primo\nluogo, la necessita\u0027 di ingerire sostanze tossiche, in secondo luogo,\nla condotta criminosa. \n    Adoperando  una   suggestiva   espressione   elaborata   riguardo\nall\u0027ubriaco, il tossicodipendente abituale e\u0027  folle  perche\u0027  assume\nsostanze psicoattive, mentre l\u0027intossicato  cronico  assume  sostanze\npsicoattive perche\u0027 e\u0027 folle. \n    Cio\u0027   posto,   nell\u0027impossibilita\u0027   di   calare   le    nozioni\nnaturalistiche nell\u0027ambito della norma giuridica  e  distinguere  tra\ncronicita\u0027 d\u0027uso e cronicita\u0027 semeiologicamente evidenziabile,  anche\nin rapporto all\u0027assenza di solide basi scientifiche e diversamente da\nquanto  avviene  nell\u0027ambito  della  problematica  dell\u0027imputabilita\u0027\nconnessa all\u0027abuso di sostanze alcoliche, ritiene questo giudice  che\nl\u0027unica via  che  consenta  di  ritenere  la  disposizione  censurata\nconforme ai principi di uguaglianza e di personalita\u0027 della pena  sia\nla previsione di una cronicita\u0027 dell\u0027intossicazione ancorata  non  ad\nuna condizione di infermita\u0027, di malattia o di disturbo, con  effetti\npermanenti o irreversibili,  ma  ad  una  cronicita\u0027  d\u0027uso,  diversa\ndall\u0027uso abituale  e  riferibile  a  quello  stadio  dell\u0027iter  della\ntossicomania in cui si produce  l\u0027effetto  peculiare  dell\u0027addiction,\nindividuabile sulla base della sintomatologia proposta  dal  DSM-V  e\nsostanzialmente caratterizzato da una limitazione della volonta\u0027, che\n- e\u0027 bene evidenziarlo - si manifesta nei confronti  del  consumo  di\ndroga, senza necessariamente  generalizzarsi  o  estendersi  ad  ogni\naltro  settore  dell\u0027agire  e  in  particolare  alla  commissione  di\ndelitti. \n    Valutata la configurabilita\u0027 di una condizione di cronicita\u0027  nel\nsenso dianzi illustrato, sulla  scorta  di  criteri  diagnostici  ben\ndefiniti, l\u0027accertamento di eventuali connessioni tra gli  esiti  del\nprolungato abuso e le caratteristiche della personalita\u0027 di base  del\ntossicomane,  nonche\u0027  la  verifica   di   un\u0027evoluzione   verso   la\nradicalizzazione delle componenti nevrotiche  o  verso  lo  scompenso\npsicotico,  e  l\u0027esistenza  di  un  nesso  eziologico  con  il  fatto\nsarebbero  dunque   consentite   dall\u0027espresso   richiamo   contenuto\nnell\u0027art. 95 del codice penale alle disposizioni di cui agli articoli\n88 e 89 del codice penale. \n    Una simile prospettazione consentirebbe a parere del decidente di\nriportare il  concetto  di  cronica  intossicazione  da  stupefacenti\nnell\u0027alveo della determinatezza  e  del  rispetto  del  principio  di\nlegalita\u0027,  spostando  il  relativo  accertamento  alla   valutazione\nnormativa spettante al Giudice, peraltro, del tutto in  linea  con  i\nprogetti di riforma delle norme in materia di imputabilita\u0027, i  quali\ntraggono tutti ispirazione  dalla  considerazione  dell\u0027inadeguatezza\ndella categoria dell\u0027incapacita\u0027 di intendere e  di  volere  e  della\nscarsa predittivita\u0027 degli indicatori  dell\u0027infermita\u0027  psichica,  da\nconsiderarsi al pari di uno stato patologico transitorio, curabile e,\nin molti casi, anche sanabile. \n    Tale da ultimo il progetto della Commissione Pelissero presentato\nin data 5 giugno 2018, nel quale il concetto  di  infermita\u0027  non  e\u0027\npiu\u0027 la chiave di lettura, ma la clausola di chiusura delle cause  di\nesclusione dell\u0027imputabilita\u0027, incentrate sui gravi disturbi psichici\n(coincidenti  con  le  anomalie  dello  spettro   psicotico)   e   di\npersonalita\u0027  (evidentemente  comprensivi  delle  nevrosi   e   delle\npsicopatie), a superamento  i  progetti  elaborati  dalle  precedenti\nCommissioni Grosso (1998) e Pisapia (2007),  le  cui  formule  ancora\ncontenevano il testuale  richiamo  alla  «cronica  intossicazione  da\nalcol o stupefacenti», associandole al concetto di infermita\u0027. \n    5. Il petitum della presente ordinanza. \n    Rispetto alla manifesta incostituzionalita\u0027  della  norma,  fermo\nrestando il potere della Corte costituzionale di  individuare  -  ove\nritenga fondate  le  questioni  -,  la  pronuncia  piu\u0027  idonea  alla\nreductio ad legitimitatem della disposizione  censurata  (cfr.  Corte\ncostituzionale n. 221/2023), ritiene questo giudice che sia  comunque\npossibile il ricorso ad una soluzione  «costituzionalmente  adeguata»\n(cfr. Corte costituzionale sentenza n. 40/2019), tale  da  consentire\nalla  Corte  adita  di  porre  rimedio   nell\u0027immediato   al   vulnus\nriscontrato     con     un     vero     e     proprio      intervento\nmanipolativo/interpretativo. \n    Ebbene, a parere di questo  giudice,  al  fine  di  garantire  il\nrispetto degli articoli 3 e 27, terzo comma della  Costituzione,  non\nritenendosi percorribili interpretazioni  conformi  a  tali  principi\ndella norma censurata, tenuto conto del  chiaro  tenore  letterale  e\ndella ratio della stessa e\u0027 necessaria una  decisione  interpretativa\ndel concetto della cronica intossicazione contenuto nell\u0027art. 95  del\ncodice  penale,  restando  poi   ferma   la   possibilita\u0027   di   una\nrimeditazione organica della materia da parte  del  legislatore,  con\nl\u0027adozione, nell\u0027ambito della sua discrezionalita\u0027, di altra  e  piu\u0027\ncongrua soluzione, purche\u0027 rispettosa dei principi costituzionali. \n    In subordine, si chiede  in  ogni  caso  un  intervento  di  tipo\nadditivo, che consenta il ricorso  all\u0027accertamento  delle  cause  di\nesclusione dell\u0027imputabilita\u0027, ai sensi degli articoli 88  e  89  del\ncodice   penale,   anche   alle   ipotesi   diverse   dalla   cronica\nintossicazione, laddove ricorra  una  condizione  inquadrabile  nella\ncategoria dei disturbi da  dipendenza  ovvero  correlati  all\u0027uso  di\nsostanze psicotrope e non associata ad infermita\u0027 ovvero altri  gravi\ndisturbi della personalita\u0027. \n\n(1) Cfr. referto di visita psichiatrica in data  ,  ove  il  paziente\n    appariva angosciato, allucinato e delirante e accusava i genitori\n    di avergli fatto del male la notte precedente. \n\n(2) Cfr. in particolare, relazione del , nella quale si evidenzia che\n    durante la degenza in reparto «non sono stati rilevati episodi di\n    discontrollo comportamentale» ne\u0027 «alterazioni ideative  o  della\n    sfera ideopercettiva» e che anche successivamente all\u0027ingresso in\n    REMS, il paziente, pur presentando un  profilo  di  funzionamento\n    cognitivo deficitario, «e\u0027 apparso gestibile dal punto  di  vista\n    comportamentale», senza «segni o  sintomi  riferibili  all\u0027ambito\n    psicotico o alterazioni  rilevanti  dell\u0027umore»,  ovvero  aspetti\n    psicopatologici di rilievo o  sintomi  o  segni  riconducibili  a\n    diagnosi psichiatriche di asse I. \n\n(3) Osserva la Corte nella richiamata sentenza n.  114/1998  che  «e\u0027\n    d\u0027altra parte opportuno,  proprio  in  relazione  al  sistema  di\n    rigore instaurato con la sancita irrilevanza penale  dello  stato\n    tossico  acuto,  espressamente  escluso  che  una  intossicazione\n    cronica, e cioe\u0027 non piu\u0027 dominabile dal soggetto, possa a quella\n    severa parificazione». \n\n(4) Cio\u0027 in linea con il concetto generale di «malattia»  secondo  la\n    scienza medica, che lo riconduce a quel  «complesso  di  fenomeni\n    che si instaurano in un organismo vivente quando una causa alteri\n    l\u0027integrita\u0027  strutturale  delle  sue  parti,  oppure  ne  faccia\n    deviare il funzionamento in senso dannoso». \n\n(5) In altri  termini,  deve  trattarsi  «di  un  disturbo  idoneo  a\n    determinare una situazione di assetto psichico incontrollabile ed\n    ingestibile, che, incolpevolmente,  rende  l\u0027agente  incapace  di\n    esercitare   il   dovuto   controllo   dei   propri   atti,    di\n    conseguentemente indirizzarli, di percepire il disvalore  sociale\n    del fatto, di autonomamente liberamente, autodeterminarsi». \n\n(6) Si richiamano sul punto i molteplici studi preclinici e  clinici,\n    coerenti  nel  mostrare   specifici   cambiamenti   neuroplastici\n    molecolari  e  funzionali  a  livello  sinaptico   e   circuitale\n    innescati da un\u0027esposizione ripetuta alla sostanza. \n\n(7) Interessante al riguardo e\u0027 l\u0027esito di una nota ricerca  eseguita\n    sui militari del Vietnam, dalla quale e\u0027 risultato come oltre  il\n    90% dei soldati che,  durante  la  guerra,  avevano  problemi  di\n    tossicodipendenza da eroina, smisero spontaneamente  di  assumere\n    la droga al ritorno nella madrepatria, in  molti  casi  senza  il\n    bisogno di ricorrere  ad  alcun  tipo  di  intervento  specifico,\n    soltanto in seguito ad un cambiamento radicale  del  contesto  di\n    vita. \n\n(8) Trattasi di  un  modello  bio-psico-sociale  che  sostanzialmente\n    richiama il concetto  olistico  di  salute  fatto  proprio  dalla\n    Organizzazione mondiale  della  sanita\u0027  nel  lontano  1946:  «la\n    salute non e\u0027 semplicemente l\u0027assenza di malattia, ma e\u0027 lo stato\n    di  completo  benessere  fisico,  mentale  e   sociale»   e   che\n    concettualizza l\u0027addiction considerando che «la mente e il  corpo\n    sono collegati e  sia  la  mente  sia  il  corpo  influenzano  lo\n    sviluppo  l\u0027evoluzione  della  dipendenza,  all\u0027interno   di   un\n    determinato contesto sociale e culturale». \n\n(9) Secondo la letteratura scientifica, le droghe  sono  classificate\n    in quattro insiemi, distinti in base all\u0027effetto  che  hanno  sul\n    sistema nervoso centrale: droghe che deprimo il  sistema  nervoso\n    centrale; droghe che riducono la sensazione di dolore; droghe che\n    stimolano il sistema nervoso centrale;  droghe  che  alterano  la\n    funzione percettiva. \n\n(10) In altri termini, come osservato in dottrina, «il  principio  di\n     risocializzazione della pena diviene la bussola principale nella\n     scelta del tipo  e  dell\u0027entita\u0027  della  sanzione,  rendendo  il\n     sindacato della Corte costituzionale pienamente lecito,  qualora\n     la norma  incriminatrice  palesi  un  trattamento  sanzionatorio\n     abnorme rispetto al fine rieducativo». \n\n \n                                P.Q.M. \n \n    Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 legge costituzionale\n1° febbraio 1948 e 23 e seguenti legge n. 87 dell\u002711 marzo 1953, \n \n                              Dichiara: \n \n    D\u0027ufficio  rilevante  e   non   manifestamente   infondata,   con\nriferimento  agli  articoli  3,  27,  terzo   comma   e   111   della\nCostituzione, la questione  di  costituzionalita\u0027  dell\u0027art.  95  del\ncodice penale, interpretato nel senso di  richiedere  ai  fini  della\n«cronica intossicazione» l\u0027esistenza di una condizione di infermita\u0027,\ndi malattia o di disturbo, con effetti permanenti o irreversibili,  e\nnon una cronicita\u0027 d\u0027uso; \n    In subordine, con riferimento agli articoli 3, 27, terzo comma  e\n111 della Costituzione, la questione di  costituzionalita\u0027  dell\u0027art.\n95 del codice penale, nella parte in cui, per  i  fatti  commessi  in\npresenza di una condizione inquadrabile nella categoria dei  disturbi\nda dipendenza ovvero correlati all\u0027uso di sostanze psicotrope  e  non\nassociata  ad  infermita\u0027   ovvero   altri   gravi   disturbi   della\npersonalita\u0027, limita l\u0027applicazione delle norme di cui agli  articoli\n88  e  89  del  codice  penale  alle  sole  situazioni   di   cronica\nintossicazione; \n    Dichiara sospeso il processo a carico di  R  J  S  ,  nonche\u0027  il\ndecorso della  prescrizione  dei  reati  fino  alla  definizione  del\ngiudizio dinanzi alla Corte costituzionale; \n    Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; \n    Dispone che la presente  ordinanza  sia  notificata  alle  parti,\nnonche\u0027 al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata  ai\npresidenti delle due Camere del Parlamento. \n        Bergamo, 2 aprile 2025 \n \n                       Il giudice: Solombrino","elencoNorme":[{"id":"62498","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"cp","denominaz_legge":"codice 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