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Omar Chessa\n(c.f.: CHSMRO70E30I452L, fax: 0706062418, PEC: ochessa@pec.it), dal\nprof. avv. Antonio Saitta (c.f.: STTNTN63M13F158C; fax: 0706062418,\nPEC: antonio.saitta@certmail-cnf.it), del libero Foro, dall\u0027avv.\nMattia Pani (c.f.: PNAMTT74P02B354J; fax 0706062418; PEC:\nmapani@pec.regione.sardegna.it) e dall\u0027avv. Alessandra Putzu (c.f.:\nPTZLSN73B41F979D; fax: 070/6062418; PEC:\naputzu@pec.regione.sardegna.it) dell\u0027Avvocatura dell\u0027ente,\nelettivamente domiciliata presso l\u0027Ufficio di rappresentanza della\nRegione Sardegna in Roma, Via Lucullo n. 24 e presso gli indirizzi\npec dei nominati difensori; \n Contro lo Stato e per esso contro la Presidenza del Consiglio dei\nministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore,\nrappresentato e difeso ex lege dall\u0027Avvocatura generale dello Stato, \n e \n il Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte\nd\u0027appello di Cagliari, in persona del presidente pro tempore, ai\nsensi dell\u0027art. 27, comma 2, delle norme integrative della Corte\ncostituzionale del 22 luglio 2021, \n e \n il Ministero della giustizia, nella persona del Ministro pro\ntempore, rappresentato e difeso ex lege dall\u0027Avvocatura generale\ndello Stato, ai sensi dell\u0027art. 27, comma 2, delle norme integrative\ndella Corte costituzionale del 22 luglio 2021; \n Per la dichiarazione che, ai sensi degli articoli 15, 35 e 50\ndello statuto speciale per la Regione Sardegna in combinato disposto\ncon gli articoli 1 e 22 della legge statutaria regionale 12 novembre\n2013, n. 1 e degli articoli 97, 122 della Costituzione, non spetta\nallo Stato, e per esso al Collegio regionale di garanzia elettorale\nistituito presso la Corte d\u0027appello di Cagliari con le funzioni ex\nart. 13 della legge del 10 dicembre 1993, n. 515, di imporre «la\ndecadenza dalla carica del candidato eletto» a presidente della\nregione, e disporre con «ordinanza/ingiunzione al presidente del\nconsiglio regionale ... l\u0027adozione del provvedimento di decadenza di\nTodde Alessandra dalla carica di presidente della Regione Sardegna»,\nnonche\u0027 \n Per l\u0027annullamento dell\u0027ordinanza/ingiunzione adottata, in data\n20 dicembre 2024, dalla Corte d\u0027appello di Cagliari - Collegio\nregionale di garanzia elettorale, depositata in cancelleria il 3\ngennaio 2025, notificata in pari data a «Giampiero Comandini ...\nnella sua qualita\u0027 di presidente del consiglio regionale della\nSardegna c/o sede istituzionale, Palazzo del consiglio regionale\ndella Regione Sardegna» e all\u0027ing. Alessandra Todde, presidente della\nRegione autonoma della Sardegna in Cagliari, Via Trento 69 c/o la\nPresidenza della regione, con cui la riportata lesione e\u0027 stata\naffermata e concretamente esercitata, nella parte in cui «si impone\n..., stante l\u0027accertata violazione delle norme che disciplinano la\ncampagna elettorale, la decadenza dalla carica del candidato eletto e\ntrasmissione del provvedimento al presidente del consiglio regionale\nper la procedura di competenza come previsto dall\u0027art. 15, comma 7,\nlegge n. 515/1993. P.Q.M .... Tenuto conto delle violazioni della\nnormativa, cosi\u0027 come suindicate dispone la trasmissione della\npresente ordinanza/ingiunzione al presidente del consiglio regionale\nper quanto di sua competenza in ordine all\u0027adozione del provvedimento\ndi decadenza di Todde Alessandra dalla carica di presidente della\nRegione Sardegna ...». \n \n Fatto \n \n Il Collegio regionale di garanzia elettorale per la Regione\nSardegna, costituito con il decreto del presidente della Corte di\nappello 19 aprile 2024 per il quadriennio 2024-2027, e\u0027 competente,\nai sensi del combinato disposto dell\u0027art. 13, legge n. 515/1993 e\ndell\u0027art. 4, legge regionale n. 1/1994, a effettuare per i candidati\nal consiglio regionale della Sardegna la verifica della regolarita\u0027: \n delle dichiarazioni concernenti le spese sostenute e le\nobbligazioni assunte per la propaganda elettorale ovvero\nl\u0027attestazione di essersi avvalsi esclusivamente di materiali e di\nmezzi propagandistici predisposti e messi a disposizione dal partito\no dalla formazione politica della cui lista hanno fatto parte e dei\nrendiconti relativi ai contributi e servizi ricevuti ed alle spese\nsostenute per la campagna elettorale. \n Il 3 gennaio 2025, tale Collegio regionale di garanzia\nelettorale, ha notificato al presidente del consiglio regionale della\nSardegna un\u0027«ordinanza/ingiunzione in ordine all\u0027adozione del\nprovvedimento di decadenza» dell\u0027ing. Alessandra Todde dalla carica\ndi presidente della Regione Sardegna. \n La suddetta «ordinanza/ingiunzione» (per usare la stessa\nterminologia impiegata dal Collegio di garanzia elettorale), a\nseguito della verifica della dichiarazione e del rendiconto\ndepositati dalla candidata Alessandra Todde, «eletta presidente della\nRegione Sardegna in esito alle elezioni regionali del 25 febbraio\n2024, cui ha fatto seguito, in data 20 marzo 2024, la proclamazione\ndegli eletti», ha premesso che «esaminati gli atti prodotti, vista la\ndelibera adottata nella seduta del 12 novembre 2024 e considerata la\ndecisione adottata dalla maggioranza del Collegio, nel corso della\nseduta del 16 novembre 2024 - secondo la quale il candidato alla\nPresidenza della Regione non sarebbe sottoposto ad alcun limite di\nspesa per la propria campagna elettorale in virtu\u0027 dell\u0027insussistenza\ndi una norma che lo preveda - si e\u0027 proceduto alla notifica delle\ncontestazioni ... formulate come di seguito riportate: \n 1) la depositata dichiarazione di spesa e di rendiconto non\ne\u0027 conforme a quanto sancito dall\u0027art. 7, comma 6 della legge n.\n515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della legge regionale\nSardegna n. 1/1994 ... - si e\u0027 contestata la violazione dell\u0027art. 7,\ncomma 6, legge n. 515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1\ndella legge regionale Sardegna n. 1/1994; \n 2) non risulta essere stato nominato il mandatario, la cui\nnomina deve ritenersi obbligatoria ai sensi dell\u0027art. 7, comma 3\ndella legge n. 515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della\nlegge regionale Sardegna n. 1/1994: ... - si e\u0027 contestata la\nviolazione dell\u0027art. 7, comma 3, legge n. 515/1993, come richiamato\ndall\u0027art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/1994; \n 3) non risulta essere stato aperto un conto corrente dedicato\nesclusivamente alla raccolta dei fondi ai sensi dell\u0027art. 7, comma 4\ndella legge n. 515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della\nlegge regionale Sardegna n. 1/1994: .... - si e\u0027 contestata la\nviolazione dell\u0027art. 7, comma 4, legge n. 515/1993, come richiamato\ndall\u0027art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/1994; \n 4) non risulta l\u0027assegnazione e la sottoscrizione del\nrendiconto da parte del mandatario che avrebbe dovuto essere nominato\nai sensi dell\u0027art. 7, commi 4 e 6 della legge n. 515/1993, come\nrichiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n.\n1/1994: ... - si e\u0027 contestata la violazione dell\u0027art. 7, commi 4 e\n6, legge n. 515/1993, come richiamati dall\u0027art. 3, comma 1 della\nlegge regionale Sardegna n. 1/1994; \n 5) non e\u0027 stato prodotto l\u0027estratto del conto corrente\nbancario o postale, come previsto dall\u0027art. 7, comma 6 della legge n.\n515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della legge regionale\nSardegna n. 1/1994: ... - si e\u0027 contestata la violazione dell\u0027art. 7,\ncomma 6, legge n. 515/1993, come richiamato dall\u0027art. 5, comma 3\ndella legge regionale Sardegna n. 1/1994; \n 6) non risultano dalla lista movimenti bancari i nominativi\ndei soggetti che hanno erogato i finanziamenti per la campagna\nelettorale come previsto dall\u0027art. 7, comma 6 della legge n.\n515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della legge regionale\nSardegna n. 1/1994: ... - si e\u0027 contestata la violazione dell\u0027art. 7,\ncomma 6 della legge n. 515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1\ndella legge regionale Sardegna n. 1/1994 e qualora i finanziamenti\ndovessero risultare da societa\u0027, anche l\u0027art. 4, comma 3 della legge\nn. 659/1981 in combinato disposto con l\u0027art. 7, comma 2 della legge\nn. 195/1974; \n 7) non risulta su quale conto corrente siano confluite le\nsomme indicata nell\u0027elenco operazioni Paypal prodotto dalla\ncandidata, ai sensi dell\u0027art. 7, commi 3 e 4 della legge n. 515/1993,\ncome richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna\nn. 1/1994: ... - si e\u0027 contestata la violazione dell\u0027art. 7, comma 4,\nlegge n. 515/1993, come richiamato dall\u0027art. 3, comma 1 della legge\nregionale Sardegna n. 1/1994; \n Rilevato che la candidata Todde Alessandra, a seguito delle\ncontestazioni effettuate, ha proceduto al deposito di una memoria ex\nart. 14, comma IV, legge regionale n. 515/1993, con relativi\nallegati, ... con la quale ha formalizzato le proprie osservazioni in\nrelazione appunto, alle varie contestazioni formulate nei suoi\nconfronti; .....». \n Rilevato che «non e\u0027 stato affatto contestato alla Todde il\nmancato deposito della dichiarazione di spesa e rendiconto - come\nprevisto dall\u0027art. 15, comma 8 della legge richiamata (diffida e\ntermine di quindici giorni, come specificatamente richiesto dalla\nnorma) - ma l\u0027anomalia derivante dalla non conformita\u0027 della\ndichiarazione di spesa e rendiconto da lei stessa presentata» (cfr.\nsettima riga dell\u0027ultimo capoverso della pag. 5 dell\u0027ordinanza\ningiunzione). \n Il Collegio di garanzia, con l\u0027atto indicato in epigrafe,\nconcludeva, per quanto di interesse nel presente giudizio, che «Alla\nluce delle rilevate irregolarita\u0027 e violazioni delle norme penali\ninerenti il deposito di dichiarazioni contrastanti e delle anomalie\nrilevate - come suesposto - si impone la trasmissione di copia degli\natti succitati alla Procura della Repubblica in sede per quanto di\neventuale competenza, nonche\u0027 la comminazione delle sanzioni\namministrative e, infine, stante l\u0027accertata violazione delle norme\nche disciplinano la campagna elettorale, la decadenza dalla carica\ndel candidato eletto e trasmissione del provvedimento al presidente\ndel consiglio regionale per la procedura di competenza come previsto\ndall\u0027art. 15, comma 7, legge n. 515/1993» (pag. 5, ultimo capoverso). \n Pertanto, sulla base delle riportate contestazioni, il Collegio\ndi garanzia elettorale comminava a carico della presidente Todde la\nsanzione amministrativa di 40.000,00 euro e «tenuto conto delle\nviolazioni della normativa, cosi\u0027 come suindicate Dispone la\ntrasmissione della presente ordinanza/ingiunzione al presidente del\nconsiglio regionale per quanto di sua competenza in ordine\nall\u0027adozione del provvedimento di decadenza di Todde Alessandra dalla\ncarica di presidente della Regione Sardegna ...». \n Il provvedimento, depositato in cancelleria il 3 gennaio 2025,\nveniva notificato lo stesso giorno a mani proprie della presidente,\ning. Alessandra Todde, e al dott. Giampiero Comandini, nella sua\nqualita\u0027 di presidente del consiglio regionale della Sardegna. \n \n Diritto \n \n1. Premessa. \n L\u0027art. 134 Cost. dispone che la Corte costituzionale «giudica sui\nconflitti di attribuzione tra lo Stato e le regioni». Una\nspecificazione normativa e\u0027 offerta dall\u0027art. 39 della legge n. 87\ndel 1953, il quale dispone che «se la regione invade con un suo atto\nla sfera di competenza assegnata dalla Costituzione allo Stato ovvero\nad altra regione, lo Stato o la regione rispettivamente interessata\npossono proporre ricorso alla Corte costituzionale per il regolamento\ndi competenza»; e che «del pari puo\u0027 produrre ricorso la regione la\ncui sfera di competenza costituzionale sia invasa da un atto dello\nStato». \n Il dettato costituzionale succitato non precisa quali atti\npossono impugnarsi, ma una giurisprudenza costituzionale\nultradecennale ha stabilito che qualsiasi atto puo\u0027 essere impugnato\n(purche\u0027 diverso da leggi o atti con forza di legge, nei confronti\ndei quali il rimedio e\u0027 il giudizio, incidentale o principale, di\nlegittimita\u0027 costituzionale delle leggi). Infatti, «costituisce atto\nidoneo ad innescare un conflitto intersoggettivo di attribuzione\nqualsiasi comportamento significante, imputabile allo Stato o alla\nregione, che sia dotato di efficacia e rilevanza esterna e che -\nanche se preparatorio o non definitivo - sia comunque diretto \"ad\nesprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di esercitare una\ndata competenza, il cui svolgimento possa determinare una invasione\nnella altrui sfera di attribuzioni o, comunque, una menomazione\naltrettanto attuale delle possibilita\u0027 di esercizio della medesima\"»\n(sentenza n. 22 del 2020, che riprende la sentenza n. 332 del 2011;\nnello stesso senso, vedi le sentt. n. 382 del 2006, n. 211 del 1994 e\nn. 771 del 1988). \n Affinche\u0027 il rimedio sia esperibile da una regione devono\nsussistere, tra gli altri, due presupposti fondamentali: a) che\nl\u0027atto lesivo sia di provenienza statale; e b) che sia lesa «la sfera\ncostituzionale di competenza» della Regione: una lesione che si\nproduce allorquando sono violate norme costituzionali relative ad\nattribuzioni e prerogative degli organi regionali o la cui violazione\ndetermina una «menomazione delle possibilita\u0027 di esercizio delle\nmedesime» (sentenza n. 332/2011). \n E\u0027 utile premettere qualche notazione sulla natura giuridica dei\nCollegi regionali di garanzia elettorale, per poi argomentare\nl\u0027inerenza allo Stato del Collegio regionale di garanzia elettorale\nistituito presso la Corte d\u0027appello di Cagliari. \n2. La natura amministrativa e non giurisdizionale dei Collegi\nregionali di garanzia elettorale. \n La prima questione e\u0027 appurare se l\u0027organo suddetto abbia natura\ngiurisdizionale. Bisogna, infatti, tenere presente che, secondo\nl\u0027orientamento di questa ecc.ma Corte il conflitto sarebbe\n«inammissibile se il provvedimento che ne e\u0027 oggetto fosse censurato\nquanto a pretesi errores in iudicando commessi dall\u0027organo\ngiurisdizionale, risolvendosi, in quest\u0027ultima ipotesi, il giudizio\ndi fronte alla Corte costituzionale in un improprio strumento di\ngravame» (sentenza n. 39 del 2007). In altre parole, questa ecc.ma\nCorte ha piu\u0027 volte ribadito l\u0027«esigenza che il ricorso non si\nrisolva in un mezzo improprio di censura sul modo di esercizio della\nfunzione giurisdizionale» (sentenza n. 22 del 2020). \n Sennonche\u0027, la suddetta «strettoia» posta a garanzia del potere\ngiurisdizionale non puo\u0027 applicarsi al caso di specie, poiche\u0027 e\u0027\normai pacifico che le funzioni del Collegio non siano di natura\ngiurisdizionale, cosi\u0027 come non ha natura giurisdizionale l\u0027organo\nstesso, come risulta chiaramente dalla sentenza di questa ecc.ma\nCorte n. 387 del 1996, in cui si legge che i Collegi di garanzia\nelettorale rispondono a «uno schema non certo inedito, che vede in\nmateria elettorale la costituzione di organi amministrativi presso il\ngiudice ordinario». In particolare, essi «operano nell\u0027ambito (...)\ndelle Corti d\u0027appello e della Corte di cassazione. Ma - aggiungono\nsempre i giudici costituzionali - tale collocazione non comporta che\ni Collegi medesimi siano inseriti nell\u0027apparato giudiziario, evidente\nrisultando la carenza, sia sotto il profilo funzionale sia sotto\nquello strutturale, di un nesso organico di compenetrazione\nistituzionale che consenta di ritenere che essi costituiscano sezioni\nspecializzate degli uffici giudiziari presso cui sono istituiti.\nBasti notare, con riguardo al primo profilo, che non viene adottato,\nneppure in parte, il codice di rito e, sotto il secondo profilo, che\nmanca, nonche\u0027 l\u0027assoggettamento alla sorveglianza dei capi di detti\nuffici, un qualunque collegamento col Consiglio superiore della\nmagistratura. Ne\u0027, d\u0027altronde, e\u0027 stato prospettato, o e\u0027\nprospettabile - stante il divieto in proposito sancito dalla\nCostituzione - che si sia in presenza di giudici speciali». \n E dunque, trattandosi di autorita\u0027 amministrative e non\ngiurisdizionali, gli errores in iudicando commessi nelle attivita\u0027 di\ninterpretazione e applicazione normativa svolte dai Collegi regionali\ndi garanzia elettorale sono sicuramente scrutinabili in sede di\nconflitto intersoggettivo tra enti ex art. 134 Cost. e non possono\ncostituire un ostacolo all\u0027ammissibilita\u0027 del ricorso. \n3. La natura statale del Collegio regionale di garanzia elettorale. \n Un\u0027altra questione, che ha rilievo decisivo ai fini\ndell\u0027ammissibilita\u0027 del ricorso, e\u0027 se il Collegio regionale di\ngaranzia elettorale istituito presso la Corte d\u0027appello di Cagliari\nabbia natura statale, e cioe\u0027 se possa ricondursi alla nozione di\n«Stato» che assume rilievo ai fini del conflitto intersoggettivo ex\nart. 134 della Costituzione, nonche\u0027 ex art. 39 della legge n. 87 del\n1953. \n A tale proposito nella sentenza n. 31 del 2006 questa ecc.ma\nCorte si precisa che nel «sistema ordinamentale della Repubblica\n(...) possono verificarsi conflitti tra organi e soggetti, statali e\nregionali, agenti rispettivamente per fini unitari o autonomistici,\nche attingono il livello costituzionale se gli atti o i comportamenti\nche li originano sono idonei a ledere, per invasione o menomazione,\nla sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita del sistema\nstatale o di quello regionale, anche se non provengono da organi\ndello Stato o della regione intesi in senso stretto come persone\ngiuridiche». Infatti, in base all\u0027orientamento piu\u0027 volte espresso\ndalla giurisprudenza costituzionale, con riguardo ai conflitti tra\nenti la nozione di «Stato» ex art. 134 della Costituzione deve\ninterpretarsi in senso ampio cosicche\u0027 l\u0027ente statale sia «inteso non\ncome persona giuridica, bensi\u0027 come sistema ordinamentale (sentenza\nn. 72 del 2005) complesso e articolato, costituito da organi, con o\nsenza personalita\u0027 giuridica, ed enti distinti dallo Stato in senso\nstretto, ma con esso posti in rapporto di strumentalita\u0027 in vista\ndell\u0027esercizio, in forme diverse, di tipiche funzioni statali»\n(sentenza n. 31 del 2006). In altre parole, debbono farsi rientrare\nnella nozione di «Stato» tutti quegli organi o enti «destinati ad\nesprimere, nel confronto dialettico con il sistema regionale, le\nesigenze unitarie imposte dai valori supremi tutelati dall\u0027art. 5\nCost.» (sentenza n. 31 del 2006), e che svolgono un\u0027attivita\u0027\npreordinata «alla tutela di pregnanti interessi di rilievo\ncostituzionale» (sentenza n. 173 del 2019). \n Cio\u0027 premesso, e\u0027 di palmare evidenza che la vigilanza sul\nrispetto delle norme in materia di rendiconti elettorali e\u0027 una\nfunzione che esprime un\u0027esigenza unitaria dell\u0027ordinamento\nrepubblicano. I poteri di controllo e sanzionatori dei Collegi\nregionali di garanzia elettorale in ordine allo svolgimento delle\ncampagne elettorali ineriscono strettamente alla tutela di un\ninteresse pubblico unitario e cio\u0027 ne qualifica con chiarezza la\nnatura di enti che esercitano funzioni pubbliche imputabili\nall\u0027apparato statale. \n Lo prova, altresi\u0027, il fatto che i collegi regionali di garanzia\nelettorale sono istituiti dagli articoli 13-15 della legge statale n.\n515 del 1993. Analogamente a quanto precisato dalla Corte\ncostituzionale con riguardo agli ordini professionali (sentenza n.\n405 del 2005), non pare percio\u0027 dubbio che l\u0027istituzione e la\ndisciplina dei Collegi regionali di garanzia elettorale «risponde\nall\u0027esigenza di tutelare un rilevante interesse pubblico la cui\nunitaria salvaguardia richiede che sia lo Stato a prevedere specifici\nrequisiti di accesso»: e infatti, e la legge statale ad avere fissato\nil criterio di composizione dei suddetti Collegi. \n A conferma inequivocabile dell\u0027appartenenza dei Collegi di\ngaranzia al sistema ordinamentale dello Stato, va tenuto presente che\ni Collegi sono incardinati in seno all\u0027amministrazione giudiziaria e,\nnel caso di specie, in seno all\u0027amministrazione giudiziaria della\nCorte di appello di Cagliari. \n Potrebbe eccepirsi che l\u0027art. 4, comma primo, della legge\nregionale sarda n. 1 del 1994 dispone che «le funzioni attribuite ai\ncollegi regionale e centrale di garanzia elettorale, costituiti ai\nsensi degli articoli 13 e 14 della legge n. 515 del 1993, sono\nsvolte, per le elezioni del consiglio regionale della Sardegna, dai\nmedesimi collegi», traendo da cio\u0027 la conclusione, palesemente\nerronea, che il Collegio cagliaritano sia organo di livello\nregionale, in quanto svolgente funzioni attribuite da norme\nlegislative della Regione Sardegna. Ma invero dalla suddetta\ndisposizione non puo\u0027 certo evincersi che il Collegio regionale di\ngaranzia elettorale istituito presso la Corte d\u0027appello di Cagliari\nsia organo regionale anziche\u0027 statale. E\u0027 vero che, con riguardo alle\nelezioni del consiglio regionale, esercita anche funzioni di\nvigilanza e sanzionatorie attribuite dal legislatore regionale in\nluogo di quello statale. Tuttavia, va tenuto presente che il suddetto\norgano, istituito da legge statale, svolge funzioni di vigilanza e\nsanzionatori con riguardo alle elezioni della Camera dei deputati e\ndel Senato della Repubblica del Parlamento (come si evince dagli\narticoli 13 e 14 della legge n. 515 del 1993, Disciplina delle\ncampagne elettorali per l\u0027elezione alla Camera dei deputati e al\nSenato della Repubblica): e non e\u0027 certo pensabile che un medesimo\norgano sia statale allorquando vigili sulle campagne elettorali delle\nelezioni politiche nazionali per poi diventare regionale quando,\ninvece, eserciti le sue funzioni di vigilanza sulle campagne\nelettorali regionali. \n Per questo complesso di ragioni occorre imputare al sistema\nordinamentale statale gli atti emessi dai Collegi regionali di\ngaranzia elettorale nell\u0027esercizio delle funzioni di vigilanza delle\nnorme in materia di campagna elettorale, e cio\u0027 anche nelle ipotesi\nin cui tali norme fossero parzialmente stabilite da norme legislative\nregionali, come e\u0027 il caso dell\u0027ordinamento regionale sardo. \n4. L\u0027ordinanza del 20 dicembre 2024 come «menomazione delle\npossibilita\u0027 di esercizio» delle funzioni regionali. \n Per quanto concerne la lesione della «sfera costituzionale di\ncompetenza» della regione, questa ecc.ma Corte ha da lungo tempo\naffermato e costantemente ribadito che «la figura dei conflitti di\nattribuzione non si restringe alla sola ipotesi di contestazione\ncirca l\u0027appartenenza del medesimo potere, che ciascuno dei soggetti\ncontendenti rivendichi per se\u0027, ma si estende a comprendere ogni\nipotesi in cui dall\u0027illegittimo esercizio di un potere altrui\nconsegua la menomazione di una sfera di attribuzioni\ncostituzionalmente assegnate all\u0027altro soggetto» (sentenza n. 259 del\n2019). \n Sempre questa ecc.ma Corte ha precisato, inoltre, che la\n«menomazione» si realizza allorquando sono violate direttamente norme\ncostituzionali relative ad attribuzioni e prerogative degli organi\nregionali o la cui violazione produca una «menomazione delle\npossibilita\u0027 di esercizio delle medesime» (sentenza n. 332 del 2011).\nQuest\u0027ultima e\u0027, precisamente, l\u0027ipotesi che trova realizzazione nel\ncaso di specie. \n Va da se\u0027, infatti, che l\u0027atto del Collegio di garanzia\nelettorale, imponendo illegittimamente al consiglio regionale di\ndichiarare la decadenza di Alessandra Todde dalla carica di\npresidente della regione, menoma le possibilita\u0027 di esercizio delle\ncompetenze statutariamente attribuite allo stesso organo consiliare,\nnonche\u0027 a tutti gli altri organi di vertice della regione (presidente\ne giunta regionale). Non soltanto e\u0027 leso il diritto costituzionale\nsoggettivo di elettorato passivo di Alessandra Todde (che\nl\u0027interessata potra\u0027 far valere in altra sede), ma risultano altresi\u0027\ngravemente violate le prerogative e la posizione del presidente della\ngiunta regionale e del consiglio, per come disciplinate da norme di\nrango costituzionale. Deve peraltro osservarsi che la decadenza del\nPresidente, se dichiarata conformemente alla ingiunzione disposta del\ncollegio regionale di garanzia elettorale, implicherebbe altresi\u0027 la\ndissoluzione anticipata del consiglio regionale in virtu\u0027 del\ndispositivo aut simul stabunt aut simul cadent, con conseguente\nindizione di nuove elezioni presidenziale e consiliare e con effetti,\npercio\u0027, irreversibili sulla permanenza in carica di tutti gli altri\nconsiglieri regionali, oltre che del presidente e della giunta\nregionale. \n Insomma, con l\u0027ordinanza/ingiunzione del 20 dicembre 2024 si e\u0027\nrealizzato un tipico caso di «cattivo esercizio» o «sviamento del\npotere», che ha indebitamente interferito nella «sfera di competenza\ncostituzionale» della Regione Sardegna, realizzando con cio\u0027 la\nfattispecie di cui all\u0027art. 39, comma 1, della legge statale n. 87\ndel 1953. Tutti gli organi regionali di direzione politica\n(presidente, consiglio e giunta) sarebbero, infatti, travolti per\neffetto della declaratoria di decadenza disposta secondo\nl\u0027ingiunzione proveniente dal Collegio di garanzia elettorale: la\nquale circostanza rappresenterebbe, evidentemente, una grave\n«menomazione delle possibilita\u0027 di esercizio» delle funzioni che\nintegrano la sfera costituzionale di competenza della Regione\nSardegna. Non c\u0027e\u0027 dubbio che un atto statale illegittimamente volto\na interrompere la \"vita\" degli organi regionali realizzi, nel\ncontempo, una grave compromissione delle funzioni costituzionalmente\nspettanti alla regione. Inoltre, al consiglio regionale e\u0027\nindebitamente imposto di attivarsi per esercitare la propria\ncompetenza a verificare i titoli di accesso alla carica di\nconsigliere in riferimento alla Pres. Todde con un provvedimento\nstatale (l\u0027ordinanza/ingiunzione in parola) che predetermina gia\u0027\nl\u0027esito del giudizio consiliare in argomento. \n Cio\u0027 attesta, inoltre, il sicuro «tono costituzionale» della\nmenomazione lamentata. questa ecc.ma Corte ha ritenuto che «per\nconferire tono costituzionale a un conflitto serve essenzialmente\nprospettare l\u0027esercizio effettivo di un potere, non avente base\nlegale, in concreto incidente sulle prerogative costituzionali della\nricorrente» (sentenze n. 259 del 2019, n. 260 e n. 104 del 2016). \n Tutto cio\u0027 premesso, nel prosieguo si argomentera\u0027 funditus: 1)\nperche\u0027 nel caso di specie si sia inverata un\u0027ipotesi di illegittimo\nesercizio del potere; e 2) perche\u0027 cio\u0027 abbia determinato la\nmenomazione della sfera di attribuzioni regionali per come definita\nda norme di rango costituzionale. Come precisato da questa ecc.ma\nCorte, vanno infatti «distinti i casi in cui la lesione derivi da un\natto meramente illegittimo, da quelli in cui l\u0027atto e\u0027 viziato per\ncontrasto con le norme attributive di competenza costituzionale»\n(sentenza n. 10 del 2017). Nel caso dell\u0027ordinanza del Collegio\nregionale di garanzia elettorale del 20 dicembre 2024 ricorrono\ncongiuntamente i due presupposti: a) l\u0027accertamento della decadenza\ndella presidente Todde, nonche\u0027 l\u0027ingiunzione rivolta al consiglio\nregionale affinche\u0027 la dichiari, sono stati disposti al di fuori\ndelle ipotesi legislativamente stabilite; e b) l\u0027illegittimita\u0027 di\ntali condotte, incide concretamente sull\u0027assetto e le prerogative\ncostituzionali degli organi regionali di direzione politica,\nconferendo un chiaro «tono costituzionale» al conflitto. \n5. L\u0027interesse a ricorrere e la lesivita\u0027 dell\u0027atto impugnato in\nriferimento alle prerogative del consiglio regionale previste dagli\narticoli 15, 35 e 50 dello statuto speciale per la Regione Sardegna. \n A scanso di equivoci, va osservato che sussiste indubbiamente\nl\u0027interesse regionale a ricorrere, poiche\u0027 il ricorso sarebbe\nsenz\u0027altro idoneo a ripristinare l\u0027ordine delle competenze violato.\nPeraltro, conformemente a quanto richiesto dalla sentenza n. 150 del\n2017 di questa ecc.ma Corte, la lesione o la negazione della\ncompetenza deriva immediatamente dall\u0027ordinanza/ingiunzione emessa\ndal Collegio di garanzia, non ripetendo essa il contenuto di atti\nprecedenti (non sottoposti, a loro volta, a ricorso e non piu\u0027\n«ricorribili»), ne\u0027 rappresentandone una mera e necessaria\nesecuzione. \n Non vale obiettare che l\u0027ordinanza/ingiunzione non sarebbe\ninoppugnabile e che, pertanto, la decisione definitiva sulla\ndecadenza di Alessandra Todde spetterebbe solamente all\u0027autorita\u0027\ngiurisdizionale comune: a quest\u0027ultima, infatti, spetta apprestare il\nrimedio a favore del diritto soggettivo di elettorato passivo della\ncandidata Todde e non gia\u0027 vigilare sul rispetto delle attribuzioni\ncostituzionali degli organi regionali. Neanche puo\u0027 obiettarsi che\nl\u0027effetto della decadenza si produrrebbe a seguito della «pronuncia\ndi decadenza» da parte del consiglio regionale (che a sua volta puo\u0027\nessere impugnata dinanzi all\u0027autorita\u0027 giurisdizionale). Difatti, la\nlesione della sfera di attribuzioni regionali si materializza per il\nsolo fatto di ordinare/ingiungere al consiglio regionale di disporre\nl\u0027effetto decadenziale, sicche\u0027 la concretezza e attualita\u0027\ndell\u0027interesse a ricorrere sorge gia\u0027 nel momento in cui e\u0027 trasmessa\nal consiglio regionale la richiesta di pronunciare la decadenza del\npresidente di regione. \n Per quel che attiene alla lesivita\u0027 dell\u0027atto, questa sussiste\nsenz\u0027altro e a nulla puo\u0027 valere il rilievo secondo cui\nl\u0027ordinanza/ingiunzione del 20 dicembre 2024 non avrebbe carattere\nimmediatamente produttivo dell\u0027effetto decadenziale, dovendo\nnecessariamente essere integrata dalla dichiarazione di decadenza da\nparte del consiglio regionale ai sensi dell\u0027art. 5, comma terzo,\ndella legge regionale sarda n. 1 del 1994 (a mente della quale «la\ncomunicazione di cui al comma 10 dell\u0027art. 15 della legge n. 515 del\n1993 e\u0027 indirizzata al presidente del consiglio regionale, che\npronuncia la decadenza ai sensi del proprio regolamento») \n A tale proposito e\u0027 fondamentale quanto si evince dalla sentenza\nn. 332 del 2011 di questa ecc.ma Corte, ove si legge che «per\ncostante giurisprudenza di questa Corte, costituisce atto idoneo ad\ninnescare un conflitto intersoggettivo di attribuzione qualsiasi\ncomportamento significante, imputabile allo Stato o alla regione, che\nsia dotato di efficacia e rilevanza esterna e che - anche se\npreparatorio o non definitivo - sia comunque diretto \"ad esprimere in\nmodo chiaro ed inequivoco la pretesa di esercitare una data\ncompetenza, il cui svolgimento possa determinare una invasione nella\naltrui sfera di attribuzioni o, comunque, una menomazione altrettanto\nattuale delle possibilita\u0027 di esercizio della medesima\"» (ex\nplurimis, sentenze n. 382 del 2006, n. 211 del 1994 e n. 771 del\n1988). \n In coerenza con questo consolidato indirizzo in tema di atti\nidonei a dar vita a conflitti intersoggettivi merita osservare che\nquesta ecc.ma Corte e\u0027 favorevole all\u0027impugnazione persino di note\nministeriali ed atti usualmente annoverati tra quelli meramente\ninterni, laddove contenenti una chiara manifestazione di volonta\u0027 in\nordine alla spettanza della competenza. Si veda a tale proposito la\nsentenza n. 89 del 2006, che ha ritenuto delle note ministeriali\nlesive e impugnabili gia\u0027 per il solo fatto di contenere «una chiara\nmanifestazione di volonta\u0027 dello Stato di riaffermare la propria\ncompetenza nel settore in esame e di negare quella regionale»,\nsebbene non costituissero ancora concreto esercizio della competenza\nindebitamente avocata. \n Il punto e\u0027 stato esemplarmente argomentato in passato da\nautorevole dottrina, la quale ha puntualizzato che «si ha materia di\nconflitto costituzionale non quando si denuncia un tipo qualsiasi di\nvizio del contenuto d\u0027un atto, ma solo quando il vizio dell\u0027atto, in\nse\u0027 e per se\u0027 e indipendentemente dal contenuto, costituisce una\nlesione della posizione costituzionale del ricorrente». In\nparticolare, «si deve sottolineare l\u0027espressione in se\u0027 e di per se\u0027.\nPer aprire la via al conflitto non basta, anzi non rileva, che l\u0027atto\nsia per qualunque motivo invalido; e\u0027 necessario, e sufficiente,\nch\u0027esso esprima la pretesa (illegittima) d\u0027un\u0027intromissione in un\ncampo che non spetta a chi l\u0027ha posto in essere. In ipotesi, dal\ncontenuto dell\u0027atto potrebbe anche non derivare alcun effetto\nconcreto e negativo per chi lo subisce. Il conflitto si giustifica\ncomunque in quanto l\u0027atto che ne da\u0027 motivo esprime la pretesa\nd\u0027istituire un rapporto indebito di soggezione o, comunque, di\ncondizionamento tra poteri» (G. Zagrebelsky, V. Marceno\u0027, Giustizia\ncostituzionale, II, Bologna, 2007, 284). \n Nel caso di specie l\u0027atto del Collegio regionale di garanzia\nelettorale non e\u0027 solo invalido in se\u0027, in quanto difforme dalle\ndisposizioni legislative vigenti e in contrasto con norme di rango\ncostituzionale, ma lo e\u0027 anche di per se\u0027, poiche\u0027 esprime, per\nl\u0027appunto, la volonta\u0027 e la pretesa di comminare nei confronti della\npresidente Todde la sanzione della decadenza dalla carica,\n«imponendo» al consiglio regionale di adottare il relativo\nprovvedimento predeterminando il contenuto, cosi\u0027 interferendo nella\ndinamica della forma di governo sarda. \n Difatti, nell\u0027ordinanza/ingiunzione del 20 dicembre 2024 si legge\n(a pag. 9) che «si impone (...), stante l\u0027accertata violazione delle\nnorme che disciplinano la campagna elettorale, la decadenza dalla\ncarica del candidato eletto» e (a pag. 10) che si «dispone la\ntrasmissione della presente ordinanza/ingiunzione al presidente del\nconsiglio regionale per quanto di sua competenza in ordine\nall\u0027adozione del provvedimento di decadenza di Todde Alessandra dalla\ncarica di presidente della Regione Sardegna» (enfasi aggiunte, n.\nd.r.) \n Ancor piu\u0027 chiaramente la natura cogente delle determinazioni\nassunte si ha dalla lettura del verbale n. 14 della seduta del 20\ndicembre 2024 (nel quale fu approvata l\u0027ordinanza/ingiunzione in\ncausa: all. 3) in cui il Collegio «accertata la violazione in modo\ndefinitivo delle norme che disciplinano la campagna elettorale,\ndelibera la decadenza dalla carica del candidato eletto Todde\nAlessandra e la trasmissione dell\u0027ordinanza-ingiunzione al presidente\ndel consiglio regionale per la pronuncia della decadenza dalla carica\ndella candidata» (enfasi aggiunte). \n In definitiva, anche ritenendo che il provvedimento del Collegio\ndi garanzia non sia immediatamente esecutivo in assenza di una\ndelibera consiliare conforme, resta tuttavia indubbio che\nl\u0027ordinanza/ingiunzione presume (erroneamente) che la competenza a\ncomminare la sanzione della decadenza della presidente Todde spetti\nal Collegio regionale di garanzia elettorale e suppone, percio\u0027, che\nil consiglio regionale debba conformarsi al pronunciamento del 20\ndicembre 2024, dichiarando la decadenza della presidente in carica (e\ncon cio\u0027 provocando l\u0027automatica dissoluzione del consiglio\nregionale). \n Non vi possono essere dubbi, pertanto, in ordine all\u0027interesse\ndella Regione Sardegna a tutelare le proprie attribuzioni di\nautonomia assicurate dallo statuto di autonomia speciale, dagli\narticoli 15, 35 e 50 dello statuto speciale per la Regione Sardegna\nin combinato disposto con gli articoli 1 e 22 della legge statutaria\nregionale 12 novembre 2013, n. 1 e degli articoli 97, 122, della\nCostituzione. \n6. Sull\u0027illegittimo esercizio del potere da parte del Collegio di\ngaranzia in violazione delle attribuzioni regionali previste dagli\narticoli 15, 35 e 50 dello statuto speciale per la Regione Sardegna\nin combinato disposto con gli articoli 1 e 22 della legge statutaria\nregionale 12 novembre 2013, n. 1 e degli articoli 97 e 122 della\nCostituzione. \n Il provvedimento del Collegio regionale di garanzia elettorale\npalesa evidenti profili di menomazione delle attribuzioni\ncostituzionalmente attribuite alla regione ricorrente. \n Gli indici di un esercizio sviato dei poteri attribuiti al\nCollegio di garanzia sono diversi, a volte concorrenti, talvolta\ncollegati. \n Si concretano nelle seguenti violazioni di legge: \n a) vizio della comunicazione resa ai sensi del comma 10\ndell\u0027art. 15 della legge n. 515 del 1993; \n b) insussistenza dei presupposti per la comminazione della\nsanzione della decadenza; \n c) inesatta qualificazione della peculiare posizione del\npresidente di regione quale consigliere regionale. \n 6.1. Illegittimita\u0027 della comunicazione al presidente del\nconsiglio regionale per violazione indiretta dell\u0027art. 5, comma 3,\ndella legge regionale n. 1 del 1994, attraverso la violazione\ndell\u0027art. 15, comma 10, della legge statale n. 515 del 1993 quale\nnorma interposta. \n La trasmissione al consiglio regionale dell\u0027ordinanza che\ningiunge la misura decadenziale a carico della presidente di regione\ne\u0027 stata disposta in base all\u0027art. 5, comma 3, della legge regionale\nsarda n. 1 del 1994, il quale stabilisce che «la comunicazione di cui\nal comma 10 dell\u0027art. 15 della legge n. 515 del 1993 e\u0027 indirizzata\nal presidente del consiglio regionale, che pronuncia la decadenza ai\nsensi del proprio regolamento». Tale disposizione non soltanto\nrichiama ma altresi\u0027 ricalca, mutatis mutandis, l\u0027art. 15, comma 10,\ndella legge statale n. 515 del 1993, secondo cui «al termine della\ndichiarazione di decadenza, il Collegio regionale di garanzia\nelettorale da\u0027 comunicazione dell\u0027accertamento definitivo delle\nviolazioni di cui ai commi 7, 8 e 9 al Presidente della Camera di\nappartenenza del parlamentare, la quale pronuncia la decadenza ai\nsensi del proprio regolamento». \n In primo luogo, va rilevato che la comunicazione rivolta al\npresidente del consiglio regionale dal Collegio di garanzia non e\u0027\nconforme all\u0027art. 5, comma 3, della legge regionale sarda n. 1 del\n1994. Come si e\u0027 detto, tale disposizione stabilisce che «la\ncomunicazione di cui al comma 10 dell\u0027art. 15 della legge n. 515 del\n1993 e\u0027 indirizzata al presidente del consiglio regionale, che\npronuncia la decadenza ai sensi del proprio regolamento». Se ne\nevince, quindi, che deve trattarsi di una «comunicazione» rispondente\nai requisiti che tale atto comunicativo deve possedere ai sensi\ndell\u0027art. 15, comma 10, della legge n. 515/1993: in particolare, deve\nessere una «comunicazione dell\u0027accertamento definitivo delle\nviolazioni di cui ai commi 7, 8 e 9» del suddetto art. 15. Deve,\npertanto, individuare con precisione le disposizioni dalle quali, nel\ncaso di specie, si trarrebbe la necessita\u0027 di applicare la sanzione\ndella decadenza, tenendo presente che non puo\u0027 essere sufficiente\nindicare il solo comma 7 dell\u0027art. 15, il quale si limita a disporre\ngenericamente che «la violazione delle norme che disciplinano la\ncampagna elettorale (...) comporta la decadenza dalla carica del\ncandidato eletto nei casi espressamente previsti nel presente\narticolo», e cioe\u0027 nei «casi espressamente previsti» dai successivi\ncommi 8 e 9. Il comma 7, in altre parole, non prevede alcuna ipotesi\ndi decadenza, ma, in ossequio a un principio di tassativita\u0027 delle\nipotesi decadenziali, annuncia che altre disposizioni le prevedranno,\ne percio\u0027 nulla toglie o aggiunge a quanto si puo\u0027 trarre dai\nsuccessivi commi 8 e 9. \n Orbene, alla luce di tali premesse e\u0027 agevole constatare che la\ncomunicazione resa al presidente del consiglio regionale sardo non\nsoddisfa i requisiti richiesti dall\u0027art. 15, comma 10, della legge n.\n515/1993, poiche\u0027 richiama il solo comma 7 dell\u0027art. 15, senza fare\nalcun cenno ai commi 8 e 9, e quindi senza indicare nessuno dei due\npresupposti che devono ricorrere affinche\u0027 possa legittimamente\ncomminarsi la sanzione della decadenza. \n Il suddetto vizio appare strettamente collegato a quello di cui\nsi trattera\u0027 dappresso. \n 6.2. Lesione delle attribuzioni regionali ad opera\ndell\u0027ordinanza/ingiunzione nella parte in cui prevede la sanzione\ndella decadenza fuori dai casi espressamente previsti dall\u0027art. 15,\ncomma 8 e 9, della legge n. 515 del 1993 \n Dalla lettura attenta dell\u0027ordinanza/ingiunzione emerge che\nnessuna delle contestazioni rivolte alla presidente Todde ricade tra\ni presupposti ai quali i commi 8 e 9 dell\u0027art. 15 della legge statale\nn. 515 del 1993 (richiamato dall\u0027art. 5, comma 3, della legge\nregionale n. 1 del 1994) agganciano l\u0027effetto della decadenza, con\ncio\u0027 dando prova per tabulas del fatto che nel caso di specie non si\ne\u0027 avuta nessuna delle irregolarita\u0027 per le quali la legge prevede la\nmisura decadenziale. Infatti, in base ai suddetti commi 8 e 9 sono\ndue le ipotesi in cui si prevede la sanzione della decadenza. \n La prima ipotesi e\u0027 il mancato deposito del rendiconto\nelettorale, nonostante la diffida ad adempiere: come recita il comma\n8, «in caso di mancato deposito nel termine previsto della\ndichiarazione di cui all\u0027art. 7, comma 6, da parte di un candidato,\nil Collegio regionale di garanzia elettorale, previa diffida a\ndepositare la dichiarazione entro i successivi quindici giorni,\napplica la sanzione di cui al comma 5 del presente articolo. La\nmancata presentazione entro tale termine della dichiarazione da parte\ndel candidato proclamato eletto, nonostante la diffida ad adempiere,\ncomporta la decadenza dalla carica». \n La seconda ipotesi e\u0027 il superamento dei limiti massimi di spesa\nconsentiti: come dispone il comma 9, «il superamento dei limiti\nmassimi di spesa consentiti ai sensi dell\u0027art. 7, comma 1, per un\nammontare pari o superiore al doppio da parte di un candidato\nproclamato eletto comporta, oltre all\u0027applicazione della sanzione di\ncui al comma 6 del presente articolo, la decadenza dalla carica». \n Ebbene, nessuna delle due ipotesi di violazione risulta essere\ncontestata nell\u0027ordinanza/ingiunzione. \n C\u0027e\u0027 da dire, per di piu\u0027, che con riguardo alla prima ipotesi il\nCollegio di garanzia elettorale precisa che «non e\u0027 stato affatto\ncontestato alla Todde il mancato deposito della dichiarazione di\nspesa e rendiconto - come previsto dall\u0027art. 15, comma 8 della legge\nrichiamata (diffida e termine di 51 giorni, come specificatamente\nrichiesto dalla norma) - ma l\u0027anomalia derivante dalla non\nconformita\u0027 della dichiarazione di spesa e rendiconto da lei stessa\npresentata». E\u0027, percio\u0027, lo stesso Collegio a escludere che sia\nstato violato il comma 8. \n Infine, con riguardo all\u0027ipotesi di cui al comma 9, va osservato\nche nella legge regionale n. 1 del 1994, che e\u0027 il parametro\ndell\u0027attivita\u0027 di controllo e sanzionatoria svolta dal Collegio\nregionale di garanzia elettorale, non e\u0027 offerto alcun criterio per\ndeterminare i limiti alle spese elettorali dei candidati alla\npresidenza della regione, essendo il criterio enunciato dall\u0027art. 1\nriferibile soltanto ai candidati al consiglio regionale. La quota\nvariabile del limite di spesa e\u0027 determinata, infatti, con\nriferimento al numero degli abitanti della circoscrizione in cui si\ne\u0027 candidati: e\u0027, pero\u0027, evidente che non esistono delimitazioni\ncircoscrizionali per la candidatura alla carica di presidente della\nregione. \n In definitiva, poiche\u0027 il Collegio regionale di garanzia\nelettorale ha richiesto, anzi ingiunto, la decadenza del presidente\ndi regione fuori dai casi per i quali la legislazione vigente prevede\nla misura decadenziale in questione, emerge in maniera evidente il\ncarattere ultra vires, e quindi illegittimo, dell\u0027atto che e\u0027 oggetto\ndi questo ricorso. \n 6.3. Lesione delle attribuzioni costituzionalmente garantite alla\nRegione Sardegna per l\u0027erroneita\u0027 del presupposto interpretativo\nsecondo cui la legge regionale n. 1 del 1994 si riferisce, oltre che\nai consiglieri regionali elettivi, pure al presidente di regione\nricorrente eletto a suffragio universale e diretto. \n 6.3.1. Deve, altresi\u0027, escludersi la legittima possibilita\u0027 che\nla disciplina dei rendiconti elettorali prevista dalla legge\nregionale n. 1 del 1994 sia correttamente interpretabile come se si\nriferisse anche al presidente di regione. \n Va primariamente ricordato che, all\u0027epoca di entrata in vigore\ndella suddetta legge regionale, il previgente art. 36, comma primo,\ndello statuto speciale della Sardegna, cioe\u0027 nella formulazione\nprecedente la novella introdotta con la legge costituzionale n. 2 del\n2001, disponeva che «il presidente della giunta regionale (fosse)\neletto dal consiglio regionale fra i suoi componenti subito dopo la\nnomina del presidente del consiglio e dell\u0027Ufficio di presidenza». La\ndisciplina del 1994, pertanto, non contemplava ne\u0027 poteva\nevidentemente contemplare l\u0027ipotesi che il presidente di regione\nfosse una carica direttamente anziche\u0027 indirettamente elettiva, con\ntutto quel che avrebbe dovuto conseguirne in ordine alla disciplina\ndelle rendicontazioni elettorali. \n In secondo luogo, va tenuto presente che, a seguito della novita\u0027\ncostituita dall\u0027elezione diretta del presidente di regione, quale\nrisulta dalla disciplina transitoriamente stabilita dall\u0027art. 3,\ncomma secondo, della legge costituzionale n. 2 del 2001 (disciplina,\ncom\u0027e\u0027 noto, ancora vigente), la posizione e lo status presidenziale\nsi differenziano non poco da quello dei \u0027comuni\u0027 consiglieri\nregionali. Difatti, va rimarcato che il presidente non e\u0027 consigliere\nregionale elettivo, cioe\u0027 un consigliere che tale diventa in virtu\u0027\ndell\u0027elezione consiliare, essendo infatti eletto in capo ad altro\norgano, e cioe\u0027 in capo all\u0027organo monocratico denominato «presidente\ndella regione». E\u0027 invece consigliere di diritto in forza dell\u0027art.\n3, comma 3, della legge costituzionale n. 2 del 2001, il quale\ndispone che «il presidente della regione fa parte del consiglio\nregionale». \n In terzo luogo e quale conseguenza del rilievo precedente, va\nsottolineato che per il presidente vige un sistema di elezione che\ne\u0027, evidentemente, diverso da quello dei consiglieri regionali sotto\ndiversi profili: dalle modalita\u0027 di espressione del voto, alla\ndelimitazione dell\u0027ambito spaziale della candidatura (che infatti\ncoincide con l\u0027intero territorio regionale e non con circoscrizioni,\ncioe\u0027 con porzioni limitate del territorio regionale). \n Cio\u0027 avvalora l\u0027interpretazione secondo cui la disciplina\nregionale sulla rendicontazione delle spese elettorali, risalente al\n1994 e pensata con riguardo ai consiglieri elettivi (categoria della\nquale faceva parte anche il presidente di regione nella forma di\ngoverno a tendenza assembleare vigente allora), non possa ritenersi\napplicabile pure al caso del presidente elettivo (nella forma di\ngoverno vigente oggi), perlomeno nella parte in cui assegna al\nCollegio di garanzia elettorale il potere di comminare al presidente\nla sanzione della decadenza. \n 6.3.2. Peraltro la legge regionale n. 1/1994 non puo\u0027 trovare\napplicazione al candidato eletto alla presidenza della regione anche\nper espresso disposto dell\u0027art. 22 della legge statutaria n. 1 del 12\nnovembre 2013. \n Come gia\u0027 evidenziato, infatti, l\u0027art. 15 dello statuto per la\nRegione Sardegna rinvia all\u0027emanazione di una legge statutaria\nrinforzata la determinazione dei casi di ineleggibilita\u0027 e di\nincompatibilita\u0027 con le cariche di presidente, consigliere e\ncomponente della giunta. \n Sulle menzionate materie, l\u0027art. 22 della legge statutaria n.\n1/2013 dispone che «in materia di ineleggibilita\u0027 e incompatibilita\u0027,\nfino all\u0027approvazione di una disciplina regionale ai sensi dell\u0027art.\n15 dello statuto speciale per la Sardegna, oltre a quanto previsto\ndallo stesso statuto, si applicano le leggi statali». \n E\u0027 evidente che, se, fino all\u0027approvazione di una disciplina\nregionale ai sensi dell\u0027art. 15 dello statuto speciale (con cio\u0027\nintendendosi una legge regionale futura), i casi di ineleggibilita\u0027\nsono demandati e rimessi alle sole leggi statali, al sistema\nelettorale delineato dalla legge statutaria n. 1/2013 non si applica\nla (pregressa) legge regionale n. 1/1994. \n Invero, la legge statale n. 515/1993, ove pure ritenuta\nastrattamente applicabile alla Regione Sardegna, all\u0027art. 20, dispone\nche «per le elezioni dei rappresentanti italiani al Parlamento\neuropeo e per le elezioni dei consigli delle regioni a statuto\nordinario e, in quanto compatibili, delle regioni a statuto speciale\ne ... si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 1 a 6 e le\nrelative sanzioni previste nell\u0027art. 15 e le disposizioni di cui agli\narticoli 17, 18 e 19 della presente legge». \n Ne discende, con ogni evidenza, che l\u0027art. 7 della medesima legge\nn. 515/1993, unica disposizione contestata e applicata (dal Collegio\nregionale di garanzia elettorale) con l\u0027ordinanza/ingiunzione al\ncandidato eletto alla carica di presidente della regione, e le\nconseguenti sanzioni previste dall\u0027art. 15, decadenza inclusa, non\npossono ritenersi applicabili al sistema elettorale della Regione\nSardegna. \n Di conseguenza, diversamente da quanto disposto con l\u0027atto\nimpugnato, per espressa previsione degli articoli 15 e 35 dello\nstatuto, nonche\u0027 dell\u0027art. 1 e, soprattutto, 22 della legge\nstatutaria n. 1 del 12 novembre 2013, al candidato alla carica di\npresidente della regione non si applicano gli articoli 3 [«1. Si\napplicano nelle elezioni per il consiglio regionale le norme in\nmateria di pubblicita\u0027 e controllo delle spese elettorali recate dai\ncommi 2, 3, 4, 6 e 7 dell\u0027art. 7 e dagli articoli 8, 11, 12 e 14\ndella legge n. 515 del 1993.»] e 5 [«3. Alle altre violazioni delle\nnorme recate dalla presente legge si applicano le corrispondenti\nsanzioni previste dai commi 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 14 e 15 dell\u0027art.\n15 della legge n. 515 del 1993. La comunicazione di cui al comma 10\ndell\u0027art. 15 della legge n. 515 del 1993 e\u0027 indirizzata al presidente\ndel consiglio regionale, che pronuncia la decadenza ai sensi del\nproprio regolamento.»] della legge regionale n. 1/1994 e, in\ngenerale, non si applica l\u0027intera legge regionale. \n7. Richiesta, in via subordinata, di sollevare la questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 15, comma 7, della legge n. 515\ndel 1993. \n 7.1. Sulla rilevanza della questione. \n In questo ricorso si assume il presupposto interpretativo che la\nlegge n. 515 del 1993 non sia applicabile, cosi\u0027 come ha fatto il\nCollegio regionale di garanzia elettorale, alla presidente della\nRegione Sardegna e, comunque, che essa preveda espressamente solo due\nipotesi di decadenza, quelle stabilite nei commi 8 e 9 dell\u0027art. 15,\ne che il comma 7 del medesimo articolo non enuclei un\u0027autonoma\nipotesi di decadenza. Tale comma si limiterebbe a enunciare un\nprincipio di tipizzazione espressa dei casi in cui e\u0027 lecito disporre\nmisure decadenziali, rinviando percio\u0027 ai successivi commi 8 e 9. La\ncorrettezza di questa interpretazione si evince dal chiaro tenore\nletterale della disposizione de qua, che cosi\u0027 recita: «l\u0027accertata\nviolazione delle norme che disciplinano la campagna elettorale,\ndichiarata dal Collegio di garanzia elettorale in modo definitivo,\ncostituisce causa di ineleggibilita\u0027 del candidato e comporta la\ndecadenza dalla carica del candidato eletto nei casi espressamente\nprevisti nel presente articolo (...)», ossia nei casi di cui ai commi\n8 e 9, come si e\u0027 detto. \n Da quanto sopra discende che, a causa della errata\ninterpretazione e applicazione dell\u0027art. 15, legge n. 515 del 1993,\nil Collegio regionale di garanzia elettorale ha leso le prerogative\ncostituzionalmente attribuite alla Regione Sardegna. \n Invece, qualora si ritenesse che la legge n. 515 sia comunque\napplicabile al caso del presidente della Regione Sardegna e che il\nCollegio abbia agito applicando un\u0027ipotesi decadenziale autonoma\nprevista nel suddetto comma 7 dell\u0027art. 15 (diversa e distinta da\nquelle contemplate nei commi 8 e 9, e non contestate nel\nprovvedimento del Collegio) la lesione delle competenze regionali\nsarebbe determinata dalla palese incostituzionalita\u0027 proprio del\ncomma 7. \n In tale prospettiva, pertanto, occorrerebbe che codesta ecc.ma\nCorte sollevasse dinanzi a se\u0027 stessa la questione di\ncostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 15, comma 7, della legge n. 515 del 1993\nper i motivi di seguito dedotti, trattandosi di questione sicuramente\nrilevante nel presente giudizio poiche\u0027 dall\u0027annullamento (o meno)\ndella disposizione in parola dipenderebbe l\u0027esito del presente\nconflitto. \n Infatti, nel caso in cui la norma in questione fosse dichiarata\nincostituzionale, risulterebbe acclarato che non spettava allo Stato\n- e per esso al Collegio regionale di garanzia elettorale -\ndichiarare la decadenza della ing. Todde dalla carica di presidente\ndella giunta della Regione Sardegna, con conseguente accoglimento del\npresente ricorso. \n 7.2. Questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 15, comma\n7, legge 10 dicembre 1993, n. 515, per violazione del principio di\nragionevolezza ex art. 3, comma 1, Cost. del principio di legalita\u0027\nex articoli 25 e 97 Cost., del diritto di difesa ex art. 24 Cost. e\ndel diritto di elettorato passivo (art. 48 Cost.), nonche\u0027 dell\u0027art.\n117, primo comma, in riferimento all\u0027art. 6 della C.E.D.U. e all\u0027art.\n47 della C.D.F.U.E. \n 7.2.1. La determina del Collegio regionale di garanzia elettorale\npresso la Corte d\u0027appello di Cagliari del 3 gennaio 2025, oggetto del\npresente giudizio, oltre ad aver determinato e ingiunto\nall\u0027interessata la sanzione amministrativa di euro 40.000,00, ha\ndisposto la trasmissione del provvedimento al consiglio regionale\n«per quanto di sua competenza in ordine all\u0027adozione del\nprovvedimento di decadenza di Todde Alessandra dalla carica di\npresidente della Regione Sardegna, nonche\u0027 alla Procura della\nRepubblica stante le anomalie riscontrate nelle dichiarazioni\ndepositate e l\u0027omesso deposito della citata fattura presente nel\ncassetto fiscale». Il fondamento giuridico sul quale il Collegio\nfonda tale dispositivo si coglie dalla lettura delle conclusioni\ndella parte motivazionale del provvedimento nel quale cosi\u0027 conclude:\n«rilevate irregolarita\u0027 e violazione delle norme penali inerenti il\ndeposito di dichiarazioni contrastanti e delle anomalie rilevate -\ncome suesposto - si impone la trasmissione di copia degli atti\nsuccitati alla Procura della Repubblica in sede per quanto di\neventuale competenza, nonche\u0027 la comminazione delle sanzioni\namministrative e, infine, stante l\u0027accertata violazione delle norme\nche disciplinano la campagna elettorale, la decadenza dalla carica\ndel candidato eletto e trasmissione del provvedimento al presidente\ndel consiglio regionale per la procedura di competenza come previsto\ndall\u0027art. 15, comma 7, legge n. 515/1993». \n Pertanto, la «comminazione» della «sanzione» della decadenza\ndalla carica di «presidente» della Regione Sardegna e\u0027 frutto della\nesclusiva applicazione di quanto prescritto dal comma 7 dell\u0027art. 15,\nlegge n. 515 del 1993. \n 7.2.2. Tuttavia, la corretta lettura del comma 7 dell\u0027art. 15 in\nquestione svela l\u0027errata interpretazione effettuata dal Collegio di\ngaranzia. Infatti, secondo la disposizione in discussione, la\n«violazione delle norme che disciplinano la campagna elettorale» (ma\nquali? su cio\u0027, infra), comporta due effetti giuridici: \n a) determina la «ineleggibilita\u0027» del candidato (anche su\ncio\u0027, infra) e b) «comporta la decadenza dalla carica del candidato\neletto nei casi espressamente previsti nel presente articolo...». \n Pertanto, secondo la disposizione in parola, «l\u0027accertata\nviolazione delle norme che disciplinano la campagna elettorale,\ndichiarata dal Collegio di garanzia elettorale in modo definitivo» e\u0027\ncausa di decadenza dell\u0027eletto soltanto «nei casi espressamente\nprevisti nel presente articolo» (ossia, per le fattispecie previste e\nspecificamente sanzionate dai successivi commi 8 e 9); invece, negli\naltri casi, determina l\u0027insorgere di un «causa di ineleggibilita\u0027 del\ncandidato». \n I commi 8 e 9 dell\u0027art. 15 comminano la decadenza dalla carica\ndei candidati eletti per \"la mancata presentazione entro tale termine\ndella dichiarazione da parte del candidato proclamato eletto,\nnonostante la diffida ad adempiere\" (comma 8) e per \"il superamento\ndei limiti massimi di spesa consentiti ai sensi dell\u0027art. 7, comma 1,\nper un ammontare pari o superiore al doppio\" (comma 9). Nessuna di\ntali due fattispecie, pero\u0027, e\u0027 stata contestata alla dott.ssa Todde\nmentre, come sopra notato, la decadenza e\u0027 stata \"comminata\" in base\nalla asserita violazione del solo precetto ex comma 7 dell\u0027art. 15.\nDa cio\u0027 l\u0027errore in cui e\u0027 caduto il Collegio di garanzia che ha\nordinato al consiglio regionale di pronunciare la decadenza della\ncandidata Todde per una fattispecie in riferimento alla quale la\nlegge non prevede tale sanzione. \n L\u0027interpretazione appena prospettata della disposizione in\ndiscussione - e che induce a censurare l\u0027erronea decisione cui e\u0027\npervenuto il Collegio di garanzia - e\u0027 l\u0027unica costituzionalmente\npossibile. Qualora, invece, si ritenesse che il comma 7 dell\u0027art. 15,\nnon si limiti a rinviare alle fattispecie descritte e sanzionate nei\ndue commi successi, bensi\u0027 contenga un\u0027ipotesi decadenziale autonoma\n(come, invero, sembrerebbe deporre il comma 10 del medesimo art. 15),\nnon ci si potrebbe esimere dal dichiararne l\u0027incostituzionalita\u0027 per\ni molteplici e palesi vizi che la connotano, sicche\u0027 si chiede che\ncodesta ecc.ma Corte sollevi dinanzi a se\u0027 stessa le relative\nquestioni di legittimita\u0027 costituzionale per quanto di seguito. \n 7.2.3. Infatti, nella denegata ipotesi interpretativa sopra\nprospettata, ci troveremmo innanzi ad una norma impositiva di una\nmisura sanzionatoria gravissima - perche\u0027 incidente sul diritto\nfondamentale all\u0027elettorato passivo: cfr. Corte costituzionale,\nsentenza n. 235 del 1988, nonche\u0027 n. 539 del 1990, n. 141 del 1996,\nn. 288 del 2007 - a fronte di una fattispecie descritta dalla norma\nlegislativa in termini assolutamente generici e indeterminati. Com\u0027e\u0027\nnoto, infatti, l\u0027ordinamento contiene una pluralita\u0027 di disposizioni\nvolte a disciplinare lo svolgimento delle campagne elettorali, tutte,\nperaltro, assistite da specifiche sanzioni di ordine patrimoniale e,\nin numerosi casi, anche penali. Si pensi, solo per fare qualche\nesempio, alla legge 4 aprile 1956, n. 212 (\"Norme per la disciplina\ndella propaganda elettorale\"), composta da nove articoli, le varie\ndisposizioni della stessa legge n. 515 del 1993, la legge 14 aprile\n1975, n. 103 (art. 4), la legge 24 aprile 1975, n. 130 (\"Modifiche\nalla disciplina della propaganda elettorale ed alle norme per la\npresentazione delle candidature e delle liste dei candidati nonche\u0027\ndei contrassegni nelle elezioni politiche, regionali, provinciali e\ncomunali\"), la legge 22 febbraio 2000, n. 28 (\"Disposizioni per la\nparita\u0027 di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne\nelettorali e per la comunicazione politica\") di venti articoli,\nl\u0027intero decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, nonche\u0027 gli\narticoli 93-114 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo\n1957, n. 361, contenenti severe ipotesi di reato. \n La legge n. 515, per tornare al testo legislativo nel quale e\u0027\ncontenuta la disposizione della cui costituzionalita\u0027 qui si dubita,\ndisciplina le campagne elettorali (specificamente, per l\u0027elezione\ndella Camera dei deputati e il Senato della Repubblica), avuto\nriguardo a due diversi aspetti: dapprima, per quanto concerne l\u0027uso\ndei mezzi di comunicazione di massa (l\u0027accesso ai mezzi di\ncomunicazione, art. 1; della propaganda elettorale a mezzo stampa e\ntelevisione e altre forme, articoli 2 e 3); le comunicazioni agli\nelettori, art. 4; la comunicazione istituzionale, art. 5; i sondaggi,\nart. 6). Nei successivi articoli (7-15) si occupa, invece, delle\nforme e dei limiti del finanziamento delle candidature e degli\nadempimenti da curare per consentirne la verifica. Anche in questo\ncaso, come sopra gia\u0027 accennato, e\u0027 previsto un corposo apparato\npunitivo specificamente contenuto nell\u0027art. 15, nel quale sono\npreviste sanzioni pecuniarie e, nei casi ricordati (commi 8 e 9, e,\ndata l\u0027oscura e incongruente fattura della disposizione, non si\ncomprende se anche nel comma 7) ipotesi decadenziali incidenti\nsull\u0027elettorato passivo. \n Pertanto, il comma 7 dell\u0027art. 15 in discussione, commina, nella\nprospettiva ermeneutica qui esplorata (e fatta propria dal Collegio\ndi garanzia nel caso alla mano), la sanzione della decadenza per la\nviolazione di qualsiasi e non meglio individuata norma applicabile\nallo svolgimento delle campagne elettorali ancorche\u0027 le numerosissime\nleggi in materia (l\u0027enumerazione svolta nei righi precedenti e\u0027 solo\nparziale ed esemplificativa) siano accompagnate gia\u0027 da specifiche\nsanzioni, ora di ordine penale, ora pecuniario, ora incidenti sul\ndiritto all\u0027elettorato. \n Nell\u0027ipotesi applicativa fatta propria dal Collegio di garanzia,\nla questione di legittimita\u0027 costituzionale di seguito dedotta (al\npari di quelle sollevate nei §§ successivi) sarebbe certamente\nrilevante nell\u0027odierno giudizio ai sensi dell\u0027art. 23 della legge n.\n87 del 1953 e dell\u0027art. 1, legge cost. n. 2 del 1948 perche\u0027\nincidente sulla norma (l\u0027art. 15, comma 7, legge n. 515 del 1993) che\ncostituisce l\u0027unico fondamento del provvedimento mediante il quale il\nCollegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d\u0027appello\ndi Cagliari ha invaso la sfera di attribuzioni costituzionalmente\ngarantita alla regione ricorrente e, segnatamente, le competenze in\nmateria di verifica dei poteri assegnate dallo statuto di autonomia\nsardo (approvato con legge cost. n. 26 febbraio 1948, n. 3 e\nsuccessive modifiche) al consiglio regionale e specificamente\ndisciplinato dal regolamento consiliare (art. 17). \n 7.2.4. Codesta ecc.ma Corte ha sempre censurato le disposizioni\nlegislative sanzionatorie a fattispecie indeterminata e generica,\nperche\u0027 contrarie al principio di legalita\u0027, di responsabilita\u0027\npersonale, del diritto di difesa e del canone generale di\nragionevolezza. Nel caso alla mano, si aggiunge anche la gravissima\nlesione del diritto all\u0027elettorato passivo. \n Infatti, con la notissima sentenza n. 110 del 2023, codesta\necc.ma Corte ha portato a sintesi (e a piu\u0027 avanzati approdi) la\nprecedente, coerente evoluzione giurisprudenziale affermando che\n«deve piu\u0027 in generale ritenersi che disposizioni irrimediabilmente\noscure, e pertanto foriere di intollerabile incertezza nella loro\napplicazione concreta, si pongano in contrasto con il canone di\nragionevolezza della legge di cui all\u0027art. 3 Cost. \n L\u0027esigenza di rispetto di standard minimi di intelligibilita\u0027 del\nsignificato delle proposizioni normative, e conseguentemente di\nragionevole prevedibilita\u0027 della loro applicazione, va certo\nassicurata con particolare rigore nella materia penale, dove e\u0027 in\ngioco la liberta\u0027 personale del consociato, nonche\u0027 piu\u0027 in generale\nallorche\u0027 la legge conferisca all\u0027autorita\u0027 pubblica il potere di\nlimitare i suoi diritti fondamentali, come nella materia delle misure\ndi prevenzione. Ma sarebbe errato ritenere che tale esigenza non\nsussista affatto rispetto alle norme che regolano la generalita\u0027 dei\nrapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini, ovvero i\nrapporti reciproci tra questi ultimi. Anche in questi ambiti, ciascun\nconsociato ha un\u0027ovvia aspettativa a che la legge definisca ex ante,\ne in maniera ragionevolmente affidabile, i limiti entro i quali i\nsuoi diritti e interessi legittimi potranno trovare tutela, si\u0027 da\npoter compiere su quelle basi le proprie libere scelte d\u0027azione. \n Una norma radicalmente oscura, d\u0027altra parte, vincola in maniera\nsoltanto apparente il potere amministrativo e giudiziario, in\nviolazione del principio di legalita\u0027 e della stessa separazione dei\npoteri; e crea inevitabilmente le condizioni per un\u0027applicazione\ndiseguale della legge, in violazione di quel principio di parita\u0027 di\ntrattamento tra i consociati, che costituisce il cuore della garanzia\nconsacrata nell\u0027art. 3 Cost. [...]. \n Diverso e\u0027, pero\u0027, il caso in cui il significato delle\nespressioni utilizzate in una disposizione - nonostante ogni sforzo\ninterpretativo, compiuto sulla base di tutti i comuni canoni\nermeneutici - rimanga del tutto oscuro, con il risultato di rendere\nimpossibile all\u0027interprete identificare anche solo un nucleo centrale\ndi ipotesi riconducibili con ragionevole certezza alla fattispecie\nnormativa astratta. Una tale disposizione non potra\u0027 che ritenersi in\ncontrasto con quei \"requisiti minimi di razionalita\u0027 dell\u0027azione\nlegislativa\" che la poc\u0027anzi menzionata sentenza n. 185 del 1992 ha,\nin via generale, evocato in funzione della tutela della \"liberta\u0027 e\ndella sicurezza dei cittadini\". [...]. \n Una disposizione siffatta, in ragione dell\u0027indeterminatezza dei\nsuoi presupposti applicativi, non rimediabile tramite gli strumenti\ndell\u0027interpretazione, non fornisce alcun affidabile criterio guida\nalla pubblica amministrazione nella valutazione se assentire o meno\nun dato intervento richiesto dal privato, in contrasto con il\nprincipio di legalita\u0027 dell\u0027azione amministrativa e con esigenze\nminime di eguaglianza di trattamento tra i consociati; e rende arduo\nal privato lo stesso esercizio del proprio diritto di difesa in\ngiudizio contro l\u0027eventuale provvedimento negativo della pubblica\namministrazione, proprio in ragione dell\u0027indeterminatezza dei\npresupposti della legge che dovrebbe assicurargli tutela contro l\u0027uso\narbitrario della discrezionalita\u0027 amministrativa» (sent. n. 110 del\n2023; sulle fattispecie sanzionatorie indeterminate cfr., tra le\ntantissime, anche Corte costituzionale, n. 34 del 1995 e 96 del\n1981). \n Tali principi trovano, ovviamente, il loro campo precipuo di\nelezione in materia penale, ma vanno trasposti anche in quello\namministrativo quando, come nel caso di specie, le sanzioni pur\nformalmente amministrative vanno a incidere su diritti fondamentali\n(qual e\u0027, in democrazia, l\u0027elettorato passivo) e, quindi, sono dotate\ndi autentico valore punitivo e afflittivo anche secondo i c.d.\ncriteri Engel. A parte varie riflessioni contenute nella stessa\nsentenza n. 110 del 2023, alle quali si rinvia, «deve ricordarsi come\nla giurisprudenza di questa Corte abbia gia\u0027 affermato che il\nprincipio della legalita\u0027 della pena e\u0027 \"ricavabile anche per le\nsanzioni amministrative dall\u0027art. 25, secondo comma, della\nCostituzione, in base al quale e\u0027 necessario che sia la legge a\nconfigurare, con sufficienza adeguata alla fattispecie, i fatti da\npunire\" (sentenza n. 78 del 1967). Si e\u0027 poi precisato, piu\u0027 di\nrecente, che dall\u0027art. 25 Cost., data l\u0027ampiezza della sua\nformulazione, e\u0027 desumibile il principio secondo cui «tutte le misure\ndi carattere punitivo-afflittivo devono essere soggette alla medesima\ndisciplina della sanzione penale in senso stretto\" (sentenza n. 196\ndel 2010; in identico senso anche le sentenze n. 276 del 2016 e n.\n104 del 2014). \n Vero e\u0027 che tali affermazioni sono state formulate, in ragione\ndelle questioni di legittimita\u0027 allora proposte, con riferimento a\nuno dei corollari del principio di legalita\u0027, quello\ndell\u0027irretroattivita\u0027 delle norme incriminatrici. Tuttavia, esse sono\nparimente da riferire ad altro corollario di detto principio, di\nrilievo nelle odierne questioni: il principio di determinatezza delle\nnorme sanzionatorie. Principio, quest\u0027ultimo, il quale, per un verso,\nvuole evitare che, in contrasto con il principio della divisione dei\npoteri, l\u0027autorita\u0027 amministrativa o \"il giudice assuma[no] un ruolo\ncreativo, individuando, in luogo del legislatore, i confini tra il\nlecito e l\u0027illecito\" (sentenza n. 327 del 2008; sul punto anche\nordinanza n. 24 del 2017); per un altro verso, non diversamente dal\nprincipio d\u0027irretroattivita\u0027, intende \"garantire la libera\nautodeterminazione individuale, permettendo al destinatario della\nnorma penale di apprezzare a priori le conseguenze giuridico-penali\ndella propria condotta\" (ancora sentenza n. 327 del 2008). \n Con riferimento a questo tipo di sanzioni amministrative, il\nprincipio di legalita\u0027, prevedibilita\u0027 e accessibilita\u0027 della\ncondotta sanzionabile e della sanzione aventi carattere\npunitivo-afflittivo, qualunque sia il nomen ad essa attribuito\ndall\u0027ordinamento, del resto, non puo\u0027, ormai, non considerarsi\npatrimonio derivato non soltanto dai principi costituzionali, ma\nanche da quelli del diritto convenzionale e sovranazionale europeo,\nin base ai quali e\u0027 illegittimo sanzionare comportamenti posti in\nessere da soggetti che non siano stati messi in condizione di\n\"conoscere\", in tutte le sue dimensioni tipizzate, la illiceita\u0027\ndella condotta omissiva o commissiva concretamente realizzata» (ord.\nn. 121 del 2018). \n Ancor piu\u0027 significativamente, si e\u0027 affermato che «viene pero\u0027\noggi in rilievo un ulteriore e distinto problema: l\u0027estensione,\ncioe\u0027, del campo applicativo della norma censurata - in nome dello\nstesso principio - con riguardo al tipo di sanzione attinta dalla\ndeclaratoria di illegittimita\u0027 costituzionale (non solo la sanzione\npenale, ma anche la sanzione amministrativa qualificabile come penale\nai sensi della CEDU). [...]. \n Questa Corte ha osservato che l\u0027attrazione di una sanzione\namministrativa nella materia penale in virtu\u0027 dei \u0027criteri Engel\u0027\ntrascina con se\u0027 tutte e soltanto le garanzie previste dalla CEDU,\ncome elaborate dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti\ndell\u0027uomo: giurisprudenza nella quale non si rinviene l\u0027affermazione\ndi un principio analogo a quello affermato dalla norma censurata (che\nimpedisca, cioe\u0027, l\u0027esecuzione di una sanzione sostanzialmente penale\ninflitta con sentenza irrevocabile sulla base di una norma poi\ndichiarata incostituzionale). Il legislatore nazionale, dal canto\nsuo, puo\u0027 bene apprestare garanzie ulteriori rispetto a quelle\npreviste dalla Convenzione, riservandole alle sole sanzioni\nqualificate come penali dall\u0027ordinamento interno. \n E\u0027 vero - si osserva nella citata sentenza - che questa Corte ha\n\"occasionalmente\" riferito l\u0027art. 25, secondo comma, Cost. anche a\nmisure diverse dalle pene in senso stretto: ma lo ha fatto\nlimitatamente al «contenuto essenziale» del precetto costituzionale\n(il principio di irretroattivita\u0027 della norma sfavorevole) e \"in\nriferimento a misure amministrative incidenti su liberta\u0027\nfondamentali che coinvolgono anche i diritti politici del cittadino\"»\n(sent. n. 68 del 2021). \n Inoltre, poiche\u0027 \"l\u0027eleggibilita\u0027 e\u0027 la regola; l\u0027ineleggibilita\u0027\nl\u0027eccezione\" (C. cost., sentenza n. 46 del 1969, \"le norme che\nderogano al principio della generalita\u0027 del diritto elettorale\npassivo sono di stretta interpretazione e devono contenersi nei\nlimiti di quanto e\u0027 necessario a soddisfare le esigenze di pubblico\ninteresse cui sono preordinate (v. la sentenza n. 46 del 1969, indi\nla sentenza n. 166 del 1972, fino alle sentenze nn. 571 del 1989, 344\ndel 1993, 141 del 1996)\" (Cosi\u0027, Corte costituzionale, sentenza n.\n364 del 1996). Ne discende l\u0027ulteriore, fondamentale corollario\nsecondo il quale \"non vi e\u0027 dubbio che le cause di ineleggibilita\u0027\ndevono essere tipizzate dalla legge con sufficiente precisione, al\nfine di evitare - o quanto meno limitare - le situazioni di\nincertezza\" (sent. n. 364 cit., nonche\u0027 Corte costituzionale sentenza\nn. 166 del 1972). \n Alla luce di tali principi, non ci sono dubbi in ordine alla\nillegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 15, comma 7, per violazione\ndei parametri di legittimita\u0027 costituzionale evocati in rubrica, dal\nmomento che l\u0027indeterminatezza della fattispecie sanzionatoria non\nconsente al destinatario del precetto di avere reale cognizione di\nquale sia la condotta esigibile per non cadere nell\u0027ipotesi\nsanzionata. In tal modo, risultano violati in un sol colpo il canone\ndella ragionevolezza, il principio di legalita\u0027 e di personalita\u0027\ndella pena (sub specie di sanzione amministrativa punitiva) il\nprincipio della separazione dei poteri e lo stesso diritto di difesa,\nnonche\u0027, nel caso alla mano, del diritto all\u0027elettorato passivo,\nnonche\u0027 l\u0027art. 6 della C.E.D.U. e l\u0027art. 47 della C.D.F.U.E. per\nviolazione del diritto ad un ricorso effettivo. \n 7.3. Questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 15, comma\n7, legge 10 dicembre 1993, n. 515, per violazione, sotto un diverso\nprofilo, del principio di ragionevolezza ex art. 3, comma 1, Cost.\ndel principio di legalita\u0027 ex articoli 25 e 97 Cost., del diritto di\ndifesa ex art. 24 Cost. e del diritto di elettorato passivo (articoli\n48 e 2 Cost.) nonche\u0027 dell\u0027art. 117, primo comma, in riferimento\nall\u0027art. 6 della C.E.D.U. e all\u0027art. 47 della C.D.F.U.E. \n Senza recesso da quanto sopra, il comma 7 dell\u0027art. 15, legge n.\n515 del 1993, e\u0027 palesemente incostituzionale anche nella parte in\ncui commina l\u0027effetto (recte, la sanzione) della ineleggibilita\u0027 al\ncandidato che abbia violato le norme che disciplinano la campagna\nelettorale. Basta davvero una prima e superficiale lettura della\ndisposizione in parola per vedere come la categoria della\nineleggibilita\u0027 sia invocata (ed applicata) non solo a sproposito\nsotto l\u0027aspetto dommatico, ma del tutto incongruo e irragionevole\nsotto quello pratico-applicativo. \n 7.3.1. Per remoto e mai smentito insegnamento, infatti, «la\ndifferenza tra ineleggibilita\u0027 e incompatibilita\u0027 e\u0027 data dal fatto\nche la prima situazione e\u0027 idonea a provocare effetti distorsivi\nnella parita\u0027 di condizioni tra i vari candidati nel senso che -\navvalendosi della particolare situazione in cui versa il soggetto\n\"non eleggibile\" - egli puo\u0027 variamente influenzare a suo favore il\ncorpo elettorale. La seconda, invece, e\u0027 una situazione che non ha\nriflessi nella parita\u0027 di condizioni tra i candidati, ma attiene alla\nconcreta possibilita\u0027, per l\u0027eletto, di esercitare pienamente le\nfunzioni connesse alla carica anche per motivi concernenti il\nconflitto di interessi nel quale il soggetto verrebbe a trovarsi se\nfosse eletto. Di qui la conseguenza che il soggetto ineleggibile deve\neliminare ex ante la situazione di ineleggibilita\u0027 nella quale versa,\nmentre il soggetto soltanto incompatibile deve optare, ex post, cioe\u0027\nad elezione avvenuta, tra il mantenimento della precedente carica e\nil munus pubblico derivante dalla conseguita elezione» (C. cost.,\nsentenza n. 283 del 2010). \n L\u0027ineleggibilita\u0027, pertanto, deve preesistere all\u0027elezione per\navere effetti invalidanti: «sussistenza delle cause di\nineleggibilita\u0027 qualora le attivita\u0027 o le funzioni svolte dal\ncandidato, anche in relazione a peculiari situazioni delle regioni,\npossano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di\nvoto degli elettori ovvero possano violare la parita\u0027 di accesso alle\ncariche elettive rispetto agli altri candidati» (cfr. art. 2, comma\n1, lettera a), legge 2 luglio 2004, n. 165, contenente \"Disposizioni\ndi attuazione dell\u0027art. 122, primo comma, della Costituzione\"); di\ncontro, quest\u0027ultima conseguenza non puo\u0027 essere l\u0027effetto di una\nfattispecie concretatasi successivamente al (o anche nel corso del)\nprocedimento elettorale. Infatti, sempre secondo costante\ninsegnamento giurisprudenziale - nonche\u0027, invero, anche per espresse\nprevisioni normative: cfr. art. 2, comma 1, lettera c), legge n. 165\ndel 2004 - il sopravvenire di un\u0027ipotesi di ineleggibilita\u0027 si\nconcreta sul piano effettuale in un\u0027ipotesi di incompatibilita\u0027\nsicche\u0027 all\u0027interessato deve essere concesso un termine per poterla\nrimuovere, diversi essendo, dal punto di vista ontologico, la natura\ndei valori tutelati dalla due ipotesi limitative dell\u0027elettorato\npassivo (il rischio di captatio benevolentiae per l\u0027ineleggibilita\u0027,\nil conflitto di interessi per l\u0027incompatibilita\u0027: ex multis, Corte\ncostituzionale, sentenza n. 120 del 2013, nonche\u0027, n. 42 del 1961, n.\n129 del 1975, n. 5 del 1978, n. 78 del 1979, n. 45 del 1977, n. 162\ndel 1985, n. 344 del 1993 e n. 217 del 2006). \n 7.3.2. La norma in esame, come gia\u0027 osservato, fa un uso del\ntutto improprio (ergo, irragionevole) della categoria della\nineleggibilita\u0027 perche\u0027 la fattispecie presa in considerazione non e\u0027\nquella di una condizione personale preesistente all\u0027elezione e, in\ntermini oggettivi, suscettibile di condizionare la libera\nmanifestazione del consenso degli elettori (per metus, ovvero per il\nrischio di captatio benevolentiae): per il comma 7 dell\u0027art. 15,\nlegge n. 515 del 1993, l\u0027ineleggibilita\u0027 e\u0027 una sanzione inflitta a\ncausa dell\u0027omesso o erroneo (in tesi) adempimento agli obblighi di\npubblicita\u0027 sul finanziamento e la gestione delle spese elettorali\nche, pero\u0027, va a incidere ne\u0027 sul piano penale ne\u0027 su quello\namministrativo, bensi\u0027 su quello dell\u0027esercizio dei diritti civili e\npolitici. \n Premesso tale inusitata misura sanzionatoria, gia\u0027 di per se\u0027\npalesemente irragionevole e lesiva dei principi costituzionali\nrichiamati in rubrica, balzano evidenti ulteriori, palesi\nincongruita\u0027 nei quali e\u0027 caduto il legislatore. \n Dalla disposizione in parola, infatti, non si capisce se\nl\u0027\"ineleggibilita\u0027\" comminata sia da considerare assoluta (cioe\u0027\napplicabile a qualsiasi carica elettiva) oppure relativa (cioe\u0027, se\nriferita alla carica per la quale l\u0027eletto non abbia osservato le\nnorme sulla campagna elettorale, ma e\u0027 comunque inevitabile\nri-domandarsi: quali tra le tante?). Ancora, non si comprende se tale\nineleggibilita\u0027 sia da considerare pro-futuro (e in tale ipotesi, se\nusque ad mortem), ovvero pro-praeterito, e, quindi, con efficacia\nretroattiva, quindi come ineleggibilita\u0027 sopravvenuta, ma senza poter\nessere trattata in tale ultima ipotesi come incompatibilita\u0027 secondo\nla costante configurazione giuridica. \n Ebbene, poiche\u0027 l\u0027ineleggibilita\u0027 (usando l\u0027espressione in\ntermini dommaticamente appropriati) non puo\u0027 che essere relativa e\ntemporanea (perche\u0027, diversamente, da causa limitativa del diritto\nall\u0027elettorato passivo a presidio di altri e concorrenti principi\ncostituzionali, si tramuterebbe in una inaccettabile misura ablativa\ndel diritto non consentita in nessun caso dalla Costituzione dato che\nl\u0027art. 48, ultimo comma, Cost., parla di limitazione, non di\nprivazione), appare chiaro come la disposizione in discussione sia\nlesiva di numerosi parametri di legittimita\u0027 costituzionale. \n Sicuramente verrebbe infranto quello di ragionevolezza, posto che\nl\u0027uso in chiave \"sanzionatoria\" dell\u0027istituto ne snaturerebbe la\nfunzione che, invece, e\u0027 ontologicamente posta ad anticipato presidio\ndell\u0027ordinato svolgimento della competizione elettorale, perche\u0027\nl\u0027acquisizione del consenso non possa essere (o anche solo apparire)\nviziata in ragione della condizione soggettiva e personale del\ncandidato. \n La via seguita dal legislatore con la norma qui censurata,\ninvece, stravolge presupposti, fondamento, effetti e funzione della\ncategoria giuridica dell\u0027ineleggibilita\u0027 facendola mutare in\nun\u0027inedita misura ablativa di un diritto fondamentale (applicata in\ncarenza delle garanzie previste dai criteri Engel) dai contorni\napplicativi indeterminati nello spazio (ineleggibilita\u0027 a cosa?) e\nnel tempo (da quando e fino a quando?) e senza le garanzie del\nprocesso dinanzi ad un\u0027autorita\u0027 giudiziaria (da cio\u0027, quindi, anche\nla violazione del diritto ad un giusto processo ex art. 6 C.E.D.U. e\na un ricorso effettivo ex art. 47 C.D.F.U.E. \n Tale vizio, peraltro, si coglie ancor piu\u0027 evidente ove si ponga\nmente, quale tertium comparationis, alle ipotesi di ineleggibilita\u0027\nconosciute dall\u0027ordinamento giuridico (cfr. ad esempio la legge\nquadro n. 165 del 2004 e, nel caso della Sardegna, la legge 23 aprile\n1981, n. 154, alla quale fa rinvio, nelle more dell\u0027approvazione di\nuna specifica legge statutaria, l\u0027art. 22, comma 2 della legge\nStatutaria sarda 12 novembre 2013, n. 1) alla ratio dell\u0027istituto\ncome sopra tratteggiato (limitazione del diritto all\u0027elettorato in\nragione di specifiche condizioni soggettive del candidato). \n Risulta, altresi\u0027, leso il diritto (inviolabile) di elettorato\navuto specifico riferimento all\u0027ultimo comma dell\u0027art. 48 Cost.,\nsecondo il quale «il diritto di voto non puo\u0027 essere limitato se non\nper incapacita\u0027 civile o per effetto di sentenza penale o nei casi di\nindegnita\u0027 morale indicati dalla legge» e considerato che la\nfattispecie genericamente e incongruamente descritta dal comma 7 in\nesame non e\u0027 riconducibile a nessuna delle fattispecie previste dalla\nnorma costituzionale. \n 7.4. Questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 15, comma\n7, legge 10 dicembre 1993, n. 515, nella parte in cui dispone che la\nfattispecie ivi prevista «costituisce causa di ineleggibilita\u0027 del\ncandidato e comporta la decadenza dalla carica del candidato eletto\nnei casi espressamente previsti nel presente articolo con delibera\ndella Camera di appartenenza» e non «costituisce causa di\nineleggibilita\u0027 sopravvenuta del candidato e comporta la decadenza\ndalla carica del candidato eletto nei casi espressamente previsti nel\npresente articolo ove non rimossa nel ragionevole termine assegnato a\nseguito di contestazione effettuata con delibera della Camera di\nappartenenza», per violazione del principio di eguaglianza e\nragionevolezza ex art. 3, comma 1, Cost. del principio di legalita\u0027\nex articoli 25 e 97 Cost., degli articoli 2, 48 e Cost., nonche\u0027\ndell\u0027art. 2, comma 1, lettera c), legge 2 luglio 2004, n. 165, quale\nfonte interposta contenente principi generali ex art. 122, primo\ncomma, Cost. \n In via del tutto subordinata all\u0027eventuale mancato accoglimento\ndelle censure di legittimita\u0027 costituzionale sopra dedotte,\noccorrerebbe, allora, prendere atto dell\u0027illegittimita\u0027\ncostituzionale del comma 7 dell\u0027art. 15 della legge n. 515 del 1993,\nnella parte in cui dispone che la fattispecie ivi prevista\n(l\u0027accertata violazione delle norme che disciplinano la campagna\nelettorale) «costituisce causa di ineleggibilita\u0027 del candidato e\ncomporta la decadenza dalla carica del candidato eletto nei casi\nespressamente previsti nel presente articolo con delibera della\nCamera di appartenenza» e non «costituisce causa di ineleggibilita\u0027\nsopravvenuta del candidato e comporta la decadenza dalla carica del\ncandidato eletto nei casi espressamente previsti nel presente\narticolo ove non rimossa nel ragionevole termine assegnato a seguito\ndi contestazione effettuata con delibera della Camera di\nappartenenza». \n 7.4.1. Infatti, in tale subordinata ipotesi, l\u0027unica possibilita\u0027\ndi ricondurre a conformita\u0027 a Costituzione la norma in discussione,\nsarebbe quella di intervenire con una pronuncia additiva/sostitutiva\nmediante la quale la categoria dell\u0027ineleggibilita\u0027 viene trattata in\nconformita\u0027 ai principi costituzionali in materia, secondo i quali,\nallorche\u0027 un cittadino eletto ad una carica politica si venga a\ntrovare, successivamente all\u0027elezione, in una condizione di\nineleggibilita\u0027, tale fattispecie venga trattata come ipotesi di\nincompatibilita\u0027. Cio\u0027 comporta che la fattispecie venga contestata\nall\u0027interessato concedendo allo stesso un congruo e ragionevole\ntermine per rimuovere la causa ostativa al mantenimento del munus\npublicum. \n Come sopra ricordato, la legge 2 luglio 2004, n. 165, di\nattuazione dell\u0027art. 122, primo comma, Cost., impone alla\nlegislazione elettorale regionale, l\u0027«applicazione della disciplina\ndelle incompatibilita\u0027 alle cause di ineleggibilita\u0027 sopravvenute\nalle elezioni qualora ricorrano le condizioni previste dall\u0027art. 3,\ncomma 1, lettere a) e b)» (cosi\u0027, l\u0027art. 2, comma 1, lettera c). Tale\nprescrizione ha valore di principio fondamentale, riconducibile agli\narticoli 3 e 51 Cost. e, pertanto, immediatamente applicabile anche\nalle regioni ad autonomia speciale: \"questa Corte ha affermato che il\nlegislatore regionale siciliano non puo\u0027 «sottrarsi, se non laddove\nricorrano \u0027condizioni peculiari locali\u0027, all\u0027applicazione dei\nprincipi enunciati dalla legge n. 165 del 2004 che siano espressivi\ndell\u0027esigenza indefettibile di uniformita\u0027 imposta dagli articoli 3 e\n51 Cost. Tra tali principi, assume rilievo il vincolo di configurare,\na certe condizioni, le ineleggibilita\u0027 sopravvenute come cause di\nincompatibilita\u0027» (sentenza n. 143 del 2010), come stabilito\ndall\u0027art. 2, comma 1, lettera c), della legge 2 luglio 2004, n. 165\n(Disposizioni di attuazione dell\u0027art. 122, primo comma, della\nCostituzione). Sulla base di questo vincolo, che obbliga tutte le\nregioni a rispettare il parallelismo tra le ipotesi di illegittimita\u0027\ne quelle di incompatibilita\u0027, e\u0027 stata dichiarata l\u0027illegittimita\u0027\ncostituzionale della legge della Regione Siciliana n. ...»\" (C.\ncost., sentenza n. 294 del 2011). \n La giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte depone proprio nel\nsenso della doverosita\u0027 della concessione di un termine a favore\ndell\u0027interessato per rimuovere la causa di ineleggibilita\u0027\nsopravvenuta (da valere quale incompatibilita\u0027): \"quando si verifica,\ninfatti, la sopravvenienza di una causa di ineleggibilita\u0027 o di\nincompatibilita\u0027, vi sarebbe stata offesa ai principi se il\nlegislatore avesse previsto semplicemente l\u0027automatica decadenza\ndell\u0027eletto. A questi, invece, e\u0027 data possibilita\u0027 di rimuovere la\ncausa inficiante, ed entro un termine che appare del tutto\nragionevole, attesoche\u0027 si tratta soltanto di presentare delle\ndimissioni: com\u0027e\u0027 appunto nel caso di specie, dove...\" (C. cost.,\nsentenza n. 235 del 1989). \n Inoltre, la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte e\u0027 dovuta\nintervenire per correggere una asimmetria originariamente prevista\nnella legge n. 154 del 1981, secondo la quale, in caso di\ncontestazione di una causa di incompatibilita\u0027 in occasione del\nprocedimento amministrativo di verifica dei titoli di ammissione ad\nun organo elettivo, era riconosciuta all\u0027interessato la possibilita\u0027\ndi rimuovere la causa ostativa al mantenimento dell\u0027ufficio\nelettorale entro un congruo termine, facolta\u0027 non prevista, invece,\nin caso di contestazione della medesima causa di incompatibilita\u0027 per\nvia giudiziaria: \"bisogna dunque consentire di rimuovere la causa\nd\u0027incompatibilita\u0027 entro un termine ragionevolmente breve, dopo la\nnotifica del ricorso di cui all\u0027art. 9-bis, per assicurare un\nequilibrio fra la ratio giustificativa della incompatibilita\u0027 e la\nsalvaguardia del diritto di elettorato passivo, senza pregiudizio di\nun futuro intervento del Parlamento e di un\u0027evoluzione\ngiurisprudenziale che diano compiuta razionalita\u0027 al sistema\",\npertanto \"l\u0027art. 9-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.\n570 del 1960 e\u0027 quindi illegittimo nella parte in cui prevede che la\ndecadenza possa essere pronunciata in sede giurisdizionale, senza che\nsia data all\u0027interessato la facolta\u0027 di rimuovere utilmente la causa\ndi incompatibilita\u0027 entro un congruo termine dalla notifica del\nricorso previsto da esso\" (C. cost., sentenza n. 160 del 1997; cfr.\nanche n. 235 del 1989 e n. 294 del 2011). \n In conclusione, ancorche\u0027 in via subordinata al mancato\naccoglimento delle eccezioni dedotte ai punti precedenti, occorrera\u0027\nsollevare questione di costituzionalita\u0027 dell\u0027art. 15, comma 7, legge\n10 dicembre 1993, n. 515, per la violazione dei parametri indicati in\nrubrica, perche\u0027 codesta ecc.ma Corte possa dichiararne\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale e, quindi, accogliere l\u0027odierno\nricorso. \n8. Conclusioni in ordine al «tono costituzionale» del conflitto e\nalla lesione della «sfera di competenza costituzionale» della Regione\nSardegna. \n Nel punto 6 e ss. si e\u0027 argomentato perche\u0027 la disciplina sarda\nvigente in tema di rendicontazioni elettorali non puo\u0027 trovare\napplicazione con riguardo al presidente di regione elettivo. Tale\nrilievo apre la strada alle considerazioni finali circa il rapporto\ntra il quadro competenziale del Collegio di garanzia elettorale e le\nprerogative costituzionali degli organi regionali di indirizzo\npolitico (presidente, consiglio e giunta), ossia la «sfera di\ncompetenza costituzionale» della Regione Sardegna (per riprendere\nsempre la formula dell\u0027art. 39, comma 1, della legge statale n. 87\ndel 1953). \n Proprio prendendo in esame i caratteri della vigente forma di\ngoverno della Regione Sardegna si rivela piu\u0027 chiaramente la ragione\nper cui occorre interpretare la legge regionale n. 1/1994 come se non\nsi riferisse al presidente di regione elettivo, nonche\u0027 la ragione\nper cui una diversa interpretazione (quale quella che fa da\npresupposto all\u0027ordinanza/ingiunzione del Collegio di garanzia)\nimplicherebbe necessariamente la lesione della «sfera di competenza\ncostituzionale» degli organi facenti parte della forma di governo\nsarda. \n La forma di governo sarda, come e\u0027 noto, si basa sul meccanismo\ndel simul stabunt simul cadent disciplinato dagli articoli 15 e 35\ndello statuto speciale, per come novellati dall\u0027art. 3 della legge\ncostituzionale n. 2 del 2001. In particolare, l\u0027art. 15 dello statuto\nsardo dispone che «le dimissioni contestuali della maggioranza dei\ncomponenti il consiglio regionale comportano lo scioglimento del\nconsiglio stesso e l\u0027elezione contestuale del nuovo consiglio e del\npresidente della regione se eletto a suffragio universale». A\nseguire, l\u0027art. 35, comma secondo, dello statuto prevede che\n«l\u0027approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del\npresidente della regione eletto a suffragio universale e diretto,\nnonche\u0027 la rimozione, l\u0027impedimento permanente, la morte o le\ndimissioni dello stesso comportano le dimissioni della giunta e lo\nscioglimento del consiglio regionale». \n Come risulta palese, l\u0027elezione e la dissoluzione dei due organi,\nil presidente e il consiglio, e\u0027 sempre contestuale: o stanno assieme\no cadono assieme, appunto. Di conseguenza, le vicende che determinano\nl\u0027interruzione del mandato di un organo producono automaticamente il\nvenir meno pure dell\u0027altro. In particolare, queste vicende, ipotesi\ndissolutorie, espressamente tipizzate da disposizioni di rango\ncostituzionale, sono le seguenti: sfiducia consiliare, morte,\nimpedimento permanente, dimissioni e rimozione del presidente. A\nquesto elenco, come si e\u0027 detto, deve aggiungersi l\u0027ipotesi delle\ndimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il consiglio\nregionale (art. 15 St. Sardegna). \n Cio\u0027 premesso, appare fortemente dubbio che il Collegio di\ngaranzia abbia il potere di comminare la sanzione della decadenza a\ncarico del presidente di regione elettivo e di determinare con cio\u0027\nl\u0027automatico scioglimento del consiglio regionale. Poiche\u0027 le ipotesi\ndi dissoluzione degli organi regionali di direzione politica sono\ntassativamente stabilite da norme costituzionali e poiche\u0027 implicano\nderoghe al principio democratico di sovranita\u0027 popolare, esse sono di\nstretta interpretazione, sicche\u0027 il legislatore non potrebbe\nlegittimamente introdurre ipotesi ulteriori in assenza di esplicita\nautorizzazione costituzionale. Ne segue l\u0027ulteriore conseguenza che\nla legge regionale n. 1 del 1994, in virtu\u0027 del canone di\ninterpretazione costituzionalmente conforme (su cui si veda il dictum\ndella sentenza n. 356 del 1996 di questa ecc.ma Corte, secondo cui\n«le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perche\u0027 e\u0027\npossibile darne interpretazioni incostituzionali (e qualche giudice\nritenga di darne), ma perche\u0027 e\u0027 impossibile darne interpretazioni\ncostituzionali»), deve armonizzarsi col sistema costituzionale e non\npuo\u0027 interpretarsi come se attribuisse al Collegio regionale di\ngaranzia elettorale il potere di azionare il dispositivo del simul\nstabunt simul cadent, che sta alla base della forma di governo\nregionale. \n Se ne deve dunque concludere che il Collegio di garanzia non puo\u0027\naccertare, ingiungere, imporre o anche solo proporre la decadenza del\npresidente di regione elettivo, con cio\u0027 disponendo indirettamente\nl\u0027automatica dissoluzione del consiglio. La sua competenza deve\nritenersi circoscritta alle cause di decadenza che colpiscono i soli\nconsiglieri regionali elettivi, con esclusione del presidente di\nregione/consigliere di diritto. \n In base all\u0027art. 39, comma 4, della legge n. 87/1953 «il ricorso\nper regolamento di competenza deve indicare come sorge il conflitto\ndi attribuzione e specificare l\u0027atto dal quale sarebbe stata invasa\nla sfera di competenza, nonche\u0027 le disposizioni della Costituzione e\ndelle leggi costituzionali che si ritengono violate». Nel caso di\nspecie il conflitto sorge, evidentemente, per effetto\ndell\u0027ordinanza/ingiunzione notificata al presidente di regione e al\npresidente del consiglio regionale il 3 gennaio 2024. Le disposizioni\ndi rango costituzionale che debbono ritenersi violate sono gli\narticoli 15, 35 e 50 dello statuto speciale per la Regione Sardegna,\ncome novellati dall\u0027art. 3 della legge costituzionale n. 2 del 2001,\nin combinato disposto con gli articoli 1 e 22 della legge statutaria\nregionale 12 novembre 2013, n. 1 e degli articoli 97, 122, della\nCostituzione. \n Non pare dubbio, inoltre, che la loro violazione determini\nun\u0027invasione o menomazione della sfera regionale di competenza\ncostituzionale, compromettendo la possibilita\u0027 di esercizio delle\nattribuzioni e prerogative spettanti agli organi regionali di\ndirezione politica (presidente, consiglio e giunta). Cio\u0027 e\u0027 stato\ndiffusamente argomentato nei precedenti §§, al quale dunque si fa\nrinvio. \n Qui si rimarca soltanto che la sanzione della decadenza,\nerroneamente comminata al presidente di regione sulla base di\nun\u0027altrettanta erronea interpretazione della legge regionale n. 1 del\n1994, costituisce «cattivo esercizio del potere», poiche\u0027\nnell\u0027imporre al consiglio regionale di dichiarare la decadenza della\npres. Todde e, quindi, di determinare illegittimamente la contestuale\ndissoluzione di tutti gli organi regionali compromette la\npossibilita\u0027 che questi possano continuare a esercitare le loro\nattribuzioni. In base alla giurisprudenza di questa ecc.ma Corte si\nha, infatti, invasione o lesione della sfera costituzionale di\ncompetenza regionale, cioe\u0027 delle attribuzioni regionali, anche\nquando l\u0027atto statale determina una «menomazione delle possibilita\u0027\ndi esercizio delle medesime» (sentenza n. 332 del 2011). E non pare\ndubbio che le libere determinazioni del consiglio regionale (senza\npredeterminazione del loro contenuto ab extra da parte di organi\nstatali), nonche\u0027 la legittima permanenza in carica degli organi\nregionali rappresenti il presupposto indefettibile affinche\u0027 questi\npossano effettivamente svolgere le funzioni che l\u0027ordinamento\nattribuisce loro in piena autonomia e senza incostituzionali\ninterferenze statali. \n Alla luce delle considerazioni teste\u0027 svolte, se ne evince\nsenz\u0027altro l\u0027indubbio «tono costituzionale» del conflitto (si vedano\nalmeno le sentt. nn. 137 del 2014, 87 del 2015, 260 del 2026 di\nquesta ecc.ma Corte). Infatti, a seguire la giurisprudenza\ncostituzionale, «il tono costituzionale del conflitto sussiste quando\nle regioni non lamentino una lesione qualsiasi, ma una lesione delle\nproprie attribuzioni costituzionali» (sent. n. 10 del 2017). Nel caso\ndi specie l\u0027ordinanza/ingiunzione del Collegio di garanzia elettorale\nnon e\u0027 un atto meramente illegittimo, nei confronti del quale valga\nsolo la tutela offerta dalla giurisdizione comune, ma e\u0027 un atto\naltresi\u0027 viziato per contrasto con norme attributive di competenza\ncostituzionale. Non e\u0027 leso soltanto il diritto soggettivo di\nelettorato passivo di Alessandra Todde, in quanto cittadina candidata\nalla carica di presidente della regione, ma sono vulnerate anche le\nattribuzioni costituzionali degli organi regionali: per il vizio di\nlegittimita\u0027 concernente la posizione della persona fisica Alessandra\nTodde il giudice competente e\u0027 la giurisdizione comune; per il vizio\ndi legittimita\u0027 e costituzionalita\u0027 concernente la sfera di\ncompetenza e, prima ancora, la posizione stessa degli organi facenti\nparte della forma di governo regionale, il giudice competente non\npuo\u0027 che essere la giurisdizione costituzionale, stante il «tono\ncostituzionale» del conflitto. \n\n \n P.Q.M. \n \n Si chiede che codesta ecc.ma Corte, in accoglimento del presente\nricorso, se del caso previa autopromozione delle questioni di\nlegittimita\u0027 sopra dedotte, voglia dichiarare che non spetta allo\nStato e per esso al Collegio di garanzia elettorale presso la Corte\nd\u0027appello di Cagliari imporre «la decadenza dalla carica del\ncandidato eletto» a presidente della regione, e disporre «la\ntrasmissione della presente ordinanza/ingiunzione al presidente del\nconsiglio regionale per quanto di sua competenza in ordine\nall\u0027adozione del provvedimento di decadenza di Todde Alessandra dalla\ncarica di presidente della Regione Sardegna» e, per l\u0027effetto\nannullare l\u0027ordinanza/ingiunzione depositata dal predetto Collegio\nregionale di garanzia il 3 gennaio 2025. \n Cagliari-Roma, 3 marzo 2025 \n \n Prof. avv. Chessa - Prof. avv. Saitta - Avv. Pani - Avv. 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