GET https://collaudocorte.strategiedigitali.net/scheda-conflitto/2025/2

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Omar  Chessa\n(c.f.: CHSMRO70E30I452L, fax: 0706062418, PEC:  ochessa@pec.it),  dal\nprof. avv. Antonio Saitta (c.f.: STTNTN63M13F158C;  fax:  0706062418,\nPEC:  antonio.saitta@certmail-cnf.it),  del  libero  Foro,  dall\u0027avv.\nMattia   Pani   (c.f.:   PNAMTT74P02B354J;   fax   0706062418;   PEC:\nmapani@pec.regione.sardegna.it) e dall\u0027avv. Alessandra  Putzu  (c.f.:\nPTZLSN73B41F979D;          fax:           070/6062418;           PEC:\naputzu@pec.regione.sardegna.it)      dell\u0027Avvocatura       dell\u0027ente,\nelettivamente domiciliata presso l\u0027Ufficio  di  rappresentanza  della\nRegione Sardegna in Roma, Via Lucullo n. 24 e  presso  gli  indirizzi\npec dei nominati difensori; \n    Contro lo Stato e per esso contro la Presidenza del Consiglio dei\nministri, in  persona  del  Presidente  del  Consiglio  pro  tempore,\nrappresentato e difeso ex lege dall\u0027Avvocatura generale dello Stato, \n    e \n    il Collegio regionale di  garanzia  elettorale  presso  la  Corte\nd\u0027appello di Cagliari, in persona  del  presidente  pro  tempore,  ai\nsensi dell\u0027art. 27, comma 2,  delle  norme  integrative  della  Corte\ncostituzionale del 22 luglio 2021, \n    e \n    il Ministero della giustizia,  nella  persona  del  Ministro  pro\ntempore, rappresentato e  difeso  ex  lege  dall\u0027Avvocatura  generale\ndello Stato, ai sensi dell\u0027art. 27, comma 2, delle norme  integrative\ndella Corte costituzionale del 22 luglio 2021; \n    Per la dichiarazione che, ai sensi degli articoli  15,  35  e  50\ndello statuto speciale per la Regione Sardegna in combinato  disposto\ncon gli articoli 1 e 22 della legge statutaria regionale 12  novembre\n2013, n. 1 e degli articoli 97, 122 della  Costituzione,  non  spetta\nallo Stato, e per esso al Collegio regionale di  garanzia  elettorale\nistituito presso la Corte d\u0027appello di Cagliari con  le  funzioni  ex\nart. 13 della legge del 10 dicembre 1993,  n.  515,  di  imporre  «la\ndecadenza dalla carica  del  candidato  eletto»  a  presidente  della\nregione, e disporre  con  «ordinanza/ingiunzione  al  presidente  del\nconsiglio regionale ... l\u0027adozione del provvedimento di decadenza  di\nTodde Alessandra dalla carica di presidente della Regione  Sardegna»,\nnonche\u0027 \n    Per l\u0027annullamento dell\u0027ordinanza/ingiunzione adottata,  in  data\n20 dicembre 2024,  dalla  Corte  d\u0027appello  di  Cagliari  -  Collegio\nregionale di garanzia elettorale,  depositata  in  cancelleria  il  3\ngennaio 2025, notificata in pari  data  a  «Giampiero  Comandini  ...\nnella sua  qualita\u0027  di  presidente  del  consiglio  regionale  della\nSardegna c/o sede  istituzionale,  Palazzo  del  consiglio  regionale\ndella Regione Sardegna» e all\u0027ing. Alessandra Todde, presidente della\nRegione autonoma della Sardegna in Cagliari, Via  Trento  69  c/o  la\nPresidenza della regione, con  cui  la  riportata  lesione  e\u0027  stata\naffermata e concretamente esercitata, nella parte in cui  «si  impone\n..., stante l\u0027accertata violazione delle norme  che  disciplinano  la\ncampagna elettorale, la decadenza dalla carica del candidato eletto e\ntrasmissione del provvedimento al presidente del consiglio  regionale\nper la procedura di competenza come previsto dall\u0027art. 15,  comma  7,\nlegge n. 515/1993. P.Q.M .... Tenuto  conto  delle  violazioni  della\nnormativa,  cosi\u0027  come  suindicate  dispone  la  trasmissione  della\npresente ordinanza/ingiunzione al presidente del consiglio  regionale\nper quanto di sua competenza in ordine all\u0027adozione del provvedimento\ndi decadenza di Todde Alessandra dalla  carica  di  presidente  della\nRegione Sardegna ...». \n \n                                Fatto \n \n    Il Collegio regionale  di  garanzia  elettorale  per  la  Regione\nSardegna, costituito con il decreto del  presidente  della  Corte  di\nappello 19 aprile 2024 per il quadriennio 2024-2027,  e\u0027  competente,\nai sensi del combinato disposto dell\u0027art. 13,  legge  n.  515/1993  e\ndell\u0027art. 4, legge regionale n. 1/1994, a effettuare per i  candidati\nal consiglio regionale della Sardegna la verifica della regolarita\u0027: \n        delle dichiarazioni  concernenti  le  spese  sostenute  e  le\nobbligazioni   assunte   per   la   propaganda   elettorale    ovvero\nl\u0027attestazione di essersi avvalsi esclusivamente di  materiali  e  di\nmezzi propagandistici predisposti e messi a disposizione dal  partito\no dalla formazione politica della cui lista hanno fatto parte  e  dei\nrendiconti relativi ai contributi e servizi ricevuti  ed  alle  spese\nsostenute per la campagna elettorale. \n    Il  3  gennaio  2025,  tale  Collegio   regionale   di   garanzia\nelettorale, ha notificato al presidente del consiglio regionale della\nSardegna  un\u0027«ordinanza/ingiunzione  in   ordine   all\u0027adozione   del\nprovvedimento di decadenza» dell\u0027ing. Alessandra Todde  dalla  carica\ndi presidente della Regione Sardegna. \n    La  suddetta  «ordinanza/ingiunzione»  (per   usare   la   stessa\nterminologia  impiegata  dal  Collegio  di  garanzia  elettorale),  a\nseguito  della  verifica  della  dichiarazione   e   del   rendiconto\ndepositati dalla candidata Alessandra Todde, «eletta presidente della\nRegione Sardegna in esito alle elezioni  regionali  del  25  febbraio\n2024, cui ha fatto seguito, in data 20 marzo 2024,  la  proclamazione\ndegli eletti», ha premesso che «esaminati gli atti prodotti, vista la\ndelibera adottata nella seduta del 12 novembre 2024 e considerata  la\ndecisione adottata dalla maggioranza del Collegio,  nel  corso  della\nseduta del 16 novembre 2024 - secondo  la  quale  il  candidato  alla\nPresidenza della Regione non sarebbe sottoposto ad  alcun  limite  di\nspesa per la propria campagna elettorale in virtu\u0027 dell\u0027insussistenza\ndi una norma che lo preveda - si e\u0027  proceduto  alla  notifica  delle\ncontestazioni ... formulate come di seguito riportate: \n        1) la depositata dichiarazione di spesa e di  rendiconto  non\ne\u0027 conforme a quanto sancito dall\u0027art. 7,  comma  6  della  legge  n.\n515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della legge  regionale\nSardegna n. 1/1994 ... - si e\u0027 contestata la violazione dell\u0027art.  7,\ncomma 6, legge n. 515/1993, come  richiamato  dall\u0027art.  3,  comma  1\ndella legge regionale Sardegna n. 1/1994; \n        2) non risulta essere stato nominato il  mandatario,  la  cui\nnomina deve ritenersi obbligatoria ai  sensi  dell\u0027art.  7,  comma  3\ndella legge n. 515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma  1  della\nlegge regionale Sardegna  n.  1/1994:  ...  -  si  e\u0027  contestata  la\nviolazione dell\u0027art. 7, comma 3, legge n. 515/1993,  come  richiamato\ndall\u0027art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/1994; \n        3) non risulta essere stato aperto un conto corrente dedicato\nesclusivamente alla raccolta dei fondi ai sensi dell\u0027art. 7, comma  4\ndella legge n. 515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma  1  della\nlegge regionale Sardegna n.  1/1994:  ....  -  si  e\u0027  contestata  la\nviolazione dell\u0027art. 7, comma 4, legge n. 515/1993,  come  richiamato\ndall\u0027art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/1994; \n        4)  non  risulta  l\u0027assegnazione  e  la  sottoscrizione   del\nrendiconto da parte del mandatario che avrebbe dovuto essere nominato\nai sensi dell\u0027art. 7, commi 4 e  6  della  legge  n.  515/1993,  come\nrichiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della  legge  regionale  Sardegna  n.\n1/1994: ... - si e\u0027 contestata la violazione dell\u0027art. 7, commi  4  e\n6, legge n. 515/1993, come richiamati  dall\u0027art.  3,  comma  1  della\nlegge regionale Sardegna n. 1/1994; \n        5) non  e\u0027  stato  prodotto  l\u0027estratto  del  conto  corrente\nbancario o postale, come previsto dall\u0027art. 7, comma 6 della legge n.\n515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della legge  regionale\nSardegna n. 1/1994: ... - si e\u0027 contestata la violazione dell\u0027art. 7,\ncomma 6, legge n. 515/1993, come  richiamato  dall\u0027art.  5,  comma  3\ndella legge regionale Sardegna n. 1/1994; \n        6) non risultano dalla lista movimenti bancari  i  nominativi\ndei soggetti che  hanno  erogato  i  finanziamenti  per  la  campagna\nelettorale  come  previsto  dall\u0027art.  7,  comma  6  della  legge  n.\n515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della legge  regionale\nSardegna n. 1/1994: ... - si e\u0027 contestata la violazione dell\u0027art. 7,\ncomma 6 della legge n. 515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1\ndella legge regionale Sardegna n. 1/1994 e  qualora  i  finanziamenti\ndovessero risultare da societa\u0027, anche l\u0027art. 4, comma 3 della  legge\nn. 659/1981 in combinato disposto con l\u0027art. 7, comma 2  della  legge\nn. 195/1974; \n        7) non risulta su quale conto  corrente  siano  confluite  le\nsomme  indicata  nell\u0027elenco   operazioni   Paypal   prodotto   dalla\ncandidata, ai sensi dell\u0027art. 7, commi 3 e 4 della legge n. 515/1993,\ncome richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della legge  regionale  Sardegna\nn. 1/1994: ... - si e\u0027 contestata la violazione dell\u0027art. 7, comma 4,\nlegge n. 515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1  della  legge\nregionale Sardegna n. 1/1994; \n    Rilevato che la  candidata  Todde  Alessandra,  a  seguito  delle\ncontestazioni effettuate, ha proceduto al deposito di una memoria  ex\nart.  14,  comma  IV,  legge  regionale  n.  515/1993,  con  relativi\nallegati, ... con la quale ha formalizzato le proprie osservazioni in\nrelazione  appunto,  alle  varie  contestazioni  formulate  nei  suoi\nconfronti; .....». \n    Rilevato che «non e\u0027  stato  affatto  contestato  alla  Todde  il\nmancato deposito della dichiarazione di spesa  e  rendiconto  -  come\nprevisto dall\u0027art. 15, comma 8  della  legge  richiamata  (diffida  e\ntermine di quindici giorni,  come  specificatamente  richiesto  dalla\nnorma)  -  ma  l\u0027anomalia  derivante  dalla  non  conformita\u0027   della\ndichiarazione di spesa e rendiconto da lei stessa  presentata»  (cfr.\nsettima  riga  dell\u0027ultimo  capoverso  della  pag.  5  dell\u0027ordinanza\ningiunzione). \n    Il  Collegio  di  garanzia,  con  l\u0027atto  indicato  in  epigrafe,\nconcludeva, per quanto di interesse nel presente giudizio, che  «Alla\nluce delle rilevate irregolarita\u0027 e  violazioni  delle  norme  penali\ninerenti il deposito di dichiarazioni contrastanti e  delle  anomalie\nrilevate - come suesposto - si impone la trasmissione di copia  degli\natti succitati alla Procura della Repubblica in sede  per  quanto  di\neventuale  competenza,  nonche\u0027  la   comminazione   delle   sanzioni\namministrative e, infine, stante l\u0027accertata violazione  delle  norme\nche disciplinano la campagna elettorale, la  decadenza  dalla  carica\ndel candidato eletto e trasmissione del provvedimento  al  presidente\ndel consiglio regionale per la procedura di competenza come  previsto\ndall\u0027art. 15, comma 7, legge n. 515/1993» (pag. 5, ultimo capoverso). \n    Pertanto, sulla base delle riportate contestazioni,  il  Collegio\ndi garanzia elettorale comminava a carico della presidente  Todde  la\nsanzione amministrativa di  40.000,00  euro  e  «tenuto  conto  delle\nviolazioni  della  normativa,  cosi\u0027  come  suindicate   Dispone   la\ntrasmissione della presente ordinanza/ingiunzione al  presidente  del\nconsiglio  regionale  per  quanto  di  sua   competenza   in   ordine\nall\u0027adozione del provvedimento di decadenza di Todde Alessandra dalla\ncarica di presidente della Regione Sardegna ...». \n    Il provvedimento, depositato in cancelleria il  3  gennaio  2025,\nveniva notificato lo stesso giorno a mani proprie  della  presidente,\ning. Alessandra Todde, e al  dott.  Giampiero  Comandini,  nella  sua\nqualita\u0027 di presidente del consiglio regionale della Sardegna. \n \n                               Diritto \n \n1. Premessa. \n    L\u0027art. 134 Cost. dispone che la Corte costituzionale «giudica sui\nconflitti  di  attribuzione  tra  lo  Stato  e   le   regioni».   Una\nspecificazione normativa e\u0027 offerta dall\u0027art. 39 della  legge  n.  87\ndel 1953, il quale dispone che «se la regione invade con un suo  atto\nla sfera di competenza assegnata dalla Costituzione allo Stato ovvero\nad altra regione, lo Stato o la regione  rispettivamente  interessata\npossono proporre ricorso alla Corte costituzionale per il regolamento\ndi competenza»; e che «del pari puo\u0027 produrre ricorso la  regione  la\ncui sfera di competenza costituzionale sia invasa da  un  atto  dello\nStato». \n    Il  dettato  costituzionale  succitato  non  precisa  quali  atti\npossono   impugnarsi,   ma    una    giurisprudenza    costituzionale\nultradecennale ha stabilito che qualsiasi atto puo\u0027 essere  impugnato\n(purche\u0027 diverso da leggi o atti con forza di  legge,  nei  confronti\ndei quali il rimedio e\u0027 il giudizio,  incidentale  o  principale,  di\nlegittimita\u0027 costituzionale delle leggi). Infatti, «costituisce  atto\nidoneo ad innescare  un  conflitto  intersoggettivo  di  attribuzione\nqualsiasi comportamento significante, imputabile allo  Stato  o  alla\nregione, che sia dotato di efficacia e  rilevanza  esterna  e  che  -\nanche se preparatorio o non definitivo -  sia  comunque  diretto  \"ad\nesprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di  esercitare  una\ndata competenza, il cui svolgimento possa determinare  una  invasione\nnella altrui sfera  di  attribuzioni  o,  comunque,  una  menomazione\naltrettanto attuale delle possibilita\u0027 di esercizio della  medesima\"»\n(sentenza n. 22 del 2020, che riprende la sentenza n. 332  del  2011;\nnello stesso senso, vedi le sentt. n. 382 del 2006, n. 211 del 1994 e\nn. 771 del 1988). \n    Affinche\u0027  il  rimedio  sia  esperibile  da  una  regione  devono\nsussistere, tra gli  altri,  due  presupposti  fondamentali:  a)  che\nl\u0027atto lesivo sia di provenienza statale; e b) che sia lesa «la sfera\ncostituzionale di competenza»  della  Regione:  una  lesione  che  si\nproduce allorquando sono violate  norme  costituzionali  relative  ad\nattribuzioni e prerogative degli organi regionali o la cui violazione\ndetermina una «menomazione  delle  possibilita\u0027  di  esercizio  delle\nmedesime» (sentenza n. 332/2011). \n    E\u0027 utile premettere qualche notazione sulla natura giuridica  dei\nCollegi  regionali  di  garanzia  elettorale,  per  poi   argomentare\nl\u0027inerenza allo Stato del Collegio regionale di  garanzia  elettorale\nistituito presso la Corte d\u0027appello di Cagliari. \n2.  La  natura  amministrativa  e  non  giurisdizionale  dei  Collegi\nregionali di garanzia elettorale. \n    La prima questione e\u0027 appurare se l\u0027organo suddetto abbia  natura\ngiurisdizionale.  Bisogna,  infatti,  tenere  presente  che,  secondo\nl\u0027orientamento  di  questa  ecc.ma   Corte   il   conflitto   sarebbe\n«inammissibile se il provvedimento che ne e\u0027 oggetto fosse  censurato\nquanto  a  pretesi  errores   in   iudicando   commessi   dall\u0027organo\ngiurisdizionale, risolvendosi, in quest\u0027ultima ipotesi,  il  giudizio\ndi fronte alla Corte costituzionale  in  un  improprio  strumento  di\ngravame» (sentenza n. 39 del 2007). In altre  parole,  questa  ecc.ma\nCorte ha piu\u0027 volte  ribadito  l\u0027«esigenza  che  il  ricorso  non  si\nrisolva in un mezzo improprio di censura sul modo di esercizio  della\nfunzione giurisdizionale» (sentenza n. 22 del 2020). \n    Sennonche\u0027, la suddetta «strettoia» posta a garanzia  del  potere\ngiurisdizionale non puo\u0027 applicarsi al caso  di  specie,  poiche\u0027  e\u0027\normai pacifico che le funzioni  del  Collegio  non  siano  di  natura\ngiurisdizionale, cosi\u0027 come non ha  natura  giurisdizionale  l\u0027organo\nstesso, come risulta chiaramente  dalla  sentenza  di  questa  ecc.ma\nCorte n. 387 del 1996, in cui si legge  che  i  Collegi  di  garanzia\nelettorale rispondono a «uno schema non certo inedito,  che  vede  in\nmateria elettorale la costituzione di organi amministrativi presso il\ngiudice ordinario». In particolare, essi «operano  nell\u0027ambito  (...)\ndelle Corti d\u0027appello e della Corte di cassazione.  Ma  -  aggiungono\nsempre i giudici costituzionali - tale collocazione non comporta  che\ni Collegi medesimi siano inseriti nell\u0027apparato giudiziario, evidente\nrisultando la carenza, sia sotto  il  profilo  funzionale  sia  sotto\nquello  strutturale,  di  un  nesso   organico   di   compenetrazione\nistituzionale che consenta di ritenere che essi costituiscano sezioni\nspecializzate degli uffici  giudiziari  presso  cui  sono  istituiti.\nBasti notare, con riguardo al primo profilo, che non viene  adottato,\nneppure in parte, il codice di rito e, sotto il secondo profilo,  che\nmanca, nonche\u0027 l\u0027assoggettamento alla sorveglianza dei capi di  detti\nuffici, un  qualunque  collegamento  col  Consiglio  superiore  della\nmagistratura.  Ne\u0027,  d\u0027altronde,   e\u0027   stato   prospettato,   o   e\u0027\nprospettabile  -  stante  il  divieto  in  proposito  sancito   dalla\nCostituzione - che si sia in presenza di giudici speciali». \n    E  dunque,  trattandosi  di  autorita\u0027   amministrative   e   non\ngiurisdizionali, gli errores in iudicando commessi nelle attivita\u0027 di\ninterpretazione e applicazione normativa svolte dai Collegi regionali\ndi garanzia elettorale  sono  sicuramente  scrutinabili  in  sede  di\nconflitto intersoggettivo tra enti ex art. 134 Cost.  e  non  possono\ncostituire un ostacolo all\u0027ammissibilita\u0027 del ricorso. \n3. La natura statale del Collegio regionale di garanzia elettorale. \n    Un\u0027altra   questione,   che   ha   rilievo   decisivo   ai   fini\ndell\u0027ammissibilita\u0027 del ricorso,  e\u0027  se  il  Collegio  regionale  di\ngaranzia elettorale istituito presso la Corte d\u0027appello  di  Cagliari\nabbia natura statale, e cioe\u0027 se possa  ricondursi  alla  nozione  di\n«Stato» che assume rilievo ai fini del conflitto  intersoggettivo  ex\nart. 134 della Costituzione, nonche\u0027 ex art. 39 della legge n. 87 del\n1953. \n    A tale proposito nella sentenza n.  31  del  2006  questa  ecc.ma\nCorte si precisa che  nel  «sistema  ordinamentale  della  Repubblica\n(...) possono verificarsi conflitti tra organi e soggetti, statali  e\nregionali, agenti rispettivamente per fini unitari  o  autonomistici,\nche attingono il livello costituzionale se gli atti o i comportamenti\nche li originano sono idonei a ledere, per invasione  o  menomazione,\nla sfera di attribuzioni  costituzionalmente  garantita  del  sistema\nstatale o di quello regionale, anche  se  non  provengono  da  organi\ndello Stato o della regione intesi  in  senso  stretto  come  persone\ngiuridiche». Infatti, in base all\u0027orientamento  piu\u0027  volte  espresso\ndalla giurisprudenza costituzionale, con riguardo  ai  conflitti  tra\nenti la nozione di  «Stato»  ex  art.  134  della  Costituzione  deve\ninterpretarsi in senso ampio cosicche\u0027 l\u0027ente statale sia «inteso non\ncome persona giuridica, bensi\u0027 come sistema  ordinamentale  (sentenza\nn. 72 del 2005) complesso e articolato, costituito da organi,  con  o\nsenza personalita\u0027 giuridica, ed enti distinti dallo Stato  in  senso\nstretto, ma con esso posti in rapporto  di  strumentalita\u0027  in  vista\ndell\u0027esercizio,  in  forme  diverse,  di  tipiche  funzioni  statali»\n(sentenza n. 31 del 2006). In altre parole, debbono  farsi  rientrare\nnella nozione di «Stato» tutti quegli organi  o  enti  «destinati  ad\nesprimere, nel confronto dialettico  con  il  sistema  regionale,  le\nesigenze unitarie imposte dai valori  supremi  tutelati  dall\u0027art.  5\nCost.» (sentenza  n.  31  del  2006),  e  che  svolgono  un\u0027attivita\u0027\npreordinata  «alla  tutela  di   pregnanti   interessi   di   rilievo\ncostituzionale» (sentenza n. 173 del 2019). \n    Cio\u0027 premesso, e\u0027  di  palmare  evidenza  che  la  vigilanza  sul\nrispetto delle norme in  materia  di  rendiconti  elettorali  e\u0027  una\nfunzione   che   esprime   un\u0027esigenza   unitaria    dell\u0027ordinamento\nrepubblicano. I  poteri  di  controllo  e  sanzionatori  dei  Collegi\nregionali di garanzia elettorale in  ordine  allo  svolgimento  delle\ncampagne  elettorali  ineriscono  strettamente  alla  tutela  di   un\ninteresse pubblico unitario e cio\u0027  ne  qualifica  con  chiarezza  la\nnatura  di  enti  che  esercitano   funzioni   pubbliche   imputabili\nall\u0027apparato statale. \n    Lo prova, altresi\u0027, il fatto che i collegi regionali di  garanzia\nelettorale sono istituiti dagli articoli 13-15 della legge statale n.\n515  del  1993.  Analogamente  a   quanto   precisato   dalla   Corte\ncostituzionale con riguardo agli ordini  professionali  (sentenza  n.\n405 del 2005),  non  pare  percio\u0027  dubbio  che  l\u0027istituzione  e  la\ndisciplina dei Collegi regionali  di  garanzia  elettorale  «risponde\nall\u0027esigenza di tutelare  un  rilevante  interesse  pubblico  la  cui\nunitaria salvaguardia richiede che sia lo Stato a prevedere specifici\nrequisiti di accesso»: e infatti, e la legge statale ad avere fissato\nil criterio di composizione dei suddetti Collegi. \n    A  conferma  inequivocabile  dell\u0027appartenenza  dei  Collegi   di\ngaranzia al sistema ordinamentale dello Stato, va tenuto presente che\ni Collegi sono incardinati in seno all\u0027amministrazione giudiziaria e,\nnel caso di specie, in  seno  all\u0027amministrazione  giudiziaria  della\nCorte di appello di Cagliari. \n    Potrebbe  eccepirsi  che  l\u0027art.  4,  comma  primo,  della  legge\nregionale sarda n. 1 del 1994 dispone che «le funzioni attribuite  ai\ncollegi regionale e centrale di garanzia  elettorale,  costituiti  ai\nsensi degli articoli 13 e 14  della  legge  n.  515  del  1993,  sono\nsvolte, per le elezioni del consiglio regionale della  Sardegna,  dai\nmedesimi  collegi»,  traendo  da  cio\u0027  la  conclusione,  palesemente\nerronea,  che  il  Collegio  cagliaritano  sia  organo   di   livello\nregionale,  in  quanto  svolgente  funzioni   attribuite   da   norme\nlegislative  della  Regione  Sardegna.  Ma  invero   dalla   suddetta\ndisposizione non puo\u0027 certo evincersi che il  Collegio  regionale  di\ngaranzia elettorale istituito presso la Corte d\u0027appello  di  Cagliari\nsia organo regionale anziche\u0027 statale. E\u0027 vero che, con riguardo alle\nelezioni  del  consiglio  regionale,  esercita  anche   funzioni   di\nvigilanza e sanzionatorie attribuite  dal  legislatore  regionale  in\nluogo di quello statale. Tuttavia, va tenuto presente che il suddetto\norgano, istituito da legge statale, svolge funzioni  di  vigilanza  e\nsanzionatori con riguardo alle elezioni della Camera dei  deputati  e\ndel Senato della Repubblica del  Parlamento  (come  si  evince  dagli\narticoli 13 e 14 della  legge  n.  515  del  1993,  Disciplina  delle\ncampagne elettorali per l\u0027elezione alla  Camera  dei  deputati  e  al\nSenato della Repubblica): e non e\u0027 certo pensabile  che  un  medesimo\norgano sia statale allorquando vigili sulle campagne elettorali delle\nelezioni politiche nazionali  per  poi  diventare  regionale  quando,\ninvece,  eserciti  le  sue  funzioni  di  vigilanza  sulle   campagne\nelettorali regionali. \n    Per questo complesso  di  ragioni  occorre  imputare  al  sistema\nordinamentale statale  gli  atti  emessi  dai  Collegi  regionali  di\ngaranzia elettorale nell\u0027esercizio delle funzioni di vigilanza  delle\nnorme in materia di campagna elettorale, e cio\u0027 anche  nelle  ipotesi\nin cui tali norme fossero parzialmente stabilite da norme legislative\nregionali, come e\u0027 il caso dell\u0027ordinamento regionale sardo. \n4.  L\u0027ordinanza  del  20  dicembre  2024  come   «menomazione   delle\npossibilita\u0027 di esercizio» delle funzioni regionali. \n    Per quanto concerne la lesione  della  «sfera  costituzionale  di\ncompetenza» della regione, questa ecc.ma  Corte  ha  da  lungo  tempo\naffermato e costantemente ribadito che «la figura  dei  conflitti  di\nattribuzione non si restringe  alla  sola  ipotesi  di  contestazione\ncirca l\u0027appartenenza del medesimo potere, che ciascuno  dei  soggetti\ncontendenti rivendichi per se\u0027, ma  si  estende  a  comprendere  ogni\nipotesi  in  cui  dall\u0027illegittimo  esercizio  di  un  potere  altrui\nconsegua   la   menomazione   di   una    sfera    di    attribuzioni\ncostituzionalmente assegnate all\u0027altro soggetto» (sentenza n. 259 del\n2019). \n    Sempre  questa  ecc.ma  Corte  ha  precisato,  inoltre,  che   la\n«menomazione» si realizza allorquando sono violate direttamente norme\ncostituzionali relative ad attribuzioni e  prerogative  degli  organi\nregionali  o  la  cui  violazione  produca  una  «menomazione   delle\npossibilita\u0027 di esercizio delle medesime» (sentenza n. 332 del 2011).\nQuest\u0027ultima e\u0027, precisamente, l\u0027ipotesi che trova realizzazione  nel\ncaso di specie. \n    Va  da  se\u0027,  infatti,  che  l\u0027atto  del  Collegio  di   garanzia\nelettorale, imponendo  illegittimamente  al  consiglio  regionale  di\ndichiarare  la  decadenza  di  Alessandra  Todde  dalla   carica   di\npresidente della regione, menoma le possibilita\u0027 di  esercizio  delle\ncompetenze statutariamente attribuite allo stesso organo  consiliare,\nnonche\u0027 a tutti gli altri organi di vertice della regione (presidente\ne giunta regionale). Non soltanto e\u0027 leso il  diritto  costituzionale\nsoggettivo  di  elettorato   passivo   di   Alessandra   Todde   (che\nl\u0027interessata potra\u0027 far valere in altra sede), ma risultano altresi\u0027\ngravemente violate le prerogative e la posizione del presidente della\ngiunta regionale e del consiglio, per come disciplinate da  norme  di\nrango costituzionale. Deve peraltro osservarsi che la  decadenza  del\nPresidente, se dichiarata conformemente alla ingiunzione disposta del\ncollegio regionale di garanzia elettorale, implicherebbe altresi\u0027  la\ndissoluzione  anticipata  del  consiglio  regionale  in  virtu\u0027   del\ndispositivo aut simul  stabunt  aut  simul  cadent,  con  conseguente\nindizione di nuove elezioni presidenziale e consiliare e con effetti,\npercio\u0027, irreversibili sulla permanenza in carica di tutti gli  altri\nconsiglieri regionali,  oltre  che  del  presidente  e  della  giunta\nregionale. \n    Insomma, con l\u0027ordinanza/ingiunzione del 20 dicembre 2024  si  e\u0027\nrealizzato un tipico caso di «cattivo  esercizio»  o  «sviamento  del\npotere», che ha indebitamente interferito nella «sfera di  competenza\ncostituzionale» della  Regione  Sardegna,  realizzando  con  cio\u0027  la\nfattispecie di cui all\u0027art. 39, comma 1, della legge  statale  n.  87\ndel  1953.  Tutti  gli  organi  regionali   di   direzione   politica\n(presidente, consiglio e giunta)  sarebbero,  infatti,  travolti  per\neffetto   della   declaratoria   di   decadenza   disposta    secondo\nl\u0027ingiunzione proveniente dal Collegio  di  garanzia  elettorale:  la\nquale  circostanza   rappresenterebbe,   evidentemente,   una   grave\n«menomazione delle possibilita\u0027  di  esercizio»  delle  funzioni  che\nintegrano  la  sfera  costituzionale  di  competenza  della   Regione\nSardegna. Non c\u0027e\u0027 dubbio che un atto statale illegittimamente  volto\na  interrompere  la  \"vita\"  degli  organi  regionali  realizzi,  nel\ncontempo, una grave compromissione delle funzioni  costituzionalmente\nspettanti  alla  regione.  Inoltre,   al   consiglio   regionale   e\u0027\nindebitamente  imposto  di  attivarsi  per  esercitare   la   propria\ncompetenza  a  verificare  i  titoli  di  accesso  alla   carica   di\nconsigliere in riferimento alla  Pres.  Todde  con  un  provvedimento\nstatale (l\u0027ordinanza/ingiunzione in  parola)  che  predetermina  gia\u0027\nl\u0027esito del giudizio consiliare in argomento. \n    Cio\u0027 attesta, inoltre,  il  sicuro  «tono  costituzionale»  della\nmenomazione lamentata. questa  ecc.ma  Corte  ha  ritenuto  che  «per\nconferire tono costituzionale a  un  conflitto  serve  essenzialmente\nprospettare l\u0027esercizio effettivo  di  un  potere,  non  avente  base\nlegale, in concreto incidente sulle prerogative costituzionali  della\nricorrente» (sentenze n. 259 del 2019, n. 260 e n. 104 del 2016). \n    Tutto cio\u0027 premesso, nel prosieguo si argomentera\u0027  funditus:  1)\nperche\u0027 nel caso di specie si sia inverata un\u0027ipotesi di  illegittimo\nesercizio  del  potere;  e  2)  perche\u0027  cio\u0027  abbia  determinato  la\nmenomazione della sfera di attribuzioni regionali per  come  definita\nda norme di rango costituzionale. Come  precisato  da  questa  ecc.ma\nCorte, vanno infatti «distinti i casi in cui la lesione derivi da  un\natto meramente illegittimo, da quelli in cui l\u0027atto  e\u0027  viziato  per\ncontrasto con le  norme  attributive  di  competenza  costituzionale»\n(sentenza n. 10 del  2017).  Nel  caso  dell\u0027ordinanza  del  Collegio\nregionale di garanzia  elettorale  del  20  dicembre  2024  ricorrono\ncongiuntamente i due presupposti: a) l\u0027accertamento  della  decadenza\ndella presidente Todde, nonche\u0027 l\u0027ingiunzione  rivolta  al  consiglio\nregionale affinche\u0027 la dichiari, sono  stati  disposti  al  di  fuori\ndelle ipotesi legislativamente stabilite; e  b)  l\u0027illegittimita\u0027  di\ntali condotte, incide concretamente  sull\u0027assetto  e  le  prerogative\ncostituzionali  degli  organi  regionali   di   direzione   politica,\nconferendo un chiaro «tono costituzionale» al conflitto. \n5. L\u0027interesse a ricorrere e  la  lesivita\u0027  dell\u0027atto  impugnato  in\nriferimento alle prerogative del consiglio regionale  previste  dagli\narticoli 15, 35 e 50 dello statuto speciale per la Regione Sardegna. \n    A scanso di equivoci, va  osservato  che  sussiste  indubbiamente\nl\u0027interesse  regionale  a  ricorrere,  poiche\u0027  il  ricorso   sarebbe\nsenz\u0027altro idoneo a ripristinare l\u0027ordine delle  competenze  violato.\nPeraltro, conformemente a quanto richiesto dalla sentenza n. 150  del\n2017 di  questa  ecc.ma  Corte,  la  lesione  o  la  negazione  della\ncompetenza deriva  immediatamente  dall\u0027ordinanza/ingiunzione  emessa\ndal Collegio di garanzia, non ripetendo essa  il  contenuto  di  atti\nprecedenti (non sottoposti, a  loro  volta,  a  ricorso  e  non  piu\u0027\n«ricorribili»),  ne\u0027   rappresentandone   una   mera   e   necessaria\nesecuzione. \n    Non  vale  obiettare  che  l\u0027ordinanza/ingiunzione  non   sarebbe\ninoppugnabile  e  che,  pertanto,  la  decisione   definitiva   sulla\ndecadenza di Alessandra  Todde  spetterebbe  solamente  all\u0027autorita\u0027\ngiurisdizionale comune: a quest\u0027ultima, infatti, spetta apprestare il\nrimedio a favore del diritto soggettivo di elettorato  passivo  della\ncandidata Todde e non gia\u0027 vigilare sul rispetto  delle  attribuzioni\ncostituzionali degli organi regionali. Neanche  puo\u0027  obiettarsi  che\nl\u0027effetto della decadenza si produrrebbe a seguito  della  «pronuncia\ndi decadenza» da parte del consiglio regionale (che a sua volta  puo\u0027\nessere impugnata dinanzi all\u0027autorita\u0027 giurisdizionale). Difatti,  la\nlesione della sfera di attribuzioni regionali si materializza per  il\nsolo fatto di ordinare/ingiungere al consiglio regionale di  disporre\nl\u0027effetto  decadenziale,  sicche\u0027   la   concretezza   e   attualita\u0027\ndell\u0027interesse a ricorrere sorge gia\u0027 nel momento in cui e\u0027 trasmessa\nal consiglio regionale la richiesta di pronunciare la  decadenza  del\npresidente di regione. \n    Per quel che attiene alla lesivita\u0027  dell\u0027atto,  questa  sussiste\nsenz\u0027altro  e  a  nulla  puo\u0027   valere   il   rilievo   secondo   cui\nl\u0027ordinanza/ingiunzione del 20 dicembre 2024  non  avrebbe  carattere\nimmediatamente   produttivo   dell\u0027effetto   decadenziale,    dovendo\nnecessariamente essere integrata dalla dichiarazione di decadenza  da\nparte del consiglio regionale ai  sensi  dell\u0027art.  5,  comma  terzo,\ndella legge regionale sarda n. 1 del 1994 (a mente  della  quale  «la\ncomunicazione di cui al comma 10 dell\u0027art. 15 della legge n. 515  del\n1993 e\u0027  indirizzata  al  presidente  del  consiglio  regionale,  che\npronuncia la decadenza ai sensi del proprio regolamento») \n    A tale proposito e\u0027 fondamentale quanto si evince dalla  sentenza\nn. 332 del 2011 di  questa  ecc.ma  Corte,  ove  si  legge  che  «per\ncostante giurisprudenza di questa Corte, costituisce atto  idoneo  ad\ninnescare un  conflitto  intersoggettivo  di  attribuzione  qualsiasi\ncomportamento significante, imputabile allo Stato o alla regione, che\nsia dotato di  efficacia  e  rilevanza  esterna  e  che  -  anche  se\npreparatorio o non definitivo - sia comunque diretto \"ad esprimere in\nmodo  chiaro  ed  inequivoco  la  pretesa  di  esercitare  una   data\ncompetenza, il cui svolgimento possa determinare una invasione  nella\naltrui sfera di attribuzioni o, comunque, una menomazione altrettanto\nattuale  delle  possibilita\u0027  di  esercizio  della   medesima\"»   (ex\nplurimis, sentenze n. 382 del 2006, n. 211 del  1994  e  n.  771  del\n1988). \n    In coerenza con questo consolidato  indirizzo  in  tema  di  atti\nidonei a dar vita a conflitti intersoggettivi  merita  osservare  che\nquesta ecc.ma Corte e\u0027 favorevole all\u0027impugnazione  persino  di  note\nministeriali ed  atti  usualmente  annoverati  tra  quelli  meramente\ninterni, laddove contenenti una chiara manifestazione di volonta\u0027  in\nordine alla spettanza della competenza. Si veda a tale  proposito  la\nsentenza n. 89 del 2006, che  ha  ritenuto  delle  note  ministeriali\nlesive e impugnabili gia\u0027 per il solo fatto di contenere «una  chiara\nmanifestazione di volonta\u0027 dello  Stato  di  riaffermare  la  propria\ncompetenza nel settore  in  esame  e  di  negare  quella  regionale»,\nsebbene non costituissero ancora concreto esercizio della  competenza\nindebitamente avocata. \n    Il  punto  e\u0027  stato  esemplarmente  argomentato  in  passato  da\nautorevole dottrina, la quale ha puntualizzato che «si ha materia  di\nconflitto costituzionale non quando si denuncia un tipo qualsiasi  di\nvizio del contenuto d\u0027un atto, ma solo quando il vizio dell\u0027atto,  in\nse\u0027 e per se\u0027 e  indipendentemente  dal  contenuto,  costituisce  una\nlesione  della   posizione   costituzionale   del   ricorrente».   In\nparticolare, «si deve sottolineare l\u0027espressione in se\u0027 e di per se\u0027.\nPer aprire la via al conflitto non basta, anzi non rileva, che l\u0027atto\nsia per qualunque motivo  invalido;  e\u0027  necessario,  e  sufficiente,\nch\u0027esso esprima la pretesa  (illegittima)  d\u0027un\u0027intromissione  in  un\ncampo che non spetta a chi l\u0027ha posto  in  essere.  In  ipotesi,  dal\ncontenuto  dell\u0027atto  potrebbe  anche  non  derivare  alcun   effetto\nconcreto e negativo per chi lo subisce. Il  conflitto  si  giustifica\ncomunque in quanto l\u0027atto  che  ne  da\u0027  motivo  esprime  la  pretesa\nd\u0027istituire un  rapporto  indebito  di  soggezione  o,  comunque,  di\ncondizionamento tra poteri» (G. Zagrebelsky, V.  Marceno\u0027,  Giustizia\ncostituzionale, II, Bologna, 2007, 284). \n    Nel caso di specie l\u0027atto  del  Collegio  regionale  di  garanzia\nelettorale non e\u0027 solo invalido in  se\u0027,  in  quanto  difforme  dalle\ndisposizioni legislative vigenti e in contrasto con  norme  di  rango\ncostituzionale, ma lo e\u0027 anche  di  per  se\u0027,  poiche\u0027  esprime,  per\nl\u0027appunto, la volonta\u0027 e la pretesa di comminare nei confronti  della\npresidente  Todde  la  sanzione   della   decadenza   dalla   carica,\n«imponendo»  al  consiglio  regionale   di   adottare   il   relativo\nprovvedimento predeterminando il contenuto, cosi\u0027 interferendo  nella\ndinamica della forma di governo sarda. \n    Difatti, nell\u0027ordinanza/ingiunzione del 20 dicembre 2024 si legge\n(a pag. 9) che «si impone (...), stante l\u0027accertata violazione  delle\nnorme che disciplinano la campagna  elettorale,  la  decadenza  dalla\ncarica del candidato eletto»  e  (a  pag.  10)  che  si  «dispone  la\ntrasmissione della presente ordinanza/ingiunzione al  presidente  del\nconsiglio  regionale  per  quanto  di  sua   competenza   in   ordine\nall\u0027adozione del provvedimento di decadenza di Todde Alessandra dalla\ncarica di presidente della Regione  Sardegna»  (enfasi  aggiunte,  n.\nd.r.) \n    Ancor piu\u0027 chiaramente la  natura  cogente  delle  determinazioni\nassunte si ha dalla lettura del verbale n. 14  della  seduta  del  20\ndicembre 2024 (nel  quale  fu  approvata  l\u0027ordinanza/ingiunzione  in\ncausa: all. 3) in cui il Collegio «accertata la  violazione  in  modo\ndefinitivo delle  norme  che  disciplinano  la  campagna  elettorale,\ndelibera  la  decadenza  dalla  carica  del  candidato  eletto  Todde\nAlessandra e la trasmissione dell\u0027ordinanza-ingiunzione al presidente\ndel consiglio regionale per la pronuncia della decadenza dalla carica\ndella candidata» (enfasi aggiunte). \n    In definitiva, anche ritenendo che il provvedimento del  Collegio\ndi garanzia non  sia  immediatamente  esecutivo  in  assenza  di  una\ndelibera   consiliare   conforme,   resta   tuttavia   indubbio   che\nl\u0027ordinanza/ingiunzione presume (erroneamente) che  la  competenza  a\ncomminare la sanzione della decadenza della presidente  Todde  spetti\nal Collegio regionale di garanzia elettorale e suppone, percio\u0027,  che\nil consiglio regionale debba conformarsi  al  pronunciamento  del  20\ndicembre 2024, dichiarando la decadenza della presidente in carica (e\ncon  cio\u0027  provocando   l\u0027automatica   dissoluzione   del   consiglio\nregionale). \n    Non vi possono essere dubbi, pertanto,  in  ordine  all\u0027interesse\ndella  Regione  Sardegna  a  tutelare  le  proprie  attribuzioni   di\nautonomia assicurate  dallo  statuto  di  autonomia  speciale,  dagli\narticoli 15, 35 e 50 dello statuto speciale per la  Regione  Sardegna\nin combinato disposto con gli articoli 1 e 22 della legge  statutaria\nregionale 12 novembre 2013, n. 1 e  degli  articoli  97,  122,  della\nCostituzione. \n6. Sull\u0027illegittimo esercizio del potere da  parte  del  Collegio  di\ngaranzia in violazione delle attribuzioni  regionali  previste  dagli\narticoli 15, 35 e 50 dello statuto speciale per la  Regione  Sardegna\nin combinato disposto con gli articoli 1 e 22 della legge  statutaria\nregionale 12 novembre 2013, n. 1 e degli  articoli  97  e  122  della\nCostituzione. \n    Il provvedimento del Collegio regionale  di  garanzia  elettorale\npalesa   evidenti   profili   di   menomazione   delle   attribuzioni\ncostituzionalmente attribuite alla regione ricorrente. \n    Gli indici di  un  esercizio  sviato  dei  poteri  attribuiti  al\nCollegio di garanzia sono  diversi,  a  volte  concorrenti,  talvolta\ncollegati. \n    Si concretano nelle seguenti violazioni di legge: \n        a) vizio della comunicazione  resa  ai  sensi  del  comma  10\ndell\u0027art. 15 della legge n. 515 del 1993; \n        b) insussistenza dei presupposti per  la  comminazione  della\nsanzione della decadenza; \n        c) inesatta  qualificazione  della  peculiare  posizione  del\npresidente di regione quale consigliere regionale. \n    6.1.  Illegittimita\u0027  della  comunicazione  al   presidente   del\nconsiglio regionale per violazione indiretta dell\u0027art.  5,  comma  3,\ndella legge  regionale  n.  1  del  1994,  attraverso  la  violazione\ndell\u0027art. 15, comma 10, della legge statale n.  515  del  1993  quale\nnorma interposta. \n    La  trasmissione  al  consiglio  regionale   dell\u0027ordinanza   che\ningiunge la misura decadenziale a carico della presidente di  regione\ne\u0027 stata disposta in base all\u0027art. 5, comma 3, della legge  regionale\nsarda n. 1 del 1994, il quale stabilisce che «la comunicazione di cui\nal comma 10 dell\u0027art. 15 della legge n. 515 del 1993  e\u0027  indirizzata\nal presidente del consiglio regionale, che pronuncia la decadenza  ai\nsensi  del  proprio  regolamento».  Tale  disposizione  non  soltanto\nrichiama ma altresi\u0027 ricalca, mutatis mutandis, l\u0027art. 15, comma  10,\ndella legge statale n. 515 del 1993, secondo cui  «al  termine  della\ndichiarazione  di  decadenza,  il  Collegio  regionale  di   garanzia\nelettorale  da\u0027  comunicazione  dell\u0027accertamento  definitivo   delle\nviolazioni di cui ai commi 7, 8 e 9 al  Presidente  della  Camera  di\nappartenenza del parlamentare, la quale  pronuncia  la  decadenza  ai\nsensi del proprio regolamento». \n    In primo luogo, va  rilevato  che  la  comunicazione  rivolta  al\npresidente del consiglio regionale dal Collegio di  garanzia  non  e\u0027\nconforme all\u0027art. 5, comma 3, della legge regionale sarda  n.  1  del\n1994.  Come  si  e\u0027  detto,  tale  disposizione  stabilisce  che  «la\ncomunicazione di cui al comma 10 dell\u0027art. 15 della legge n. 515  del\n1993 e\u0027  indirizzata  al  presidente  del  consiglio  regionale,  che\npronuncia la decadenza ai  sensi  del  proprio  regolamento».  Se  ne\nevince, quindi, che deve trattarsi di una «comunicazione» rispondente\nai requisiti che tale  atto  comunicativo  deve  possedere  ai  sensi\ndell\u0027art. 15, comma 10, della legge n. 515/1993: in particolare, deve\nessere  una   «comunicazione   dell\u0027accertamento   definitivo   delle\nviolazioni di cui ai commi 7, 8 e 9»  del  suddetto  art.  15.  Deve,\npertanto, individuare con precisione le disposizioni dalle quali, nel\ncaso di specie, si trarrebbe la necessita\u0027 di applicare  la  sanzione\ndella decadenza, tenendo presente che  non  puo\u0027  essere  sufficiente\nindicare il solo comma 7 dell\u0027art. 15, il quale si limita a  disporre\ngenericamente che «la violazione  delle  norme  che  disciplinano  la\ncampagna elettorale (...) comporta  la  decadenza  dalla  carica  del\ncandidato  eletto  nei  casi  espressamente  previsti  nel   presente\narticolo», e cioe\u0027 nei «casi espressamente previsti»  dai  successivi\ncommi 8 e 9. Il comma 7, in altre parole, non prevede alcuna  ipotesi\ndi decadenza, ma, in ossequio a un principio  di  tassativita\u0027  delle\nipotesi decadenziali, annuncia che altre disposizioni le prevedranno,\ne percio\u0027 nulla toglie  o  aggiunge  a  quanto  si  puo\u0027  trarre  dai\nsuccessivi commi 8 e 9. \n    Orbene, alla luce di tali premesse e\u0027 agevole constatare  che  la\ncomunicazione resa al presidente del consiglio  regionale  sardo  non\nsoddisfa i requisiti richiesti dall\u0027art. 15, comma 10, della legge n.\n515/1993, poiche\u0027 richiama il solo comma 7 dell\u0027art. 15,  senza  fare\nalcun cenno ai commi 8 e 9, e quindi senza indicare nessuno  dei  due\npresupposti  che  devono  ricorrere  affinche\u0027  possa  legittimamente\ncomminarsi la sanzione della decadenza. \n    Il suddetto vizio appare strettamente collegato a quello  di  cui\nsi trattera\u0027 dappresso. \n    6.2.   Lesione   delle   attribuzioni    regionali    ad    opera\ndell\u0027ordinanza/ingiunzione nella parte in  cui  prevede  la  sanzione\ndella decadenza fuori dai casi espressamente previsti  dall\u0027art.  15,\ncomma 8 e 9, della legge n. 515 del 1993 \n    Dalla  lettura  attenta  dell\u0027ordinanza/ingiunzione  emerge   che\nnessuna delle contestazioni rivolte alla presidente Todde ricade  tra\ni presupposti ai quali i commi 8 e 9 dell\u0027art. 15 della legge statale\nn. 515 del  1993  (richiamato  dall\u0027art.  5,  comma  3,  della  legge\nregionale n. 1 del 1994) agganciano l\u0027effetto  della  decadenza,  con\ncio\u0027 dando prova per tabulas del fatto che nel caso di specie non  si\ne\u0027 avuta nessuna delle irregolarita\u0027 per le quali la legge prevede la\nmisura decadenziale. Infatti, in base ai suddetti commi 8  e  9  sono\ndue le ipotesi in cui si prevede la sanzione della decadenza. \n    La  prima  ipotesi  e\u0027  il  mancato   deposito   del   rendiconto\nelettorale, nonostante la diffida ad adempiere: come recita il  comma\n8,  «in  caso  di  mancato  deposito  nel  termine   previsto   della\ndichiarazione di cui all\u0027art. 7, comma 6, da parte di  un  candidato,\nil Collegio  regionale  di  garanzia  elettorale,  previa  diffida  a\ndepositare la  dichiarazione  entro  i  successivi  quindici  giorni,\napplica la sanzione di cui al  comma  5  del  presente  articolo.  La\nmancata presentazione entro tale termine della dichiarazione da parte\ndel candidato proclamato eletto, nonostante la diffida ad  adempiere,\ncomporta la decadenza dalla carica». \n    La seconda ipotesi e\u0027 il superamento dei limiti massimi di  spesa\nconsentiti: come dispone il  comma  9,  «il  superamento  dei  limiti\nmassimi di spesa consentiti ai sensi dell\u0027art. 7,  comma  1,  per  un\nammontare pari o  superiore  al  doppio  da  parte  di  un  candidato\nproclamato eletto comporta, oltre all\u0027applicazione della sanzione  di\ncui al comma 6 del presente articolo, la decadenza dalla carica». \n    Ebbene, nessuna delle due ipotesi di  violazione  risulta  essere\ncontestata nell\u0027ordinanza/ingiunzione. \n    C\u0027e\u0027 da dire, per di piu\u0027, che con riguardo alla prima ipotesi il\nCollegio di garanzia elettorale precisa che  «non  e\u0027  stato  affatto\ncontestato alla Todde il  mancato  deposito  della  dichiarazione  di\nspesa e rendiconto - come previsto dall\u0027art. 15, comma 8 della  legge\nrichiamata (diffida e termine di  51  giorni,  come  specificatamente\nrichiesto  dalla  norma)  -  ma  l\u0027anomalia   derivante   dalla   non\nconformita\u0027 della dichiarazione di spesa e rendiconto da  lei  stessa\npresentata». E\u0027, percio\u0027, lo stesso  Collegio  a  escludere  che  sia\nstato violato il comma 8. \n    Infine, con riguardo all\u0027ipotesi di cui al comma 9, va  osservato\nche nella legge  regionale  n.  1  del  1994,  che  e\u0027  il  parametro\ndell\u0027attivita\u0027 di  controllo  e  sanzionatoria  svolta  dal  Collegio\nregionale di garanzia elettorale, non e\u0027 offerto alcun  criterio  per\ndeterminare  i  limiti  alle  spese  elettorali  dei  candidati  alla\npresidenza della regione, essendo il criterio enunciato  dall\u0027art.  1\nriferibile soltanto ai candidati al  consiglio  regionale.  La  quota\nvariabile  del  limite  di  spesa  e\u0027   determinata,   infatti,   con\nriferimento al numero degli abitanti della circoscrizione in  cui  si\ne\u0027 candidati: e\u0027, pero\u0027,  evidente  che  non  esistono  delimitazioni\ncircoscrizionali per la candidatura alla carica di  presidente  della\nregione. \n    In  definitiva,  poiche\u0027  il  Collegio  regionale   di   garanzia\nelettorale ha richiesto, anzi ingiunto, la decadenza  del  presidente\ndi regione fuori dai casi per i quali la legislazione vigente prevede\nla misura decadenziale in questione, emerge in  maniera  evidente  il\ncarattere ultra vires, e quindi illegittimo, dell\u0027atto che e\u0027 oggetto\ndi questo ricorso. \n    6.3. Lesione delle attribuzioni costituzionalmente garantite alla\nRegione Sardegna  per  l\u0027erroneita\u0027  del  presupposto  interpretativo\nsecondo cui la legge regionale n. 1 del 1994 si riferisce, oltre  che\nai consiglieri regionali elettivi,  pure  al  presidente  di  regione\nricorrente eletto a suffragio universale e diretto. \n    6.3.1. Deve, altresi\u0027, escludersi la legittima  possibilita\u0027  che\nla  disciplina  dei  rendiconti  elettorali  prevista   dalla   legge\nregionale n. 1 del 1994 sia correttamente interpretabile come  se  si\nriferisse anche al presidente di regione. \n    Va primariamente ricordato che, all\u0027epoca di  entrata  in  vigore\ndella suddetta legge regionale, il previgente art. 36,  comma  primo,\ndello statuto  speciale  della  Sardegna,  cioe\u0027  nella  formulazione\nprecedente la novella introdotta con la legge costituzionale n. 2 del\n2001, disponeva che «il presidente  della  giunta  regionale  (fosse)\neletto dal consiglio regionale fra i suoi componenti subito  dopo  la\nnomina del presidente del consiglio e dell\u0027Ufficio di presidenza». La\ndisciplina  del  1994,   pertanto,   non   contemplava   ne\u0027   poteva\nevidentemente contemplare l\u0027ipotesi  che  il  presidente  di  regione\nfosse una carica direttamente anziche\u0027 indirettamente  elettiva,  con\ntutto quel che avrebbe dovuto conseguirne in ordine  alla  disciplina\ndelle rendicontazioni elettorali. \n    In secondo luogo, va tenuto presente che, a seguito della novita\u0027\ncostituita dall\u0027elezione diretta del  presidente  di  regione,  quale\nrisulta dalla  disciplina  transitoriamente  stabilita  dall\u0027art.  3,\ncomma secondo, della legge costituzionale n. 2 del 2001  (disciplina,\ncom\u0027e\u0027 noto, ancora vigente), la posizione e lo status  presidenziale\nsi  differenziano  non  poco  da  quello  dei  \u0027comuni\u0027   consiglieri\nregionali. Difatti, va rimarcato che il presidente non e\u0027 consigliere\nregionale elettivo, cioe\u0027 un consigliere che tale diventa  in  virtu\u0027\ndell\u0027elezione consiliare, essendo infatti eletto  in  capo  ad  altro\norgano, e cioe\u0027 in capo all\u0027organo monocratico denominato «presidente\ndella regione». E\u0027 invece consigliere di diritto in  forza  dell\u0027art.\n3, comma 3, della legge  costituzionale  n.  2  del  2001,  il  quale\ndispone che «il presidente  della  regione  fa  parte  del  consiglio\nregionale». \n    In terzo luogo e quale conseguenza  del  rilievo  precedente,  va\nsottolineato che per il presidente vige un sistema  di  elezione  che\ne\u0027, evidentemente, diverso da quello dei consiglieri regionali  sotto\ndiversi profili:  dalle  modalita\u0027  di  espressione  del  voto,  alla\ndelimitazione dell\u0027ambito spaziale  della  candidatura  (che  infatti\ncoincide con l\u0027intero territorio regionale e non con  circoscrizioni,\ncioe\u0027 con porzioni limitate del territorio regionale). \n    Cio\u0027  avvalora  l\u0027interpretazione  secondo  cui   la   disciplina\nregionale sulla rendicontazione delle spese elettorali, risalente  al\n1994 e pensata con riguardo ai consiglieri elettivi (categoria  della\nquale faceva parte anche il presidente  di  regione  nella  forma  di\ngoverno a tendenza assembleare vigente allora), non  possa  ritenersi\napplicabile pure al caso del  presidente  elettivo  (nella  forma  di\ngoverno vigente oggi),  perlomeno  nella  parte  in  cui  assegna  al\nCollegio di garanzia elettorale il potere di comminare al  presidente\nla sanzione della decadenza. \n    6.3.2. Peraltro la legge regionale n.  1/1994  non  puo\u0027  trovare\napplicazione al candidato eletto alla presidenza della regione  anche\nper espresso disposto dell\u0027art. 22 della legge statutaria n. 1 del 12\nnovembre 2013. \n    Come gia\u0027 evidenziato, infatti, l\u0027art. 15 dello  statuto  per  la\nRegione  Sardegna  rinvia  all\u0027emanazione  di  una  legge  statutaria\nrinforzata  la  determinazione  dei  casi  di  ineleggibilita\u0027  e  di\nincompatibilita\u0027  con  le  cariche  di  presidente,   consigliere   e\ncomponente della giunta. \n    Sulle menzionate materie, l\u0027art. 22  della  legge  statutaria  n.\n1/2013 dispone che «in materia di ineleggibilita\u0027 e incompatibilita\u0027,\nfino all\u0027approvazione di una disciplina regionale ai sensi  dell\u0027art.\n15 dello statuto speciale per la Sardegna, oltre  a  quanto  previsto\ndallo stesso statuto, si applicano le leggi statali». \n    E\u0027 evidente che, se,  fino  all\u0027approvazione  di  una  disciplina\nregionale ai sensi dell\u0027art. 15  dello  statuto  speciale  (con  cio\u0027\nintendendosi una legge regionale futura), i casi  di  ineleggibilita\u0027\nsono  demandati  e  rimessi  alle  sole  leggi  statali,  al  sistema\nelettorale delineato dalla legge statutaria n. 1/2013 non si  applica\nla (pregressa) legge regionale n. 1/1994. \n    Invero,  la  legge  statale  n.  515/1993,  ove   pure   ritenuta\nastrattamente applicabile alla Regione Sardegna, all\u0027art. 20, dispone\nche «per  le  elezioni  dei  rappresentanti  italiani  al  Parlamento\neuropeo e per le  elezioni  dei  consigli  delle  regioni  a  statuto\nordinario e, in quanto compatibili, delle regioni a statuto  speciale\ne ... si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 1 a 6 e le\nrelative sanzioni previste nell\u0027art. 15 e le disposizioni di cui agli\narticoli 17, 18 e 19 della presente legge». \n    Ne discende, con ogni evidenza, che l\u0027art. 7 della medesima legge\nn. 515/1993, unica disposizione contestata e applicata (dal  Collegio\nregionale di  garanzia  elettorale)  con  l\u0027ordinanza/ingiunzione  al\ncandidato eletto alla  carica  di  presidente  della  regione,  e  le\nconseguenti sanzioni previste dall\u0027art. 15,  decadenza  inclusa,  non\npossono ritenersi applicabili al  sistema  elettorale  della  Regione\nSardegna. \n    Di  conseguenza,  diversamente  da  quanto  disposto  con  l\u0027atto\nimpugnato, per espressa previsione  degli  articoli  15  e  35  dello\nstatuto,  nonche\u0027  dell\u0027art.  1  e,  soprattutto,  22   della   legge\nstatutaria n. 1 del 12 novembre 2013, al  candidato  alla  carica  di\npresidente della regione non si applicano  gli  articoli  3  [«1.  Si\napplicano nelle elezioni per  il  consiglio  regionale  le  norme  in\nmateria di pubblicita\u0027 e controllo delle spese elettorali recate  dai\ncommi 2, 3, 4, 6 e 7 dell\u0027art. 7 e dagli articoli  8,  11,  12  e  14\ndella legge n. 515 del 1993.»] e 5 [«3. Alle altre  violazioni  delle\nnorme recate dalla presente  legge  si  applicano  le  corrispondenti\nsanzioni previste dai commi 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 14 e 15 dell\u0027art.\n15 della legge n. 515 del 1993. La comunicazione di cui al  comma  10\ndell\u0027art. 15 della legge n. 515 del 1993 e\u0027 indirizzata al presidente\ndel consiglio regionale, che pronuncia  la  decadenza  ai  sensi  del\nproprio  regolamento.»]  della  legge  regionale  n.  1/1994  e,   in\ngenerale, non si applica l\u0027intera legge regionale. \n7. Richiesta, in  via  subordinata,  di  sollevare  la  questione  di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 15, comma 7, della legge n. 515\ndel 1993. \n    7.1. Sulla rilevanza della questione. \n    In questo ricorso si assume il presupposto interpretativo che  la\nlegge n. 515 del 1993 non sia applicabile, cosi\u0027  come  ha  fatto  il\nCollegio regionale di  garanzia  elettorale,  alla  presidente  della\nRegione Sardegna e, comunque, che essa preveda espressamente solo due\nipotesi di decadenza, quelle stabilite nei commi 8 e 9 dell\u0027art.  15,\ne che il comma  7  del  medesimo  articolo  non  enuclei  un\u0027autonoma\nipotesi di decadenza.  Tale  comma  si  limiterebbe  a  enunciare  un\nprincipio di tipizzazione espressa dei casi in cui e\u0027 lecito disporre\nmisure decadenziali, rinviando percio\u0027 ai successivi commi 8 e 9.  La\ncorrettezza di questa interpretazione si  evince  dal  chiaro  tenore\nletterale della disposizione de qua, che cosi\u0027  recita:  «l\u0027accertata\nviolazione delle  norme  che  disciplinano  la  campagna  elettorale,\ndichiarata dal Collegio di garanzia elettorale  in  modo  definitivo,\ncostituisce causa di ineleggibilita\u0027  del  candidato  e  comporta  la\ndecadenza dalla carica del candidato eletto  nei  casi  espressamente\nprevisti nel presente articolo (...)», ossia nei casi di cui ai commi\n8 e 9, come si e\u0027 detto. \n    Da  quanto   sopra   discende   che,   a   causa   della   errata\ninterpretazione e applicazione dell\u0027art. 15, legge n. 515  del  1993,\nil Collegio regionale di garanzia elettorale ha leso  le  prerogative\ncostituzionalmente attribuite alla Regione Sardegna. \n    Invece, qualora si ritenesse che la legge  n.  515  sia  comunque\napplicabile al caso del presidente della Regione Sardegna  e  che  il\nCollegio abbia  agito  applicando  un\u0027ipotesi  decadenziale  autonoma\nprevista nel suddetto comma 7 dell\u0027art. 15  (diversa  e  distinta  da\nquelle  contemplate  nei  commi  8  e  9,  e   non   contestate   nel\nprovvedimento del Collegio) la  lesione  delle  competenze  regionali\nsarebbe determinata  dalla  palese  incostituzionalita\u0027  proprio  del\ncomma 7. \n    In tale prospettiva, pertanto, occorrerebbe  che  codesta  ecc.ma\nCorte   sollevasse   dinanzi   a   se\u0027   stessa   la   questione   di\ncostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 15, comma 7, della legge n. 515 del  1993\nper i motivi di seguito dedotti, trattandosi di questione sicuramente\nrilevante nel presente giudizio poiche\u0027  dall\u0027annullamento  (o  meno)\ndella  disposizione  in  parola  dipenderebbe  l\u0027esito  del  presente\nconflitto. \n    Infatti, nel caso in cui la norma in questione  fosse  dichiarata\nincostituzionale, risulterebbe acclarato che non spettava allo  Stato\n-  e  per  esso  al  Collegio  regionale  di  garanzia  elettorale  -\ndichiarare la decadenza della ing. Todde dalla carica  di  presidente\ndella giunta della Regione Sardegna, con conseguente accoglimento del\npresente ricorso. \n    7.2. Questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 15, comma\n7, legge 10 dicembre 1993, n. 515, per violazione  del  principio  di\nragionevolezza ex art. 3, comma 1, Cost. del principio  di  legalita\u0027\nex articoli 25 e 97 Cost., del diritto di difesa ex art. 24  Cost.  e\ndel diritto di elettorato passivo (art. 48 Cost.), nonche\u0027  dell\u0027art.\n117, primo comma, in riferimento all\u0027art. 6 della C.E.D.U. e all\u0027art.\n47 della C.D.F.U.E. \n    7.2.1. La determina del Collegio regionale di garanzia elettorale\npresso la Corte d\u0027appello di Cagliari del 3 gennaio 2025, oggetto del\npresente   giudizio,   oltre   ad   aver   determinato   e   ingiunto\nall\u0027interessata la sanzione  amministrativa  di  euro  40.000,00,  ha\ndisposto la trasmissione del  provvedimento  al  consiglio  regionale\n«per  quanto  di  sua   competenza   in   ordine   all\u0027adozione   del\nprovvedimento di  decadenza  di  Todde  Alessandra  dalla  carica  di\npresidente  della  Regione  Sardegna,  nonche\u0027  alla  Procura   della\nRepubblica  stante  le  anomalie  riscontrate   nelle   dichiarazioni\ndepositate e l\u0027omesso deposito  della  citata  fattura  presente  nel\ncassetto fiscale». Il fondamento  giuridico  sul  quale  il  Collegio\nfonda tale dispositivo si  coglie  dalla  lettura  delle  conclusioni\ndella parte motivazionale del provvedimento nel quale cosi\u0027 conclude:\n«rilevate irregolarita\u0027 e violazione delle norme penali  inerenti  il\ndeposito di dichiarazioni contrastanti e delle  anomalie  rilevate  -\ncome suesposto - si  impone  la  trasmissione  di  copia  degli  atti\nsuccitati alla  Procura  della  Repubblica  in  sede  per  quanto  di\neventuale  competenza,  nonche\u0027  la   comminazione   delle   sanzioni\namministrative e, infine, stante l\u0027accertata violazione  delle  norme\nche disciplinano la campagna elettorale, la  decadenza  dalla  carica\ndel candidato eletto e trasmissione del provvedimento  al  presidente\ndel consiglio regionale per la procedura di competenza come  previsto\ndall\u0027art. 15, comma 7, legge n. 515/1993». \n    Pertanto, la  «comminazione»  della  «sanzione»  della  decadenza\ndalla carica di «presidente» della Regione Sardegna e\u0027  frutto  della\nesclusiva applicazione di quanto prescritto dal comma 7 dell\u0027art. 15,\nlegge n. 515 del 1993. \n    7.2.2. Tuttavia, la corretta lettura del comma 7 dell\u0027art. 15  in\nquestione svela l\u0027errata interpretazione effettuata dal  Collegio  di\ngaranzia.  Infatti,  secondo  la  disposizione  in  discussione,   la\n«violazione delle norme che disciplinano la campagna elettorale»  (ma\nquali? su cio\u0027, infra), comporta due effetti giuridici: \n        a) determina la «ineleggibilita\u0027»  del  candidato  (anche  su\ncio\u0027, infra) e b) «comporta la decadenza dalla carica  del  candidato\neletto nei casi espressamente previsti nel presente articolo...». \n    Pertanto,  secondo  la  disposizione  in   parola,   «l\u0027accertata\nviolazione delle  norme  che  disciplinano  la  campagna  elettorale,\ndichiarata dal Collegio di garanzia elettorale in modo definitivo» e\u0027\ncausa di  decadenza  dell\u0027eletto  soltanto  «nei  casi  espressamente\nprevisti nel presente articolo» (ossia, per le fattispecie previste e\nspecificamente sanzionate dai successivi commi 8 e 9); invece,  negli\naltri casi, determina l\u0027insorgere di un «causa di ineleggibilita\u0027 del\ncandidato». \n    I commi 8 e 9 dell\u0027art. 15 comminano la  decadenza  dalla  carica\ndei candidati eletti per \"la mancata presentazione entro tale termine\ndella  dichiarazione  da  parte  del  candidato  proclamato   eletto,\nnonostante la diffida ad adempiere\" (comma 8) e per  \"il  superamento\ndei limiti massimi di spesa consentiti ai sensi dell\u0027art. 7, comma 1,\nper un ammontare pari o superiore al doppio\" (comma  9).  Nessuna  di\ntali due fattispecie, pero\u0027, e\u0027 stata contestata alla dott.ssa  Todde\nmentre, come sopra notato, la decadenza e\u0027 stata \"comminata\" in  base\nalla asserita violazione del solo precetto ex comma 7  dell\u0027art.  15.\nDa cio\u0027 l\u0027errore in cui e\u0027 caduto il  Collegio  di  garanzia  che  ha\nordinato al consiglio regionale di  pronunciare  la  decadenza  della\ncandidata Todde per una fattispecie  in  riferimento  alla  quale  la\nlegge non prevede tale sanzione. \n    L\u0027interpretazione  appena  prospettata  della   disposizione   in\ndiscussione - e che induce a censurare  l\u0027erronea  decisione  cui  e\u0027\npervenuto il Collegio di garanzia  -  e\u0027  l\u0027unica  costituzionalmente\npossibile. Qualora, invece, si ritenesse che il comma 7 dell\u0027art. 15,\nnon si limiti a rinviare alle fattispecie descritte e sanzionate  nei\ndue commi successi, bensi\u0027 contenga un\u0027ipotesi decadenziale  autonoma\n(come, invero, sembrerebbe deporre il comma 10 del medesimo art. 15),\nnon ci si potrebbe esimere dal dichiararne l\u0027incostituzionalita\u0027  per\ni molteplici e palesi vizi che la connotano, sicche\u0027  si  chiede  che\ncodesta ecc.ma  Corte  sollevi  dinanzi  a  se\u0027  stessa  le  relative\nquestioni di legittimita\u0027 costituzionale per quanto di seguito. \n    7.2.3.  Infatti,  nella  denegata  ipotesi  interpretativa  sopra\nprospettata, ci troveremmo innanzi ad una  norma  impositiva  di  una\nmisura sanzionatoria  gravissima  -  perche\u0027  incidente  sul  diritto\nfondamentale  all\u0027elettorato  passivo:  cfr.  Corte   costituzionale,\nsentenza n. 235 del 1988, nonche\u0027 n. 539 del 1990, n. 141  del  1996,\nn. 288 del 2007 - a fronte di una fattispecie descritta  dalla  norma\nlegislativa in termini assolutamente generici e indeterminati. Com\u0027e\u0027\nnoto, infatti, l\u0027ordinamento contiene una pluralita\u0027 di  disposizioni\nvolte a disciplinare lo svolgimento delle campagne elettorali, tutte,\nperaltro, assistite da specifiche sanzioni di ordine patrimoniale  e,\nin numerosi casi, anche penali.  Si  pensi,  solo  per  fare  qualche\nesempio, alla legge 4 aprile 1956, n. 212 (\"Norme per  la  disciplina\ndella propaganda elettorale\"), composta da nove  articoli,  le  varie\ndisposizioni della stessa legge n. 515 del 1993, la legge  14  aprile\n1975, n. 103 (art. 4), la legge 24 aprile 1975,  n.  130  (\"Modifiche\nalla disciplina della propaganda elettorale  ed  alle  norme  per  la\npresentazione delle candidature e delle liste dei  candidati  nonche\u0027\ndei contrassegni nelle elezioni politiche, regionali,  provinciali  e\ncomunali\"), la legge 22 febbraio 2000, n. 28  (\"Disposizioni  per  la\nparita\u0027 di accesso ai  mezzi  di  informazione  durante  le  campagne\nelettorali e per  la  comunicazione  politica\")  di  venti  articoli,\nl\u0027intero decreto legislativo 31 dicembre 2012, n.  235,  nonche\u0027  gli\narticoli 93-114 del decreto del Presidente della Repubblica 30  marzo\n1957, n. 361, contenenti severe ipotesi di reato. \n    La legge n. 515, per tornare al testo legislativo  nel  quale  e\u0027\ncontenuta la disposizione della cui costituzionalita\u0027 qui si  dubita,\ndisciplina le campagne  elettorali  (specificamente,  per  l\u0027elezione\ndella Camera dei  deputati  e  il  Senato  della  Repubblica),  avuto\nriguardo a due diversi aspetti: dapprima, per quanto  concerne  l\u0027uso\ndei  mezzi  di  comunicazione  di  massa  (l\u0027accesso  ai   mezzi   di\ncomunicazione, art. 1; della propaganda elettorale a mezzo  stampa  e\ntelevisione e altre forme, articoli 2 e  3);  le  comunicazioni  agli\nelettori, art. 4; la comunicazione istituzionale, art. 5; i sondaggi,\nart. 6). Nei successivi articoli  (7-15)  si  occupa,  invece,  delle\nforme e dei  limiti  del  finanziamento  delle  candidature  e  degli\nadempimenti da curare per consentirne la verifica.  Anche  in  questo\ncaso, come sopra gia\u0027 accennato,  e\u0027  previsto  un  corposo  apparato\npunitivo  specificamente  contenuto  nell\u0027art.  15,  nel  quale  sono\npreviste sanzioni pecuniarie e, nei casi ricordati (commi 8 e  9,  e,\ndata l\u0027oscura e  incongruente  fattura  della  disposizione,  non  si\ncomprende se  anche  nel  comma  7)  ipotesi  decadenziali  incidenti\nsull\u0027elettorato passivo. \n    Pertanto, il comma 7 dell\u0027art. 15 in discussione, commina,  nella\nprospettiva ermeneutica qui esplorata (e fatta propria  dal  Collegio\ndi garanzia nel caso alla mano), la sanzione della decadenza  per  la\nviolazione di qualsiasi e non meglio  individuata  norma  applicabile\nallo svolgimento delle campagne elettorali ancorche\u0027 le numerosissime\nleggi in materia (l\u0027enumerazione svolta nei righi precedenti e\u0027  solo\nparziale ed esemplificativa) siano accompagnate  gia\u0027  da  specifiche\nsanzioni, ora di ordine penale, ora  pecuniario,  ora  incidenti  sul\ndiritto all\u0027elettorato. \n    Nell\u0027ipotesi applicativa fatta propria dal Collegio di  garanzia,\nla questione di legittimita\u0027 costituzionale di  seguito  dedotta  (al\npari di  quelle  sollevate  nei  §§  successivi)  sarebbe  certamente\nrilevante nell\u0027odierno giudizio ai sensi dell\u0027art. 23 della legge  n.\n87 del 1953 e  dell\u0027art.  1,  legge  cost.  n.  2  del  1948  perche\u0027\nincidente sulla norma (l\u0027art. 15, comma 7, legge n. 515 del 1993) che\ncostituisce l\u0027unico fondamento del provvedimento mediante il quale il\nCollegio regionale di garanzia elettorale presso la  Corte  d\u0027appello\ndi Cagliari ha invaso la  sfera  di  attribuzioni  costituzionalmente\ngarantita alla regione ricorrente e, segnatamente, le  competenze  in\nmateria di verifica dei poteri assegnate dallo statuto  di  autonomia\nsardo (approvato con  legge  cost.  n.  26  febbraio  1948,  n.  3  e\nsuccessive  modifiche)  al  consiglio  regionale   e   specificamente\ndisciplinato dal regolamento consiliare (art. 17). \n    7.2.4. Codesta ecc.ma Corte ha sempre censurato  le  disposizioni\nlegislative sanzionatorie a  fattispecie  indeterminata  e  generica,\nperche\u0027 contrarie  al  principio  di  legalita\u0027,  di  responsabilita\u0027\npersonale,  del  diritto  di  difesa  e  del   canone   generale   di\nragionevolezza. Nel caso alla mano, si aggiunge anche  la  gravissima\nlesione del diritto all\u0027elettorato passivo. \n    Infatti, con la notissima  sentenza  n.  110  del  2023,  codesta\necc.ma Corte ha portato a sintesi (e  a  piu\u0027  avanzati  approdi)  la\nprecedente,  coerente  evoluzione  giurisprudenziale  affermando  che\n«deve piu\u0027 in generale ritenersi che  disposizioni  irrimediabilmente\noscure, e pertanto foriere di  intollerabile  incertezza  nella  loro\napplicazione concreta, si pongano  in  contrasto  con  il  canone  di\nragionevolezza della legge di cui all\u0027art. 3 Cost. \n    L\u0027esigenza di rispetto di standard minimi di intelligibilita\u0027 del\nsignificato  delle  proposizioni  normative,  e  conseguentemente  di\nragionevole  prevedibilita\u0027  della  loro   applicazione,   va   certo\nassicurata con particolare rigore nella materia penale,  dove  e\u0027  in\ngioco la liberta\u0027 personale del consociato, nonche\u0027 piu\u0027 in  generale\nallorche\u0027 la legge conferisca all\u0027autorita\u0027  pubblica  il  potere  di\nlimitare i suoi diritti fondamentali, come nella materia delle misure\ndi prevenzione. Ma sarebbe errato  ritenere  che  tale  esigenza  non\nsussista affatto rispetto alle norme che regolano la generalita\u0027  dei\nrapporti tra la pubblica amministrazione  e  i  cittadini,  ovvero  i\nrapporti reciproci tra questi ultimi. Anche in questi ambiti, ciascun\nconsociato ha un\u0027ovvia aspettativa a che la legge definisca ex  ante,\ne in maniera ragionevolmente affidabile, i limiti  entro  i  quali  i\nsuoi diritti e interessi legittimi potranno trovare  tutela,  si\u0027  da\npoter compiere su quelle basi le proprie libere scelte d\u0027azione. \n    Una norma radicalmente oscura, d\u0027altra parte, vincola in  maniera\nsoltanto  apparente  il  potere  amministrativo  e  giudiziario,   in\nviolazione del principio di legalita\u0027 e della stessa separazione  dei\npoteri; e crea  inevitabilmente  le  condizioni  per  un\u0027applicazione\ndiseguale della legge, in violazione di quel principio di parita\u0027  di\ntrattamento tra i consociati, che costituisce il cuore della garanzia\nconsacrata nell\u0027art. 3 Cost. [...]. \n    Diverso  e\u0027,  pero\u0027,  il  caso  in  cui  il   significato   delle\nespressioni utilizzate in una disposizione - nonostante  ogni  sforzo\ninterpretativo,  compiuto  sulla  base  di  tutti  i  comuni   canoni\nermeneutici - rimanga del tutto oscuro, con il risultato  di  rendere\nimpossibile all\u0027interprete identificare anche solo un nucleo centrale\ndi ipotesi riconducibili con ragionevole  certezza  alla  fattispecie\nnormativa astratta. Una tale disposizione non potra\u0027 che ritenersi in\ncontrasto con quei  \"requisiti  minimi  di  razionalita\u0027  dell\u0027azione\nlegislativa\" che la poc\u0027anzi menzionata sentenza n. 185 del 1992  ha,\nin via generale, evocato in funzione della tutela della  \"liberta\u0027  e\ndella sicurezza dei cittadini\". [...]. \n    Una disposizione siffatta, in ragione  dell\u0027indeterminatezza  dei\nsuoi presupposti applicativi, non rimediabile tramite  gli  strumenti\ndell\u0027interpretazione, non fornisce alcun  affidabile  criterio  guida\nalla pubblica amministrazione nella valutazione se assentire  o  meno\nun dato  intervento  richiesto  dal  privato,  in  contrasto  con  il\nprincipio di legalita\u0027  dell\u0027azione  amministrativa  e  con  esigenze\nminime di eguaglianza di trattamento tra i consociati; e rende  arduo\nal privato lo stesso esercizio  del  proprio  diritto  di  difesa  in\ngiudizio contro l\u0027eventuale  provvedimento  negativo  della  pubblica\namministrazione,  proprio  in   ragione   dell\u0027indeterminatezza   dei\npresupposti della legge che dovrebbe assicurargli tutela contro l\u0027uso\narbitrario della discrezionalita\u0027 amministrativa» (sent. n.  110  del\n2023; sulle fattispecie  sanzionatorie  indeterminate  cfr.,  tra  le\ntantissime, anche Corte costituzionale, n.  34  del  1995  e  96  del\n1981). \n    Tali principi trovano, ovviamente,  il  loro  campo  precipuo  di\nelezione in materia  penale,  ma  vanno  trasposti  anche  in  quello\namministrativo quando, come nel  caso  di  specie,  le  sanzioni  pur\nformalmente amministrative vanno a incidere su  diritti  fondamentali\n(qual e\u0027, in democrazia, l\u0027elettorato passivo) e, quindi, sono dotate\ndi autentico valore  punitivo  e  afflittivo  anche  secondo  i  c.d.\ncriteri Engel. A  parte  varie  riflessioni  contenute  nella  stessa\nsentenza n. 110 del 2023, alle quali si rinvia, «deve ricordarsi come\nla giurisprudenza  di  questa  Corte  abbia  gia\u0027  affermato  che  il\nprincipio della legalita\u0027 della pena  e\u0027  \"ricavabile  anche  per  le\nsanzioni  amministrative   dall\u0027art.   25,   secondo   comma,   della\nCostituzione, in base al quale e\u0027  necessario  che  sia  la  legge  a\nconfigurare, con sufficienza adeguata alla fattispecie,  i  fatti  da\npunire\" (sentenza n. 78 del 1967).  Si  e\u0027  poi  precisato,  piu\u0027  di\nrecente,  che  dall\u0027art.  25  Cost.,  data   l\u0027ampiezza   della   sua\nformulazione, e\u0027 desumibile il principio secondo cui «tutte le misure\ndi carattere punitivo-afflittivo devono essere soggette alla medesima\ndisciplina della sanzione penale in senso stretto\" (sentenza  n.  196\ndel 2010; in identico senso anche le sentenze n. 276 del  2016  e  n.\n104 del 2014). \n    Vero e\u0027 che tali affermazioni sono state  formulate,  in  ragione\ndelle questioni di legittimita\u0027 allora proposte,  con  riferimento  a\nuno   dei   corollari   del   principio    di    legalita\u0027,    quello\ndell\u0027irretroattivita\u0027 delle norme incriminatrici. Tuttavia, esse sono\nparimente da riferire ad altro  corollario  di  detto  principio,  di\nrilievo nelle odierne questioni: il principio di determinatezza delle\nnorme sanzionatorie. Principio, quest\u0027ultimo, il quale, per un verso,\nvuole evitare che, in contrasto con il principio della divisione  dei\npoteri, l\u0027autorita\u0027 amministrativa o \"il giudice assuma[no] un  ruolo\ncreativo, individuando, in luogo del legislatore, i  confini  tra  il\nlecito e l\u0027illecito\" (sentenza n.  327  del  2008;  sul  punto  anche\nordinanza n. 24 del 2017); per un altro verso, non  diversamente  dal\nprincipio   d\u0027irretroattivita\u0027,   intende   \"garantire   la    libera\nautodeterminazione individuale,  permettendo  al  destinatario  della\nnorma penale di apprezzare a priori le  conseguenze  giuridico-penali\ndella propria condotta\" (ancora sentenza n. 327 del 2008). \n    Con riferimento a questo  tipo  di  sanzioni  amministrative,  il\nprincipio  di  legalita\u0027,  prevedibilita\u0027  e   accessibilita\u0027   della\ncondotta   sanzionabile   e   della   sanzione    aventi    carattere\npunitivo-afflittivo,  qualunque  sia  il  nomen  ad  essa  attribuito\ndall\u0027ordinamento,  del  resto,  non  puo\u0027,  ormai,  non  considerarsi\npatrimonio derivato non  soltanto  dai  principi  costituzionali,  ma\nanche da quelli del diritto convenzionale e  sovranazionale  europeo,\nin base ai quali e\u0027 illegittimo  sanzionare  comportamenti  posti  in\nessere da soggetti  che  non  siano  stati  messi  in  condizione  di\n\"conoscere\", in tutte le  sue  dimensioni  tipizzate,  la  illiceita\u0027\ndella condotta omissiva o commissiva concretamente realizzata»  (ord.\nn. 121 del 2018). \n    Ancor piu\u0027 significativamente, si e\u0027 affermato che  «viene  pero\u0027\noggi in rilievo  un  ulteriore  e  distinto  problema:  l\u0027estensione,\ncioe\u0027, del campo applicativo della norma censurata -  in  nome  dello\nstesso principio - con riguardo al tipo  di  sanzione  attinta  dalla\ndeclaratoria di illegittimita\u0027 costituzionale (non solo  la  sanzione\npenale, ma anche la sanzione amministrativa qualificabile come penale\nai sensi della CEDU). [...]. \n    Questa Corte  ha  osservato  che  l\u0027attrazione  di  una  sanzione\namministrativa nella materia penale in  virtu\u0027  dei  \u0027criteri  Engel\u0027\ntrascina con se\u0027 tutte e soltanto le garanzie  previste  dalla  CEDU,\ncome elaborate dalla giurisprudenza della Corte europea  dei  diritti\ndell\u0027uomo: giurisprudenza nella quale non si rinviene  l\u0027affermazione\ndi un principio analogo a quello affermato dalla norma censurata (che\nimpedisca, cioe\u0027, l\u0027esecuzione di una sanzione sostanzialmente penale\ninflitta con sentenza  irrevocabile  sulla  base  di  una  norma  poi\ndichiarata incostituzionale). Il  legislatore  nazionale,  dal  canto\nsuo, puo\u0027  bene  apprestare  garanzie  ulteriori  rispetto  a  quelle\npreviste  dalla  Convenzione,   riservandole   alle   sole   sanzioni\nqualificate come penali dall\u0027ordinamento interno. \n    E\u0027 vero - si osserva nella citata sentenza - che questa Corte  ha\n\"occasionalmente\" riferito l\u0027art. 25, secondo comma,  Cost.  anche  a\nmisure  diverse  dalle  pene  in  senso  stretto:  ma  lo  ha   fatto\nlimitatamente al «contenuto essenziale» del  precetto  costituzionale\n(il principio di irretroattivita\u0027  della  norma  sfavorevole)  e  \"in\nriferimento   a   misure   amministrative   incidenti   su   liberta\u0027\nfondamentali che coinvolgono anche i diritti politici del cittadino\"»\n(sent. n. 68 del 2021). \n    Inoltre, poiche\u0027 \"l\u0027eleggibilita\u0027 e\u0027 la regola; l\u0027ineleggibilita\u0027\nl\u0027eccezione\" (C. cost., sentenza  n.  46  del  1969,  \"le  norme  che\nderogano  al  principio  della  generalita\u0027  del  diritto  elettorale\npassivo sono di  stretta  interpretazione  e  devono  contenersi  nei\nlimiti di quanto e\u0027 necessario a soddisfare le esigenze  di  pubblico\ninteresse cui sono preordinate (v. la sentenza n. 46 del  1969,  indi\nla sentenza n. 166 del 1972, fino alle sentenze nn. 571 del 1989, 344\ndel 1993, 141 del 1996)\" (Cosi\u0027, Corte  costituzionale,  sentenza  n.\n364 del  1996).  Ne  discende  l\u0027ulteriore,  fondamentale  corollario\nsecondo il quale \"non vi e\u0027 dubbio che le  cause  di  ineleggibilita\u0027\ndevono essere tipizzate dalla legge con  sufficiente  precisione,  al\nfine di  evitare  -  o  quanto  meno  limitare  -  le  situazioni  di\nincertezza\" (sent. n. 364 cit., nonche\u0027 Corte costituzionale sentenza\nn. 166 del 1972). \n    Alla luce di tali principi, non ci  sono  dubbi  in  ordine  alla\nillegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 15, comma 7,  per  violazione\ndei parametri di legittimita\u0027 costituzionale evocati in rubrica,  dal\nmomento che l\u0027indeterminatezza della  fattispecie  sanzionatoria  non\nconsente al destinatario del precetto di avere  reale  cognizione  di\nquale  sia  la  condotta  esigibile  per  non   cadere   nell\u0027ipotesi\nsanzionata. In tal modo, risultano violati in un sol colpo il  canone\ndella ragionevolezza, il principio di  legalita\u0027  e  di  personalita\u0027\ndella pena  (sub  specie  di  sanzione  amministrativa  punitiva)  il\nprincipio della separazione dei poteri e lo stesso diritto di difesa,\nnonche\u0027, nel caso alla  mano,  del  diritto  all\u0027elettorato  passivo,\nnonche\u0027 l\u0027art. 6 della C.E.D.U. e  l\u0027art.  47  della  C.D.F.U.E.  per\nviolazione del diritto ad un ricorso effettivo. \n    7.3. Questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 15, comma\n7, legge 10 dicembre 1993, n. 515, per violazione, sotto  un  diverso\nprofilo, del principio di ragionevolezza ex art. 3,  comma  1,  Cost.\ndel principio di legalita\u0027 ex articoli 25 e 97 Cost., del diritto  di\ndifesa ex art. 24 Cost. e del diritto di elettorato passivo (articoli\n48 e 2 Cost.) nonche\u0027 dell\u0027art.  117,  primo  comma,  in  riferimento\nall\u0027art. 6 della C.E.D.U. e all\u0027art. 47 della C.D.F.U.E. \n    Senza recesso da quanto sopra, il comma 7 dell\u0027art. 15, legge  n.\n515 del 1993, e\u0027 palesemente incostituzionale anche  nella  parte  in\ncui commina l\u0027effetto (recte, la sanzione) della  ineleggibilita\u0027  al\ncandidato che abbia violato le norme  che  disciplinano  la  campagna\nelettorale. Basta davvero una  prima  e  superficiale  lettura  della\ndisposizione  in  parola  per  vedere   come   la   categoria   della\nineleggibilita\u0027 sia invocata (ed applicata)  non  solo  a  sproposito\nsotto l\u0027aspetto dommatico, ma del  tutto  incongruo  e  irragionevole\nsotto quello pratico-applicativo. \n    7.3.1. Per remoto  e  mai  smentito  insegnamento,  infatti,  «la\ndifferenza tra ineleggibilita\u0027 e incompatibilita\u0027 e\u0027 data  dal  fatto\nche la prima situazione e\u0027  idonea  a  provocare  effetti  distorsivi\nnella parita\u0027 di condizioni tra i vari  candidati  nel  senso  che  -\navvalendosi della particolare situazione in  cui  versa  il  soggetto\n\"non eleggibile\" - egli puo\u0027 variamente influenzare a suo  favore  il\ncorpo elettorale. La seconda, invece, e\u0027 una situazione  che  non  ha\nriflessi nella parita\u0027 di condizioni tra i candidati, ma attiene alla\nconcreta possibilita\u0027, per  l\u0027eletto,  di  esercitare  pienamente  le\nfunzioni  connesse  alla  carica  anche  per  motivi  concernenti  il\nconflitto di interessi nel quale il soggetto verrebbe a  trovarsi  se\nfosse eletto. Di qui la conseguenza che il soggetto ineleggibile deve\neliminare ex ante la situazione di ineleggibilita\u0027 nella quale versa,\nmentre il soggetto soltanto incompatibile deve optare, ex post, cioe\u0027\nad elezione avvenuta, tra il mantenimento della precedente  carica  e\nil munus pubblico derivante dalla  conseguita  elezione»  (C.  cost.,\nsentenza n. 283 del 2010). \n    L\u0027ineleggibilita\u0027, pertanto, deve  preesistere  all\u0027elezione  per\navere   effetti   invalidanti:   «sussistenza    delle    cause    di\nineleggibilita\u0027  qualora  le  attivita\u0027  o  le  funzioni  svolte  dal\ncandidato, anche in relazione a peculiari situazioni  delle  regioni,\npossano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di\nvoto degli elettori ovvero possano violare la parita\u0027 di accesso alle\ncariche elettive rispetto agli altri candidati» (cfr. art.  2,  comma\n1, lettera a), legge 2 luglio 2004, n. 165, contenente  \"Disposizioni\ndi attuazione dell\u0027art. 122, primo comma,  della  Costituzione\");  di\ncontro, quest\u0027ultima conseguenza non puo\u0027  essere  l\u0027effetto  di  una\nfattispecie concretatasi successivamente al (o anche nel  corso  del)\nprocedimento   elettorale.   Infatti,   sempre    secondo    costante\ninsegnamento giurisprudenziale - nonche\u0027, invero, anche per  espresse\nprevisioni normative: cfr. art. 2, comma 1, lettera c), legge n.  165\ndel 2004 -  il  sopravvenire  di  un\u0027ipotesi  di  ineleggibilita\u0027  si\nconcreta sul  piano  effettuale  in  un\u0027ipotesi  di  incompatibilita\u0027\nsicche\u0027 all\u0027interessato deve essere concesso un termine  per  poterla\nrimuovere, diversi essendo, dal punto di vista ontologico, la  natura\ndei valori tutelati  dalla  due  ipotesi  limitative  dell\u0027elettorato\npassivo (il rischio di captatio benevolentiae per  l\u0027ineleggibilita\u0027,\nil conflitto di interessi per l\u0027incompatibilita\u0027:  ex  multis,  Corte\ncostituzionale, sentenza n. 120 del 2013, nonche\u0027, n. 42 del 1961, n.\n129 del 1975, n. 5 del 1978, n. 78 del 1979, n. 45 del 1977,  n.  162\ndel 1985, n. 344 del 1993 e n. 217 del 2006). \n    7.3.2. La norma in esame, come gia\u0027  osservato,  fa  un  uso  del\ntutto  improprio  (ergo,   irragionevole)   della   categoria   della\nineleggibilita\u0027 perche\u0027 la fattispecie presa in considerazione non e\u0027\nquella di una condizione personale preesistente  all\u0027elezione  e,  in\ntermini   oggettivi,   suscettibile   di   condizionare   la   libera\nmanifestazione del consenso degli elettori (per metus, ovvero per  il\nrischio di captatio benevolentiae): per  il  comma  7  dell\u0027art.  15,\nlegge n. 515 del 1993, l\u0027ineleggibilita\u0027 e\u0027 una sanzione  inflitta  a\ncausa dell\u0027omesso o erroneo (in tesi) adempimento  agli  obblighi  di\npubblicita\u0027 sul finanziamento e la gestione  delle  spese  elettorali\nche, pero\u0027, va  a  incidere  ne\u0027  sul  piano  penale  ne\u0027  su  quello\namministrativo, bensi\u0027 su quello dell\u0027esercizio dei diritti civili  e\npolitici. \n    Premesso tale inusitata misura sanzionatoria,  gia\u0027  di  per  se\u0027\npalesemente  irragionevole  e  lesiva  dei  principi   costituzionali\nrichiamati   in   rubrica,   balzano   evidenti   ulteriori,   palesi\nincongruita\u0027 nei quali e\u0027 caduto il legislatore. \n    Dalla  disposizione  in  parola,  infatti,  non  si  capisce   se\nl\u0027\"ineleggibilita\u0027\" comminata  sia  da  considerare  assoluta  (cioe\u0027\napplicabile a qualsiasi carica elettiva) oppure relativa  (cioe\u0027,  se\nriferita alla carica per la quale l\u0027eletto  non  abbia  osservato  le\nnorme  sulla  campagna  elettorale,  ma   e\u0027   comunque   inevitabile\nri-domandarsi: quali tra le tante?). Ancora, non si comprende se tale\nineleggibilita\u0027 sia da considerare pro-futuro (e in tale ipotesi,  se\nusque ad mortem), ovvero pro-praeterito,  e,  quindi,  con  efficacia\nretroattiva, quindi come ineleggibilita\u0027 sopravvenuta, ma senza poter\nessere trattata in tale ultima ipotesi come incompatibilita\u0027  secondo\nla costante configurazione giuridica. \n    Ebbene,  poiche\u0027  l\u0027ineleggibilita\u0027  (usando   l\u0027espressione   in\ntermini dommaticamente appropriati) non puo\u0027 che  essere  relativa  e\ntemporanea (perche\u0027, diversamente, da causa  limitativa  del  diritto\nall\u0027elettorato passivo a presidio di  altri  e  concorrenti  principi\ncostituzionali, si tramuterebbe in una inaccettabile misura  ablativa\ndel diritto non consentita in nessun caso dalla Costituzione dato che\nl\u0027art.  48,  ultimo  comma,  Cost.,  parla  di  limitazione,  non  di\nprivazione), appare chiaro come la disposizione  in  discussione  sia\nlesiva di numerosi parametri di legittimita\u0027 costituzionale. \n    Sicuramente verrebbe infranto quello di ragionevolezza, posto che\nl\u0027uso in chiave  \"sanzionatoria\"  dell\u0027istituto  ne  snaturerebbe  la\nfunzione che, invece, e\u0027 ontologicamente posta ad anticipato presidio\ndell\u0027ordinato  svolgimento  della  competizione  elettorale,  perche\u0027\nl\u0027acquisizione del consenso non possa essere (o anche solo  apparire)\nviziata in  ragione  della  condizione  soggettiva  e  personale  del\ncandidato. \n    La via seguita  dal  legislatore  con  la  norma  qui  censurata,\ninvece, stravolge presupposti, fondamento, effetti e  funzione  della\ncategoria  giuridica   dell\u0027ineleggibilita\u0027   facendola   mutare   in\nun\u0027inedita misura ablativa di un diritto fondamentale  (applicata  in\ncarenza delle garanzie  previste  dai  criteri  Engel)  dai  contorni\napplicativi indeterminati nello spazio (ineleggibilita\u0027  a  cosa?)  e\nnel tempo (da quando e fino  a  quando?)  e  senza  le  garanzie  del\nprocesso dinanzi ad un\u0027autorita\u0027 giudiziaria (da cio\u0027, quindi,  anche\nla violazione del diritto ad un giusto processo ex art. 6 C.E.D.U.  e\na un ricorso effettivo ex art. 47 C.D.F.U.E. \n    Tale vizio, peraltro, si coglie ancor piu\u0027 evidente ove si  ponga\nmente, quale tertium comparationis, alle ipotesi  di  ineleggibilita\u0027\nconosciute dall\u0027ordinamento  giuridico  (cfr.  ad  esempio  la  legge\nquadro n. 165 del 2004 e, nel caso della Sardegna, la legge 23 aprile\n1981, n. 154, alla quale fa rinvio, nelle more  dell\u0027approvazione  di\nuna specifica legge  statutaria,  l\u0027art.  22,  comma  2  della  legge\nStatutaria sarda 12 novembre 2013, n.  1)  alla  ratio  dell\u0027istituto\ncome sopra tratteggiato (limitazione del  diritto  all\u0027elettorato  in\nragione di specifiche condizioni soggettive del candidato). \n    Risulta, altresi\u0027, leso il diritto  (inviolabile)  di  elettorato\navuto specifico riferimento  all\u0027ultimo  comma  dell\u0027art.  48  Cost.,\nsecondo il quale «il diritto di voto non puo\u0027 essere limitato se  non\nper incapacita\u0027 civile o per effetto di sentenza penale o nei casi di\nindegnita\u0027  morale  indicati  dalla  legge»  e  considerato  che   la\nfattispecie genericamente e incongruamente descritta dal comma  7  in\nesame non e\u0027 riconducibile a nessuna delle fattispecie previste dalla\nnorma costituzionale. \n    7.4. Questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 15, comma\n7, legge 10 dicembre 1993, n. 515, nella parte in cui dispone che  la\nfattispecie ivi prevista «costituisce causa  di  ineleggibilita\u0027  del\ncandidato e comporta la decadenza dalla carica del  candidato  eletto\nnei casi espressamente previsti nel presente  articolo  con  delibera\ndella  Camera  di  appartenenza»  e   non   «costituisce   causa   di\nineleggibilita\u0027 sopravvenuta del candidato e  comporta  la  decadenza\ndalla carica del candidato eletto nei casi espressamente previsti nel\npresente articolo ove non rimossa nel ragionevole termine assegnato a\nseguito di contestazione effettuata  con  delibera  della  Camera  di\nappartenenza»,  per  violazione  del  principio  di   eguaglianza   e\nragionevolezza ex art. 3, comma 1, Cost. del principio  di  legalita\u0027\nex articoli 25 e 97 Cost., degli articoli  2,  48  e  Cost.,  nonche\u0027\ndell\u0027art. 2, comma 1, lettera c), legge 2 luglio 2004, n. 165,  quale\nfonte interposta contenente principi  generali  ex  art.  122,  primo\ncomma, Cost. \n    In via del tutto subordinata all\u0027eventuale  mancato  accoglimento\ndelle  censure  di   legittimita\u0027   costituzionale   sopra   dedotte,\noccorrerebbe,    allora,    prendere     atto     dell\u0027illegittimita\u0027\ncostituzionale del comma 7 dell\u0027art. 15 della legge n. 515 del  1993,\nnella  parte  in  cui  dispone  che  la  fattispecie   ivi   prevista\n(l\u0027accertata violazione delle  norme  che  disciplinano  la  campagna\nelettorale) «costituisce causa di  ineleggibilita\u0027  del  candidato  e\ncomporta la decadenza dalla carica  del  candidato  eletto  nei  casi\nespressamente previsti  nel  presente  articolo  con  delibera  della\nCamera di appartenenza» e non «costituisce causa  di  ineleggibilita\u0027\nsopravvenuta del candidato e comporta la decadenza dalla  carica  del\ncandidato  eletto  nei  casi  espressamente  previsti  nel   presente\narticolo ove non rimossa nel ragionevole termine assegnato a  seguito\ndi  contestazione   effettuata   con   delibera   della   Camera   di\nappartenenza». \n    7.4.1. Infatti, in tale subordinata ipotesi, l\u0027unica possibilita\u0027\ndi ricondurre a conformita\u0027 a Costituzione la norma  in  discussione,\nsarebbe quella di intervenire con una pronuncia  additiva/sostitutiva\nmediante la quale la categoria dell\u0027ineleggibilita\u0027 viene trattata in\nconformita\u0027 ai principi costituzionali in materia, secondo  i  quali,\nallorche\u0027 un cittadino eletto ad  una  carica  politica  si  venga  a\ntrovare,  successivamente  all\u0027elezione,   in   una   condizione   di\nineleggibilita\u0027, tale fattispecie  venga  trattata  come  ipotesi  di\nincompatibilita\u0027. Cio\u0027 comporta che la fattispecie  venga  contestata\nall\u0027interessato concedendo  allo  stesso  un  congruo  e  ragionevole\ntermine per rimuovere la causa ostativa  al  mantenimento  del  munus\npublicum. \n    Come sopra  ricordato,  la  legge  2  luglio  2004,  n.  165,  di\nattuazione  dell\u0027art.  122,   primo   comma,   Cost.,   impone   alla\nlegislazione elettorale regionale, l\u0027«applicazione  della  disciplina\ndelle incompatibilita\u0027 alle  cause  di  ineleggibilita\u0027  sopravvenute\nalle elezioni qualora ricorrano le condizioni previste  dall\u0027art.  3,\ncomma 1, lettere a) e b)» (cosi\u0027, l\u0027art. 2, comma 1, lettera c). Tale\nprescrizione ha valore di principio fondamentale, riconducibile  agli\narticoli 3 e 51 Cost. e, pertanto, immediatamente  applicabile  anche\nalle regioni ad autonomia speciale: \"questa Corte ha affermato che il\nlegislatore regionale siciliano non puo\u0027 «sottrarsi, se  non  laddove\nricorrano  \u0027condizioni  peculiari   locali\u0027,   all\u0027applicazione   dei\nprincipi enunciati dalla legge n. 165 del 2004 che  siano  espressivi\ndell\u0027esigenza indefettibile di uniformita\u0027 imposta dagli articoli 3 e\n51 Cost. Tra tali principi, assume rilievo il vincolo di configurare,\na certe condizioni, le ineleggibilita\u0027  sopravvenute  come  cause  di\nincompatibilita\u0027»  (sentenza  n.  143  del  2010),   come   stabilito\ndall\u0027art. 2, comma 1, lettera c), della legge 2 luglio 2004,  n.  165\n(Disposizioni  di  attuazione  dell\u0027art.  122,  primo  comma,   della\nCostituzione). Sulla base di questo vincolo,  che  obbliga  tutte  le\nregioni a rispettare il parallelismo tra le ipotesi di illegittimita\u0027\ne quelle di incompatibilita\u0027, e\u0027  stata  dichiarata  l\u0027illegittimita\u0027\ncostituzionale della legge  della  Regione  Siciliana  n.  ...»\"  (C.\ncost., sentenza n. 294 del 2011). \n    La giurisprudenza di codesta  ecc.ma  Corte  depone  proprio  nel\nsenso della doverosita\u0027 della concessione  di  un  termine  a  favore\ndell\u0027interessato  per   rimuovere   la   causa   di   ineleggibilita\u0027\nsopravvenuta (da valere quale incompatibilita\u0027): \"quando si verifica,\ninfatti, la sopravvenienza di  una  causa  di  ineleggibilita\u0027  o  di\nincompatibilita\u0027,  vi  sarebbe  stata  offesa  ai  principi   se   il\nlegislatore  avesse  previsto  semplicemente  l\u0027automatica  decadenza\ndell\u0027eletto. A questi, invece, e\u0027 data possibilita\u0027 di  rimuovere  la\ncausa  inficiante,  ed  entro  un  termine  che  appare   del   tutto\nragionevole,  attesoche\u0027  si  tratta  soltanto  di  presentare  delle\ndimissioni: com\u0027e\u0027 appunto nel caso di specie,  dove...\"  (C.  cost.,\nsentenza n. 235 del 1989). \n    Inoltre, la giurisprudenza di  codesta  ecc.ma  Corte  e\u0027  dovuta\nintervenire per correggere una  asimmetria  originariamente  prevista\nnella  legge  n.  154  del  1981,  secondo  la  quale,  in  caso   di\ncontestazione di una  causa  di  incompatibilita\u0027  in  occasione  del\nprocedimento amministrativo di verifica dei titoli di  ammissione  ad\nun organo elettivo, era riconosciuta all\u0027interessato la  possibilita\u0027\ndi  rimuovere  la  causa  ostativa   al   mantenimento   dell\u0027ufficio\nelettorale entro un congruo termine, facolta\u0027 non  prevista,  invece,\nin caso di contestazione della medesima causa di incompatibilita\u0027 per\nvia giudiziaria: \"bisogna dunque consentire  di  rimuovere  la  causa\nd\u0027incompatibilita\u0027 entro un termine ragionevolmente  breve,  dopo  la\nnotifica del  ricorso  di  cui  all\u0027art.  9-bis,  per  assicurare  un\nequilibrio fra la ratio giustificativa della  incompatibilita\u0027  e  la\nsalvaguardia del diritto di elettorato passivo, senza pregiudizio  di\nun   futuro   intervento   del   Parlamento   e   di    un\u0027evoluzione\ngiurisprudenziale  che  diano  compiuta  razionalita\u0027  al   sistema\",\npertanto \"l\u0027art. 9-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.\n570 del 1960 e\u0027 quindi illegittimo nella parte in cui prevede che  la\ndecadenza possa essere pronunciata in sede giurisdizionale, senza che\nsia data all\u0027interessato la facolta\u0027 di rimuovere utilmente la  causa\ndi incompatibilita\u0027 entro  un  congruo  termine  dalla  notifica  del\nricorso previsto da esso\" (C. cost., sentenza n. 160 del  1997;  cfr.\nanche n. 235 del 1989 e n. 294 del 2011). \n    In  conclusione,  ancorche\u0027  in  via   subordinata   al   mancato\naccoglimento delle eccezioni dedotte ai punti precedenti,  occorrera\u0027\nsollevare questione di costituzionalita\u0027 dell\u0027art. 15, comma 7, legge\n10 dicembre 1993, n. 515, per la violazione dei parametri indicati in\nrubrica,   perche\u0027   codesta   ecc.ma   Corte    possa    dichiararne\nl\u0027illegittimita\u0027  costituzionale  e,  quindi,  accogliere   l\u0027odierno\nricorso. \n8. Conclusioni in ordine al «tono  costituzionale»  del  conflitto  e\nalla lesione della «sfera di competenza costituzionale» della Regione\nSardegna. \n    Nel punto 6 e ss. si e\u0027 argomentato perche\u0027 la  disciplina  sarda\nvigente in  tema  di  rendicontazioni  elettorali  non  puo\u0027  trovare\napplicazione con riguardo al presidente  di  regione  elettivo.  Tale\nrilievo apre la strada alle considerazioni finali circa  il  rapporto\ntra il quadro competenziale del Collegio di garanzia elettorale e  le\nprerogative  costituzionali  degli  organi  regionali  di   indirizzo\npolitico  (presidente,  consiglio  e  giunta),  ossia  la  «sfera  di\ncompetenza costituzionale» della  Regione  Sardegna  (per  riprendere\nsempre la formula dell\u0027art. 39, comma 1, della legge  statale  n.  87\ndel 1953). \n    Proprio prendendo in esame i caratteri  della  vigente  forma  di\ngoverno della Regione Sardegna si rivela piu\u0027 chiaramente la  ragione\nper cui occorre interpretare la legge regionale n. 1/1994 come se non\nsi riferisse al presidente di regione elettivo,  nonche\u0027  la  ragione\nper  cui  una  diversa  interpretazione  (quale  quella  che  fa   da\npresupposto  all\u0027ordinanza/ingiunzione  del  Collegio  di   garanzia)\nimplicherebbe necessariamente la lesione della «sfera  di  competenza\ncostituzionale» degli organi facenti parte  della  forma  di  governo\nsarda. \n    La forma di governo sarda, come e\u0027 noto, si basa  sul  meccanismo\ndel simul stabunt simul cadent disciplinato dagli articoli  15  e  35\ndello statuto speciale, per come novellati dall\u0027art.  3  della  legge\ncostituzionale n. 2 del 2001. In particolare, l\u0027art. 15 dello statuto\nsardo dispone che «le dimissioni contestuali  della  maggioranza  dei\ncomponenti il consiglio  regionale  comportano  lo  scioglimento  del\nconsiglio stesso e l\u0027elezione contestuale del nuovo consiglio  e  del\npresidente  della  regione  se  eletto  a  suffragio  universale».  A\nseguire,  l\u0027art.  35,  comma  secondo,  dello  statuto  prevede   che\n«l\u0027approvazione  della  mozione  di  sfiducia   nei   confronti   del\npresidente della regione eletto a  suffragio  universale  e  diretto,\nnonche\u0027  la  rimozione,  l\u0027impedimento  permanente,  la  morte  o  le\ndimissioni dello stesso comportano le dimissioni della  giunta  e  lo\nscioglimento del consiglio regionale». \n    Come risulta palese, l\u0027elezione e la dissoluzione dei due organi,\nil presidente e il consiglio, e\u0027 sempre contestuale: o stanno assieme\no cadono assieme, appunto. Di conseguenza, le vicende che determinano\nl\u0027interruzione del mandato di un organo producono automaticamente  il\nvenir meno pure dell\u0027altro. In particolare, queste  vicende,  ipotesi\ndissolutorie,  espressamente  tipizzate  da  disposizioni  di   rango\ncostituzionale,  sono  le  seguenti:  sfiducia   consiliare,   morte,\nimpedimento permanente, dimissioni  e  rimozione  del  presidente.  A\nquesto elenco, come si e\u0027 detto,  deve  aggiungersi  l\u0027ipotesi  delle\ndimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il  consiglio\nregionale (art. 15 St. Sardegna). \n    Cio\u0027 premesso,  appare  fortemente  dubbio  che  il  Collegio  di\ngaranzia abbia il potere di comminare la sanzione della  decadenza  a\ncarico del presidente di regione elettivo e di determinare  con  cio\u0027\nl\u0027automatico scioglimento del consiglio regionale. Poiche\u0027 le ipotesi\ndi dissoluzione degli organi regionali  di  direzione  politica  sono\ntassativamente stabilite da norme costituzionali e poiche\u0027  implicano\nderoghe al principio democratico di sovranita\u0027 popolare, esse sono di\nstretta  interpretazione,  sicche\u0027  il   legislatore   non   potrebbe\nlegittimamente introdurre ipotesi ulteriori in assenza  di  esplicita\nautorizzazione costituzionale. Ne segue l\u0027ulteriore  conseguenza  che\nla  legge  regionale  n.  1  del  1994,  in  virtu\u0027  del  canone   di\ninterpretazione costituzionalmente conforme (su cui si veda il dictum\ndella sentenza n. 356 del 1996 di questa ecc.ma  Corte,  secondo  cui\n«le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perche\u0027 e\u0027\npossibile darne interpretazioni incostituzionali (e  qualche  giudice\nritenga di darne), ma perche\u0027 e\u0027  impossibile  darne  interpretazioni\ncostituzionali»), deve armonizzarsi col sistema costituzionale e  non\npuo\u0027 interpretarsi come  se  attribuisse  al  Collegio  regionale  di\ngaranzia elettorale il potere di azionare il  dispositivo  del  simul\nstabunt simul cadent, che  sta  alla  base  della  forma  di  governo\nregionale. \n    Se ne deve dunque concludere che il Collegio di garanzia non puo\u0027\naccertare, ingiungere, imporre o anche solo proporre la decadenza del\npresidente di regione elettivo, con  cio\u0027  disponendo  indirettamente\nl\u0027automatica dissoluzione  del  consiglio.  La  sua  competenza  deve\nritenersi circoscritta alle cause di decadenza che colpiscono i  soli\nconsiglieri regionali elettivi,  con  esclusione  del  presidente  di\nregione/consigliere di diritto. \n    In base all\u0027art. 39, comma 4, della legge n. 87/1953 «il  ricorso\nper regolamento di competenza deve indicare come sorge  il  conflitto\ndi attribuzione e specificare l\u0027atto dal quale sarebbe  stata  invasa\nla sfera di competenza, nonche\u0027 le disposizioni della Costituzione  e\ndelle leggi costituzionali che si ritengono  violate».  Nel  caso  di\nspecie   il   conflitto    sorge,    evidentemente,    per    effetto\ndell\u0027ordinanza/ingiunzione notificata al presidente di regione  e  al\npresidente del consiglio regionale il 3 gennaio 2024. Le disposizioni\ndi rango  costituzionale  che  debbono  ritenersi  violate  sono  gli\narticoli 15, 35 e 50 dello statuto speciale per la Regione  Sardegna,\ncome novellati dall\u0027art. 3 della legge costituzionale n. 2 del  2001,\nin combinato disposto con gli articoli 1 e 22 della legge  statutaria\nregionale 12 novembre 2013, n. 1 e  degli  articoli  97,  122,  della\nCostituzione. \n    Non pare  dubbio,  inoltre,  che  la  loro  violazione  determini\nun\u0027invasione  o  menomazione  della  sfera  regionale  di  competenza\ncostituzionale, compromettendo la  possibilita\u0027  di  esercizio  delle\nattribuzioni  e  prerogative  spettanti  agli  organi  regionali   di\ndirezione politica (presidente, consiglio e giunta).  Cio\u0027  e\u0027  stato\ndiffusamente argomentato nei precedenti §§, al  quale  dunque  si  fa\nrinvio. \n    Qui  si  rimarca  soltanto  che  la  sanzione  della   decadenza,\nerroneamente  comminata  al  presidente  di  regione  sulla  base  di\nun\u0027altrettanta erronea interpretazione della legge regionale n. 1 del\n1994,   costituisce   «cattivo   esercizio   del   potere»,   poiche\u0027\nnell\u0027imporre al consiglio regionale di dichiarare la decadenza  della\npres. Todde e, quindi, di determinare illegittimamente la contestuale\ndissoluzione  di  tutti   gli   organi   regionali   compromette   la\npossibilita\u0027 che questi  possano  continuare  a  esercitare  le  loro\nattribuzioni. In base alla giurisprudenza di questa ecc.ma  Corte  si\nha, infatti,  invasione  o  lesione  della  sfera  costituzionale  di\ncompetenza  regionale,  cioe\u0027  delle  attribuzioni  regionali,  anche\nquando l\u0027atto statale determina una «menomazione  delle  possibilita\u0027\ndi esercizio delle medesime» (sentenza n. 332 del 2011). E  non  pare\ndubbio che le libere determinazioni del  consiglio  regionale  (senza\npredeterminazione del loro contenuto ab  extra  da  parte  di  organi\nstatali), nonche\u0027 la legittima  permanenza  in  carica  degli  organi\nregionali rappresenti il presupposto indefettibile  affinche\u0027  questi\npossano  effettivamente  svolgere  le  funzioni   che   l\u0027ordinamento\nattribuisce  loro  in  piena  autonomia  e   senza   incostituzionali\ninterferenze statali. \n    Alla luce  delle  considerazioni  teste\u0027  svolte,  se  ne  evince\nsenz\u0027altro l\u0027indubbio «tono costituzionale» del conflitto (si  vedano\nalmeno le sentt. nn. 137 del 2014, 87  del  2015,  260  del  2026  di\nquesta  ecc.ma  Corte).  Infatti,   a   seguire   la   giurisprudenza\ncostituzionale, «il tono costituzionale del conflitto sussiste quando\nle regioni non lamentino una lesione qualsiasi, ma una lesione  delle\nproprie attribuzioni costituzionali» (sent. n. 10 del 2017). Nel caso\ndi specie l\u0027ordinanza/ingiunzione del Collegio di garanzia elettorale\nnon e\u0027 un atto meramente illegittimo, nei confronti del  quale  valga\nsolo la tutela offerta dalla giurisdizione  comune,  ma  e\u0027  un  atto\naltresi\u0027 viziato per contrasto con norme  attributive  di  competenza\ncostituzionale.  Non  e\u0027  leso  soltanto  il  diritto  soggettivo  di\nelettorato passivo di Alessandra Todde, in quanto cittadina candidata\nalla carica di presidente della regione, ma sono vulnerate  anche  le\nattribuzioni costituzionali degli organi regionali: per il  vizio  di\nlegittimita\u0027 concernente la posizione della persona fisica Alessandra\nTodde il giudice competente e\u0027 la giurisdizione comune; per il  vizio\ndi  legittimita\u0027  e  costituzionalita\u0027  concernente   la   sfera   di\ncompetenza e, prima ancora, la posizione stessa degli organi  facenti\nparte della forma di governo regionale,  il  giudice  competente  non\npuo\u0027 che essere la  giurisdizione  costituzionale,  stante  il  «tono\ncostituzionale» del conflitto. \n\n \n                                P.Q.M. \n \n    Si chiede che codesta ecc.ma Corte, in accoglimento del  presente\nricorso,  se  del  caso  previa  autopromozione  delle  questioni  di\nlegittimita\u0027 sopra dedotte, voglia dichiarare  che  non  spetta  allo\nStato e per esso al Collegio di garanzia elettorale presso  la  Corte\nd\u0027appello  di  Cagliari  imporre  «la  decadenza  dalla  carica   del\ncandidato  eletto»  a  presidente  della  regione,  e  disporre   «la\ntrasmissione della presente ordinanza/ingiunzione al  presidente  del\nconsiglio  regionale  per  quanto  di  sua   competenza   in   ordine\nall\u0027adozione del provvedimento di decadenza di Todde Alessandra dalla\ncarica  di  presidente  della  Regione  Sardegna»  e,  per  l\u0027effetto\nannullare l\u0027ordinanza/ingiunzione depositata  dal  predetto  Collegio\nregionale di garanzia il 3 gennaio 2025. \n        Cagliari-Roma, 3 marzo 2025 \n \n   Prof. avv. Chessa - Prof. avv. Saitta - Avv. Pani - Avv. 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