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le cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Previsione che il primo periodo del comma 1-bis dell’art. 20 di tale decreto legislativo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del predetto decreto nonché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR – Previsione che l’art. 20, comma 1-bis, primo periodo, del decreto legislativo n. 199 del 2021, introdotto dal comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge n. 63 del 2024, come convertito, non si applica ai progetti per i quali, alla relativa data di entrata in vigore, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all\u0027ottenimento dei titoli per la costruzione e l\u0027esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi – Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili – Previsione che gli interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Denunciata disciplina che, prevedendo il divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l’estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, confligge con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e in particolare con il principio di massima diffusione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, come declinato dalla normativa europea – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Introduzione di un divieto che si inserisce nel complesso delle previsioni dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 quale corpo estraneo, dato che le relative previsioni non risultano coordinate con il resto dell’articolato – Norma che non istituisce nessuna forma di bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo una prevalenza dell’interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni agricoli, senza considerare una loro possibile utilizzabilità finanche a fini agricoli – Conflitto con l’obiettivo del decreto succitato di promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili –\u0026nbsp;Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Assenza di contemperamento con gli altri interessi in gioco, anche di rilievo costituzionale, che contrasta con la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.\u003c/p\u003e","prima_parte":"Erg Solar Holding srl","prima_controparte":"Ministero dell\u0027Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero dell\u0027Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Ministero della Cultura ed altri 1","altre_parti":"Elettricità Futura – Unione delle Imprese Elettriche Italiane, Elettricità Futura – Unione delle imprese elettriche italiane, ERG Solar Holding srl","testo_atto":"N. 137 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2025\n\r\nOrdinanza del 13 maggio 2025 del Tribunale  amministrativo  regionale\nper il Lazio  sul  ricorso  proposto  da  Erg  Solar  Holding  srl  e\nElettricita\u0027 Futura - Unione delle Imprese Elettriche Italiane contro\nMinistero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica e altri.. \n \nEnergia - Impianti alimentati da fonti  rinnovabili  -  Modifiche  al\n  decreto legislativo n. 199 del 2021 -  Disposizioni  finalizzate  a\n  limitare l\u0027uso del suolo agricolo - Previsione che  l\u0027installazione\n  degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra,  in  zone\n  classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027  consentita\n  esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a) limitatamente agli\n  interventi per modifica,  rifacimento,  potenziamento  o  integrale\n  ricostruzione degli impianti gia\u0027 installati, a condizione che  non\n  comportino incremento dell\u0027area occupata, c) incluse le  cave  gia\u0027\n  oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione\n  terminato ancora non ripristinate, nonche\u0027 le discariche o i  lotti\n  di  discarica  chiusi  ovvero  ripristinati,  c-bis),  c-bis.1),  e\n  c-ter), numeri 2) e 3),  del  comma  8  dell\u0027art.  20  del  decreto\n  legislativo n. 199 del 2021 - Previsione che il primo  periodo  del\n  comma 1-bis dell\u0027art. 20 di tale decreto legislativo non si applica\n  nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli\n  collocati a terra finalizzati alla costituzione  di  una  comunita\u0027\n  energetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del  predetto  decreto\n  nonche\u0027 in  caso  di  progetti  attuativi  delle  altre  misure  di\n  investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza  (PNRR)  e\n  del Piano nazionale per  gli  investimenti  complementari  al  PNRR\n  (PNC) ovvero di  progetti  necessari  per  il  conseguimento  degli\n  obiettivi del PNRR - Previsione che l\u0027art. 20, comma  1-bis,  primo\n  periodo, del decreto legislativo n. 199 del  2021,  introdotto  dal\n  comma 1  dell\u0027art.  5  del  decreto-legge  n.  63  del  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urgenti  per  le\n  imprese agricole, della pesca e dell\u0027acquacoltura, nonche\u0027  per  le\n  imprese  di  interesse  strategico  nazionale),   convertito,   con\n  modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101, art. 5, commi  1\n  e 2; decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190  (Disciplina  dei\n  regimi  amministrativi  per  la  produzione  di  energia  da  fonti\n  rinnovabili, in attuazione dell\u0027articolo 26, commi 4 e  5,  lettera\n  b) e d), della legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo\n  periodo. \n\n\r\n(GU n. 29 del 16-07-2025)\n\r\n \n         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO \n                            Sezione Terza \n \n    ha  pronunciato  la  presente  sentenza  sul  ricorso  numero  di\nregistro generale 8719  del  2024,  proposto  da  Erg  Solar  Holding\nS.r.l.,  in  persona   del   legale   rappresentante   pro   tempore,\nrappresentata e difesa dagli avvocati Carlo  Comande\u0027,  Enzo  Puccio,\nSerena Caradonna, con domicilio digitale come da PEC da  registri  di\ngiustizia; \n    contro: \n        Ministero  dell\u0027ambiente  e   della   sicurezza   energetica,\nMinistero  dell\u0027agricoltura  della  sovranita\u0027  alimentare  e   delle\nforeste, Ministero della cultura, in persona  dei  rispettivi  legali\nrappresentante pro tempore, rappresentati  e  difesi  dall\u0027Avvocatura\ngenerale dello  Stato,  domiciliataria  ex  lege  in  Roma,  via  dei\nPortoghesi, 12; \n    nei confronti: \n        Regione Puglia, in  persona  del  legale  rappresentante  pro\ntempore, non costituita in giudizio; \n    e con l\u0027intervento di ad adiuvandum: \n        Elettricita\u0027  Futura  -  Unione  delle   imprese   elettriche\nitaliane,  in  persona  del  legale   rappresentante   pro   tempore,\nrappresentata e difesa  dagli  avvocati  Cristina  Martorana,  Andrea\nSticchi Damiani, Pina Lombardi, con domicilio digitale come da PEC da\nRegistri di Giustizia; \n    per  l\u0027annullamento  degli  articoli  1,  3  e  7   del   decreto\nministeriale 21 giugno 2024 recante «Disciplina per  l\u0027individuazione\ndi superfici e aree idonee per l\u0027installazione di  impianti  a  fonti\nrinnovabili» adottato dal Ministero dell\u0027ambiente e  della  sicurezza\nenergetica di concerto con il Ministero della cultura e il  Ministero\ndell\u0027agricoltura, della  sovranita\u0027  alimentare  e  delle  foreste  e\npubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie\ngenerale - n. 153 del 2 luglio 2024, nonche\u0027 i relativi allegati; \n    di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale. \n    Visti il ricorso e i relativi allegati; \n    Visti gli atti di costituzione in  giudizio  di  Ministero  della\ncultura, del Ministero dell\u0027ambiente e  della  sicurezza  energetica,\ndel Ministero dell\u0027agricoltura della sovranita\u0027  alimentare  e  delle\nforeste e di elettricita\u0027 futura - Unione  delle  imprese  elettriche\nitaliane; \n    Visti tutti gli atti della causa; \n    Relatore nell\u0027udienza pubblica del  giorno  5  febbraio  2025  la\ndott.ssa Elena Stanizzi  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come\nspecificato nel verbale; \n    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue; \n \n                                Fatto \n \n    1 - Premette in fatto la societa\u0027 odierna ricorrente  di  operare\nnel settore della produzione di  energia  da  fonti  rinnovabili,  in\nparticolare da fonte solare. Rappresenta, al riguardo,  che  sono  in\ncorso  di  sviluppo  iniziative  per  la  realizzazione  di  impianti\nagrivoltaici,  inerenti,  in  particolare,  il  progetto  in   Poggio\nImperiale, Regione Puglia, di potenza  60,58  MW  (per  il  quale  e\u0027\npendente l\u0027iter per il rilascio della VIA), e il progetto  in  Ascoli\nSatriano, Regione Puglia, di potenza 15,00  MW,  della  tipologia  di\nagrivoltaico non avanzato. \n    2 - Sostiene parte ricorrente che  le  previsioni  dettate  dagli\narticoli 1, 3 e  7  del  decreto  impugnato,  adottato  dal  Ministro\ndell\u0027ambiente e della sicurezza energetica («Mase»), di concerto  con\nil Ministro della cultura («Mic») e con il Ministro dell\u0027agricoltura,\ndella sovranita\u0027 alimentare e delle  foreste  («Masaf»)  nel  formale\nesercizio della delega di cui  all\u0027art.  20,  comma  1,  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021 con il fine di stabilire principi  e  criteri\nomogenei per l\u0027individuazione delle superfici e delle aree  idonee  e\nnon idonee all\u0027installazione di impianti di produzione di energia  da\nfonti   rinnovabili,   avrebbero   di   fatto   introdotto    criteri\nasseritamente illegittimi e lesivi della sua posizione giuridica,  in\nquanto suscettibili di pregiudicare l\u0027autorizzazione del progetto  di\nimpianto agrivoltaico in corso di elaborazione. \n    Solleva, quindi, parte  ricorrente,  a  sostegno  della  proposta\nazione impugnatoria, i seguenti motivi di  censura  inerenti  plurimi\nprofili di violazione di legge ed eccesso di potere: \n    I - Con riferimento all\u0027illegittimita\u0027 degli articoli 1 e  7  del\ndecreto ministeriale: violazione e falsa  applicazione  dell\u0027art.  5,\ndella legge 22 aprile 2021, n. 53 - Violazione e  falsa  applicazione\ndell\u0027art. 20, commi 1, 2, 3 e 8 del decreto legislativo n. 199/2021 -\nViolazione e falsa applicazione delle linee guida emanate con decreto\ndel ministero dello  sviluppo  economico  del  10  settembre  2010  -\nViolazione  della  delega   -   Eccesso   di   potere   -   Manifesta\nirragionevolezza  -  Violazione  della  direttiva  2009/28/CE,  della\ndirettiva 2001/77/CE e della direttiva 2018/2001/UE. \n    I.1 - Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma  3  del\ndecreto legislativo n. 199/2021 e dell\u0027art. 5 della legge n. 53/2021. \n    Il decreto  impugnato  avrebbe  mancato  di  definire  i  criteri\nomogenei per l\u0027individuazione delle aree idonee all\u0027installazione  di\nimpianti di produzione  di  energia  da  fonti  rinnovabili  («FER»),\nessendosi limitato a riprodurre principi  di  massima  che  sarebbero\nesattamente e testualmente riproduttivi di quelli  individuati  dalla\nfonte delegante all\u0027art. 20, comma 3, decreto legislativo n. 199/2021\n(e, ancor prima, l\u0027art. 5 della legge 22  aprile  2021,  n.  53),  di\ncarattere meramente programmatico.  Ne  deriverebbe  il  conferimento\nalle regioni di una delega sostanzialmente in  bianco,  in  contrasto\ncon l\u0027insegnamento della Corte  costituzionale,  che  avrebbe  sempre\nrivendicato l\u0027importanza della uniformita\u0027  della  «materia  energia»\nsul territorio nazionale. \n    I.2 - Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 1,  del\ndecreto legislativo n. 199/2021. \n    Nel ricordare parte ricorrente come ai sensi di  quanto  previsto\ndall\u0027art. 20,  comma  1,  lettera  a),  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021, i Ministeri resistenti, mediante l\u0027adozione di uno  o  piu\u0027\ndecreti delegati, erano  tenuti  in  via  prioritaria  a  «dettare  i\ncriteri per  l\u0027individuazione  delle  aree  idonee  all\u0027installazione\ndella potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilendo le\nmodalita\u0027 per minimizzare il relativo impatto ambientale e la massima\nporzione di suolo occupabile dai  suddetti  impianti  per  unita\u0027  di\nsuperficie, nonche\u0027 dagli impianti a fonti rinnovabili di  produzione\ndi energia elettrica gia\u0027  installati  e  le  superfici  tecnicamente\ndisponibili» contesta l\u0027attuazione che di tale norma e\u0027 stata operato\ncon il gravato decreto. \n    Lamenta in particolare parte ricorrente che l\u0027art.  7,  comma  2,\nlettera b) del decreto ministeriale 21 giugno 2024 - laddove  prevede\nche le regioni, nell\u0027individuazione delle aree idonee, debbano  tener\nconto «della possibilita\u0027 di classificare le superfici o le aree come\nidonee differenziandole sulla base della fonte, della taglia e  della\ntipologia di impianto» - conterrebbe indicazioni generiche ed un mero\nrichiamo al sintetico principio di  differenziazione,  insuscettibili\ncome tali di fornire alle Regioni gli indirizzi necessari ed idonei a\norientare  l\u0027esercizio  della  potesta\u0027  regionale  anche  quanto  ad\nindividuazione del mix di fonti energetiche richiesto dalla normativa\nprimaria,  da  porre  in  correlazione  con  le  caratteristiche  dei\nterritori. \n    La norma del gravato decreto, pertanto, sarebbe  illegittima  per\naver abdicato alla propria funzione di individuazione dei principi  e\ncriteri per l\u0027individuazione delle aree idonee,  violando  la  delega\nlegislativa conferita con il decreto  legislativo  n.  199/2021,  per\neffetto della quale il decreto avrebbe dovuto «dettare i criteri  per\nl\u0027individuazione delle aree idonee  all\u0027installazione  della  potenza\neolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilendo le modalita\u0027 per\nminimizzare il relativo impatto ambientale e la massima  porzione  di\nsuolo occupabile dai suddetti  impianti  per  unita\u0027  di  superficie,\nnonche\u0027 dagli impianti a fonti rinnovabili di produzione  di  energia\nelettrica gia\u0027 installati e le superfici tecnicamente disponibili». \n    I.3 - Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 8,  del\ndecreto legislativo 199/202. \n    Denuncia  parte  ricorrente  l\u0027illegittimita\u0027  della  previsione,\ncontenuta nell\u0027art. 7, lettera c) del decreto ministeriale impugnato,\nche  assegna  una  mera  «possibilita\u0027»  alle  regioni,  in  sede  di\nemanazione delle leggi regionali, di fare salve le  aree  nelle  more\nritenute idonee dall\u0027art. 20, comma 8,  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021, con classificazione da ritenersi, secondo parte ricorrente,\nanticipatoria e vincolante per la futura normazione  regionale.  Tale\nnorma si porrebbe in contrasto con il dato normativo e  consentirebbe\nalle regioni di non tener conto, in sede di  normazione,  delle  aree\nidonee  individuate  dal  legislatore  nazionale,  rimettendosi  alle\nregioni la potesta\u0027 di prevedere che aree che,  fino  ad  oggi,  sono\nstate indiscussamente idonee, ai sensi del comma 8,  diventino  «aree\nordinarie» o addirittura «aree non idonee», con impatti  negativi  in\ntermini di affidamento degli investimenti ed  incertezza  del  quadro\ngiuridico di riferimento, senza  peraltro  prevedere  una  disciplina\ntransitoria  per  i  procedimenti  autorizzativi  avviati   in   data\nanteriore all\u0027entrata in vigore delle disposizioni regionali. \n    II - Con riferimento all\u0027illegittimita\u0027 degli articoli 1, 3  e  7\ndel d.m.: violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 5 della legge  22\naprile 2021, n. 53 - Violazione e falsa  applicazione  dell\u0027art.  20,\ncommi 1, 2, 3, 4, 7  e  8  del  decreto  legislativo  n.  199/2021  -\nViolazione e falsa applicazione dell\u0027art. 12 del decreto  legislativo\nn. 387/2003 - Violazione  e  falsa  applicazione  delle  linee  guida\nemanate con decreto del ministero dello  sviluppo  economico  del  10\nsettembre 2010 - Eccesso di potere  -  Manifesta  irragionevolezza  -\nViolazione della direttiva 2009/28/CE, della direttiva  2001/77/CE  e\ndella direttiva 2018/2001/UE - Violazione del principio della massima\ndiffusione degli impianti di energia prodotta da fonti rinnovabili. \n    II.1 - Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 4  del\ndecreto legislativo 199/2021, dell\u0027art. 12  del  decreto  legislativo\n387/2003, delle Linee Guida e del principio della massima  diffusione\ndegli impianti FER. \n    Sostiene parte ricorrente che l\u0027art. 20,  comma  4,  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021  prevedrebbe  una  competenza  regionale,  da\nesercitare mediante legge, unicamente per la  disciplina  delle  aree\nidonee. Il decreto, invece, affidando  alle  regioni  il  compito  di\nindividuare con legge anche  le  aree  non  idonee,  si  porrebbe  in\ncontrasto, oltre che con tale norma primaria, anche  con  l\u0027art.  12,\ncomma 10, del decreto legislativo n. 387/2003  e  con  le  successive\nLinee  guida  emanate  con  decreto  del  Ministero  dello   sviluppo\neconomico del 10 settembre 2010, che prevedono l\u0027individuazione delle\n«aree   non   idonee»   all\u0027esito   di   un   apposito   procedimento\namministrativo, nel  cui  ambito,  attraverso  adeguata  istruttoria,\npoter  operare  un  bilanciamento   in   concreto   degli   interessi\nstrettamente aderenti  alla  specificita\u0027  dei  luoghi,  senza  poter\nimporre in  via  legislativa  vincoli  generali  non  previsti  dalla\ndisciplina  statale,  in  violazione  peraltro  del  principio  della\nriserva di procedimento amministrativo. \n    II.2 - Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 4  del\ndecreto legislativo 199/2004, dell\u0027art. 12  del  decreto  legislativo\n387/2003, delle Linee Guida e del principio della massima  diffusione\ndegli impianti FER. \n    Nel definire le aree non  idonee  come  aree  «incompatibili  con\nl\u0027installazione di specifiche  tipologie  di  impianti»,  il  decreto\nintrodurrebbe un vero e proprio divieto di installazione di  impianti\nFER in dette aree, in contrasto con i principi  dettati  dalle  Linee\nGuida, che pure vengono dalla disposizione in  questione  richiamati,\nin base alle quali \"L\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei\nnon deve configurarsi  come  divieto  preliminare\"  all\u0027installazione\ndegli impianti, costituendo solo una valutazione di primo livello cui\ndeve eseguire una valutazione in concreto  circa  la  realizzabilita\u0027\ndell\u0027impianto. \n    II.3 - Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, commi 1, 7 e\n8  del  decreto  legislativo  199/2021,  dell\u0027art.  12  del   decreto\nlegislativo 387/2003, delle Linee Guida e del principio della massima\ndiffusione degli impianti FER nonche\u0027 del decreto legislativo 42/2004\ne dell\u0027art. 117 comma 2 lettera s) della Costituzione. \n    Nel prevedere che «Sono considerate non idonee le superfici e  le\naree che sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti  a  tutela\nai sensi dell\u0027art. 10 e dell\u0027art. 136, comma 1, lettere a) e  b)  del\ndecreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42», il decreto  si  porrebbe\nin contrasto con la normativa europea e nazionale, nonche\u0027 con quella\nprevista per i beni soggetti  a  tutela  paesaggistica  e  culturale,\nintroducendo un divieto esorbitante e  del  tutto  irragionevole,  in\nquanto  di  fatto  inibirebbe  in  tutte   le   aree   vincolate   la\nrealizzazione degli impianti, a prescindere  da  qualsiasi  specifica\nvalutazione in ordine alle effettive e concrete esigenze di tutela di\nciascun bene vincolato e, correlativamente, da qualsiasi verifica  in\nordine   alla   sussistenza   di   una   effettiva   incompatibilita\u0027\ndell\u0027intervento  con  la  tutela   paesaggistica   o   culturale   da\nassicurare. Del pari illegittima sarebbe la  previsione  secondo  cui\n«Le regioni possono individuare come non idonee  le  superfici  e  le\naree che sono ricomprese nel perimetro degli altri beni sottoposti  a\ntutela ai sensi del medesimo decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.\n42», nonche\u0027 «stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni\nsottoposti  a  tutela  di  ampiezza  differenziata  a  seconda  della\ntipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela,  fino\na un massimo di 7 chilometri», in  quanto  assegnerebbe  poteri  alle\nregioni  in  contrasto  con  la  competenza  statale  in  materia  di\npaesaggio e beni culturali, che impone uniformi livelli di tutela  in\ntutto il territorio nazionale. \n    III - Con riferimento all\u0027illegittimita\u0027 dell\u0027art.  1,  comma  2,\nlettera d) del D.M.: violazione e falsa  applicazione  dell\u0027art.  20,\ncommi 1 e 2 del decreto legislativo n. 199/2021 - Violazione e  falsa\napplicazione dell\u0027art. 12 comma 7 del decreto legislativo n. 387/2003\n- Violazione e falsa  applicazione  delle  linee  guida  emanate  con\ndecreto del ministero dello sviluppo economico del 10 settembre  2010\n-  Violazione  della  delega  -  Eccesso  di   potere   -   Manifesta\nirragionevolezza  -  Violazione  della  direttiva  2009/28/CE,  della\ndirettiva 2001/77/CE e della direttiva 2018/2001/UE. \n    III.1 - Violazione dell\u0027art. 20, comma 1, decreto legislativo  n.\n199/2021. \n    Nell\u0027individuare le aree agricole come aree  in  cui  e\u0027  vietata\nl\u0027installazione di  impianti  fotovoltaici  con  moduli  collocati  a\nterra, per le quali vige il  divieto  di  installazione  di  impianti\nfotovoltaici con moduli a terra ai sensi dell\u0027art. 20,  comma  1-bis,\ndel  decreto  legislativo  n.  199/2021,   l\u0027art.   1   del   decreto\ncontravverrebbe  alla  delega,  che  non   avrebbe   contemplato   la\npossibilita\u0027 di individuare aree «in cui e\u0027 vietata» la installazione\ndi impianti fotovoltaici a terra, sicche\u0027 il decreto ministeriale non\navrebbe potuto essere utilizzato per dare attuazione al citato  comma\n1-bis. \n    III.2 - Manifesta irragionevolezza - Violazione  della  direttiva\n2009/28/CE,   della   direttiva   2001/77/CE   e   della    direttiva\n2018/2001/UE. \n    La delega di cui all\u0027art. 1, comma  2,  lettera  d)  del  decreto\nministeriale impugnato sarebbe irragionevole ed illegittima anche  in\nragione del fatto che, nel vietare la collocazione di impianti FTV  a\nterra in  aree  agricole,  non  precisa  che  da  tale  divieto  sono\nsottratti tutti gli impianti agrivoltaici. Invero, sia  gli  impianti\nfotovoltaici con moduli a terra che gli agrivoltaici hanno in  comune\nla collocazione sul suolo di moduli  recanti  pannelli  fotovoltaici.\nTuttavia, la giurisprudenza ne avrebbe evidenziato la differenza,  in\nquanto nei primi la crescita della vegetazione  puo\u0027  ostare  con  la\nproduzione di energia e quindi  e\u0027  oggetto  di  interventi  volti  a\nlimitare o impedire la collocazione di tale  tipologia  di  impianti,\nmentre, nel caso  dell\u0027agrivoltaico,  l\u0027impianto  (sia  avanzato  che\nbase) sarebbe strutturato in modo  da  consentire  alle  macchine  da\nlavoro la coltivazione agricola ovvero il pascolo degli  animali,  di\ntalche\u0027  la  superficie  del  terreno  resta  permeabile   e   quindi\nraggiungibile  dal  sole   e   dalla   pioggia,   dunque   pienamente\nutilizzabile per le normali esigenze della coltivazione agricola.  La\nprevisione in esame,  non  operando  alcuna  distinzione  in  merito,\nintrodurrebbe un divieto concreto, indiscriminato e generalizzato  ad\nogni  tipo  di  impianto  che  usa  tale  tecnologia,   inclusi   gli\nagrivoltaici base o avanzati che siano. \n    La previsione sarebbe inoltre in  contrasto  con  l\u0027art.  12  del\ndecreto legislativo n. 387/2003  che  consente  la  realizzazione  di\nimpianti  di  produzione  di  energia   elettrica   anche   in   zone\nclassificate agricole. \n    IV - Illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20, comma 1-bis  del\ndecreto legislativo n. 199/2021, introdotto dall\u0027art. 5, comma 1, del\ndecreto-legge n. 63/2024, convertito con modifiche con  legge  22  n.\n101/2024, per violazione e falsa  applicazione  dell\u0027art.  77,  comma\nsecondo, della Costituzione. \n    Per  l\u0027ipotesi  in  cui  non  sia  possibile   un\u0027interpretazione\ncostituzionalmente  orientata  dell\u0027art.  20,  comma  1-bis,  decreto\nlegislativo  n.   199/2021,   la   ricorrente   ne   ha   prospettato\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale. \n    Dalla disamina del «Preambolo» al  decreto-legge  agricoltura  n.\n63/2024, convertito in legge con legge n.  101/2024,  si  evincerebbe\nche l\u0027iniziativa governativa da cui ha preso le mosse  l\u0027approvazione\ndell\u0027art. 5, comma 1, del menzionato d.l., che ha introdotto il comma\n1-bis dell\u0027art. 20 del decreto  legislativo  n.  199/2021,  e\u0027  stata\nmotivata in ragione della ritenuta straordinaria necessita\u0027 e urgenza\ndi  contrastare  il  fenomeno  del  consumo  del  suolo  a  vocazione\nagricola. Tale presupposto, tuttavia, secondo parte  ricorrente,  non\nsarebbe sussistente, in quanto nel territorio italiano la  Superficie\nAgricola Totale (SAT) e\u0027 pari a  16  milioni  di  ettari,  mentre  la\nSuperficie Agricola Utilizzata  (SAU)  e\u0027  pari  a  12,5  milioni  di\nettari. Inoltre,  4  milioni  di  ettari  di  terreni  agricoli  sono\nattualmente abbandonati. Al 2023 sono stati installati impianti  pari\na una potenza di 30,3 GW. Di questi, secondo  il  GSE,  9,2  GW  sono\nimpianti FTV a terra che utilizzano 16.400  ettari,  che  equivalgono\nsolo allo 0,05% del territorio nazionale oppure allo 0,13% della SAU.\nInstallare gli  84  GW  di  cui  al  Piano  elettrico  2030/REPowerEU\nrichiederebbe fino a 70.000  ettari  -  considerando  l\u0027ipotesi  piu\u0027\nestensiva secondo cui l\u0027intero obiettivo  fosse  perseguito  mediante\nl\u0027utilizzo della sola tecnologia che utilizza  pannelli  fotovoltaici\ncollocati a terra  e  senza  considerare  la  quota  installabile  su\nedifici - che equivalgono allo 0,2% del  territorio  italiano  ovvero\nallo 0,4% della SAT. Si tratterebbe  di  una  porzione  marginale  di\nsuoli agricoli anche se paragonata ai 4 milioni di ettari di  terreni\nagricoli abbandonati e ai 12,5 milioni di ettari  di  SAU.  Sarebbero\nstati, pertanto, in origine  carenti  i  requisiti  di  necessita\u0027  e\nurgenza di cui  all\u0027art.  77  Cost.  che  avrebbero  giustificato  il\nricorso allo strumento eccezionale della decretazione d\u0027urgenza. \n    V. Illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20,  comma  1-bis  del\ndecreto legislativo n. 199/2021, introdotto dall\u0027art. 5, comma 1, del\ndecreto-legge n. 63/2024 (c.d. decreto-legge agricoltura), convertito\ncon  modifiche  con  legge  n.  101/2024,  per  violazione  e   falsa\napplicazione  degli  articoli  117,  commi  primo  e   terzo,   della\ncostituzione, in  relazione,  rispettivamente,  alla  direttiva  (UE)\n2018/2001 del Parlamento Europeo e  del  Consiglio  dell\u002711  dicembre\n2018, sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti  rinnovabili  e\nall\u0027art.  12  del  decreto  legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387\n(attuazione della direttiva 2001/77/CE). \n    La norma contestata di cui all\u0027art. 20, comma 1-bis  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021, nel prevedere il divieto di installazione di\nnuovi impianti FTV con moduli collocati  a  terra  e  il  divieto  di\naumentare l\u0027estensione di quelli esistenti nelle  aree  agricole,  si\nporrebbe  in  contrasto  con  i  vincoli  derivanti  dall\u0027ordinamento\neuropeo e, in particolare, con l\u0027obiettivo di  garantire  la  massima\ndiffusione degli impianti FER, perseguito dalla direttiva 2009/28/CE,\ndalla direttiva 2001/77/CE, nonche\u0027 dalla direttiva 2018/2001/UE,  in\nattuazione della quale e\u0027 stato emanato  il  decreto  legislativo  n.\n199/2021. \n    Sotto altro profilo, la norma si  porrebbe  in  contrasto  con  i\nprincipi  generali  dettati  in  materia  dallo  stesso   Legislatore\nstatale, in attuazione delle direttive europee, e in particolare  con\nl\u0027art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del\nquale «Gli impianti  di  produzione  di  energia  elettrica,  di  cui\nall\u0027art. 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in\nzone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici», e  con  le\nLinee guida del 2010, introdotte in attuazione del  citato  art.  12,\ncon decreto del Ministero dello sviluppo economico del  10  settembre\n2010, secondo le quali le  zone  classificate  agricole  dai  vigenti\npiani urbanistici non possono essere genericamente considerate aree e\nsiti non idonei e l\u0027individuazione delle aree e dei siti  non  idonei\nnon  puo\u0027  riguardare  porzioni  significative  del  territorio.  Per\ncontro, una norma che introduce un divieto generalizzato a realizzare\nuna tipologia  di  impianto  FER  su  qualsiasi  area  agricola  -  a\nprescindere anche da una previa indagine in  merito  alle  tecnologie\nutilizzate, in specie gli agrivoltaici, alle specifiche qualita\u0027  del\nsito agricolo ovvero alle colture  ivi  condotte  -  si  porrebbe  in\nconflitto con i summenzionati principi fondamentali di  cui  all\u0027art.\n117, comma 1, Cost. ed all\u0027art. 12, comma 7, del decreto  legislativo\nn.  387/2003,  attuativi  di  direttive  dell\u0027Unione  europea  e  che\nriflettono anche impegni internazionali volti  a  favorire  l\u0027energia\nprodotta da fonti rinnovabili. \n    La  previsione  si  porrebbe,  inoltre,  in  contrasto   con   la\nraccomandazione della Commissione UE 2024/1343 volta  a  limitare  al\nminimo le zone di  esclusione  per  l\u0027installazione  di  impianti  di\nenergia rinnovabile. \n    VI - Sotto altro profilo: illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art.\n20, comma 1-bis  del  decreto  legislativo  n.  199/2021,  introdotto\ndall\u0027art.  5,  comma  1,   del   decreto-legge   n.   63/2024   (c.d.\ndecreto-legge agricoltura), convertito con  modifiche  con  legge  n.\n101/2024, per: Violazione e falsa applicazione dell\u0027art.  9  Cost.  -\nViolazione e falsa applicazione dell\u0027art.  15  della  direttiva  (UE)\n2018/2001 del Parlamento Europeo e  del  Consiglio  dell\u002711  dicembre\n2018, sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti  rinnovabili  -\nViolazione del principio di proporzionalita\u0027 -  Violazione  dell\u0027art.\n11 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione  europea  -  Violazione\ndell\u0027art. 41 Cost. \n    La scelta di introdurre un generale e  indiscriminato  divieto  a\nrealizzare impianti FTV con moduli a terra su  aree  urbanisticamente\nclassificate come «agricole» risulterebbe sproporzionata  e  tale  da\nrallentare la diffusione delle fonti rinnovabili in modo da  incidere\nsugli obiettivi di tutela dell\u0027ambiente perseguiti. Sul punto, l\u0027art.\n15 della direttiva 2018/2001 prevede che «Gli Stati  membri  prendono\nin particolare le misure appropriate per assicurare che: b) le  norme\nin materia di autorizzazione, certificazione e concessione di licenze\nsiano oggettive, trasparenti e proporzionate ...». La norma censurata\nsarebbe tutt\u0027altro che una forma di esercizio  «proporzionato»  della\npotesta\u0027 legislativa. La norma, inoltre, violerebbe il  principio  di\nintegrazione delle tutele - riconosciuto, sia a livello europeo (art.\n11 del TFUE), sia nazionale (art. 3-quater del decreto legislativo n.\n152 del  2006,  sia  pure  con  una  formulazione  ellittica  che  lo\nsottintende)  -  in  virtu\u0027  del  quale   le   esigenze   di   tutela\ndell\u0027ambiente   devono   essere   integrate   nella   definizione   e\nnell\u0027attuazione  delle  altre  pertinenti  politiche  pubbliche,   in\nparticolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile. \n    Se il principio di proporzionalita\u0027 rappresenta il criterio  alla\nstregua del quale mediare e comporre il potenziale  conflitto  tra  i\ndue valori costituzionali  all\u0027interno  di  un  quadro  argomentativo\nrazionale, il principio di integrazione costituisce la  direttiva  di\nmetodo. La tutela dell\u0027ambiente  e  del  paesaggio  (nello  specifico\ndell\u0027ambiente e del contesto agricolo) non  potrebbero  essere  visti\nquali  valori  contrapposti  rispetto  alla  diffusione  delle  fonti\nrinnovabili, sia sotto il  profilo  della  tutela  dell\u0027ambiente  che\nsotto quello della tutela dell\u0027iniziativa economica privata. \n    Lo stesso art. 9 della Costituzione sancisce che  la  tutela  dei\nvalori ambientali deve essere perseguita «anche nell\u0027interesse  delle\nfuture  generazioni».  Al  contrario,  la   disposizione   in   esame\nmuoverebbe  dall\u0027assunto  di  un  aprioristico   conflitto   tra   la\nconservazione delle aree agricole e l\u0027autorizzazione di impianti  per\nla  produzione  di  energia   mediante   collocazione   di   pannelli\nfotovoltaici a terra, come se le descritte finalita\u0027 non fossero  tra\nloro  contemperabili  mediante  la  introduzione  di   parametri   di\nvalutazione  idonei  a  stabilire,  caso  per  caso,  quando  e  dove\nconsentire o meno la  collocazione  di  impianti  che  utilizzano  la\ntecnologia fotovoltaica a terra  (inclusi  gli  agrivoltaici  base  o\navanzati) in area agricola. \n    3 - Si sono costituite in giudizio le  amministrazioni  intimate,\ndapprima con  formula  di  rito,  mentre  con  successiva  memoria  i\nMinisteri   intimati    hanno    sostenuto    l\u0027inammissibilita\u0027    e\nl\u0027infondatezza  del  ricorso,   con   richiesta   di   corrispondente\npronuncia, rilevando che i presupposti ricostruttivi e teorici su cui\nla ricorrente fonda le proprie  deduzioni  sarebbero  smentiti  dalla\nlettura della normativa di riferimento. \n    3.1.-  In  particolare,  la  necessita\u0027  di  individuare  criteri\nomogenei per la definizione delle superfici e delle aree idonee e non\nidonee per l\u0027installazione di impianti a  fonti  rinnovabili  sarebbe\nstata introdotta dall\u0027art. 5, comma 1,  lettera  a)  della  legge  22\naprile 2021, n. 53, «Delega  al  Governo  per  il  recepimento  delle\ndirettive europee e l\u0027attuazione di altri atti  dell\u0027Unione  europea»\n(legge di delegazione europea  2019-2020),  che  dettava  criteri  di\ndelega per  il  recepimento  della  direttiva  (UE)  2018/2001  sulla\npromozione dell\u0027uso  dell\u0027energia  da  fonti  rinnovabili  (RED  II).\nSuccessivamente, il decreto legislativo n. 199 del 2021,  con  l\u0027art.\n20, ha individuato il percorso per l\u0027individuazione delle superfici e\naree idonee e non idonee  alla  realizzazione  di  impianti  a  fonti\nrinnovabili, prevedendo un  coinvolgimento,  in  prima  battuta,  del\nMASE, del MIC e del  MASAF  d\u0027intesa  con  le  regioni,  al  fine  di\ndefinire criteri e principi omogenei e rinviando a  successive  leggi\nregionali per l\u0027individuazione su ciascun territorio delle  superfici\ne delle aree idonee e non  idonee.  Nello  specifico,  la  disciplina\nprevede: \n    al comma 5 dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021,  che\nnel percorso di individuazione delle aree idonee siano  rispettati  i\nprincipi  della  minimizzazione  degli  impatti  sull\u0027ambiente,   sul\nterritorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo  restando\nil vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al\n2030; \n    ai   commi   6   e   7,   rispettivamente,   che    nelle    more\ndell\u0027individuazione delle aree idonee  non  possono  essere  disposte\nmoratorie  ovvero  sospensioni  dei  termini  dei   procedimenti   di\nautorizzazione e che le aree non incluse nel novero delle aree idonee\nnon possono essere dichiarate non idonee in  sede  di  pianificazione\nterritoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli procedimenti,  in  ragione\ndella sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee; \n    al comma 8 che «nelle more dell\u0027individuazione delle aree  idonee\nsulla base dei criteri e delle modalita\u0027 stabiliti dai decreti di cui\nal comma 1, sono considerate aree idonee, ai fini di cui al  comma  1\ndel  presente  articolo  [...]»   una   lista   specifica   di   aree\nimmediatamente idonee (c.d. aree idonee ex-lege). \n    3.2 - In secondo luogo, il decreto ministeriale impugnato,  lungi\ndal voler introdurre  barriere  alla  realizzazione  di  impianti  di\nproduzione  di  energia  elettrica  da  fonte  rinnovabile,   sarebbe\nfinalizzato all\u0027individuazione di quelle aree o superfici  ove  poter\nusufruire di procedimenti autorizzativi piu\u0027 veloci e snelli ai  fini\ndell\u0027ottenimento   del    relativo    titolo    autorizzativo,    con\nindividuazione altresi\u0027 delle zone dove invece tali accelerazioni non\nsono presenti o che richiederanno una  valutazione  piu\u0027  attenta  in\nragione di specifiche tutele che interessano l\u0027area dell\u0027intervento. \n    La definizione di «area idonea»  e  «non  idonea»  contenuta  nel\nsuddetto  decreto,  infatti,   sarebbe   strettamente   legata   alla\nindividuazione delle semplificazioni di cui poter beneficiare ai fini\nautorizzativi, fermo restando che anche nelle «aree non idonee» nulla\nvieterebbe agli operatori di poter realizzare impianti di  produzione\ndi energia elettrica da fonte rinnovabile. \n    Il che troverebbe conferma nella previsione dettata dall\u0027art. 20,\ncomma 7, del decreto legislativo n. 199/2021 che vieta esplicitamente\nalle regioni, in sede di pianificazione, di considerare le  aree  non\nidonee come inibite in assoluto alla realizzazione di  impianti  FER,\nmentre l\u0027art. 1,  comma  2,  lettera  b),  del  decreto  ministeriale\nimpugnato, nel richiamare le linee guida di cui al paragrafo  17  del\ndecreto ministeriale 10  settembre  2010,  le  identificherebbe  come\nquelle aree  in  cui  si  individuano  obiettivi  di  protezione  non\ncompatibili con l\u0027insediamento di specifiche tipologie e/o dimensioni\ndi  impianti,  «i  quali  determinerebbero,  pertanto,  una   elevata\nprobabilita\u0027 (non certezza) di esito negativo  delle  valutazioni  in\nsede di autorizzazione». \n    3.3 - Quanto all\u0027individuazione  tramite  legge  regionale  delle\naree  idonee,  la  competenza  normativa  in  materia  sarebbe   gia\u0027\nriconosciuta dalla Costituzione (art. 117, terzo comma,  in  tema  di\n«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell\u0027energia»),  per\ncui non sarebbe necessaria alcuna espressa «delega» alle regioni, nel\nmomento in cui il decreto legislativo 199 del  2021,  base  giuridica\ndel decreto in  esame,  costituirebbe  una  chiara  «legge  cornice»,\nindividuando principi e criteri omogenei per  l\u0027individuazione  anche\ndelle aree non idonee. Per poter legiferare anche su  tali  aree  non\nsarebbe  stato  necessario,   pertanto,   alcun   espresso   «mandato\nnormativo» statale. \n    3.4   -   Sarebbe,   altresi\u0027,   infondata    la    contestazione\ndell\u0027esistenza di un c.d. «delega in bianco»: il decreto ministeriale\nimpugnato, infatti, indicherebbe all\u0027art.  7  i  principi  e  criteri\nomogenei  (in  linea  con  l\u0027art.  20,  commi  1  e  2,  del  decreto\nlegislativo n. 199 del  2021)  lasciando  alle  regioni,  tramite  le\nproprie leggi, l\u0027individuazione delle aree idonee  e  non  idonee  al\nfine di garantire il  rispetto  delle  competenze  legislative  nella\nmateria concorrente  della  «produzione,  trasporto  e  distribuzione\nnazionale dell\u0027energia»  ai  sensi  dell\u0027art.  117,  comma  3,  della\nCostituzione. \n    3.5 - Con riferimento alla previsione per cui  «Sono  considerate\nnon idonee le superficie e le aree che sono ricomprese nel  perimetro\ndei beni sottoposti a tutela ai sensi dell\u0027art. 10 e  dell\u0027art.  136,\ncomma 1, lettere a) e b) del decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.\n42», sostengono le parti resistenti che si tratterebbe  di  parametro\nnon irragionevole,  ne\u0027  indiscriminato,  posto  che  la  inidoneita\u0027\nconcernerebbe unicamente le aree ricomprese nel perimetro di beni  di\ninteresse pubblico che  richiedono  una  protezione  forte  da  parte\ndell\u0027ordinamento. \n    3.6 - In merito all\u0027art. 7, comma  3,  del  decreto  ministeriale\nimpugnato, laddove e\u0027 previsto che «Le  regioni  possono  individuare\ncome non idonee  le  superficie  le  aree  che  sono  ricomprese  nel\nperimetro degli altri  beni  sottoposti  a  tutela  ai  sensi  del  8\nmedesimo decreto legislativo 22  gennaio  2004,  n.  42.  Le  regioni\npossono stabilire una fascia  di  rispetto  dal  perimetro  dei  beni\nsottoposti  a  tutela  di  ampiezza  differenziata  a  seconda  della\ntipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela,  fino\na un massimo di 7 chilometri», la previsione  sarebbe  in  linea  con\nquanto contenuto nelle Linee guida  (d.m.  10  settembre  2010),  che\nall\u0027allegato 3 chiariscono che le «Regioni, con le modalita\u0027  di  cui\nal paragrafo 17, possono procedere ad indicare come aree e  siti  non\nidonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree\nparticolarmente  sensibili  e/o   vulnerabili   alle   trasformazioni\nterritoriali o del paesaggio», quali, tra l\u0027altro, «le aree ed i beni\ndi notevole interesse culturale di cui alla Parte seconda del decreto\nlegislativo 42 del 2004, nonche\u0027 gli immobili e le aree dichiarati di\nnotevole interesse pubblico  ai  sensi  dell\u0027art.  136  dello  stesso\ndecreto legislativo» ovvero le «zone individuate ai  sensi  dell\u0027art.\n142 del decreto legislativo 42 del 2004 valutando la  sussistenza  di\nparticolari caratteristiche  che  le  rendano  incompatibili  con  la\nrealizzazione degli impianti». \n    3.7 - Con riguardo all\u0027art. 1, comma 2,  lettera  d),  del  d.m.,\nsecondo cui le regioni individuano, tra le altre, le «aree in cui  e\u0027\nvietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati\na  terra:  le  aree  agricole  per  le  quali  vige  il  divieto   di\ninstallazione di impianti fotovoltaici con moduli a  terra  ai  sensi\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8  novembre  2021,\nn.  199»,  la  previsione  non  sarebbe  strumento  di   «attuazione»\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, perche\u0027 gli effetti di  tale  disposizione\nverrebbero  gia\u0027  spiegati  autonomamente  all\u0027interno  del   decreto\nlegislativo n.  199  del  2021,  con  previsione  di  rango  primario\nintrodotta successivamente con la legge ordinaria di conversione  del\ndecreto-legge agricoltura n. 63/2024. Piuttosto  il  rimando  operato\nnel decreto ministeriale Aree idonee a  tale  previsione,  lungi  dal\nvolere introdurre un divieto  generalizzato  di  portata  innovativa,\ntroverebbe ragione in forza della ratio  del  medesimo  provvedimento\nimpugnato diretto a voler fornire, tra l\u0027altro,  agli  operatori  del\nsettore, chiare indicazioni sulla individuazione  delle  superfici  e\naree ove poter ubicare i progetti di impianti FER e di quelle in  cui\ncio\u0027 e\u0027 precluso. \n    4  -  Ha  spiegato  intervento   ad   adiuvandum   l\u0027Associazione\nElettricita\u0027 Futura  -  Unione  delle  Imprese  Elettriche  Italiane,\nsostenendo la  fondatezza  del  ricorso  e  della  domanda  cautelare\npresentata unitamente allo stesso. \n    5 - Con ordinanza n. 4185 del 9 settembre 2024 e\u0027 stata rigettata\nl\u0027istanza cautelare proposta dal ricorrente, ritenendo  insussistente\nil profilo del danno grave ed irreparabile. \n    6 - Con decreto presidenziale n. 4474  del  21  ottobre  2024  e\u0027\nstata disattesa la  richiesta  di  anticipazione  dell\u0027udienza,  gia\u0027\nfissata alla data del 5 febbraio 2025 - formulata  sulla  base  delle\nindicazioni  contenute  nell\u0027ordinanza  del  Consiglio  di  Stato  n.\n3872/2024  del  17  ottobre  2024  contenenti  la  prescrizione,   in\napplicazione dell\u0027art. 55, comma  10,  c.p.a.,  della  «rifissazione»\ndell\u0027udienza pubblica calendarizzata per il giorno  5  febbraio  2025\n«con la massima anticipazione possibile», anche mediante lo strumento\ndi cui all\u0027art. 53 c.p.a. per l\u0027abbreviazione  dei  termini  -  nella\nconsiderazione  che  l\u0027urgenza  della  definizione  delle   questioni\ncontroverse aveva gia\u0027  comportato  la  celere  fissazione  d\u0027ufficio\ndell\u0027udienza e i ruoli di udienza erano gia\u0027 saturi. \n    7  -  In  vista  dell\u0027udienza,  parte  ricorrente  ha  depositato\nmemoria, insistendo nelle proprie deduzioni. \n    8 - All\u0027udienza pubblica del  5  febbraio  2025  il  Collegio  ha\nprospettato alle parti, ai sensi dell\u0027art. 73, comma  3,  c.p.a.,  la\nsussistenza di possibili profili  di  parziale  inammissibilita\u0027  del\nricorso per carenza d\u0027interesse, come riportato a verbale. La  causa,\nprevia discussione delle  parti,  e\u0027  stata,  quindi,  trattenuta  in\ndecisione. \n \n                               Diritto \n \n    1 - Il ricorso, del cui  contenuto  si  e\u0027  dato  atto  in  parte\nnarrativa, rivolto avverso talune previsioni  contenute  nel  decreto\nministeriale   21   giugno   2024,   recante   la   «Disciplina   per\nl\u0027individuazione di superfici e aree idonee  per  l\u0027installazione  di\nimpianti  a   fonti   rinnovabili»,   puo\u0027   essere   definito   solo\nparzialmente, ritenendo il Collegio rilevanti  e  non  manifestamente\ninfondate  le  questioni  di  costituzionalita\u0027  sollevate  da  parte\nricorrente con riferimento al divieto di installazione di impianti di\nproduzione di energia da fonti rinnovabili in aree classificate  come\nagricole, di cui ai motivi di censura V e VI, dovendosi pertanto, con\nriferimento a tali profili e per le considerazioni che in seguito  si\nandranno  ad  illustrare,  disporre  la  rimessione  della   relativa\nquestione alla Corte costituzionale, contestualmente procedendo  alla\nsospensione  del  giudizio  per  la  sola  parte  coinvolta  da  tale\nquestione, la cui soluzione ne condiziona il parziale esito. \n    Possono invece essere esaminati e decisi  i  diversi  profili  di\ncensura non incisi dalla predetta questione. \n    2 - Tanto precisato quanto al perimetro della presente decisione,\nla disamina della proposta azione transita attraverso il  preliminare\nvaglio  della  sussistenza  e  consistenza  dell\u0027interesse  posto   a\nfondamento del ricorso, la cui  possibile  mancanza  -  refluente  in\nipotesi di inammissibilita\u0027 parziale della proposta azione - e\u0027 stata\noggetto di rilievo officioso in udienza, in ordine al quale le  parti\nhanno svolto le proprie deduzioni,  senza  chiedere  un  termine  per\ndedurre in ordine a tale rilievo. \n    2.1  -  Anticipando  le  conclusioni   che,   alla   luce   delle\nconsiderazioni che  si  andranno  ad  esporre,  il  Collegio  intende\ntrarre, il  ricorso  in  esame  deve  essere  dichiarato,  in  parte,\ninammissibile, in quanto non e\u0027 ravvisabile  in  capo  alla  societa\u0027\nricorrente un interesse attuale  e  concreto  all\u0027annullamento  delle\ngravate previsioni dettate dal decreto  ministeriale  del  21  giugno\n2024. \n    2.2 - Tale scrutinio in ordine alla  sussistenza,  in  capo  alla\nsocieta\u0027 ricorrente, dell\u0027interesse alla proposizione di  determinate\ncensure richiede che siano preliminarmente chiariti i termini in  cui\ndebba   essere   declinato   il   concetto   di   area   non   idonea\nall\u0027installazione di impianti  di  produzione  di  energia  da  fonti\nrinnovabili («FER») nel regime introdotto  dalla  disciplina  di  cui\nall\u0027art.  20  decreto  legislativo  n.  199/2021  e   successivamente\nprecisato con il gravato  d.m.,  sulla  cui  base  poter  riscontrare\nl\u0027affermato   effettivo   carattere   lesivo    delle    disposizioni\nministeriali contestate. \n    2.3 - L\u0027esigenza di tale accertamento risiede  nel  tenore  delle\ncensure articolate con il ricorso, ed e\u0027 alle stesse  intrinsecamente\ncorrelata. \n    Per come esposto in parte narrativa, la societa\u0027 ricorrente ha in\nsostanza contestato con i motivi da I a III: \n        l\u0027indebita contemplazione, nell\u0027ambito della disciplina posta\ndal decreto ministeriale, della materia delle aree non idonee; \n        la  configurazione  delle  aree   non   idonee   quali   aree\nincompatibili e, quindi,  sostanzialmente  preclusive  rispetto  alla\ninstallazione di impianti FER; \n        la genericita\u0027 dei criteri posti dal decreto  ministeriale  a\nfini  di  indirizzo   della   successiva   attivita\u0027   pianificatoria\nregionale; \n        l\u0027abnorme   estensione    del    perimetro    di    possibile\nindividuazione delle aree non idonee; \n        l\u0027individuazione delle aree non idonee con legge regionale, e\nnon piu\u0027 in sede procedimentale attraverso la riserva di procedimento\namministrativo con valutazione caso per caso; \n        la  mancanza  di  una  disciplina  di  salvaguardia  per   le\niniziative gia\u0027  avviate  in  funzione  dell\u0027elencazione  delle  aree\nidonee  ai  sensi  del  comma  8  del  richiamato  art.  20   decreto\nlegislativo n. 199/2021. \n    2.4 - A tale riguardo  occorre  evidenziare  che  il  presupposto\nteorico e ricostruttivo delle censure  proposte  e\u0027  che,  avendo  il\ndecreto qualificato le aree non idonee come  aree  incompatibili  con\nl\u0027installazione di impianti FER - precludendone in assoluto  la  loro\ninstallazione, senza alcuna distinzione in  base  alla  tipologia  di\nimpianti e di potenza e senza distinzione  quanto  a  caratteristiche\nspecifiche delle aree - il concetto di area non  idonea,  coincidente\ncon  un  divieto  assoluto,  sarebbe  stato  completamente  stravolto\nrispetto al  regime  previgente  (di  cui  all\u0027art.  12  del  decreto\nlegislativo n. 387 del 2003 ed alle linee guida approvate con decreto\nministeriale  10  settembre  2010),  nell\u0027ambito  del  quale  la  non\nidoneita\u0027 dell\u0027area era stabilita in funzione meramente acceleratoria\ndei singoli  procedimenti  autorizzativi,  senza  alcuna  preclusione\nassoluta. \n    In  particolare,  prima   dell\u0027adozione   del   gravato   decreto\nministeriale, la qualificazione di un\u0027area come non idonea comportava\ncome  unica  conseguenza  che  il  soggetto  proponente  non  potesse\naccedere alla accelerazione  procedimentale  dell\u0027iter  autorizzativo\npropedeutico  alla  realizzazione  ed  esercizio  dell\u0027impianto  FER,\naccelerazione  che,  viceversa,   avrebbe   operato   nel   caso   di\nlocalizzazione dell\u0027impianto in area idonea.  Per  converso,  nessuna\npreclusione, aprioristica ed assoluta,  alla  realizzazione  di  tali\nimpianti risultava  discendere  dalla  loro  localizzazione  in  aree\nqualificate come non idonee. \n    2.5 - Secondo la prospettazione della  societa\u0027  ricorrente,  con\nl\u0027adozione del gravato decreto ministeriale  sarebbe  stata,  invece,\nintrodotta una preclusione aprioristica ed assoluta all\u0027installazione\ndi impianti FER nelle aree classificate come non idonee,  discendendo\nda tale assunto l\u0027illegittimita\u0027 delle relative previsioni, capaci di\nincidere immediatamente sulla posizione rivestita. \n    La ricostruzione operata da parte ricorrente quanto a valenza  ed\neffetti discendenti dalla qualificazione di aree come non idonee - la\ncui nozione andrebbe a  coincidere  con  quella  di  aree  vietate  o\ncomunque precluse all\u0027installazione di impianti FER - non puo\u0027 essere\ncondivisa per le ragioni di seguito  precisate,  sulla  cui  base  e\u0027\npossibile delibare il carattere non immediatamente lesivo del gravato\nd.m. \n    2.6 - Sotto il profilo  ricostruttivo  del  quadro  normativo  di\nriferimento, va ricordato che con l\u0027art. 12 del  decreto  legislativo\n29 dicembre 2003, n. 387, sono state introdotte disposizioni  per  la\nrazionalizzazione e la semplificazione delle procedure  autorizzative\nper la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili. \n    A tal fine, al comma 10, e\u0027 stato  previsto  che  «In  Conferenza\nunificata, su proposta del Ministro delle  attivita\u0027  produttive,  di\nconcerto con il Ministro dell\u0027ambiente e della tutela del  territorio\ne del Ministro per i beni e le attivita\u0027 culturali, si  approvano  le\nlinee guida per lo svolgimento del procedimento di  cui  al  comma  3\n[autorizzazione unica]. Tali linee guida sono volte, in  particolare,\nad assicurare un corretto inserimento degli impianti,  con  specifico\nriguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione  di  tali\nlinee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree  e\nsiti  non  idonei  alla  installazione  di  specifiche  tipologie  di\nimpianti». \n    2.7 - Le linee guida previste dal citato art. 12, comma 10,  sono\nstate adottate con decreto ministeriale 10 settembre 2010,  il  quale\nstabilisce: \n        al paragrafo  17,  che  «Al  fine  di  accelerare  l\u0027iter  di\nautorizzazione  alla  costruzione  e  all\u0027esercizio  degli   impianti\nalimentati da fonti rinnovabili,  in  attuazione  delle  disposizioni\ndelle presenti linee guida, le Regioni e le Province autonome possono\nprocedere  alla  indicazione  di  aree  e  siti   non   idonei   alla\ninstallazione  di  specifiche  tipologie  di  impianti   secondo   le\nmodalita\u0027 di cui al presente punto e sulla base dei  criteri  di  cui\nall\u0027allegato 3. L\u0027individuazione della  non  idoneita\u0027  dell\u0027area  e\u0027\noperata dalle regioni attraverso un\u0027apposita  istruttoria  avente  ad\noggetto  la  ricognizione  delle  disposizioni  volte   alla   tutela\ndell\u0027ambiente, del paesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,\ndelle tradizioni agroalimentari locali,  della  biodiversita\u0027  e  del\npaesaggio  rurale  che  identificano  obiettivi  di  protezione   non\ncompatibili con l\u0027insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche\ntipologie e/o  dimensioni  di  impianti,  i  quali  determinerebbero,\npertanto,  una  elevata  probabilita\u0027   di   esito   negativo   delle\nvalutazioni, in sede di autorizzazione. Gli  esiti  dell\u0027istruttoria,\nda richiamare nell\u0027atto di cui al punto 17.2, dovranno contenere,  in\nrelazione a ciascuna area individuata come non idonea in relazione  a\nspecifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, la descrizione delle\nincompatibilita\u0027  riscontrate  con  gli   obiettivi   di   protezione\nindividuati nelle disposizioni esaminate. [...]. Le aree  non  idonee\nsono  [...]  individuate  dalle  Regioni  nell\u0027ambito  dell\u0027atto   di\nprogrammazione con cui sono  definite  le  misure  e  gli  interventi\nnecessari al raggiungimento degli obiettivi di burden sharing fissati\nin attuazione  delle  suddette  norme.  Con  tale  atto,  la  regione\nindividua le aree non idonee tenendo conto  di  quanto  eventualmente\ngia\u0027  previsto  dal  piano  paesaggistico  e  in  congruenza  con  lo\nspecifico obiettivo assegnatole»; \n        all\u0027allegato 3, viene previsto  che  «L\u0027individuazione  delle\naree  e  dei  siti  non  idonei  mira  non  gia\u0027  a   rallentare   la\nrealizzazione degli impianti, bensi\u0027 ad  offrire  agli  operatori  un\nquadro  certo  e  chiaro  di  riferimento  e  orientamento   per   la\nlocalizzazione dei progetti. L\u0027individuazione delle aree  non  idonee\ndovra\u0027 essere  effettuata  dalle  Regioni  con  propri  provvedimenti\ntenendo conto dei pertinenti strumenti di pianificazione  ambientale,\nterritoriale  e  paesaggistica,  secondo  le  modalita\u0027  indicate  al\nparagrafo 17», nonche\u0027 sulla base di principi e criteri,  individuati\ndal medesimo  allegato,  in  ragione  dei  quali,  tra  l\u0027altro:  «a)\nl\u0027individuazione  delle  aree   non   idonee   deve   essere   basata\nesclusivamente su criteri tecnici  oggettivi  legati  ad  aspetti  di\ntutela   dell\u0027ambiente,    del    paesaggio    e    del    patrimonio\nartistico-culturale, connessi alle  caratteristiche  intrinseche  del\nterritorio e del sito; b) l\u0027individuazione delle aree e dei siti  non\nidonei deve essere differenziata con specifico riguardo alle  diverse\nfonti rinnovabili  e  alle  diverse  taglie  di  impianto;  [...]  d)\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a\ntutela   dell\u0027ambiente,    del    paesaggio    e    del    patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027  tradursi  nell\u0027identificazione  di  fasce  di\nrispetto di dimensioni non  giustificate  da  specifiche  e  motivate\nesigenze  di  tutela.  La  tutela  di  tali  interessi   e\u0027   infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed  affidate,\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche,  alle\nRegioni, agli enti  locali  ed  alle  autonomie  funzionali  all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno  del  procedimento\nunico e della procedura di Valutazione  dell\u0027Impatto  Ambientale  nei\ncasi previsti. L\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei  non\ndeve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto  di\naccelerazione e  semplificazione  dell\u0027iter  di  autorizzazione  alla\ncostruzione  e  all\u0027esercizio,  anche  in  termini  di   opportunita\u0027\nlocalizzative offerte dalle specifiche  caratteristiche  e  vocazioni\ndel territorio». \n    2.8 - Nel contesto del sistema delineato dall\u0027art. 12, comma  10,\ndel decreto legislativo n. 387/2003, alla luce dei principi affermati\ndalla giurisprudenza  costituzionale,  le  citate  linee  guida  sono\n«poste  a  completamento  della  normativa   primaria   \"in   settori\nsquisitamente tecnici\" (sentenze n. 121 e n. 77 del 2022, n. 177  del\n2021, n. 106 del 2020, n. 286 e n. 86 del 2019,  nonche\u0027  n.  69  del\n2018) e connotate dal carattere della inderogabilita\u0027 a  garanzia  di\nuna disciplina \"uniforme in tutto il territorio  nazionale  (sentenze\nn. 286 e n. 86 del 2019, n. 69 del 2018)\" (sentenza n. 106 del  2020;\nnello stesso senso, sentenze n. 221, n. 216, n. 77 e n. 11 del  2022,\nn. 177 e n. 46 del 2021)» (Corte Cost., sentenza n. 27/2023). \n    Con tali linee guida sono stati introdotti  criteri  strettamente\nconnessi e funzionali al procedimento  autorizzatorio,  assurgendo  a\nelemento qualificante del sistema, intercettando esigenze di certezza\ndegli investimenti e di tutela dei concorrenti interessi pubblici. \n    La  Corte  costituzionale,  con  riferimento  alle   disposizioni\nintrodotte dal decreto legislativo n. 199/2921 ha  chiarito  che  «il\nlegislatore statale ha inteso superare il sistema  dettato  dall\u0027art.\n12, comma 10, del  decreto  legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387\n(Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla  promozione\ndell\u0027energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili  nel\nmercato interno dell\u0027elettricita\u0027)  e  dal  conseguente  decreto  del\nMinistro dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 (Linee  guida\nper l\u0027autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili),\ncontenenti i principi e i criteri di individuazione  delle  aree  non\nidonee. Le regioni, pertanto, sono ora chiamate a individuare le aree\n«idonee» all\u0027installazione degli impianti, sulla scorta dei  principi\ne dei  criteri  stabiliti  con  appositi  decreti  interministeriali,\nprevisti  dal  comma  1  del   citato   art.   20   [...].   Inoltre,\nl\u0027individuazione delle aree idonee dovra\u0027 avvenire non piu\u0027  in  sede\namministrativa, come prevedeva la disciplina precedente in  relazione\na quelle non idonee, bensi\u0027 «con  legge»  regionale,  secondo  quanto\nprecisato dal comma 4 (primo periodo) dello stesso  art.  20»  (Corte\nCost., sentenza n. 103/2024). \n    2.9 - Alla luce dei  richiamati  orientamenti  giurisprudenziali,\ndiscende  che  nell\u0027applicazione  del  rinnovato  quadro   normativo,\ninerente la materia  della  realizzazione  degli  impianti  FER,  non\npossano sic et simpliciter essere trasposti, in  maniera  acritica  e\nmeccanica, i principi enunciati dalla  giurisprudenza  costituzionale\nin relazione al pregresso assetto normativo e regolatorio. \n    Infatti, laddove si aderisse ad una siffatta opzione  ermeneutica\n- ovvero quella sostanzialmente prospettata dalla societa\u0027 ricorrente\n- si finirebbe per obliterare indebitamente la  portata  del  vigente\ncontesto normativo, avuto specifico  riguardo  alla  circostanza  per\ncui, de iure condito, l\u0027art. 20, comma 1, del decreto legislativo  n.\n199/2021 espressamente dispone che sia il MASE, di  concerto  con  il\nMIC e il MASAF, a stabilire  con  decreto  i  principi  e  i  criteri\nomogenei strumentali  all\u0027individuazione  delle  aree  idonee  e  non\nidonee. \n    La portata del  rinnovato  quadro  normativo  non  puo\u0027,  quindi,\nessere enucleata e vagliata mediante mera trasposizione dei  principi\ninerenti il pregresso assetto  regolatorio,  essendo  ora  necessario\nriportarsi,   quanto   alla    ricostruzione    dei    criteri    per\nl\u0027individuazione delle aree  idonee  e  non  idonee,  alla  specifica\ndisciplina recata dal decreto previsto dal comma 1 dell\u0027art.  20  del\ndecreto legislativo n. 199/2021. \n    2.10 - Sulla scorta delle scelte sottese all\u0027adozione del gravato\ndecreto ministeriale - condivise con gli enti territoriali tramite lo\nstrumento dell\u0027intesa in sede di Conferenza unificata - emerge  come,\ncontrariamente a quanto  sostenuto  dalla  societa\u0027  ricorrente,  nel\ncomplessivo   nuovo   impianto   normativo   e   regolamentare    sia\nsostanzialmente rimasta inalterata, quanto a natura e  finalita\u0027,  la\nportata precettiva del concetto di «area non idonea». \n    Infatti, l\u0027art. 1, comma 2, lettera b), del decreto  ministeriale\ndel 21 giugno 2024 ha definito le «superfici e aree non idonee»  come\n«aree  e  siti  le  cui  caratteristiche   sono   incompatibili   con\nl\u0027installazione  di  specifiche  tipologie  di  impianti  secondo  le\nmodalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato  3  delle  linee\nguida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo  economico  10\nsettembre 2010, pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  18  settembre\n2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni». Contrariamente a\nquanto affermato dalla societa\u0027 ricorrente  -  secondo  la  quale  la\ndefinizione di area non idonea come area  incompatibile  equivarrebbe\nalla introduzione  di  un  divieto  assoluto  alla  installazione  di\nimpianti FER - occorre ricordare che  il  paragrafo  17  delle  Linee\nGuida gia\u0027 per il passato specificava che il processo di ricognizione\ndelle aree non idonee dovesse avvenire  prendendo  in  considerazione\ngli «obiettivi di protezione non compatibili con  l\u0027insediamento,  in\ndeterminate  aree,  di  specifiche  tipologie   e/o   dimensioni   di\nimpianti». \n    Emerge, quindi, come gia\u0027 nel  contesto  previgente  all\u0027adozione\ndel  gravato   decreto   ministeriale   le   aree   non   idonee   si\ncaratterizzassero   per   essere   aree    incompatibili    con    il\nsoddisfacimento  degli  obiettivi  di  protezione  che  l\u0027ordinamento\nintende perseguire. Tale  forma  di  incompatibilita\u0027,  quale  tratto\ncaratterizzante delle aree  non  idonee,  non  si  traduceva  in  una\npreclusione assoluta alla realizzazione di impianti FER, valendo solo\nad indicare la sussistenza di  «una  elevata  probabilita\u0027  di  esito\nnegativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione». \n    L\u0027analisi diacronica sinteticamente svolta consente di  affermare\nche,  sotto  l\u0027esaminato   profilo   della   «incompatibilita\u0027»,   la\ndefinizione di «aree non idonee»  contenuta  nell\u0027art.  1,  comma  2,\nlettera  b),  del  gravato  decreto  ministeriale  non  possiede   un\ncarattere innovativo,  risultando  sostanzialmente  invariata,  quoad\neffectum, la portata del concetto di  «area  non  idonea»,  per  come\ndeclinato dal decreto ministeriale del 21  giugno  2024,  rispetto  a\nquella scaturente dalle Linee guida di cui  al  decreto  ministeriale\n2010. \n    2.11 - A sostegno di tale conclusione, d\u0027altronde,  milita  anche\nil fatto che lo stesso art. 1,  comma  2,  lettera  b),  del  gravato\ndecreto ministeriale declini la dichiarata incompatibilita\u0027  «secondo\nle modalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato 3 delle linee\nguida». \n    Benche\u0027 l\u0027ordito normativo, con il previsto  aggiornamento  delle\nLinee guida  «A  seguito  dell\u0027entrata  in  vigore  della  disciplina\nstatale e regionale per l\u0027individuazione di superfici e  aree  idonee\nai sensi dell\u0027art. 20», presenti indubbi elementi di circolarita\u0027 che\nrendono non del tutto chiaro il ruolo che  le  medesime  Linee  Guida\nsono ad oggi chiamate a svolgere in subiecta materia, e\u0027  preferibile\nritenere che il richiamo alle modalita\u0027 stabilite dalle  Linee  guida\nsia da intendersi nel senso che il legislatore abbia  optato  per  il\nconsolidamento, anche rispetto al nuovo regime,  delle  acquisizioni,\nin termini di significato e declinazione delle aree non idonee,  gia\u0027\nraggiunte nel previgente  assetto  normativo  in  applicazione  delle\nprevisioni dettate dalle Linee Guida di cui al  decreto  ministeriale\n2010. \n    Tale opzione esegetica puo\u0027  essere  legittimamente  percorsa  in\nossequio al canone ermeneutico dell\u0027interpretazione  conservativa  di\ncui all\u0027art. 1367 codice civile  -  pacificamente  applicabile  anche\nagli  atti  amministrativi,  come   chiarito   dalla   giurisprudenza\namministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, sentenza n.  5358  del  4\nsettembre 2020 e riferimenti ivi citati). \n    Infatti, mediante l\u0027impiego di tale criterio interpretativo,  nel\nnostro ordinamento giuridico e\u0027 possibile preservare  atti  e  valori\ngiuridici non affetti da vizi di legittimita\u0027 (ut  res  magis  valeat\nquam pereat), risultando cio\u0027 confacente, peraltro,  ai  principi  di\neconomicita\u0027  ed  efficacia  dell\u0027attivita\u0027  amministrativa   sanciti\ndall\u0027art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241  (cfr.  Cons.\nStato, sez. III, sentenza n. 3488 del 10 luglio 2015)  e  di  cui  il\ncriterio della interpretazione conservativa costituisce espressione. \n    2.12 - Se e\u0027 vero che non puo\u0027 essere  sottaciuto  il  fatto  che\nl\u0027art. 3, comma 1, del gravato decreto ministeriale  dispone  che  le\nregioni provvedono con legge alla individuazione (anche)  delle  aree\nnon idonee - e non  piu\u0027  nell\u0027ambito  di  un  apposito  procedimento\namministrativo, come previsto dalle Linee guida - e\u0027  del  pari  vero\nche, in disparte gli eventuali  profili  di  illegittimita\u0027  di  tale\nscelta, non v\u0027e\u0027 alcun indice normativo che  faccia  ritenere  che  a\ntale cambiamento  sia  correlata  la  conseguenza  prospettata  dalla\nsocieta\u0027 ricorrente. \n    Infatti, il mutamento normativo che  ha  interessato  il  veicolo\ngiuridico  di   approvazione   della   classificazione   delle   aree\npotenzialmente suscettibili di essere interessate dalla costruzione e\nmessa in esercizio di un impianto FER, non  risulta  accompagnato  da\nalcuna radicale  trasfigurazione  del  significato  che  il  concetto\ngiuridico  di   «aree   non   idonee»   esprime   nell\u0027ambito   della\npianificazione del  territorio  necessaria  al  raggiungimento  degli\nobiettivi normativi sulla diffusione delle energie rinnovabili. \n    Ad avviso del Collegio, l\u0027interpretazione sin qui proposta  trova\nanche  il  conforto  della  giurisprudenza  costituzionale   che   ha\nriconosciuto la «necessita\u0027 di garantire la «massima diffusione degli\nimpianti da fonti di energia rinnovabili» (sentenza n. 286 del  2019,\nin senso analogo, ex multis, sentenze n. 221, n.  216  e  n.  77  del\n2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del  2018,  n.  13  del\n2014 e n. 44 del 2011) «nel comune intento \"di ridurre  le  emissioni\ndi gas ad effetto serra\" (sentenza n.  275  del  2012;  nello  stesso\nsenso, sentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n.\n85  del  2012),  onde  contrastare  il  riscaldamento  globale  e   i\ncambiamenti climatici  (sentenza  n.  77  del  2022)»  (Corte  cost.,\nsentenza n. 27/2023). \n    Va, quindi, radicalmente escluso che le «aree non idonee» possano\nessere considerate aree del tutto interdette  alla  installazione  di\nimpianti  FER,  poiche\u0027   opinando   diversamente   potrebbe   essere\nseriamente pregiudicato il conseguimento degli  obiettivi  energetici\nstrumentali al rispetto degli impegni assunti dall\u0027Italia  a  livello\nsovranazionale, tenuto anche conto  della  particolare  ampiezza  dei\nmargini di manovra consentiti alle Regioni dal  decreto  ministeriale\nimpugnato. \n    Viceversa, l\u0027interpretazione dell\u0027art. 1, comma  2,  lettera  b),\ndel gravato decreto ministeriale del 21 giugno 2024, che il  Collegio\nintende adottare in quanto ritenuta piu\u0027 conforme al quadro  generale\ndi  riferimento,  partendo  dall\u0027assunto  che  il  carattere  di  non\nidoneita\u0027 di un\u0027area non  precluda  in  radice  la  realizzazione  di\nimpianti FER - e\u0027 atta a porre in rilievo come  l\u0027individuazione  con\nlegge  regionale  delle  aree  non  idonee   non   esclude   che   le\namministrazioni,    nell\u0027ambito    degli    specifici    procedimenti\namministrativi di valutazione delle istanze  di  autorizzazione  alla\nrealizzazione  di  impianti  FER,  siano  necessariamente  tenute  ad\napprezzare in concreto l\u0027impatto dei progetti proposti sulle esigenze\ndi  tutela  ambientale,   paesaggistico-territoriale   e   dei   beni\nculturali,  anche  laddove  l\u0027area  interessata  rientri  tra  quelle\nclassificate come non idonee. \n    2.13  -  Ad  avvalorare  tale   conclusione   depone   anche   la\nclassificazione  delle  aree  contenuta  nell\u0027art.  1   del   decreto\nministeriale 21 giugno 2024, riferita - rispettivamente -  alle  aree\nidonee, alle aree non idonee, alle aree ordinarie e alle aree vietate\n(id est: agricole), ricollegando la qualificazione come  aree  idonee\nalla possibilita\u0027 di accedere ad un  iter  accelerato  ed  agevolato,\nmentre con riferimento alle aree ordinarie e\u0027 prevista l\u0027applicazione\ndei regimi autorizzativi ordinari, potendosi da cio\u0027 desumere come la\nclassificazione delle aree sia  funzionale  alla  individuazione  del\nregime  autorizzativo  applicabile  e   non   gia\u0027   ad   individuare\npreclusioni generalizzate (ad eccezione per  le  aree  vietate)  alla\nrealizzazione di impianti FER. \n    3 - Il Collegio, chiariti i termini in base ai quali delineare la\nnozione giuridica di  «aree  non  idonee»  alla  realizzazione  degli\nimpianti FER, ritiene di poter quindi procedere all\u0027esame dei profili\ninerenti l\u0027attualita\u0027 e concretezza dell\u0027interesse  a  ricorrere,  la\ncui sussistenza costituisce condizione di ammissibilita\u0027 del presente\ngravame. \n    Si evidenzia, sin da ora, che non si reputa sussistente  in  capo\nalla  societa\u0027  ricorrente  il  necessario  interesse   a   ricorrere\nrichiesto dalla legge per conseguire  l\u0027annullamento  giudiziale  del\ngravato decreto ministeriale del 21  giugno  2024,  dal  momento  che\nl\u0027inclusione di determinate porzioni di territorio tra  le  aree  non\nidonee non costituisce un impedimento assoluto alla realizzazione  di\nprogetti per la realizzazione di impianti  a  fonti  rinnovabili,  in\nquanto sara\u0027 sempre necessaria la verifica, nell\u0027ambito  del  singolo\nprocedimento autorizzatorio, della compatibilita\u0027 dell\u0027intervento con\nil complessivo assetto del territorio e degli interessi coinvolti. \n    3.1  -  In  proposito,  giova  preliminarmente  evidenziare   che\nl\u0027interesse a ricorrere, quale condizione dell\u0027azione concettualmente\nautonoma dalla legittimazione  ad  agire,  trova  il  suo  fondamento\nnell\u0027art. 100 del codice di procedura civile, rubricato «Interesse ad\nagire» e applicabile al processo amministrativo in virtu\u0027 del  rinvio\nesterno disposto dall\u0027art. 39 c.p.a.In particolare, atteso che l\u0027art.\n100 codice di procedura  civile  stabilisce  che  «Per  proporre  una\ndomanda o per contraddire  alla  stessa  essa  e\u0027  necessario  avervi\ninteresse»,  l\u0027interesse  a  ricorrere   si   caratterizza   per   la\n«prospettazione di  una  lesione  concreta  ed  attuale  della  sfera\ngiuridica del  ricorrente  e  dall\u0027effettiva  utilita\u0027  che  potrebbe\nderivare  a  quest\u0027ultimo   dall\u0027eventuale   annullamento   dell\u0027atto\nimpugnato» (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4). \n    Cio\u0027, invero, risulta  coerente  con  la  funzione  svolta  dalle\ncondizioni dell\u0027azione nei processi di parte, innervati dal principio\ndella domanda e dal  principio  dispositivo  (cfr.  Cassazione  civ.,\nSS.UU., 22 aprile 2013 n. 9685; Cassazione civ., sez.  III,  3  marzo\n2015, n. 4228; Cassazione civ., sez. II, 9 ottobre 2017, n. 23542). \n    L\u0027interesse a ricorrere, inoltre, e\u0027 espressione della concezione\nsoggettiva della tutela giurisdizionale, propria anche  del  processo\namministrativo (cfr. Cons. Stato, Ad. plen.,  sentenza  n.  4  del  7\naprile  2011)  e  ad  esso  e\u0027  attribuita  una  funzione  di  filtro\nprocessuale, fino a divenire strumento di selezione  degli  interessi\nmeritevoli di tutela (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., sentenza n. 22 del\n9 dicembre 2021). \n    3.2 - L\u0027Adunanza plenaria del Consiglio  di  Stato,  proprio  con\nriferimento a tale condizione dell\u0027azione, ha ulteriormente  chiarito\nche «Il codice del processo amministrativo fa piu\u0027 volte riferimento,\ndirettamente o indirettamente, all\u0027interesse  a  ricorrere:  all\u0027art.\n35, primo comma, lettera b) e c), all\u0027art. 34, comma 3, all\u0027art.  13,\ncomma 4-bis e, in  modo  piu\u0027  sfumato,  all\u0027art.  31,  primo  comma,\nsembrando   confermare,   con   l\u0027accentuazione   della    dimensione\nsostanziale dell\u0027interesse legittimo e l\u0027arricchimento delle tecniche\ndi tutela, la necessita\u0027 di una verifica delle condizioni dell\u0027azione\n(piu\u0027) rigorosa. Verifica tuttavia da condurre pur sempre sulla  base\ndegli elementi desumibili dal ricorso,  e  al  lume  delle  eventuali\neccezioni di controparte  o  dei  rilievi  ex  officio,  prescindendo\ndall\u0027accertamento  effettivo  della  (sussistenza  della   situazione\ngiuridica e della) lesione che il ricorrente afferma di aver  subito.\nNel senso che,  come  e\u0027  stato  osservato,  va  verificato  che  \u0027la\nsituazione giuridica  soggettiva  affermata  possa  aver  subito  una\nlesione\u0027 ma non anche che \"abbia subito\" una lesione, poiche\u0027  questo\nsecondo accertamento attiene al merito della lite» (cfr. Cons. Stato,\nAd. plen., sentenza n. 22/2021, cit.). \n    3.3 - Poste tali premesse, osserva il Collegio come nel  caso  in\nesame venga  in  rilievo  una  controversia  in  cui  sono  censurate\nprevisioni normative generali e rispetto alla  quale  l\u0027interesse  al\nbene (i.e., l\u0027utilita\u0027  finale  o  petitum  mediato)  correlato  alla\nsituazione giuridica soggettiva dedotta in  giudizio  dalla  societa\u0027\nricorrente non e\u0027 riconducibile  a  provvedimenti  di  autorizzazione\nalla realizzazione dei  propri  impianti  o  interventi,  in  ipotesi\nnegati   dalla   amministrazione   competente,   bensi\u0027   da   futuri\nprovvedimenti di  autorizzazione  il  cui  rilascio  potrebbe  essere\nprecluso  per  effetto   delle   gravate   previsioni   del   decreto\nministeriale del 21 giugno 2024. \n    Nel caso di specie,  invero,  le  amministrazioni  competenti  ad\nassentire i progetti che la societa\u0027 ricorrente  sta  elaborando  non\nhanno ancora avuto modo di pronunciarsi sugli stessi, atteso che,  al\nmomento  della  proposizione  del  presente  ricorso,  non  risultava\nproposta alcuna istanza di autorizzazione, per come  affermato  dalla\nstessa societa\u0027 ricorrente. \n    La valutazione inerente la sussistenza del necessario interesse a\nricorrere, pertanto, non puo\u0027 prescindere dalla considerazione  della\nassenza di correlazione tra l\u0027attivita\u0027 amministrativa  contestata  e\nl\u0027utilita\u0027  giuridica  finale  che  la  societa\u0027  ricorrente  intende\nconseguire. \n    In proposito occorre evidenziare che  le  impugnate  prescrizioni\ndel decreto  ministeriale  del  21  giugno  2024  sono  destinate  ad\nassumere, rispetto ai singoli procedimenti  di  autorizzazione  degli\nimpianti FER, il ruolo di parametri di legittimita\u0027 dell\u0027agere  delle\namministrazioni procedenti, atteso  che  con  le  stesse  sono  stati\nfissati  principi  e  criteri  generali  e   sono   state   enucleate\ndefinizioni di istituti giuridici e non, invece,  comandi  e  divieti\ninderogabili,   ex   se   ostativi    all\u0027esercizio    dell\u0027attivita\u0027\nimprenditoriale che parte ricorrente intende svolgere. \n    Posto che  l\u0027interesse  a  ricorrere  che  sorregge  la  presente\niniziativa  giudiziale  deve  essere  traguardato  alla  luce   della\npossibilita\u0027 di lesione che la societa\u0027  ricorrente  potrebbe  subire\nper effetto della applicazione delle gravate previsioni ministeriali,\nassume rilievo centrale la circostanza per cui  dette  previsioni  si\ncollocano a monte  dell\u0027attivita\u0027  amministrativa  di  autorizzazione\nancora non esercitata,  la  quale  sola  e\u0027  destinata  ad  impattare\nconcretamente  nella  sfera  giuridica  della  parte  ricorrente,  in\nquanto, in caso di esito  negativo,  suscettibile  di  arrecare  alla\nstessa un pregiudizio in via immediata e diretta. \n    Lo  iato  esistente  tra  l\u0027agere  ministeriale   e   l\u0027attivita\u0027\namministrativa di  autorizzazione  si  ripercuote  sull\u0027apprezzamento\ndell\u0027interesse a ricorrere,  rendendo  piu\u0027  rarefatta  e  remota  la\npossibilita\u0027 di incisione  negativa  dell\u0027interesse  al  bene  finale\nladdove  si  controverta  della  legittimita\u0027   del   parametro   (di\nlegittimita\u0027)  che  concorre  a  formare  la  cornice  di   legalita\u0027\ndell\u0027azione amministrativa finalizzata alla rimozione degli  ostacoli\nordinamentali  allo   svolgimento   di   attivita\u0027   economiche   non\nliberalizzate, come quelle che rilevano nella fattispecie in esame. \n    Sulla scorta delle  pregresse  considerazioni  discende  che  per\nvalutare la  sussistenza  dell\u0027interesse  della  parte  ricorrente  a\ncontestare le previsioni del decreto ministeriale del 21 giugno  2024\nmanca la lesione discendente  da  un  concreto  esito  procedimentale\ndell\u0027iter di autorizzazione che, nel  caso  di  specie,  non  risulta\nessere  stato  avviato  per   nessuna   iniziativa   della   societa\u0027\nricorrente, stante la mancata presentazione delle relative istanze. \n    Plurime sono le ragioni  ostative  al  positivo  riscontro  della\nsussistenza dell\u0027interesse ad  agire  conseguente  ad  una  specifica\nlesione, tra le quali la piu\u0027 evidente  e\u0027  quella  che  risiede  nel\nfatto che, ad opinare  diversamente,  si  finirebbe  per  violare  il\ndivieto sancito dall\u0027art. 34, comma 2, c.p.a. \n    Ad avviso  del  Collegio,  quindi,  per  poter  riconoscere  alle\ncontestate previsioni del decreto  ministeriale  21  giugno  2024  la\nprospettata, diretta, immediata e  concreta  valenza  pregiudizievole\npredicata dalla  societa\u0027  ricorrente,  occorrerebbe  che  le  stesse\nsiano, ex se, automaticamente preclusive delle iniziative  economiche\nche quest\u0027ultima, quale operatore attivo nel mercato della produzione\ndi energia da fonti rinnovabili, intende  intraprendere  (condizione,\nquesta, che sussiste solo con riferimento al divieto inerente le aree\nagricole, di cui i trattera\u0027 piu\u0027 avanti). \n    Ne discende che, sulla  base  della  prospettata  interpretazione\ndella portata delle previsioni dettate dagli articoli 1, 3  e  7  del\ngravato decreto ministeriale,  le  stesse  non  siano  immediatamente\nlesive  della  sfera  giuridica  della  societa\u0027  ricorrente,   donde\nl\u0027inammissibilita\u0027 del presente ricorso. \n    3.4 - Invero, siccome il  fulcro  delle  censure  proposte  dalla\nsocieta\u0027 ricorrente ruota  intorno  alla  prospettata  lesivita\u0027  del\nnuovo assetto  regolamentare  per  effetto  della  rivisitazione  del\nprevigente sistema e del ruolo che l\u0027istituto delle «aree non idonee»\ne\u0027 destinato a giocare, anche  per  cio\u0027  che  concerne  gli  aspetti\ninerenti  alle  modalita\u0027  della  loro  determinazione,  dall\u0027analisi\nsvolta  in  precedenza,  e  che  deve  intendersi  qui  integralmente\nrichiamata, emerge come la qualificazione di determinate porzioni  di\nterritorio in  termini  di  «aree  non  idonee»  non  costituisce  un\nimpedimento  assoluto  alla  realizzazione  di  progetti  tesi   alla\ncostruzione e all\u0027esercizio di impianti  FER,  dal  che  discende  la\nradicale  insussistenza,  anche  in  una  prospettiva  valutativa  di\ncarattere  prognostico,  della  lesione  lamentata   dalla   societa\u0027\nricorrente. \n    A tale riguardo, giova evidenziare che la  localizzazione  di  un\nimpianto FER in un\u0027area non idonea  non  osta  a  che  gli  operatori\neconomici proponenti possano in ogni caso dimostrare, nell\u0027ambito dei\nsingoli procedimenti autorizzatori, che il progetto da realizzare sia\ncompatibile con il complessivo  assetto  degli  interessi  coinvolti,\novverosia, da un lato, con la tutela dei beni sottoposti a tutela  ai\nsensi del decreto  legislativo  n.  42/2004  e,  dall\u0027altro,  con  il\nraggiungimento degli obiettivi di potenza complessiva da  traguardare\nal 2030 in base a quanto previsto dalla Tabella  A  dell\u0027art.  2  del\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024. \n    Tali considerazioni trovano espresso  conforto  nelle  previsioni\ndel gravato decreto ministeriale, laddove, all\u0027art. 7,  comma  3,  in\nfine, si dispone  che  «Nell\u0027applicazione  del  presente  comma  deve\nessere contemperata la necessita\u0027 di tutela dei beni con la  garanzia\ndi raggiungimento degli obiettivi di cui alla Tabella A  dell\u0027art.  2\ndel presente decreto». \n    3.5  -  Il  pregiudizio  lamentato  dalla  societa\u0027   ricorrente,\nperaltro, neppure puo\u0027 farsi discendere dal fatto  che,  in  base  al\nnuovo assetto normativo e regolamentare culminato con l\u0027adozione  del\ngravato decreto ministeriale, anche l\u0027individuazione delle «aree  non\nidonee» debba essere  determinata  mediante  legge  regionale  e  non\ninvece,  come  avveniva  con  il  previgente  regime,  con  atti   di\nprogrammazione e all\u0027esito di una precipua istruttoria procedimentale\n(cfr. paragrafo 17 delle Linee guida). \n    A tal proposito, infatti, vale considerare che anche  ipotizzando\nche l\u0027individuazione delle aree non idonee  possa,  in  alcuni  casi,\nscontare   in   sede   di   legislazione   regionale   una    carente\ncaratterizzazione in  ragione  del  diverso  atteggiarsi  dei  lavori\npreparatori  di  un  provvedimento  legislativo  rispetto  alla  fase\nistruttoria di un procedimento amministrativo, cio\u0027 non  risulterebbe\ndi per se\u0027 suscettibile di arrecare un pregiudizio concreto e attuale\nagli interessi degli operatori  economici  che  intendono  realizzare\nimpianti FER in siti classificati come «aree non idonee». \n    Infatti, la conseguenza giuridica che puo\u0027 farsi discendere dalla\nconcretizzazione dell\u0027ipotesi innanzi  prospettata,  consiste  in  un\nmero    aggravamento    dell\u0027onere     motivazionale     a     carico\ndell\u0027amministrazione  competente  a  pronunciarsi  sulle  istanze  di\nautorizzazione alla realizzazione ed esercizio di impianti FER. \n    In particolare, l\u0027amministrazione procedente, all\u0027esito dell\u0027iter\ndi  autorizzazione,  non  potra\u0027  giustificare  l\u0027eventuale  ritenuta\nincompatibilita\u0027 del progetto solo in virtu\u0027 del fatto che l\u0027impianto\nsia  localizzato  in  un\u0027area  classificata   come   non   idonea   -\nmotivazione, peraltro, che risulterebbe insufficiente anche nel  caso\nin  cui  la  caratterizzazione  delle  aree  non  idonee  sia   stata\npuntualmente  svolta  dal  legislatore  regionale,   in   quanto   la\nqualificazione di non idoneita\u0027 non si traduce in un divieto assoluto\ndi installazione di impianti FER, come gia\u0027 accennato in precedenza -\nma dovra\u0027 necessariamente fondare il proprio diniego dando  conto  in\nmaniera adeguata, ancorche\u0027 in ipotesi sintetica,  delle  intrinseche\ncaratteristiche del progetto e delle  aree  interessate,  traguardate\nalla luce della comparazione dei contrapposti interessi in giuoco. \n    Pertanto,  contrariamente  a  quanto  sostenuto  dalla   societa\u0027\nricorrente,  nessun  pregiudizio  attuale  e  concreto   puo\u0027   farsi\ndiscendere dal fatto che  sia  stato  previsto  che  l\u0027individuazione\ndelle «aree non idonee»  debba  avvenire  con  legge  regionale.  Per\nconverso, un  siffatto  pregiudizio  e\u0027  suscettibile  di  venire  ad\nesistenza  solo  in  caso  di  esito  negativo  del  procedimento  di\nautorizzazione   e   solo   nella   misura   in   cui   risulti   che\nl\u0027amministrazione procedente non abbia  esercitato  correttamente  il\npotere amministrativo  di  carattere  tecnico-discrezionale  ad  essa\nattribuito dalla legge. \n    3.6 - Ad avviso del Collegio, sempre sulla scorta della  chiarita\nportata normativa ed effettuale del concetto giuridico di  «aree  non\nidonee» nell\u0027ambito dell\u0027attuale contesto normativo e  regolamentare,\nil gravato decreto ministeriale si  appalesa  privo  di  immediata  e\nconcreta lesivita\u0027 anche relativamente alle prescrizioni con le quali\nesso stesso classifica determinate aree come non idonee,  cosi\u0027  come\nnella  parte  in  cui  non  prevede  alcun  regime   transitorio   di\nsalvaguardia delle iniziative in corso. \n    3.6.1 - Per cio\u0027 che  concerne  il  primo  profilo  di  doglianza\nteste\u0027  menzionato,  la  circostanza  per  cui  il  gravato   decreto\nministeriale qualifichi  come  non  idonee  le  aree  ricomprese  nel\nperimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi  di  quanto  previsto\ndal decreto legislativo n. 42/2004 (art. 7,  comma  3),  non  vale  a\nmutare la  portata  generale  del  concetto  di  «aree  non  idonee»,\nconvertendolo  in  un  istituto  a  geometrie  variabili   che,   ove\ndirettamente applicato dall\u0027amministrazione ministeriale, sia tale da\ndeterminare una aprioristica e  radicale  sottrazione,  ex  voluntate\nadministrationis,  dell\u0027area  non  idonea  alla  realizzazione  degli\nimpianti FER. \n    Invero,  sia  in  tal  caso,  sia   nell\u0027altro   (cioe\u0027,   quando\nl\u0027individuazione  delle  «aree  non   idonee»   avviene   con   legge\nregionale), la localizzazione dell\u0027impianto all\u0027interno  di  un  sito\nritenuto  non  idoneo  non  costituisce  mai  ragione  di   per   se\u0027\nsufficiente a precludere in  radice  la  realizzazione  del  progetto\nproposto dall\u0027operatore economico istante, potendosi giungere a  tale\nesito procedimentale solo nel  caso  in  cui  il  progetto  venga  in\nconcreto reputato incompatibile, dall\u0027amministrazione procedente, con\ngli altri obiettivi di tutela rilevanti nelle singole fattispecie. \n    La parte ricorrente, viceversa, con  l\u0027impostazione  impressa  al\nricorso in esame ha tentato di  far  retrocedere  una  siffatta  -  e\nmeramente eventuale - lesione ad una fase  prodromica  rispetto  alla\nvalutazione in concreto  dei  progetti  tesi  alla  realizzazione  di\nimpianti FER, tale in quanto unicamente riservata alla determinazione\ndei criteri e  alle  modalita\u0027  di  individuazione  delle  «aree  non\nidonee». \n    Tuttavia, sulla scorta delle regole  che  governano  il  processo\namministrativo e in considerazione del  fatto  che  la  giurisdizione\namministrativa   di   legittimita\u0027   costituisce   pur   sempre   una\ngiurisdizione di diritto soggettivo, non e\u0027 possibile accordare  alla\nparte ricorrente una tutela anticipata di merito,  ossia  una  tutela\ngiudiziale del tutto sganciata dalla  sussistenza  di  una  possibile\nincisione negativa della sua sfera  giuridica  che,  per  le  ragioni\ninnanzi esposte e alla  luce  della  effettiva  portata  prescrittiva\ndelle gravate disposizioni del decreto  ministeriale  del  21  giugno\n2024,  puo\u0027  predicarsi  solo  rispetto  ad  un  esito  negativo  dei\nprocedimenti autorizzativi e solo laddove cio\u0027  consegua  al  cattivo\nesercizio del potere da parte dell\u0027amministrazione procedente. \n    3.6.2 - In relazione al secondo profilo in  contestazione,  sulla\nscorta  delle  considerazioni  svolte  in  precedenza  e  alle  quali\nintegralmente si rimanda in ossequio  al  principio  di  sinteticita\u0027\ndegli atti processuali sancito dal codice  di  rito,  e\u0027  sufficiente\nporre in rilievo che l\u0027eventuale mutamento della  classificazione  di\nun\u0027area, in precedenza non qualificata come non idonea, non e\u0027 ex  se\natto a condizionare, in maniera indefettibile e in senso  sicuramente\nnegativo, l\u0027iter procedimentale di autorizzazione all\u0027installazione e\nall\u0027esercizio  di  impianti  FER.  Pertanto,   neppure   la   mancata\nprevisione di un regime transitorio di salvaguardia delle  iniziative\nin corso vale a dimostrare che  le  previsioni  del  gravato  decreto\nministeriale possano arrecare alla societa\u0027 ricorrente il pregiudizio\nda essa lamentato. \n    Il che vale per il progetto da realizzarsi in Poggio Imperiale. \n    Rispetto a tale profilo di doglianza, la carenza di interesse  al\nricorso sussiste anche  con  riferimento  all\u0027ulteriore  progetto  in\nAscoli Satriano, tenuto conto che la mera  intenzione  di  presentare\nuna istanza di autorizzazione per la realizzazione  di  impianti  FER\nnon  puo\u0027  considerarsi  sufficiente  a  qualificare   la   fase   di\nelaborazione progettuale come iniziativa in corso, ragione per cui la\nsocieta\u0027 ricorrente non potrebbe validamente dolersi  della  mancanza\ndi un regime  transitorio  per  tale  iniziativa,  non  potendo  essa\naccedere a un siffatto regime ove in ipotesi previsto. \n    4 - Ad avviso  del  Collegio,  l\u0027iniziativa  giudiziale  promossa\ndalla  societa\u0027  ricorrente  non  risulta  sorretta  dal   necessario\ninteresse a ricorrere anche in relazione alle censure articolate  con\nil primo motivo  di  ricorso,  ossia  quelle  tese  a  contestare  le\nprevisioni del decreto ministeriale 21 giugno 2024 con le quali  sono\nstati fissati i criteri per la individuazione delle aree idonee ed e\u0027\nstata concessa alle regioni la mera facolta\u0027 di  far  salve  le  aree\nconsiderate idonee ope legis ai sensi  dell\u0027art.  20,  comma  8,  del\ndecreto legislativo n. 199/2021. \n    4.1 - In proposito, e\u0027 sufficiente rinviare  alle  considerazioni\ngia\u0027 espresse in precedenza in quanto,  anche  in  relazione  a  tali\ncensure, l\u0027interesse a ricorrere potrebbe dirsi sussistente solo  nel\ncaso in cui le gravate prescrizioni sulle «aree idonee» fossero  tali\nda arrecare, ex se e immediatamente,  un  pregiudizio  alla  societa\u0027\nricorrente. \n    Il Collegio, tuttavia, non ritiene che la possibilita\u0027 di lesione\nprospettata dalla societa\u0027 ricorrente sia riscontrabile  ex  ante  in\nun\u0027ottica prognostica,  in  quanto  l\u0027effetto  giuridico  discendente\ndalla qualificazione  di  una  superficie  come  «area  idonea»  alla\nrealizzazione ed esercizio di un impianto FER delle aree  idonee,  e\u0027\nessenzialmente  limitato  al  solo  riconoscimento  di  un  vantaggio\nprocedimentale. \n    Pertanto, la  societa\u0027  ricorrente  non  possiede  il  necessario\ninteresse  ad  azionare   in   giudizio   una   posizione   giuridica\nsostanzialmente consistente nell\u0027interesse a  non  vedersi  aggravato\nl\u0027iter procedimentale  di  autorizzazione  (laddove,  in  futuro,  si\ndetermini a presentare la dovuta istanza all\u0027amministrazione), a  che\nvenga mantenuto il precedente impianto  normativo  e  a  che  vengano\nconsiderate come «aree idonee» ex lege, superfici che tali sono state\nconsiderate dal legislatore, «nelle  more  dell\u0027individuazione  delle\naree idonee sulla base dei criteri e delle  modalita\u0027  stabiliti  dai\ndecreti di cui al comma 1 [dell\u0027art. 20 del  decreto  legislativo  n.\n199/2021, n. d.r.]». \n    Al pari di quanto rilevato in relazione alle  gravate  previsioni\nsulle «aree non idonee», anche con  riferimento  a  questo  ulteriore\ngruppo di censure proposte dalla societa\u0027 ricorrente, non risulta che\nle amministrazioni resistenti abbiano dettato prescrizioni cogenti  e\nintrodotto divieti assoluti e aprioristici,  dalla  cui  applicazione\ndiscenda  con  assoluta  certezza  la   radicale   preclusione   alla\nrealizzazione ed esercizio di impianti FER. \n    In definitiva, non venendo in rilievo  prescrizioni  suscettibili\ndi impedire alla societa\u0027 ricorrente, in via immediata e diretta,  lo\nsvolgimento della propria attivita\u0027 di realizzazione di  impianti  di\nproduzione  di  energia  da   fonti   rinnovabili,   deve   ritenersi\ninsussistente  l\u0027interesse  processuale  richiesto  dalla  legge  per\nconseguire   l\u0027annullamento   giudiziale    del    gravato    decreto\nministeriale. \n    5 - A ben vedere, e fermo restando il carattere assorbente  delle\nanzidette considerazioni, la decidibilita\u0027 nel  merito  del  presente\ngravame risulterebbe preclusa  anche  dalla  natura  della  posizione\ndedotta in giudizio dalla societa\u0027 ricorrente. \n    Infatti,  ad  essere  stata  azionata  risulta  essere  una  mera\naspettativa  di  fatto  al  corretto  esercizio  sia  della  funzione\namministrativa, sia della funzione legislativa delle  regioni,  ossia\nuna situazione del tutto priva della specifica connessione a un  bene\ndella vita che costituisce il proprium  delle  situazioni  giuridiche\nsoggettive che l\u0027ordinamento reputa meritevoli di tutela. \n    6 - Ad abundantiam, vale anche osservare  che,  alla  luce  della\nnatura della posizione azionata, la circostanza per cui  la  societa\u0027\nricorrente sia un operatore attivo nel settore  della  produzione  di\nenergia da fonti rinnovabili non costituisce elemento  sufficiente  a\nrendere differenziata e normativamente qualificata la sua  posizione,\nla quale, pertanto, non risulta distinguibile da quella  del  quisque\nde populo. \n    D\u0027altronde, anche  volendo  attribuire  alla  posizione  azionata\ndalla societa\u0027 ricorrente  la  consistenza  di  interesse  diffuso  e\nmetaindividuale, il ricorso in esame non risulterebbe esaminabile nel\nmerito per carenza di legittimazione attiva, atteso che una  siffatta\nsituazione giuridica soggettiva puo\u0027 essere fatta valere in  giudizio\nesclusivamente   dai    soggetti    giuridici    statutariamente    o\nistituzionalmente preposti  a  rappresentare  interessi  omogenei  di\nspecifiche categorie, attribuzione, questa,  che  esula  dalla  sfera\ngiuridica del singolo individuo o, come nel caso di specie, operatore\neconomico attivo nel mercato. \n    6.1  -  Ne  consegue  che  «in  se\u0027  considerata,   la   semplice\npossibilita\u0027 di ricavare dall\u0027invocata decisione di accoglimento  una\nqualche utilita\u0027 pratica, indiretta ed  eventuale,  ricollegabile  in\nvia meramente contingente ed occasionale al corretto esercizio  della\nfunzione  pubblica  censurata,  non  dimostra  la  sussistenza  della\nposizione legittimante, nel senso che  siffatto  possibile  vantaggio\nottenibile dalla pronuncia  di  annullamento  non  risulta  idoneo  a\ndeterminare,  da  solo,   il   riconoscimento   di   una   situazione\ndifferenziata,  fondante  la  legittimazione  al  ricorso;   occorre,\ninvece, una ulteriore condizione-elemento che valga  a  differenziare\nil soggetto, cui essa condizione-elemento si riferisce, da coloro che\navrebbero  un   generico   interesse   alla   legalita\u0027   dell\u0027azione\namministrativa, essendo quest\u0027ultimo interesse  riconosciuto  non  al\nquisque de populo,  ma  solamente  a  quel  soggetto  che  si  trovi,\nrispetto   alla   generalita\u0027,   in   una   posizione    legittimante\ndifferenziata» (cfr. Cons. Stato, sez. V,  sentenza  n.  265  del  27\ngennaio 2016). \n    6.2 -  Tale  condizione-elemento  non  puo\u0027  essere  rintracciata\nnell\u0027aspirazione a una determinata  configurazione  del  procedimento\namministrativo  per  effetto  della  qualificazione  delle  aree   di\nlocalizzazione degli impianti FER, che si traduce  nella  pretesa  ad\nuna inammissibile conformazione dei  poteri  pubblici  per  mano  dei\nsoggetti   privati,    strumentale    ad    asservire    le    scelte\ndell\u0027amministrazione (e, nel caso di specie,  anche  del  legislatore\nregionale) ad interessi di natura egoistica - come tali slegati dalle\nesigenze di carattere pubblicistico che l\u0027amministrazione deve curare\n- e  ai  desiderata,  modali  e  metodologici,  degli  operatori  del\nsettore. \n    6.3 - La prospettazione della societa\u0027  ricorrente,  anche  sotto\ntale ultimo divisato profilo, non  merita  di  essere  condivisa,  in\nquanto  il  giudice  amministrativo  non  puo\u0027  accordare  tutela   a\nsituazioni del tutto sui  generis  rispetto  a  quelle  di  interesse\nlegittimo,  nonche\u0027  di  diritto  soggettivo   nei   soli   casi   di\ngiurisdizione esclusiva. \n    La situazione dedotta  in  giudizio  dalla  societa\u0027  ricorrente,\ninvero, non possiede la consistenza di interesse legittimo, il  quale\ncome noto sottende «un rapporto diretto ed immediato tra  l\u0027esercizio\ndel potere amministrativo (e cio\u0027 in cui esso si sostanzia, cioe\u0027  il\nprovvedimento  amministrativo)  e  l\u0027interessato  all\u0027esercizio   del\npotere medesimo», che «si concretizza nel fatto che il  provvedimento\namministrativo  ed  suoi   effetti   interessano   direttamente   (ed\nunivocamente) il patrimonio giuridico di un determinato soggetto,  in\nsenso compressivo o ampliativo» (cfr. Cons. Stato, sez. IV,  sentenza\nn. 1403 del 7 marzo 2013). \n    Nel  caso  di  specie,  le   gravate   previsioni   del   decreto\nministeriale in materia di aree idonee e non idonee, non sono atte ad\narrecare alcun pregiudizio immediato e diretto nella sfera  giuridica\ndella societa\u0027 ricorrente, le cui aspettative in relazione a progetti\ndi realizzazione di  impianti  di  produzione  di  energia  da  fonti\nrinnovabili -  ancora  in  fase  di  elaborazione  al  momento  della\nproposizione del presente gravame - si conservano integre  sino  alla\ndefinizione del procedimento  autorizzativo  che  verra\u0027  avviato  al\nmomento   della   presentazione   dell\u0027istanza    all\u0027amministrazione\ncompetente. \n    7 - In definitiva, sulla scorta delle  anzidette  considerazioni,\nil ricorso in esame deve essere dichiarato inammissibile per  carenza\noriginaria di interesse alla sua proposizione. \n    8 - A diverse conclusioni  deve  giungersi  quanto  alle  censure\nformulate nel III motivo, che  vanno  esaminate  congiuntamente  alle\nquestioni sollevate con il IV, V  e  VI  motivo,  con  cui  la  parte\nricorrente solleva questioni di costituzionalita\u0027 dell\u0027art. 5,  comma\n1, del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 - c.d. decreto agricoltura\n- convertito, con modificazioni, con legge 12 luglio 2024, n. 101. \n    Il citato art. 5, comma 1, decreto-legge n. 63/2024 ha introdotto\nil comma 1-bis all\u0027art. 20 del decreto legislativo  n.  199/2021,  il\nquale stabilisce che «L\u0027installazione degli impianti fotovoltaici con\nmoduli collocati a terra, in zone  classificate  agricole  dai  piani\nurbanistici vigenti, e\u0027 consentita esclusivamente nelle aree  di  cui\nalle  lettere  a),  limitatamente  agli  interventi   per   modifica,\nrifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli  impianti\ngia\u0027 installati, a condizione che non comportino incremento dell\u0027area\noccupata, c), incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino ambientale e\nquelle con piano di coltivazione terminato ancora  non  ripristinate,\nnonche\u0027  le  discariche  o  i  lotti  di  discarica   chiusi   ovvero\nripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma  8\ndel presente articolo. Il primo periodo non si applica  nel  caso  di\nprogetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli  collocati  a\nterra finalizzati  alla  costituzione  di  una  comunita\u0027  energetica\nrinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del  presente  decreto  nonche\u0027  in\ncaso di progetti attuativi delle altre  misure  di  investimento  del\nPiano  nazionale  di  ripresa  e  resilienza  (PNRR),  approvato  con\ndecisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio  2021,  come  modificato\ncon decisione del Consiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e del  Piano\nnazionale per gli investimenti complementari al  PNRR  (PNC)  di  cui\nall\u0027art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n.  59,  convertito,  con\nmodificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti\nnecessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». \n    Il successivo comma 2 ha previsto  che  tale  disciplina  non  si\napplichi «ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del\npresente decreto [16 maggio 2024], sia stata avviata almeno una delle\nprocedure amministrative, comprese quelle di valutazione  ambientale,\nnecessarie  all\u0027ottenimento  dei  titoli   per   la   costruzione   e\nl\u0027esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia\nstato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi». \n    8.1 - Parte ricorrente allega di  aver  elaborato  una  specifica\niniziativa relativa ad un  progetto  di  impianto  c.d.  agrivoltaico\n(segnatamente, quello in Ascoli Satriano) che  sarebbe  inciso  dalla\nrichiamata disciplina, non essendo stato ancora avviato  il  relativo\niter autorizzatorio  -  non  ricadendo,  quindi,  nella  clausola  di\nsalvezza prevista per i progetti per i quali e\u0027 stata avviata  almeno\nuna delle procedure  amministrative  necessarie  all\u0027ottenimento  dei\ntitoli autorizzativi entro il termine di cui  all\u0027art.  5,  comma  2,\ndecreto-legge n. 63/2024 - ed essendo  conseguentemente  soggetto  al\nsopravvenuto  divieto  di  installazione  di  zona  agricola  di  cui\nall\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto legislativo n. 199/2021. \n    8.2 - Il decreto impugnato prevede, all\u0027art. 1, comma 2,  che  le\nRegioni individuino sul rispettivo territorio, tra l\u0027altro, le  «aree\nin cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra», definite come «le aree agricole per le quali vige\nil divieto di installazione di impianti  fotovoltaici  con  moduli  a\nterra ai sensi dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto  legislativo  8\nnovembre 2021, n. 199», in tal  modo  dando  pedissequa  applicazione\nalla fonte sovraordinata di cui costituisce mero recepimento. \n    Trattasi, quindi,  di  previsione  che,  diversamente  da  quanto\nritenuto dalla difesa erariale, introduce uno  specifico  divieto  di\ninstallazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati  a  terra\nin  zone  classificate  agricole  dai  piani   urbanistici   vigenti,\ncostituendo strumento di attuazione, per quanto del  tutto  vincolato\nnel contenuto, della norma primaria. \n    Va rilevato, infatti, che il comma 1-bis dell\u0027art. 20 del decreto\nlegislativo n. 199/2021 definisce il perimetro delle aree agricole in\ncui e\u0027 consentita l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra facendo riferimento alla classificazione delle aree\nidonee come prevista dal comma 8 del  medesimo  art.  20  nelle  more\ndell\u0027adozione della disciplina di cui al comma 1. \n    In tale contesto, il decreto ministeriale impugnato ribadisce che\nil divieto previsto dal comma 1-bis si applica anche nel nuovo quadro\nregolatorio e vincola la potesta\u0027  legislativa  regionale:  ai  sensi\ndell\u0027art. 3, comma 1, infatti, le Regioni sono chiamate a individuare\ncon legge, entro 180 giorni dalla  data  di  entrata  in  vigore  del\ndecreto, le aree di cui all\u0027art. 1, comma 2, e, quindi, anche  quelle\nin cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra. \n    Il   decreto   impugnato   costituisce   anche    l\u0027unico    atto\namministrativo che interviene nel  processo  di  implementazione  del\ndivieto, atteso che: \n        esso e\u0027 stabilito direttamente dalla legge statale; \n        secondo quanto previsto dal decreto,  l\u0027individuazione  delle\naree in questione avviene con legge regionale; \n        le  aree  cosi\u0027  individuate  non  sono  «non   idonee»,   ma\nassolutamente vietate, con la conseguenza che e\u0027 finanche preclusa la\nvalutazione,   nel   singolo   procedimento,   della   compatibilita\u0027\ndell\u0027intervento con i valori confliggenti. \n    8.3  -  Va,  pertanto,  richiamato  il  consolidato  orientamento\ngiurisprudenziale  secondo  il  quale  «un  atto  generale  [...]  e\u0027\nimmediatamente  impugnabile  quando  incide  senz\u0027altro  -  senza  la\nnecessaria  intermediazione  di  provvedimenti  applicativi   -   sui\ncomportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari»  (Cons.  St.,  IV,\n17.3.2022, n. 1937). Nel caso di specie l\u0027incidenza sui comportamenti\ndegli operatori e\u0027 indubbia, derivando  dal  divieto  cosi\u0027  previsto\nl\u0027incondizionata preclusione agli interventi di  nuova  installazione\nsulle aree indicate dall\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto legislativo n.\n199/2021,  come  pure  degli  interventi  di  modifica,  rifacimento,\npotenziamento  o  integrale   ricostruzione   degli   impianti   gia\u0027\ninstallati che non siano collocati nelle aree  di  cui  alla  lettera\ndell\u0027art.  20,  comma  8,  decreto  legislativo  n.  199/2021  e  che\ncomportino un incremento dell\u0027area occupata. \n    Deriva da cio\u0027  la  sussistenza  dell\u0027interesse  ad  agire  e  la\nlegittimazione   all\u0027impugnazione   immediata   della    disposizione\nnormativa generale. \n    9  -  Premessa,  quindi,  l\u0027ammissibilita\u0027  delle  censure,  deve\ninnanzitutto reputarsi  infondata  la  doglianza  secondo  la  quale,\nconcernendo la disciplina rimessa  alla  determinazione  ministeriale\nl\u0027adozione di principi e criteri omogenei per l\u0027individuazione  delle\nsuperfici e delle  aree  idonee  e  non  idonee,  non  sarebbe  stata\nprevista alcuna delega a individuare le aree «in cui e\u0027  vietata»  la\ninstallazione di impianti fotovoltaici a terra (di seguito «FTV»). \n    Al riguardo, deve rilevarsi che per effetto della  sopravvenienza\nnormativa costituita dal disposto dell\u0027art. 5  del  decreto-legge  n.\n63/2024, il decreto adottato ai sensi del comma 1  dell\u0027art.  20  del\ndecreto legislativo n. 199/2021 non avrebbe potuto che prendere  atto\ndei divieti cosi\u0027 introdotti e ribadire,  anche  nel  contesto  della\ndisciplina secondaria da esso dettata, le relative preclusioni. \n    Nel momento in cui il legislatore  ha  inteso  vietare  ulteriori\ninterventi concernenti impianti fotovoltaici con moduli  collocati  a\nterra nelle aree classificate agricole,  tale  innovativa  previsione\nprimaria si e\u0027 inevitabilmente sovrapposta alle previgenti  norme  in\nmateria di individuazione delle aree idonee, sicche\u0027  ai  fini  della\nrelativa  implementazione  non  era  necessaria  alcuna  espressa   e\nspecifica delega, potendone e  dovendone  l\u0027Autorita\u0027  amministrativa\nsoltanto prendere atto. \n    10 - Con una seconda  censura  la  societa\u0027  ricorrente  contesta\nl\u0027art. 1, comma 2, lettera d), del decreto impugnato nella  parte  in\ncui non esclude dall\u0027applicazione del  divieto  di  installazione  su\naree agricole gli impianti agrivoltaici, sostenendo, al riguardo, che\ntale  tipologia  di  impianti  -  avanzati  o  di  base  -  sarebbero\npienamente compatibili con la destinazione  e  l\u0027uso  agricolo  delle\naree  sulle  quali  andrebbero  ad   insistere,   risultando   quindi\ningiustificata l\u0027applicazione del divieto di  installazione  su  aree\nagricole per siffatta tipologia di  impianti.  Anche  tale  doglianza\ndeve ritenersi infondata. \n    10.1 - Al riguardo,  e\u0027  sufficiente  rilevare  che  l\u0027ambito  di\napplicazione del divieto  posto  dall\u0027art.  5  del  decreto-legge  n.\n63/2024 e\u0027 definito direttamente dalla norma primaria - genericamente\ned estensivamente riferita a  tutti  gli  impianti  fotovoltaici  con\nmoduli collocati a terra - e la  relativa  individuazione  appartiene\nall\u0027ordinaria attivita\u0027 di interpretazione degli enunciati normativi. \n    Con la conseguenza che la mancata, ulteriore  specificazione  del\nmedesimo da parte di un atto applicativo  non  integra,  sotto  alcun\nprofilo,  un  vizio  di  legittimita\u0027  di  quest\u0027ultimo  laddove  sia\nconforme, come nel caso  in  esame,  alla  norma  primaria,  che  non\ndemanda alla  fonte  secondaria  alcuna  ulteriore  individuazione  e\nspecificazione, venendo  in  rilievo  una  norma  autoapplicativa  ed\nautosufficiente. \n    11 - Occorre allora procedere all\u0027esame dei profili di  rilevanza\ne  non  manifesta  infondatezza  delle  questioni   di   legittimita\u0027\ncostituzionale sollevate dalla parte ricorrente in relazione all\u0027art.\n5 del decreto-legge n. 63/2024, procedendo dapprima a  verificare  se\nsia possibile fornire di tale norma  un\u0027interpretazione  suscettibile\ndi risolvere, gia\u0027  sul  piano  della  corretta  delimitazione  della\nportata   della   norma   censurata,   i   denunciati   sospetti   di\nincostituzionalita\u0027. \n    12  -  Sull\u0027impossibilita\u0027   di   interpretare   l\u0027art.   5   del\ndecreto-legge n. 63/2024 in modo conforme a Costituzione. \n    12.1 - Parte ricorrente ha condizionato l\u0027interesse  a  sollevare\nl\u0027incidente  di  costituzionalita\u0027  all\u0027impossibilita\u0027   di   fornire\nun\u0027interpretazione della norma in base alla quale ogni  tipologia  di\nimpianto agrivoltaico sarebbe esclusa dal divieto da  essa  previsto,\nin quanto la giurisprudenza avrebbe gia\u0027 riconosciuto  la  differenza\nesistente  tra  la  tecnologia   agrivoltaica   e   il   tradizionale\nfotovoltaico. Cio\u0027, tuttavia, come di seguito si passa ad illustrare,\nnon e\u0027 possibile se non in parte, e comunque in modo  non  del  tutto\nsatisfattivo dell\u0027interesse di parte ricorrente. \n    12.2 - L\u0027ambito del regime preclusivo introdotto dalla  norma  va\nricostruito a partire dal «significato proprio delle  parole  secondo\nla connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore» (art. 12,\ncomma 1, disp. prel. c.c.). \n    L\u0027oggetto  della  previsione  normativa  riguarda  specificamente\nl\u0027installazione degli impianti fotovoltaici «con moduli  collocati  a\nterra [...] in zone classificate agricole»  e  si  pone  in  funzione\nservente rispetto alla dichiarata «straordinaria necessita\u0027 e urgenza\ndi  contrastare  il  fenomeno  del  consumo  del  suolo  a  vocazione\nagricola». \n    Dalle richiamate coordinate normative si  ricava,  pertanto,  che\nl\u0027oggetto   del   divieto   riguarda   gli   impianti    fotovoltaici\ncaratterizzati  da  una  ben  determinata  caratteristica  -   ovvero\nl\u0027installazione  dei  moduli  a  terra  -  in  quanto  ritenuta   dal\nlegislatore incompatibile con l\u0027utilizzo del suolo per  l\u0027agricoltura\ne, quindi, con la finalita\u0027 di contrastare il  fenomeno  del  consumo\ndel suolo a vocazione agricola. \n    12.3 - Le linee guida  MITE  del  2022  in  materia  di  impianti\nagrivoltaici individuano come segue i  requisiti  che  tali  impianti\ndebbono  possedere  per  rispondere  alla  finalita\u0027  per  cui   sono\nrealizzati: \n        «Requisito A: Il sistema e\u0027 progettato e realizzato  in  modo\nda  adottare  una  configurazione  spaziale   ed   opportune   scelte\ntecnologiche,  tali  da  consentire  l\u0027integrazione   fra   attivita\u0027\nagricola  e  produzione  elettrica  e   valorizzare   il   potenziale\nproduttivo di entrambi i sottosistemi; \n        requisito B: Il sistema agrivoltaico e\u0027 esercito,  nel  corso\ndella vita tecnica, in maniera da garantire la  produzione  sinergica\ndi energia elettrica e  prodotti  agricoli  e  non  compromettere  la\ncontinuita\u0027 dell\u0027attivita\u0027 agricola e pastorale; \n        requisito  C:  L\u0027impianto   agrivoltaico   adotta   soluzioni\nintegrate innovative con moduli elevati da terra, volte a ottimizzare\nle prestazioni del sistema agrivoltaico sia in termini energetici che\nagricoli; \n        requisito D: Il sistema agrivoltaico e\u0027 dotato di un  sistema\ndi monitoraggio che consenta di verificare l\u0027impatto  sulle  colture,\nil  risparmio  idrico,  la  produttivita\u0027  agricola  per  le  diverse\ntipologie di colture e la continuita\u0027 delle attivita\u0027  delle  aziende\nagricole interessate; \n        requisito E: Il sistema agrivoltaico e\u0027 dotato di un  sistema\ndi monitoraggio che, oltre a rispettare il requisito D,  consenta  di\nverificare il recupero della fertilita\u0027 del suolo, il microclima,  la\nresilienza ai cambiamenti climatici». \n    Le medesime linee guida chiariscono, poi, che  «Il  rispetto  dei\nrequisiti A, B e\u0027 necessario per definire  un  impianto  fotovoltaico\nrealizzato in area agricola come \"agrivoltaico\".  Per  tali  impianti\ndovrebbe inoltre previsto il rispetto del requisito D.2»,  mentre  il\nrispetto «dei requisiti A, B, C e D e\u0027 necessario per  soddisfare  la\ndefinizione di \"impianto agrivoltaico avanzato\" e, in  conformita\u0027  a\nquanto stabilito dall\u0027art. 65,  comma  1-quater  e  1-quinquies,  del\ndecreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1,  classificare  l\u0027impianto  come\nmeritevole dell\u0027accesso agli incentivi statali a valere sulle tariffe\nelettriche». \n    Dalla  classificazione  tipologica  degli  impianti  agrivoltaici\ncontenuta nelle linee guida risulta, pertanto, che soltanto  per  gli\nimpianti agrivoltaici di tipo avanzato e\u0027 senz\u0027altro  soddisfatto  il\nrequisito C, consistente nell\u0027utilizzo di moduli elevati da terra. Il\nsuddetto utilizzo, secondo le linee guida, puo\u0027  assumere  una  delle\ndue seguenti configurazioni: \n    «l\u0027altezza minima dei moduli e\u0027 studiata in modo da consentire la\ncontinuita\u0027 delle attivita\u0027 agricole (o zootecniche) anche  sotto  ai\nmoduli fotovoltaici. Si configura una condizione nella  quale  esiste\nun doppio uso del suolo, ed una integrazione massima  tra  l\u0027impianto\nagrivoltaico e la coltura, e cioe\u0027 i moduli fotovoltaici svolgono una\nfunzione  sinergica  alla  coltura,  che  si  puo\u0027  esplicare   nella\nprestazione di protezione della coltura (da eccessivo  soleggiamento,\ngrandine,  etc.)  compiuta  dai  moduli   fotovoltaici.   In   questa\ncondizione la superficie occupata dalle colture e quella del  sistema\nagrivoltaico  coincidono,  fatti  salvi  gli   elementi   costruttivi\ndell\u0027impianto che poggiano a terra e che  inibiscono  l\u0027attivita\u0027  in\nzone circoscritte del suolo»; \n    «i moduli  fotovoltaici  sono  disposti  in  posizione  verticale\n[...].  L\u0027altezza   minima   dei   moduli   da   terra   non   incide\nsignificativamente sulle possibilita\u0027 di  coltivazione  (se  non  per\nl\u0027ombreggiamento in determinate ore del giorno), ma puo\u0027  influenzare\nil grado di connessione dell\u0027area, e  cioe\u0027  il  possibile  passaggio\ndegli animali, con  implicazioni  sull\u0027uso  dell\u0027area  per  attivita\u0027\nlegate alla zootecnia.  Per  contro,  l\u0027integrazione  tra  l\u0027impianto\nagrivoltaico e la coltura si puo\u0027 esplicare  nella  protezione  della\ncoltura compiuta dai moduli fotovoltaici che  operano  come  barriere\nfrangivento». \n    12.4 - In considerazione del tenore letterale e  della  finalita\u0027\ndell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024, e\u0027 possibile  ritenere  che\nil divieto ivi previsto non si applichi agli impianti agrivoltaici di\ntipo avanzato, in quanto  in  relazione  ai  suddetti  impianti,  non\nrealizzandosi l\u0027installazione di moduli collocati  a  terra,  non  si\nverifica la sottrazione di suolo agricolo nei termini  che  la  norma\nintende contrastare. \n    Tale conclusione e\u0027 peraltro confermata dallo stesso orientamento\nassunto  in  sede  ministeriale  nell\u0027interpretazione   della   norma\ncensurata (si veda la risposta del Ministro  dell\u0027agricoltura,  della\nsovranita\u0027 alimentare e delle foreste all\u0027interrogazione parlamentare\nn. 3-01225, laddove e\u0027 stato precisato  che  «Sara\u0027  [...]  possibile\ninstallare pannelli sospesi,  il  cosiddetto  agrivoltaico  avanzato,\nsotto il quale si puo\u0027 coltivare e portare a termine tutti i progetti\nlegati al PNRR» - cfr. il resoconto della seduta n. 297 del 22 maggio\n2024 presso la Camera dei deputati), oltre  che  dalle  attivita\u0027  in\ncorso  di  implementazione  delle  misure  introdotte   dal   decreto\nimpugnato (cfr. il disegno di legge della Regione Puglia n. 222/2024,\ndepositato agli atti, che all\u0027art. 8, comma 4,  stabilisce  che  «nel\ncaso  di  utilizzo  della   tecnologia   fotovoltaica,   nelle   zone\nclassificate agricole dai piani urbanistici possono essere realizzati\nesclusivamente impianti agrivoltaici di natura sperimentale»). \n    12.5 - Se puo\u0027 residuare un margine di incertezza in ordine  agli\nimpianti che, in quanto rispondenti ai requisiti di cui alle  lettera\na), b) e c) delle linee guida, ma non a tutti quelli richiesti  dalla\nlettera  d),  non  sono  qualificabili  come  impianti   agrivoltaici\navanzati, sebbene utilizzino moduli  sollevati  da  terra,  cio\u0027  che\nrileva in questa sede e\u0027 i progetti  in  corso  di  parte  ricorrente\nconcernono impianti agrivoltaici non avanzati, rientranti  senz\u0027altro\nnel divieto previsto dalla norma. \n    Gli impianti riconducibili a tale tipologia si caratterizzano per\nl\u0027installazione dei moduli a terra e determinano, in  ogni  caso,  il\nconsumo di suolo a  vocazione  agricola,  sia  pure  in  misura  piu\u0027\nlimitata rispetto ai tradizionali impianti fotovoltaici. Soltanto nel\ncaso degli impianti con  moduli  sollevati  da  terra,  infatti,  «la\nsuperficie occupata dalle colture e quella del  sistema  agrivoltaico\ncoincidono, fatti salvi gli elementi  costruttivi  dell\u0027impianto  che\npoggiano a terra e che inibiscono l\u0027attivita\u0027  in  zone  circoscritte\ndel suolo» (cfr. le linee guida, pag. 24). \n    12.6 - Un\u0027interpretazione diversa, quale quella volta a escludere\nqualsivoglia tipologia di impianto agrivoltaico dall\u0027applicazione del\ndivieto, si porrebbe in contrasto, oltre che con  il  dato  letterale\ndella  norma,  anche  con  le  sue  finalita\u0027  e   si   porrebbe   in\ninammissibile contrasto con i tradizionali e inderogabili criteri  di\nermeneutica giuridica. \n    Al riguardo, si deve osservare che: \n        «la lettera  della  norma  costituisce  il  limite  cui  deve\narrestarsi  anche  l\u0027interpretazione   costituzionalmente   orientata\ndovendo, infatti, essere sollevato l\u0027incidente  di  costituzionalita\u0027\nogni  qual  volta   l\u0027opzione   ermeneutica   supposta   conforme   a\nCostituzione sia incongrua rispetto al tenore letterale  della  norma\nstessa» (Cass., S.U., 1° giugno 2021, n. 15177). Nel caso di  specie,\nnon vi e\u0027 dubbio che gli impianti agrivoltaici di tipo  tradizionale,\nin quanto si risolvano nell\u0027installazione  di  pannelli  collocati  a\nterra,  rientrino  nella  previsione  che   vieta,   per   l\u0027appunto,\nl\u0027installazione di impianti «con moduli collocati a terra»; \n        l\u0027ampiezza  del  divieto  introdotto   con   l\u0027art.   5   del\ndecreto-legge n. 63/2024, che si risolve nella  preclusione  assoluta\ndi realizzare impianti  con  moduli  collocati  a  terra  sull\u0027intero\nterritorio nazionale, induce a ritenere  che  l\u0027obiettivo  perseguito\ndal legislatore  fosse  quello  di  contrastare  la  sia  pur  minima\nriduzione  del  territorio  a  vocazione   agricola   per   l\u0027effetto\ndell\u0027installazione di impianti fotovoltaici.  Un\u0027interpretazione  che\nescludesse tutte le tipologie di impianti agrivoltaici dall\u0027ambito di\napplicazione della norma in questione, anche a dispetto  di  un  (pur\nridotto) consumo di suolo agricolo, si porrebbe in frontale contrasto\ncon tale obiettivo, quale chiaramente  emergente  dai  presupposti  e\ndall\u0027oggetto dell\u0027enunciato normativo, operazione  che  non  puo\u0027  in\nalcun modo ritenersi consentita all\u0027interprete. \n    Per le ragioni sopra indicate neppure e\u0027  possibile  interpretare\nl\u0027art. 5, comma 1, decreto-legge n. 63/2024 nel senso che il  divieto\nopererebbe soltanto all\u0027esito di specifica istruttoria  nel  rispetto\ndelle  linee  guida.  Una  siffatta  interpretazione,   infatti,   si\nrisolverebbe in un\u0027interpretatio abrogans  della  norma  e,  in  ogni\ncaso, contrasta  con  il  chiaro  tenore  letterale  e  la  finalita\u0027\nperseguita dal legislatore, che ha inteso consentire l\u0027utilizzo delle\naree agricole per gli impianti fotovoltaici con  moduli  collocati  a\nterra esclusivamente nei limiti di cui al citato art.  5:  l\u0027avverbio\n«esclusivamente» non lascia spazio a dubbi circa la portata  assoluta\ndel divieto che caratterizza  i  progetti  e  le  aree  agricole  non\ncontemplati  quali  eccezioni  dall\u0027art.  20,  comma  1-bis,  decreto\nlegislativo n. 199/2021. \n    13 - Sulla rilevanza delle questioni. \n    13.1 - Dall\u0027acclarata non percorribilita\u0027  di  un\u0027interpretazione\ndell\u0027enunciato normativo  integralmente  satisfattivo  per  la  parte\nricorrente  deriva  la  rilevanza  delle  questioni  di  legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate nei  motivi  IV,  V  e  VI,  ponendosi  il\ndivieto previsto dall\u0027art. 5,  comma  1,  decreto-legge.  n.  63/2024\nquale fattore  preclusivo  alla  realizzabilita\u0027  del  progetto  gia\u0027\nelaborato  da  parte  ricorrente  in  ragione  della   sua   concreta\nlocalizzazione. \n    13.2 - Si e\u0027 gia\u0027 osservato, nell\u0027argomentare sull\u0027interesse alle\ncensure, che il comma 1-bis dell\u0027art. 20 del decreto  legislativo  n.\n199/2021 definisce  il  perimetro  delle  aree  agricole  in  cui  e\u0027\nconsentita  l\u0027installazione  di  impianti  fotovoltaici  con   moduli\ncollocati a terra facendo riferimento alla classificazione delle aree\nidonee come prevista dal comma 8 del  medesimo  art.  20  nelle  more\ndell\u0027adozione della disciplina di cui al comma 1. \n    In tale  contesto,  il  decreto  ministeriale  ribadisce  che  il\ndivieto previsto dal comma 1-bis si applica anche  nel  nuovo  quadro\nregolatorio e vincola la potesta\u0027  legislativa  regionale:  ai  sensi\ndell\u0027art. 3, comma 1, infatti, le regioni sono chiamate a individuare\ncon legge, entro 180 giorni dalla  data  di  entrata  in  vigore  del\ndecreto, le aree di cui all\u0027art. 1, comma 2, e, quindi, anche  quelle\nin cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra. \n    Si e\u0027  anche  osservato  che  il  decreto  impugnato  costituisce\nl\u0027unico  atto  amministrativo  che   interviene   nel   processo   di\nimplementazione del divieto, atteso che: \n        esso e\u0027 stabilito direttamente dalla legge statale; \n        secondo quanto previsto dal decreto,  l\u0027individuazione  delle\naree in questione avviene con legge regionale; \n        le  aree  cosi\u0027  individuate  non  sono  «non   idonee»,   ma\nassolutamente vietate, con la conseguenza che e\u0027 finanche preclusa la\nvalutazione,   nel   singolo   procedimento,   della   compatibilita\u0027\ndell\u0027intervento con i valori confliggenti. \n    E\u0027  stato   quindi   richiamato   il   consolidato   orientamento\ngiurisprudenziale  secondo  il  quale  «un  atto  generale  [...]  e\u0027\nimmediatamente  impugnabile  quando  incide  senz\u0027altro  -  senza  la\nnecessaria  intermediazione  di  provvedimenti  applicativi   -   sui\ncomportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari»  (Cons.  St.,  IV,\n17.3.2022, n. 1937), rilevandosi che nel caso di  specie  l\u0027incidenza\nsui comportamenti degli operatori e\u0027 indubbia, derivando dal  divieto\ncosi\u0027 previsto l\u0027incondizionata preclusione agli interventi di  nuova\ninstallazione sulle aree indicate dall\u0027art. 20, comma 1-bis,  decreto\nlegislativo n. 199/2021, come  pure  degli  interventi  di  modifica,\nrifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli  impianti\ngia\u0027 installati che non  siano  collocati  nelle  aree  di  cui  alla\nlettera dell\u0027art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e  che\ncomportino un incremento dell\u0027area occupata. \n    Il decreto impugnato replica, quindi, il  divieto  sancito  dalla\nnorma primaria, demandando alla legge  regionale  la  sua  pedissequa\ntrasposizione, che determina ex se l\u0027impossibilita\u0027 di realizzare  il\nprogetto di parte ricorrente. \n    La perdurante vigenza e validita\u0027 della norma primaria  impedisce\nqualsivoglia intervento demolitorio da parte del Collegio, recando il\ndecreto una previsione del tutto conforme a legge. \n    13.3 - In  mancanza  della  declaratoria  di  incostituzionalita\u0027\ndell\u0027art. 5, comma 1, del decreto legislativo n. 63/2024, la  domanda\ndi annullamento dell\u0027art. 1 del decreto ministeriale  impugnato,  per\nla parte di interesse, dovrebbe essere rigettata. \n    Viceversa,  laddove  la  norma   incriminata   fosse   dichiarata\nincostituzionale, l\u0027art. 1, comma 2, lettera d), del decreto dovrebbe\nessere annullato, ponendo a quel punto un divieto  generalizzato  che\nnessuna norma primaria contemplerebbe o autorizzerebbe e che, per  le\nragioni che saranno illustrate, collide con il principio  di  massima\ndiffusione delle energie rinnovabili, quale  desumibile  dal  diritto\ndell\u0027Unione, dando peraltro luogo a una disciplina che non supera  lo\nscrutinio di proporzionalita\u0027 e ragionevolezza. \n    14 - Sulla manifesta infondatezza della questione di legittimita\u0027\ncostituzionale posta con il IV motivo. \n    14.1 - Con la questione sollevata nell\u0027ambito del  IV  motivo  la\nparte ricorrente contesta la norma censurata per violazione  e  falsa\napplicazione dell\u0027art. 77,  comma  secondo,  della  Costituzione.  La\nricorrente contesta,  in  particolare,  la  sussistenza  dell\u0027addotta\nragione di straordinaria  necessita\u0027  e  urgenza  di  contrastare  il\nfenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola  in  ragione  del\nfatto  che,  posta  l\u0027esistenza  sul  territorio  nazionale  di   una\nsuperficie agricola totale di 16 milioni di ettari (di cui solo  12,5\nettari  utilizzati),  anche  nell\u0027ipotesi  in   cui   gli   obiettivi\nenergetici  nel  territorio  italiano  dovessero  essere  soddisfatti\nesclusivamente mediante la  sola  tecnologia  che  utilizza  pannelli\nfotovoltaici collocati a terra,  si  perverrebbe  a  un  utilizzo  di\nappena  lo  0,4%  della  superficie  agricola,  del  tutto  marginale\nrispetto ai 4 milioni di terreni agricoli abbandonati. \n    14.2 - L\u0027esame della pertinente giurisprudenza costituzionale non\nautorizza, tuttavia, l\u0027operazione compiuta dalla parte ricorrente. \n    Dall\u0027esame dell\u0027ampia casistica sottoposta alla Corte si  ricava,\nin primo luogo,  che  il  sindacato  relativo  alla  sussistenza  dei\nrequisiti di necessita\u0027 e urgenza e\u0027 circoscritto ai casi di evidente\nmancanza dei  presupposti  ovvero  di  manifesta  irragionevolezza  o\narbitrarieta\u0027  della  relativa  valutazione   (ex   plurimis,   Corte\ncostituzionale n. 170/2017, n. 287 del 2016, n. 72 del  2015,  n.  22\ndel 2012, n. 93 del 2011, n. 355 del 2010; n. 128 del  2008;  n.  171\ndel 2007). \n    Tale verifica viene,  inoltre,  condotta,  non  dissimilmente  da\nquanto accade per il sindacato del giudice amministrativo in  materia\ndi eccesso di potere, a partire da profili sintomatici, tra  i  quali\nassume preminente rilievo il riscontro (o  meno)  di  una  intrinseca\ncoerenza delle norme contenute nel decreto-legge dal punto  di  vista\noggettivo e/o funzionale. \n    Il presupposto del caso straordinario di  necessita\u0027  e  urgenza,\ninfatti, «inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come  un\ntutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza,  anche\nse articolato  e  differenziato  al  suo  interno.  La  scomposizione\natomistica   della   condizione   di   validita\u0027   prescritta   dalla\nCostituzione si pone in contrasto con il  necessario  legame  tra  il\nprovvedimento  legislativo  urgente  ed  il  caso  che  lo  ha   reso\nnecessario, trasformando il decreto-legge in una  congerie  di  norme\nassemblate soltanto  da  mera  casualita\u0027  temporale»  (Corte  Cost.,\nsentenza n. 22/2012). \n    14.3  -  L\u0027art.  5  del  decreto-legge   n.   63/2024   introduce\n«Disposizioni finalizzate a limitare l\u0027uso del suolo agricolo» ed  e\u0027\ninserito in un provvedimento normativo adottato considerando che  «la\nconcomitanza di congiunture avverse, quali il perdurare del conflitto\nin Ucraina e la  diffusione  di  fitopatie,  ha  indotto  il  settore\nprimario in una persistente situazione di crisi,  determinando  gravi\nripercussioni sul tessuto economico  e  sociale»,  onde  la  ritenuta\nnecessita\u0027 e urgenza di «emanare disposizioni finalizzate a garantire\nl\u0027approvvigionamento delle materie prime agricole e,  in  specie,  di\nquelle  funzionali  all\u0027esercizio  delle  attivita\u0027   di   produzione\nprimaria, a sostenere il lavoro agricolo e le filiere produttive,  in\nparticolare quella cerealicola, quella del kiwi, quella della pesca e\ndell\u0027acquacoltura», nonche\u0027 di «contrastare il fenomeno  del  consumo\ndel suolo a vocazione agricola». \n    Rispetto  a  tali   enunciati   presupposti   e   finalita\u0027,   la\ndisposizione   intesa   a   vietare   l\u0027installazione   di   impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra in  aree  agricole  non  si\npone  in  termini  di  manifesta  estraneita\u0027,   presentando   invece\nun\u0027intrinseca coerenza nell\u0027ambito di un  complesso  di  disposizioni\nfinalizzate al sostegno del settore agricolo. \n    14.4 - Gli elementi addotti dalla  ricorrente  a  sostegno  della\nritenuta insussistenza delle ragioni di  urgenza,  in  ragione  della\nlimitata porzione di territorio  che  potrebbe  essere  occupata  per\neffetto della realizzazione degli impianti oggetto del  divieto,  non\nconsentono di giungere  a  conclusioni  diverse,  costituendo  chiaro\nobiettivo dell\u0027intervento contestato quello di contrastare la sia pur\nminima riduzione del suolo a vocazione agricola: la  misura  adottata\ncostituisce, dunque, senz\u0027altro  sviluppo  delle  premesse,  che  non\nrisultano in alcun  modo  smentite  dalle  argomentazioni  spese  nel\nricorso. \n    14.5 - La questione di  illegittimita\u0027  costituzionale  sollevata\nnel IV motivo risulta, pertanto, manifestamente infondata. \n    15  -  Sulla  non  manifesta  infondatezza  delle  questioni   di\ncostituzionalita\u0027 sollevate con il V e il VI motivo. \n    15.1  -  A  conclusioni  diverse  occorre  giungere  quanto  agli\nulteriori dubbi di costituzionalita\u0027 sollevati nell\u0027ambito  del  V  e\ndel VI motivo, con  i  quali  la  parte  ricorrente  ha  in  sostanza\nlamentato: \n        la violazione dell\u0027art.  117,  commi  primo  e  terzo,  della\nCostituzione, in  relazione,  rispettivamente,  alla  direttiva  (UE)\n2018/2001 del Parlamento europeo e  del  Consiglio  dell\u002711  dicembre\n2018, sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti  rinnovabili  e\nall\u0027art.  12  del  decreto  legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387\n(attuazione della direttiva 2001/77/CE):  la  norma  contestata,  nel\nprevedere il divieto di  installazione  di  nuovi  impianti  FTV  con\nmoduli collocati a terra e il divieto di  aumentare  l\u0027estensione  di\nquelli esistenti nelle aree agricole, si porrebbe in contrasto con  i\nvincoli derivanti dall\u0027ordinamento europeo  e,  in  particolare,  con\nl\u0027obiettivo di garantire la massima diffusione  degli  impianti  FER,\nperseguito dalla direttiva 2009/28/CE,  dalla  direttiva  2001/77/CE,\nnonche\u0027 dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione  della  quale  e\u0027\nstato emanato il decreto legislativo n. 199/2021. \n    Sotto altro profilo, la norma si  porrebbe  in  contrasto  con  i\nprincipi  generali  dettati  in  materia  dallo  stesso   legislatore\nstatale, in attuazione delle direttive europee, e in particolare  con\nl\u0027art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del\nquale «Gli impianti  di  produzione  di  energia  elettrica,  di  cui\nall\u0027art. 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in\nzone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici», e  con  le\nLinee guida del 2010, introdotte in attuazione del  citato  art.  12,\nsecondo le quali le zone  classificate  agricole  dai  vigenti  piani\nurbanistici non possono essere genericamente considerate aree e  siti\nnon idonei e l\u0027individuazione delle aree e dei siti  non  idonei  non\npuo\u0027 riguardare porzioni significative del territorio; \n    la violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 9  Cost.,  dell\u0027art.\n15 della direttiva  (UE)  2018/2001  del  Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio  dell\u002711   dicembre   2018,   sulla   promozione   dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili, del principio di proporzionalita\u0027,\ndell\u0027art. 11 del TFUE, dell\u0027art. 41 Cost.: la scelta di introdurre un\ngenerale e indiscriminato  divieto  a  realizzare  impianti  FTV  con\nmoduli a terra  su  aree  urbanisticamente  campite  come  «agricole»\nrisulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la diffusione  delle\nfonti rinnovabili in modo  da  incidere  sugli  obiettivi  di  tutela\ndell\u0027ambiente   perseguiti,   dando   luogo    a    una    disciplina\nsproporzionata, in contrasto con il principio di  integrazione  delle\ntutele e con la stessa tutela dei valori ambientali. \n    15.2 - In primo luogo, il  Collegio  ritiene  che  la  disciplina\ncensurata presenti profili di contrasto con gli articoli  11  e  117,\ncomma 1, Cost., sotto il profilo del mancato  rispetto  «dei  vincoli\nderivanti  dall\u0027ordinamento  comunitario»  e,  in  particolare,   del\nprincipio di massima diffusione delle fonti di  energia  rinnovabili,\nderivante dalla normativa europea. \n    15.3 - Occorre al riguardo ricordare,  anzitutto,  che  ai  sensi\ndell\u0027art. 3, par. 5, TUE, «Nelle relazioni con  il  resto  del  mondo\nl\u0027Unione afferma e promuove i suoi valori e  interessi,  contribuendo\nalla protezione dei suoi cittadini» A  tal  fine  essa  «Contribuisce\n[...] allo sviluppo sostenibile della Terra». \n    L\u0027art. 6,  par.  1,  Trattato  sull\u0027Unione  europea  precisa  che\n\"L\u0027Unione riconosce i diritti, le liberta\u0027 e i principi sanciti nella\nCarta dei diritti fondamentali dell\u0027Unione  europea  del  7  dicembre\n2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo,  che  ha  lo  stesso\nvalore giuridico dei trattati». \n    Ai sensi dell\u0027art. 37 della Carta, «Un livello elevato di  tutela\ndell\u0027ambiente e il miglioramento della  sua  qualita\u0027  devono  essere\nintegrati nelle politiche dell\u0027Unione e  garantiti  conformemente  al\nprincipio dello sviluppo sostenibile». \n    L\u0027art. 11 Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea  esprime\nla medesima esigenza sancendo che «Le esigenze connesse con la tutela\ndell\u0027ambiente   devono   essere   integrate   nella   definizione   e\nnell\u0027attuazione delle politiche e azioni dell\u0027Unione, in  particolare\nnella  prospettiva  di  promuovere  lo  sviluppo  sostenibile»  (c.d.\nprincipio di integrazione). \n    Secondo l\u0027art. 191 TFUE,  «La  politica  dell\u0027Unione  in  materia\nambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: \n        salvaguardia,   tutela   e   miglioramento   della   qualita\u0027\ndell\u0027ambiente; \n        protezione della salute umana; \n        utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; \n        promozione sul piano internazionale  di  misure  destinate  a\nrisolvere i problemi dell\u0027ambiente a livello regionale o mondiale  e,\nin particolare, a combattere i cambiamenti climatici. \n    2. La politica  dell\u0027Unione  in  materia  ambientale  mira  a  un\nelevato livello di  tutela,  tenendo  conto  della  diversita\u0027  delle\nsituazioni nelle varie  regioni  dell\u0027Unione.  Essa  e\u0027  fondata  sui\nprincipi della precauzione e dell\u0027azione  preventiva,  sul  principio\ndella correzione, in via prioritaria alla fonte,  dei  danni  causati\nall\u0027ambiente, nonche\u0027 sul principio \"chi inquina paga\"». \n    Ai sensi dell\u0027art. 192, par. 1, TFUE, «Il Parlamento europeo e il\nConsiglio, deliberando secondo la procedura legislativa  ordinaria  e\nprevia consultazione del Comitato economico e sociale e del  Comitato\ndelle regioni, decidono in  merito  alle  azioni  che  devono  essere\nintraprese dall\u0027Unione per realizzare gli obiettivi dell\u0027art. 191». \n    L\u0027art.  194  Trattato  sul  funzionamento   dell\u0027Unione   europea\nstabilisce, a sua volta, che «Nel  quadro  dell\u0027instaurazione  o  del\nfunzionamento del mercato interno e tenendo  conto  dell\u0027esigenza  di\npreservare e  migliorare  l\u0027ambiente,  la  politica  dell\u0027Unione  nel\nsettore dell\u0027energia e\u0027 intesa, in uno spirito  di  solidarieta\u0027  tra\nStati  membri,  a   [...]   promuovere   il   risparmio   energetico,\nl\u0027efficienza  energetica  e  lo   sviluppo   di   energie   nuove   e\nrinnovabili». \n    15.4 - Protezione dell\u0027ambiente e promozione delle  c.d.  energie\nrinnovabili  costituiscono,  pertanto,  politiche  interdipendenti  e\nconnesse. \n    Come si ricava dalla giurisprudenza  della  Corte  di  giustizia,\nl\u0027uso  di  fonti  di  energia  rinnovabili  per  la   produzione   di\nelettricita\u0027  e\u0027  utile   alla   tutela   dell\u0027ambiente   in   quanto\ncontribuisce alla riduzione delle emissioni di gas  a  effetto  serra\nche compaiono tra le principali cause dei cambiamenti  climatici  che\nl\u0027Unione  europea  e  i  suoi  Stati  membri  si  sono  impegnati   a\ncontrastare. \n    L\u0027incremento  della  quota   di   rinnovabili   costituisce,   in\nparticolare, uno degli elementi  portanti  del  pacchetto  di  misure\nrichieste per ridurre tali emissioni e conformarsi al  protocollo  di\nKyoto, alla convenzione quadro delle Nazioni  Unite  sui  cambiamenti\nclimatici, nonche\u0027 agli altri impegni assunti a livello comunitario e\ninternazionale per la riduzione delle emissioni  dei  gas  a  effetto\nserra. Cio\u0027, peraltro, e\u0027 funzionale anche alla tutela della salute e\ndella vita delle persone e degli animali, nonche\u0027 alla  preservazione\ndei vegetali (cfr. le sentenze 1.7.2014, C-573/12, 78 ss., e 13 marzo\n2001, C-379/98, 73 ss.). \n    15.5 - La Corte di giustizia ha peraltro precisato che l\u0027art. 191\nTrattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea si limita  a  definire\ngli obiettivi generali  dell\u0027Unione  in  materia  ambientale,  mentre\nl\u0027art. 192 Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea  affida  al\nParlamento europeo e al Consiglio dell\u0027Unione europea il  compito  di\ndecidere le azioni da avviare al fine  del  raggiungimento  di  detti\nobiettivi. \n    Di conseguenza, l\u0027art. 191 Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea non puo\u0027 essere invocato in quanto tale dai privati  al  fine\ndi escludere l\u0027applicazione di una normativa nazionale emanata in una\nmateria  rientrante  nella  politica  ambientale   quando   non   sia\napplicabile nessuna normativa dell\u0027Unione adottata in  base  all\u0027art.\n192  TFUE;  viceversa,  l\u0027art.   191   Trattato   sul   funzionamento\ndell\u0027Unione  europea  assume   rilevanza   allorquando   esso   trovi\nattuazione  nel  diritto  derivato  (cfr.  CGUE,  sentenza  4.3.2015,\nC-534/13, 39 ss.). \n    15.6 - Disposizioni sulla promozione  dell\u0027energia  elettrica  da\nfonti energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell\u0027art. 175  TCE\n(ora  192  TFUE),  sono  state  introdotte  gia\u0027  con  la   direttiva\n2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio  del  27.9.2001  e,\nsuccessivamente, con la Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e\ndel Consiglio del 23.4.2009. \n    15.7 - Con la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento  europeo  e\ndel Consiglio dell\u002711 dicembre 2018 si e\u0027 proceduto alla rifusione  e\nalla  modifica   delle   disposizioni   contenute   nella   direttiva\n2009/28/CE. \n    Nel dettare la relativa  disciplina  e\u0027  stato  considerato,  tra\nl\u0027altro, che: \n        «[...] \n        (2) Ai sensi dell\u0027art. 194, paragrafo  1,  del  trattato  sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea (TFUE), la promozione  delle  forme\ndi energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della\npolitica energetica dell\u0027Unione. Tale obiettivo e\u0027  perseguito  dalla\npresente  direttiva.  Il  maggiore  ricorso  all\u0027energia   da   fonti\nrinnovabili  o  all\u0027energia   rinnovabile   costituisce   una   parte\nimportante  del  pacchetto  di  misure  necessarie  per  ridurre   le\nemissioni di gas  a  effetto  serra  e  per  rispettare  gli  impegni\ndell\u0027Unione  nel  quadro  dell\u0027accordo  di  Parigi   del   2015   sui\ncambiamenti climatici, a seguito della  21ª  Conferenza  delle  parti\ndella  Convenzione  quadro  delle  Nazioni  Unite   sui   cambiamenti\nclimatici (\"accordo  di  Parigi\"),  e  il  quadro  per  le  politiche\ndell\u0027energia e del clima  all\u0027orizzonte  2030,  compreso  l\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione di ridurre  le  emissioni  di  almeno  il  40%\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L\u0027obiettivo vincolante in\nmateria di energie rinnovabili a livello dell\u0027Unione per il 2030 e  i\ncontributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote  di\nriferimento in relazione ai rispettivi obiettivi  nazionali  generali\nper il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per\nla politica energetica e ambientale dell\u0027Unione [...]. \n        (3) Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti rinnovabili puo\u0027\nsvolgere  una  funzione  indispensabile  anche  nel   promuovere   la\nsicurezza  degli   approvvigionamenti   energetici,   nel   garantire\nun\u0027energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo\ntecnologico e l\u0027innovazione,  oltre  alla  leadership  tecnologica  e\nindustriale, offrendo nel contempo  vantaggi  ambientali,  sociali  e\nsanitari, come pure nel creare numerosi posti di  lavoro  e  sviluppo\nregionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o\nnei territori a bassa densita\u0027  demografica  o  soggetti  a  parziale\ndeindustrializzazione. \n        (4) In particolare, la riduzione del  consumo  energetico,  i\nmaggiori  progressi  tecnologici,  gli  incentivi  all\u0027uso   e   alla\ndiffusione  dei  trasporti  pubblici,   il   ricorso   a   tecnologie\nenergeticamente efficienti e la promozione dell\u0027utilizzo  di  energia\nrinnovabile nei settori dell\u0027energia elettrica, del  riscaldamento  e\ndel raffrescamento, cosi\u0027 come in quello dei trasporti sono strumenti\nmolto efficaci, assieme alle  misure  di  efficienza  energetica  per\nridurre le emissioni a effetto serra nell\u0027Unione e la sua  dipendenza\nenergetica. \n        (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro  normativo\nper la promozione dell\u0027utilizzo di energia da fonti  rinnovabili  che\nfissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota  di  energia\nrinnovabile nel consumo energetico e nel  settore  dei  trasporti  da\nraggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del  22\ngennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell\u0027energia e  del\nclima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro  per  le\nfuture politiche dell\u0027Unione nei settori dell\u0027energia e del  clima  e\nha promosso un\u0027intesa comune sulle  modalita\u0027  per  sviluppare  dette\npolitiche dopo il 2020. La Commissione  ha  proposto  come  obiettivo\ndell\u0027Unione una quota di energie  rinnovabili  consumate  nell\u0027Unione\npari ad almeno il  27  %  entro  il  2030.  Tale  proposta  e\u0027  stata\nsostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre\n2014, le quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare\ni  propri  obiettivi  nazionali  piu\u0027  ambiziosi,  per  realizzare  i\ncontributi all\u0027obiettivo dell\u0027Unione per il 2030 da essi  pianificati\ne andare oltre. \n        (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del  5  febbraio\n2014,  «Un  quadro  per  le  politiche  dell\u0027energia  e   del   clima\nall\u0027orizzonte 2030», e del 23  giugno  2016,  «I  progressi  compiuti\nnell\u0027ambito  delle  energie  rinnovabili»,  si  e\u0027  spinto  oltre  la\nproposta  della  Commissione  o   le   conclusioni   del   Consiglio,\nsottolineando che, alla luce dell\u0027accordo di Parigi e  delle  recenti\nriduzioni del costo delle  tecnologie  rinnovabili,  era  auspicabile\nessere molto piu\u0027 ambiziosi. \n        [...] \n        (8)  Appare  pertanto  opportuno   stabilire   un   obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione in relazione alla quota di  energia  da  fonti\nrinnovabili pari almeno al  32%.  Inoltre,  la  Commissione  dovrebbe\nvalutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo  alla  luce\ndi sostanziali  riduzioni  del  costo  della  produzione  di  energia\nrinnovabile, degli impegni internazionali dell\u0027Unione a favore  della\ndecarbonizzazione o in caso di  un  significativo  calo  del  consumo\nenergetico nell\u0027Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro\ncontributo  al  conseguimento  di  tale  obiettivo  nell\u0027ambito   dei\nrispettivi piani nazionali integrati per  l\u0027energia  e  il  clima  in\napplicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)\n2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. \n        [...] \n        (10) Al fine di garantire  il  consolidamento  dei  risultati\nconseguiti  ai  sensi  della  direttiva  2009/28/CE,  gli   obiettivi\nnazionali  stabiliti  per  il  2020   dovrebbero   rappresentare   il\ncontributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030.  In\nnessun caso le quote nazionali delle energie  rinnovabili  dovrebbero\nscendere al di sotto di tali contributi. [...]. \n        (11) Gli Stati membri dovrebbero  adottare  ulteriori  misure\nqualora la quota di energie  rinnovabili  a  livello  di  Unione  non\npermettesse di mantenere la traiettoria dell\u0027Unione verso l\u0027obiettivo\ndi  almeno  il  32%  di  energie  rinnovabili.  Come  stabilito   nel\nregolamento (UE)  2018/1999,  se,  nel  valutare  i  piani  nazionali\nintegrati in materia di energia e  clima,  ravvisa  un  insufficiente\nlivello di ambizione, la Commissione puo\u0027 adottare misure  a  livello\ndell\u0027Unione per assicurare il conseguimento dell\u0027obiettivo.  Se,  nel\nvalutare le relazioni intermedie nazionali integrate  sull\u0027energia  e\nil clima, la Commissione ravvisa  progressi  insufficienti  verso  la\nrealizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero  applicare\nle misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare  tale\nlacuna». \n    Le richiamate rationes hanno condotto a introdurre, tra  l\u0027altro,\nun obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione per il 2030 (art. 3),\nper cui «Gli Stati membri provvedono collettivamente a far si\u0027 che la\nquota di energia da fonti rinnovabili nel  consumo  finale  lordo  di\nenergia dell\u0027Unione nel 2030 sia almeno pari al 32%.  La  Commissione\nvaluta tale obiettivo al fine  di  presentare,  entro  il  2023,  una\nproposta  legislativa  intesa  a  rialzarlo  nel  caso  di  ulteriori\nsostanziali  riduzioni  dei  costi  della   produzione   di   energia\nrinnovabile,  se  risulta  necessario  per  rispettare  gli   impegni\ninternazionali dell\u0027Unione a favore della decarbonizzazione o  se  il\nrialzo  e\u0027  giustificato  da  un  significativo  calo   del   consumo\nenergetico nell\u0027Unione», con la  precisazione  che  «Se,  sulla  base\ndella valutazione delle proposte dei piani  nazionali  integrati  per\nl\u0027energia e il clima, presentati ai sensi dell\u0027art. 9 del regolamento\n(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che  i  contributi  nazionali\ndegli Stati membri sono insufficienti per conseguire  collettivamente\nl\u0027obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione, la Commissione  segue\nla procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». \n    15.8 - Il regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del\nConsiglio del 30 giugno 2021, adottato in forza dell\u0027art.  192  TFUE,\nha  istituito  un  quadro  per  il  conseguimento  della  neutralita\u0027\nclimatica, nel presupposto che: \n        «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici\nrichiede una maggiore ambizione e un\u0027intensificazione dell\u0027azione per\nil clima da parte dell\u0027Unione e degli Stati membri.  L\u0027Unione  si  e\u0027\nimpegnata a potenziare gli  sforzi  per  far  fronte  ai  cambiamenti\nclimatici  e  a  dare  attuazione  all\u0027accordo  di  Parigi   adottato\nnell\u0027ambito  della  Convenzione  quadro  delle  Nazioni   Unite   sui\ncambiamenti  climatici  (\"accordo  di  Parigi\"),  guidata  dai   suoi\nprincipi  e  sulla  base  delle  migliori   conoscenze   scientifiche\ndisponibili, nel contesto dell\u0027obiettivo  a  lungo  termine  relativo\nalla temperatura previsto dall\u0027accordo di Parigi. \n        [...] \n        (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e\u0027 fondamentale  per\ncontribuire alla trasformazione economica e sociale,  alla  creazione\ndi posti di lavoro di alta qualita\u0027, alla crescita sostenibile  e  al\nconseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile  delle  Nazioni\nUnite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto\ndi vista sociale, equo e in  modo  efficiente  in  termini  di  costi\nl\u0027obiettivo  a  lungo  termine  relativo  alla  temperatura  di   cui\nall\u0027accordo di Parigi. \n        [...] \n        (9) L\u0027azione per il clima dell\u0027Unione e  degli  Stati  membri\nmira  a  tutelare  le  persone  e  il  pianeta,  il   benessere,   la\nprosperita\u0027,   l\u0027economia,   la   salute,   i   sistemi   alimentari,\nl\u0027integrita\u0027 degli ecosistemi e la biodiversita\u0027 contro  la  minaccia\ndei  cambiamenti  climatici,  nel  contesto  dell\u0027agenda  2030  delle\nNazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nel  perseguimento  degli\nobiettivi dell\u0027accordo di Parigi;  mira  inoltre  a  massimizzare  la\nprosperita\u0027 entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza  e\nridurre la vulnerabilita\u0027 della societa\u0027 ai cambiamenti climatici. In\nquest\u0027ottica, le azioni dell\u0027Unione e degli Stati  membri  dovrebbero\nessere guidate dal principio di  precauzione  e  dal  principio  «chi\ninquina paga», istituiti dal trattato sul  funzionamento  dell\u0027Unione\neuropea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell\u0027efficienza\nenergetica al primo posto e del principio del «non nuocere» del Green\nDeal europeo. \n        [...] \n        (11) Vista l\u0027importanza della produzione  e  del  consumo  di\nenergia per il livello di  emissioni  di  gas  a  effetto  serra,  e\u0027\nindispensabile realizzare la transizione verso un sistema  energetico\nsicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato  sulla  diffusione\ndelle energie rinnovabili, su un  mercato  interno  dell\u0027energia  ben\nfunzionante e sul miglioramento dell\u0027efficienza energetica, riducendo\nnel  contempo  la  poverta\u0027  energetica.  Anche   la   trasformazione\ndigitale, l\u0027innovazione tecnologica, la ricerca e  lo  sviluppo  sono\nfattori  importanti  per  conseguire  l\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027\nclimatica. \n        [...] \n        (20) L\u0027Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro  il  2050,\nun equilibrio all\u0027interno dell\u0027Unione tra le emissioni antropogeniche\ndalle fonti e gli assorbimenti antropogenici  dai  pozzi  dei  gas  a\neffetto  serra  di  tutti  i  settori  economici  e,  ove  opportuno,\nraggiungere emissioni negative in seguito.  Tale  obiettivo  dovrebbe\ncomprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a\nlivello dell\u0027Unione regolamentati nel diritto dell\u0027Unione. [...] \n        [...] \n        (25) La transizione verso la neutralita\u0027 climatica presuppone\ncambiamenti  nell\u0027intero  spettro  delle  politiche  e   uno   sforzo\ncollettivo di tutti i settori dell\u0027economia e  della  societa\u0027,  come\nevidenziato nel Green  Deal  europeo.  Il  Consiglio  europeo,  nelle\nconclusioni  del  12  dicembre  2019,  ha  dichiarato  che  tutte  le\nnormative e politiche pertinenti dell\u0027Unione devono  essere  coerenti\ncon il conseguimento dell\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027  climatica  e\ncontribuirvi, nel rispetto della parita\u0027 di condizioni, e ha invitato\nla Commissione a valutare se cio\u0027 richieda un adeguamento delle norme\nvigenti. \n        [...] \n        (36) Al fine di garantire che l\u0027Unione  e  gli  Stati  membri\nrestino  sulla  buona  strada  per   conseguire   l\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica e  registrino  progressi  nell\u0027adattamento,  e\u0027\nopportuno  che  la  Commissione  valuti  periodicamente  i  progressi\ncompiuti,  sulla  base  delle  informazioni  di   cui   al   presente\nregolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma\ndel regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso  in  cui  i  progressi\ncollettivi compiuti dagli Stati membri rispetto  all\u0027obiettivo  della\nneutralita\u0027 climatica o all\u0027adattamento siano insufficienti o che  le\nmisure dell\u0027Unione siano incoerenti con l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica o inadeguate per migliorare la  capacita\u0027  di  adattamento,\nrafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita\u0027, la  Commissione\ndovrebbe adottare le misure  necessarie  conformemente  ai  trattati.\n[...]» \n    Il regolamento ha quindi sancito (art. 1) «l\u0027obiettivo vincolante\ndella neutralita\u0027 climatica  nell\u0027Unione  entro  il  2050,  in  vista\ndell\u0027obiettivo a lungo  termine  relativo  alla  temperatura  di  cui\nall\u0027art.  2,  paragrafo  1,  lettera  a),  dell\u0027accordo  di  Parigi»,\nprecisando  che,  onde  conseguire  tale  obiettivo,  «il   traguardo\nvincolante dell\u0027Unione in materia di clima per il  2030  consiste  in\nuna riduzione interna netta delle emissioni di gas  a  effetto  serra\n(emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55% rispetto  ai\nlivelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). \n    Ai sensi dell\u0027art. 5 del regolamento «Le  istituzioni  competenti\ndell\u0027Unione e gli Stati membri assicurano il costante  progresso  nel\nmiglioramento della capacita\u0027 di adattamento, nel rafforzamento della\nresilienza e nella  riduzione  della  vulnerabilita\u0027  ai  cambiamenti\nclimatici  in  conformita\u0027  dell\u0027art.  7  dell\u0027accordo  di   Parigi»,\ngarantendo inoltre  che  «le  politiche  in  materia  di  adattamento\nnell\u0027Unione e  negli  Stati  membri  siano  coerenti,  si  sostengano\nreciprocamente, comportino  benefici  collaterali  per  le  politiche\nsettoriali e si  adoperino  per  integrare  meglio  l\u0027adattamento  ai\ncambiamenti climatici in tutti i settori di intervento,  comprese  le\npertinenti politiche e azioni in ambito socioeconomico e  ambientale,\nse del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna dell\u0027Unione».  A  tal  fine,\n«Gli Stati membri adottano e attuano strategie e piani  nazionali  di\nadattamento,    tenendo    conto    della    strategia    dell\u0027Unione\nsull\u0027adattamento ai cambiamenti climatici [...] e fondati su  analisi\nrigorose in materia di cambiamenti  climatici  e  di  vulnerabilita\u0027,\nsulle valutazioni  dei  progressi  compiuti  e  sugli  indicatori,  e\nbasandosi  sulle  migliori  e  piu\u0027  recenti  evidenze   scientifiche\ndisponibili. Nelle loro strategie nazionali di adattamento, gli Stati\nmembri tengono conto della particolare vulnerabilita\u0027 dei  pertinenti\nsettori, tra cui l\u0027agricoltura, e dei  sistemi  idrici  e  alimentari\nnonche\u0027 della sicurezza alimentare,  e  promuovono  soluzioni  basate\nsulla natura e  l\u0027adattamento  basato  sugli  ecosistemi.  Gli  Stati\nmembri   aggiornano   periodicamente   le   strategie   e   includono\ninformazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono tenuti  a\npresentare a norma dell\u0027art. 19, paragrafo 1,  del  regolamento  (UE)\n2018/1999». \n    15.9 - La direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo  e  del\nConsiglio  del  18  ottobre  2023   ha   introdotto,   tra   l\u0027altro,\ndisposizioni volte a  modificare  la  direttiva  (UE)  2018/2001,  il\nregolamento (UE) 2018/1999 e la  direttiva  n.  98/70/CE  per  quanto\nriguarda   la   promozione   dell\u0027energia   da   fonti   rinnovabili,\nevidenziando che: \n        «[...] \n        (2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nel\nconseguimento di tali  obiettivi,  dato  che  il  settore  energetico\ncontribuisce attualmente per oltre il 75% alle  emissioni  totali  di\ngas a effetto serra nell\u0027Unione. Riducendo tali emissioni  di  gas  a\neffetto serra, le energie rinnovabili possono  anche  contribuire  ad\naffrontare sfide ambientali come la perdita  di  biodiversita\u0027,  e  a\nridurre l\u0027inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione\ndella Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo \"Un percorso  verso\nun pianeta piu\u0027 sano  per  tutti  -  Piano  d\u0027azione  dell\u0027UE:  Verso\nl\u0027inquinamento zero per l\u0027aria, l\u0027acqua e il suolo\".  La  transizione\nverde verso un\u0027economia basata sulle  energie  da  fonti  rinnovabili\ncontribuira\u0027 a conseguire gli obiettivi della decisione (UE) 2022/591\ndel  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  che  mira  altresi\u0027   a\nproteggere,  ripristinare  e  migliorare  lo   stato   dell\u0027ambiente,\nmediante, tra l\u0027altro, l\u0027interruzione e l\u0027inversione del processo  di\nperdita di biodiversita\u0027. [...]. \n        (4)   Il   contesto   generale   determinato   dall\u0027invasione\ndell\u0027Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia  di\nCOVID-19  ha   provocato   un\u0027impennata   dei   prezzi   dell\u0027energia\nnell\u0027intera  Unione,  evidenziando  in  tal  modo  la  necessita\u0027  di\naccelerare l\u0027efficienza energetica e accrescere l\u0027uso  delle  energie\nda fonti rinnovabili nell\u0027Unione. Al fine di conseguire l\u0027obiettivo a\nlungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi  terzi,\nl\u0027Unione dovrebbe concentrarsi sull\u0027accelerazione  della  transizione\nverde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione  delle\nemissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili\nfossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i  cittadini  e\nle imprese dell\u0027Unione in tutti i settori dell\u0027economia. \n        (5) Il piano REPowerEU stabilito  nella  comunicazione  della\nCommissione del 18 maggio 2022 («piano  REPowerEU»)  mira  a  rendere\nl\u0027Unione indipendente dai combustibili fossili russi  ben  prima  del\n2030. Tale  comunicazione  prevede  l\u0027anticipazione  delle  capacita\u0027\neolica e solare, un aumento del tasso medio  di  diffusione  di  tale\nenergia e capacita\u0027 supplementari di  energia  da  fonti  rinnovabili\nentro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili\nrinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i  colegislatori\na valutare la possibilita\u0027 di innalzare o  anticipare  gli  obiettivi\nfissati per l\u0027aumento della quota  di  energia  rinnovabile  nel  mix\nenergetico. [...] Al di la\u0027 di tale livello obbligatorio,  gli  Stati\nmembri   dovrebbero   adoperarsi   per   conseguire   collettivamente\nl\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione  del  45%  di  energia  da  fonti\nrinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. \n        (6)  [...]  E\u0027  auspicabile  che  gli  Stati  membri  possano\ncombinare diverse fonti di energia non fossili al fine di  conseguire\nl\u0027obiettivo dell\u0027Unione di raggiungere la neutralita\u0027 climatica entro\nil 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze  nazionali  e\ndella  struttura  delle  loro  forniture  energetiche.  Al  fine   di\nrealizzare tale obiettivo, la diffusione dell\u0027energia rinnovabile nel\nquadro del piu\u0027 elevato  obiettivo  generale  vincolante  dell\u0027Unione\ndovrebbe iscriversi negli sforzi complementari  di  decarbonizzazione\nche comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili  che\ngli Stati membri decidono di perseguire. \n        [...] \n        (25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere  una  piu\u0027  rapida\ndiffusione di progetti in materia di energia rinnovabile  effettuando\nuna mappatura coordinata per la diffusione delle energie  rinnovabili\ne per le relative  infrastrutture,  in  coordinamento  con  gli  enti\nlocali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare  le  zone\nterrestri, le superfici, le zone  sotterranee,  le  acque  interne  e\nmarine necessarie per l\u0027installazione degli impianti di produzione di\nenergia rinnovabile e per  le  relative  infrastrutture  al  fine  di\napportare almeno  i  rispettivi  contributi  nazionali  all\u0027obiettivo\ncomplessivo riveduto in materia di energia da fonti  rinnovabili  per\nil 2030  di  cui  all\u0027art.  3,  paragrafo  1,  della  direttiva  (UE)\n2018/2001  e  a  sostegno  del  conseguimento  dell\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica entro e non oltre il 2050, in  conformita\u0027  del\nregolamento  (UE)  2021/1119.  [...].  Gli  Stati  membri  dovrebbero\ngarantire  che  le  zone  in  questione  riflettano   le   rispettive\ntraiettorie stimate e la  potenza  totale  installata  pianificata  e\ndovrebbero individuare le zone  specifiche  per  i  diversi  tipi  di\ntecnologia di produzione di energia rinnovabile  stabilite  nei  loro\npiani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima presentati a norma\ndegli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. \n        [...]. \n        (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme\ndi  tali  aree,  specifiche  zone  terrestri  (comprese  superfici  e\nsottosuperfici)  e  marine  o  delle  acque  interne  come  zone   di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere\nparticolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in  materia\ndi energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi  di  tecnologia,\nsulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di  energia\nda fonti rinnovabili non dovrebbe comportare  un  impatto  ambientale\nsignificativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per  le\nenergie rinnovabili, gli Stati  membri  dovrebbero  evitare  le  zone\nprotette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune\nmisure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero  poter  designare\nzone di accelerazione specificamente per le energie  rinnovabili  per\nuno o piu\u0027 tipi di impianti di produzione di  energia  rinnovabile  e\ndovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti  rinnovabili\nadatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Gli Stati  membri  dovrebbero  designare  tali  zone  di\naccelerazione per le  energie  rinnovabili  per  almeno  un  tipo  di\ntecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per\nle energie rinnovabili, alla luce delle specificita\u0027 e dei  requisiti\ndel tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono  zone  di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Cosi\u0027  facendo,  gli  Stati\nmembri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni  combinate\ndi tali zone siano  sostanziali  e  contribuiscano  al  conseguimento\ndegli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. \n        (27) L\u0027uso polivalente dello  spazio  per  la  produzione  di\nenergia rinnovabile e per  altre  attivita\u0027  terrestri,  delle  acque\ninterne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il\nripristino della natura, allentano i vincoli d\u0027uso del  suolo,  delle\nacque  interne  e  del  mare.  In  tale  contesto  la  pianificazione\nterritoriale  rappresenta  uno  strumento  indispensabile   con   cui\nindividuare e orientare precocemente le sinergie per l\u0027uso del suolo,\ndelle  acque  interne  e  del  mare.  Gli  Stati  membri   dovrebbero\nesplorare,  consentire  e  favorire  l\u0027uso  polivalente  delle   zone\nindividuate a seguito delle  misure  di  pianificazione  territoriali\nadottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che gli Stati membri  agevolino,\nove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare,  purche\u0027\ni diversi usi e attivita\u0027 siano compatibili tra  di  loro  e  possano\ncoesistere. \n        [...] \n        (36) In considerazione  della  necessita\u0027  di  accelerare  la\ndiffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione  delle\nzone  di  accelerazione  per  le  energie  rinnovabili  non  dovrebbe\nimpedire la realizzazione in corso e futura di  progetti  di  energia\nrinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione.  Questi\nprogetti  dovrebbero   continuare   a   sottostare   all\u0027obbligo   di\nvalutazione specifica dell\u0027impatto ambientale a norma della direttiva\n2011/92/UE, ed essere  soggetti  alle  procedure  di  rilascio  delle\nautorizzazioni  applicabili  ai  progetti  in  materia   di   energia\nrinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le  energie\nrinnovabili.  Per  accelerare  le   procedure   di   rilascio   delle\nautorizzazioni nella misura necessaria a  conseguire  l\u0027obiettivo  di\nenergia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE)  2018/2001,  anche\nle procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti\nfuori  dalle  zone  di  accelerazione  per  le  energie   rinnovabili\ndovrebbero   essere   semplificate   e   razionalizzate    attraverso\nl\u0027introduzione di scadenze massime chiare per  tutte  le  fasi  della\nprocedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese  le  valutazioni\nambientali specifiche per ciascun progetto». \n    15.10 - In ragione  delle  considerazioni  sopra  richiamate,  la\ndirettiva ha introdotto, tra  l\u0027altro,  disposizioni  in  materia  di\nmappatura  delle  zone  necessarie   per   i   contributi   nazionali\nall\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile  per  il\n2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche\u0027 di\nprocedure   amministrative   per   il   rilascio    delle    relative\nautorizzazioni. \n    15.11 - Il regolamento (UE) 2018/1999 del  Parlamento  europeo  e\ndel Consiglio  dell\u002711  dicembre  2018,  adottato  sulla  base  degli\narticoli 192 e 194 TFUE, stabilisce la  necessaria  base  legislativa\nper una governance dell\u0027Unione  dell\u0027energia  e  dell\u0027azione  per  il\nclima affidabile, inclusiva, efficace sotto  il  profilo  dei  costi,\ntrasparente e  prevedibile  che  garantisca  il  conseguimento  degli\nobiettivi e dei traguardi a lungo termine fino  al  2030  dell\u0027Unione\ndell\u0027energia,  in  linea  con  l\u0027accordo  di  Parigi  del  2015   sui\ncambiamenti climatici derivante dalla 21a Conferenza delle parti alla\nConvenzione quadro delle Nazioni  Unite  sui  cambiamenti  climatici,\nattraverso  sforzi  complementari,  coerenti  e  ambiziosi  da  parte\ndell\u0027Unione  e  degli  Stati  membri,   limitando   la   complessita\u0027\namministrativa. \n    Nel  configurare  tale  meccanismo  e\u0027  stato   considerato,   in\nparticolare, che: \n        «(2)   L\u0027Unione   dell\u0027energia   dovrebbe   coprire    cinque\ndimensioni: la sicurezza energetica; il mercato interno dell\u0027energia;\nl\u0027efficienza  energetica;  il  processo  di   decarbonizzazione;   la\nricerca, l\u0027innovazione e la competitivita\u0027. \n        (3)  L\u0027obiettivo  di  un\u0027Unione  dell\u0027energia  resiliente   e\narticolata intorno a una  politica  ambiziosa  per  il  clima  e\u0027  di\nfornire ai consumatori  dell\u0027UE  -  comprese  famiglie  e  imprese  -\nenergia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e  di\npromuovere la ricerca e l\u0027innovazione  attraendo  investimenti;  cio\u0027\nrichiede una radicale trasformazione del sistema energetico  europeo.\nTale trasformazione e\u0027 inoltre strettamente connessa alla  necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere  l\u0027utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse\nnaturali, in particolare  promuovendo  l\u0027efficienza  energetica  e  i\nrisparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia  rinnovabile\n[...]. \n        [...] \n        (7) L\u0027obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno  il\n40% delle emissioni di gas a  effetto  serra  nel  sistema  economico\nentro il 2030, rispetto ai livelli del  1990,  e\u0027  stato  formalmente\napprovato in occasione del Consiglio «Ambiente»  del  6  marzo  2015,\nquale  contributo   previsto   determinato   a   livello   nazionale,\ndell\u0027Unione e dei suoi Stati membri all\u0027accordo di Parigi.  L\u0027accordo\ndi Parigi e\u0027 stato ratificato dall\u0027Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e\u0027\nentrato  in  vigore  il  4  novembre  2016;  sostituisce  l\u0027approccio\nadottato nell\u0027ambito del protocollo di Kyoto del 1997, che  e\u0027  stato\napprovato dall\u0027Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio\n(7) e che non sara\u0027 prorogato dopo il 2020. E\u0027  opportuno  aggiornare\ndi conseguenza il  sistema  dell\u0027Unione  per  il  monitoraggio  e  la\ncomunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas  a  effetto\nserra. \n        (8) L\u0027accordo di Parigi ha innalzato il livello di  ambizione\nglobale  relativo  alla  mitigazione  dei  cambiamenti  climatici   e\nstabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con  l\u0027obiettivo  di\nmantenere l\u0027aumento della temperatura mondiale media ben al di  sotto\ndi 2 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali  e  di  continuare  ad\nadoperarsi per limitare tale  aumento  della  temperatura  a  1,5  °C\nrispetto ai livelli preindustriali. \n        [...] \n        (12) Nelle conclusioni del 23  e  del  24  ottobre  2014,  il\nConsiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare  un  sistema  di\ngovernance affidabile, trasparente,  privo  di  oneri  amministrativi\nsuperflui e con una sufficiente flessibilita\u0027 per  gli  Stati  membri\nper contribuire a garantire che l\u0027Unione rispetti i suoi obiettivi di\npolitica energetica, nel pieno rispetto della  liberta\u0027  degli  Stati\nmembri di stabilire il proprio mix energetico [...] \n        [...] \n        (18) Il principale obiettivo  del  meccanismo  di  governance\ndovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento  degli\nobiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, in particolare gli obiettivi  del\nquadro 2030 per il clima e l\u0027energia,  nei  settori  della  riduzione\ndelle emissioni dei gas a  effetto  serra,  delle  fonti  di  energia\nrinnovabili e dell\u0027efficienza  energetica.  Tali  obiettivi  derivano\ndalla politica dell\u0027Unione in materia di energia e  dalla  necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere  l\u0027utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse\nnaturali, come previsto nei trattati. Nessuno  di  questi  obiettivi,\ntra loro inscindibili, puo\u0027 essere  considerato  secondario  rispetto\nall\u0027altro. Il presente regolamento e\u0027 quindi legato alla legislazione\nsettoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di  energia\ne  di  clima.  Gli  Stati  membri  devono  poter  scegliere  in  modo\nflessibile le  politiche  che  meglio  si  adattano  alle  preferenze\nnazionali e al loro mix energetico, purche\u0027  tale  flessibilita\u0027  sia\ncompatibile    con    l\u0027ulteriore    integrazione    del     mercato,\nl\u0027intensificazione  della   concorrenza,   il   conseguimento   degli\nobiettivi in materia di clima ed energia e il  passaggio  graduale  a\nun\u0027economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. \n        [...] \n        (36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a  lungo\ntermine con una prospettiva di almeno  30  anni  per  contribuire  al\nconseguimento degli impegni da loro assunti ai  sensi  dell\u0027UNFCCC  e\nall\u0027accordo di Parigi, nel contesto  dell\u0027obiettivo  dell\u0027accordo  di\nParigi di mantenere l\u0027aumento della temperatura media mondiale ben al\ndi sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per\nlimitare tale aumento a 1,5 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali\nnonche\u0027 delle riduzioni a lungo termine  delle  emissioni  di  gas  a\neffetto serra e dell\u0027aumento dell\u0027assorbimento dai pozzi in  tutti  i\nsettori in linea con l\u0027obiettivo dell\u0027Unione [...]. \n        (56)  Se  l\u0027ambizione  dei  piani  nazionali  integrati   per\nl\u0027energia e il clima, o dei loro aggiornamenti,  fosse  insufficiente\nper  il  raggiungimento  collettivo   degli   obiettivi   dell\u0027Unione\ndell\u0027energia  e,  nel  primo   periodo,   in   particolare   per   il\nraggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile\ne di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a\nlivello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo  di\ntali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali  «divari  di\nambizione»). Qualora i progressi dell\u0027Unione verso tali  obiettivi  e\ntraguardi fossero insufficienti a garantirne  il  raggiungimento,  la\nCommissione dovrebbe, oltre  a  formulare  raccomandazioni,  proporre\nmisure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure\ngli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per  garantire\nil  raggiungimento  di  detti  obiettivi,  colmando  cosi\u0027  eventuali\n«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero  altresi\u0027  tenere\nconto degli sforzi  pregressi  dagli  Stati  membri  per  raggiungere\nl\u0027obiettivo 2030 relativo all\u0027energia rinnovabile ottenendo, nel 2020\no prima di tale anno, una  quota  di  energia  da  fonti  rinnovabili\nsuperiore al loro obiettivo nazionale vincolante  oppure  realizzando\nprogressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per  il\n2020 o nell\u0027attuazione del loro contributo  all\u0027obiettivo  vincolante\ndell\u0027Unione di almeno il 32 % di energia  rinnovabile  nel  2030.  In\nmateria di energia rinnovabile, le  misure  possono  includere  anche\ncontributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati  a  un\nmeccanismo  di  finanziamento  dell\u0027energia  rinnovabile  nell\u0027Unione\ngestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire  ai  progetti\nsull\u0027energia rinnovabile piu\u0027 efficienti in termini di costi in tutta\nl\u0027Unione,  offrendo  cosi\u0027  agli  Stati  membri  la  possibilita\u0027  di\ncontribuire al  conseguimento  dell\u0027obiettivo  dell\u0027Unione  al  minor\ncosto possibile. Gli obiettivi  degli  Stati  membri  in  materia  di\nrinnovabili per  il  2020  dovrebbero  servire  come  quota  base  di\nriferimento di energia rinnovabile a partire dal  2021  e  dovrebbero\nessere mantenuti per tutto  il  periodo.  In  materia  di  efficienza\nenergetica,  le  misure  aggiuntive  possono  mirare  soprattutto   a\nmigliorare l\u0027efficienza di prodotti, edifici e trasporti. \n        (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di\nenergia  rinnovabile  per  il  2020,  di  cui  all\u0027allegato  I  della\ndirettiva (UE) 2018/2001 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,\ndovrebbero servire come punto di partenza  per  la  loro  traiettoria\nindicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che  uno\nStato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza\npiu\u0027 elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo,  una\nquota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente  parte  della\ndirettiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo,  la  quota\ndi energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo  di  energia\ndi ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota\nbase di riferimento. \n        (58) Se uno Stato  membro  non  mantiene  la  quota  base  di\nriferimento  misurata  in  un  periodo  di  un  anno,  esso  dovrebbe\nadottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il  divario\nrispetto allo scenario di riferimento. Qualora  abbia  effettivamente\nadottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare\nil divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato  conforme  ai\nrequisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal  momento\nin cui il divario in questione si e\u0027 verificato,  sia  ai  sensi  del\npresente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». \n    15.12 - Il meccanismo di governance si e\u0027 tradotto, tra  l\u0027altro,\nnelle seguenti previsioni (come  aggiornate  con  la  direttiva  (UE)\n2023/2413): \n        «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e\nsuccessivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica  alla\nCommissione un piano nazionale integrato per  l\u0027energia  e  il  clima\n[...]» (art. 3): \n        «Ciascuno Stato membro  definisce  nel  suo  piano  nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima i principali obiettivi,  traguardi\ne contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all\u0027allegato  I,\nsezione A, punto 2: \na) dimensione «decarbonizzazione»: \n[...] \n    2) per quanto riguarda l\u0027energia rinnovabile: \n        al fine di conseguire l\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione  per\nla quota di energia rinnovabile  per  il  2030  di  cui  all\u0027art.  3,\nparagrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001, un contributo in termini\ndi quota dello Stato membro  di  energia  da  fonti  rinnovabili  nel\nconsumo lordo di energia finale nel 2030; a  partire  dal  2021  tale\ncontributo segue  una  traiettoria  indicativa.  Entro  il  2022,  la\ntraiettoria indicativa raggiunge un  punto  di  riferimento  pari  ad\nalmeno il 18% dell\u0027aumento totale della quota  di  energia  da  fonti\nrinnovabili tra l\u0027obiettivo nazionale vincolante per  il  2020  dello\nStato membro interessato e  il  suo  contributo  all\u0027obiettivo  2030.\nEntro il 2025,  la  traiettoria  indicativa  raggiunge  un  punto  di\nriferimento pari ad almeno il 43 % dell\u0027aumento totale della quota di\nenergia da fonti rinnovabili tra l\u0027obiettivo nazionale vincolante per\nil  2020  dello  Stato  membro  interessato  e  il   suo   contributo\nall\u0027obiettivo  2030.  Entro  il  2027,  la   traiettoria   indicativa\nraggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 65 % dell\u0027aumento\ntotale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra  l\u0027obiettivo\nnazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e  il\nsuo contributo all\u0027obiettivo 2030. \n        Entro il 2030  la  traiettoria  indicativa  deve  raggiungere\nalmeno il contributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato membro\nprevede di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per  il\n2020, la sua traiettoria indicativa puo\u0027 iniziare al livello  che  si\naspetta di raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri,\nnel  loro  insieme,  concorrono  al  raggiungimento  dei   punti   di\nriferimento  dell\u0027Unione  nel  2022,  2025  e  2027  e  all\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione per la quota di  energia  rinnovabile  per  il\n2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)  2018/2001.\nIndipendentemente dal  suo  contributo  all\u0027obiettivo  dell\u0027Unione  e\ndalla sua traiettoria indicativa ai fini  del  presente  regolamento,\nuno Stato membro e\u0027 libero di stabilire obiettivi piu\u0027 ambiziosi  per\nfinalita\u0027 di politica nazionale» (art. 4); \n        «Nel proprio contributo alla  propria  quota  di  energia  da\nfonti rinnovabili nel consumo finale lordo  di  energia  del  2030  e\ndell\u0027ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi\ndi cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro  tiene\nconto degli elementi seguenti: \na) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; \nb)  misure  adottate  per  conseguire  il  traguardo  di   efficienza\nenergetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; \nc) altre misure esistenti volte a  promuovere  l\u0027energia  rinnovabile\nnello Stato membro e, ove pertinente, a livello di Unione; \nd)  l\u0027obiettivo  nazionale  vincolante  2020  di  energia  da   fonti\nrinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui all\u0027allegato I\ndella direttiva (EU) 2018/2001. \ne)  le  circostanze  pertinenti   che   incidono   sulla   diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile, quali: \ni) l\u0027equa distribuzione della diffusione nell\u0027Unione; \nii) le condizioni economiche e il potenziale,  compreso  il  PIL  pro\ncapite; \niii) il potenziale  per  una  diffusione  delle  energie  rinnovabili\nefficace sul piano dei costi; \niv) i vincoli geografici,  ambientali  e  naturali,  compresi  quelli\ndelle zone e regioni non interconnesse; \nv) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri; \nvi)  altre  circostanze  pertinenti,  in   particolare   gli   sforzi\npregressi. [...] \n    2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che la  somma  dei\nrispettivi  contributi  ammonti   almeno   all\u0027obiettivo   vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il  2030\ndi cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.\n5); \n    «Se  nel  settore  dell\u0027energia   rinnovabile,   in   base   alla\nvalutazione di cui all\u0027art. 29,  paragrafi  1  e  2,  la  Commissione\nconclude che uno  o  piu\u0027  punti  di  riferimento  della  traiettoria\nindicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027,  di  cui  all\u0027art.  29,\nparagrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,\n2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei  rispettivi  punti  di\nriferimento nazionali  di  cui  all\u0027art.  4,  lettera  a),  punto  2,\nprovvedono all\u0027attuazione di misure supplementari entro un  anno  dal\nricevimento della valutazione della Commissione, volte a  colmare  il\ndivario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: \n        a)  misure  nazionali  volte  ad  aumentare   la   diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile; \n        b) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti  rinnovabili\nnel settore del riscaldamento e raffreddamento di  cui  all\u0027art.  23,\nparagrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n        c) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti  rinnovabili\nnel settore dei trasporti di cui  all\u0027art.  25,  paragrafo  1,  della\ndirettiva (UE) 2018/2001; \n        d) un  pagamento  finanziario  volontario  al  meccanismo  di\nfinanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile  istituito  a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia  da\nfonti  rinnovabili  gestiti  direttamente  o   indirettamente   dalla\nCommissione, come indicato all\u0027art. 33; \n        e) l\u0027utilizzo dei meccanismi di cooperazione  previsti  dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001» (art. 32). \n    103. Il decreto legislativo n. 199/2021  costituisce  «Attuazione\ndella  direttiva  (UE)  2018/2001  del  Parlamento  europeo   e   del\nConsiglio,  dell\u002711  dicembre   2018,   sulla   promozione   dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili» e si pone (art. 1) «l\u0027obiettivo di\naccelerare il percorso di crescita  sostenibile  del  Paese,  recando\ndisposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in  coerenza\ncon gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico\nal 2030 e di completa  decarbonizzazione  al  2050»,  definendo  «gli\nstrumenti, i meccanismi, gli incentivi  e  il  quadro  istituzionale,\nfinanziario  e  giuridico,  necessari  per  il  raggiungimento  degli\nobiettivi di incremento della quota di energia da  fonti  rinnovabili\nal 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel  rispetto\ndei criteri fissati dalla legge  22  aprile  2021,  n.  53»,  recando\n«disposizioni necessarie  all\u0027  attuazione  delle  misure  del  Piano\nNazionale di Ripresa e Resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia\ndi energia da fonti rinnovabili,  conformemente  al  Piano  Nazionale\nIntegrato per l\u0027Energia e il Clima (di seguito anche: PNIEC), con  la\nfinalita\u0027 di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati,\ngia\u0027  orientati  all\u0027aggiornamento  degli  obiettivi   nazionali   da\nstabilire ai sensi del regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si\nprevede, per l\u0027Unione europea, un obiettivo vincolante  di  riduzione\ndelle emissioni di gas a effetto  serra  di  almeno  il  55  percento\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030». \n    15.13  -  Come  ripetutamente   rilevato   dalla   giurisprudenza\ncostituzionale (ex multis, sentenze n. 121 del 2022, n. 77 del  2022,\nn. 106 del 2020, n. 286 del 2019, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n.\n44 del 2011), la normativa eurounitaria (nonche\u0027 quella nazionale) e\u0027\nispirata  nel  suo  insieme  al  principio  fondamentale  di  massima\ndiffusione delle fonti di energia rinnovabili, che tra l\u0027altro «trova\nattuazione nella generale utilizzabilita\u0027  di  tutti  i  terreni  per\nl\u0027inserimento di tali impianti, con le eccezioni [...] ispirate  alla\ntutela di altri interessi costituzionalmente protetti» (Corte  cost.,\nsentenza n. 13 del 2014). \n    15.14 - La disciplina originariamente contenuta nell\u0027art. 20  del\ndecreto legislativo n. 199/2021,  relativa  all\u0027individuazione  delle\naree idonee e non idonee all\u0027installazione degli impianti  alimentati\nda fonti rinnovabili, non prevedeva alcuna preclusione indiscriminata\nrispetto all\u0027utilizzo di terreni classificati agricoli. \n    Il comma 3 del citato art. 20 stabilisce, in effetti, che  «nella\ndefinizione della disciplina inerente le aree idonee,  i  decreti  di\ncui al comma 1, tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio\nculturale e del paesaggio, delle aree  agricole  e  forestali,  della\nqualita\u0027 dell\u0027aria e dei corpi idrici,  privilegiando  l\u0027utilizzo  di\nsuperfici di  strutture  edificate,  quali  capannoni  industriali  e\nparcheggi, nonche\u0027 di aree a destinazione  industriale,  artigianale,\nper servizi e  logistica,  e  verificando  l\u0027idoneita\u0027  di  aree  non\nutilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici  agricole  non\nutilizzabili». Tale disposizione contempla indubbiamente  un\u0027esigenza\ndi tutela delle  aree  agricole,  ma  da  un  lato  non  pone  alcuna\npreclusione assoluta e, dall\u0027altro,  stabilisce  chiaramente  che  le\nsuperfici agricole non utilizzabile costituiscono, tra le altre, aree\nprivilegiate per l\u0027installazione degli impianti. \n    Il comma 7 prevede, a sua volta, che «Le aree non incluse tra  le\naree   idonee   non   possono   essere    dichiarate    non    idonee\nall\u0027installazione di impianti di produzione di  energia  rinnovabile,\nin sede di pianificazione territoriale ovvero nell\u0027ambito di  singoli\nprocedimenti, in ragione della sola  mancata  inclusione  nel  novero\ndelle aree idonee». \n    Il successivo comma 8, inoltre, nell\u0027individuare transitoriamente\nle aree idonee sino all\u0027entrata in vigore della  disciplina  prevista\ndal comma 1, vi include, «fatto salvo quanto  previsto  alle  lettere\na), b), c), c-bis) e c-ter), le aree  che  non  sono  ricomprese  nel\nperimetro  dei  beni  sottoposti  a  tutela  ai  sensi  del   decreto\nlegislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone  gravate  da  usi\ncivici di cui  all\u0027art.  142,  comma  1,  lettera  h),  del  medesimo\ndecreto, ne\u0027 ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti  a\ntutela ai sensi della parte seconda oppure dell\u0027art. 136 del medesimo\ndecreto legislativo». \n    15.15 - Il nuovo comma 1-bis dell\u0027art. 20 del decreto legislativo\nn. 199/2021, come introdotto dall\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024\n(decreto  legge  Agricoltura),  stravolge   completamente   l\u0027assetto\nprevigente,   prevedendo   che   «L\u0027installazione   degli    impianti\nfotovoltaici con moduli  collocati  a  terra,  in  zone  classificate\nagricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita  esclusivamente\nnelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi  per\nmodifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli\nimpianti gia\u0027 installati, a condizione che non comportino  incremento\ndell\u0027area occupata, c), incluse le cave gia\u0027  oggetto  di  ripristino\nambientale e quelle con piano di coltivazione  terminato  ancora  non\nripristinate, nonche\u0027 le discariche o i  lotti  di  discarica  chiusi\novvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter, numeri 2)  e  3),  del\ncomma 8 del presente articolo. Il primo periodo non  si  applica  nel\ncaso di progetti  che  prevedano  impianti  fotovoltaici  con  moduli\ncollocati a terra finalizzati  alla  costituzione  di  una  comunita\u0027\nenergetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art.  31  del  presente  decreto\nnonche\u0027  in  caso  di  progetti  attuativi  delle  altre  misure   di\ninvestimento del Piano Nazionale  di  Ripresa  e  Resilienza  (PNRR),\napprovato con decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come\nmodificato con decisione del Consiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e\ndel Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR  (PNC)\ndi  cui  all\u0027art.  1  del  decreto-  legge  6  maggio  2021,  n.  59,\nconvertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio  2021,  n.  101,\novvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del\nPNRR». \n    Sulla base di tale assetto normativo, introdotto dall\u0027art. 5  del\ndecreto-legge  n.  63/2024,  gli  impianti  fotovoltaici  con  moduli\ncollocati a terra possono essere realizzati soltanto: \n        a) nei siti ove sono gia\u0027 installati  impianti  della  stessa\nfonte,  nei  limiti  degli  interventi  di   modifica,   rifacimento,\npotenziamento o ricostruzione, senza incremento dell\u0027area occupata; \n        b)  presso  cave  e  miniere  cessate,   non   recuperate   o\nabbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le  porzioni  di\ncave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; \n        c) presso i siti e gli impianti  nelle  disponibilita\u0027  delle\nsocieta\u0027 del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e  dei  gestori  di\ninfrastrutture  ferroviarie  nonche\u0027  delle  societa\u0027  concessionarie\nautostradali; \n        d) presso i siti e gli impianti  nella  disponibilita\u0027  delle\nsocieta\u0027   di   gestione   aeroportuale   all\u0027interno   dei    sedimi\naeroportuale; \n        e) nelle  aree  interne  agli  impianti  industriali  e  agli\nstabilimenti e  in  quelle  classificate  agricole  racchiuse  in  un\nperimetro i cui punti distino non piu\u0027  di  500  metri  dal  medesimo\nimpianto o stabilimento; \n        f) nelle aree adiacenti  alla  rete  autostradale  entro  una\ndistanza non superiore a 300 metri. \n    Dalla richiamata elencazione  si  desume  che,  in  sostanza,  la\ngeneralita\u0027 dei terreni classificati agricoli (circa la  meta\u0027  della\nsuperficie  del  Paese)  e\u0027  preclusa  a  qualsiasi   intervento   di\ninstallazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati  a  terra\nche non consista  nel  mero  rifacimento/modifica/ricostruzione,  con\nconseguente preclusione all\u0027utilizzo di nuovo terreno agricolo. \n    Il divieto non si estende - per espressa  previsione  -  ai  soli\nprogetti attuativi di misure finanziate con il PNRR  o  il  PNC,  che\ntuttavia non comprendono tutti i progetti necessari al raggiungimento\ndei target previsti dal PNIEC, che e\u0027  lo  strumento  previsto  dalla\nnormativa  eurounitaria  per  conseguire  gli  obiettivi   vincolanti\ndell\u0027Unione per la quota di energia rinnovabile. \n    Gia\u0027 tale circostanza evidenzia che un divieto  di  tale  portata\nrischia di mettere seriamente a  rischio  il  conseguimento  di  tali\nobiettivi, nella  misura  in  cui  sottrae  una  larga  porzione  del\nterritorio a ogni possibile utilizzo  della  tecnologia  fotovoltaica\nsenza  che  ne  siano  prevedibili  gli  effetti   in   ordine   alla\npossibilita\u0027 di rispettare le traiettorie stabilite  in  merito  alla\nquota di energia da fonti rinnovabili. \n    Tenuto conto dello stato di attuazione della  disciplina  di  cui\nall\u0027art. 20, comma 1, decreto legislativo n. 199/2021, nonche\u0027  degli\nampi margini di flessibilita\u0027 che il decreto  ministeriale  21.6.2024\nlascia alle regioni  per  l\u0027individuazione  delle  aree  non  idonee,\nl\u0027impatto di tale divieto e\u0027 del tutto incerto e, in  ogni  caso,  si\nrisolve in un severo limite all\u0027individuazione delle zone disponibili\nper l\u0027installazione degli impianti che, a termini  dell\u0027art.  15-ter,\npar. 1, secondo  periodo,  della  direttiva  (UE)  2018/2001,  devono\nessere commisurate «alle traiettorie stimate e  alla  potenza  totale\ninstallata pianificata delle tecnologie per  le  energie  rinnovabili\nstabilite nei piani nazionali per l\u0027energia e il clima  presentati  a\nnorma degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999». \n    15.16 - Peraltro, si e\u0027 gia\u0027 visto che, in forza dell\u0027art. 32 del\nregolamento (UE) 2018/1999, se la Commissione conclude che uno o piu\u0027\npunti di riferimento della traiettoria  indicativa  unionale  per  il\n2022, 2025 e 2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che  nel\n2022, 2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti\ndi riferimento nazionali possono essere tenuti all\u0027adozione di misure\nsupplementari, ivi incluso un  pagamento  finanziario  volontario  al\nmeccanismo di finanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile\nistituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di\nenergia da fonti rinnovabili gestiti  direttamente  o  indirettamente\ndalla Commissione. \n    La sottrazione  indiscriminata  di  larga  parte  del  territorio\nnazionale  all\u0027utilizzo  della  tecnologia   fotovoltaica   potrebbe,\npertanto, implicare l\u0027obbligo di adottare misure  supplementari,  con\nimpatti anche sulle finanze pubbliche, ove ostacoli il raggiungimento\ndegli obiettivi. \n    15.17  -  La  preclusione  generalizzata   all\u0027installazione   di\nimpianti fotovoltaici con moduli collocati  a  terra  sembra  inoltre\ncontrastare con il principio per cui,  nell\u0027ambito  del  processo  di\nindividuazione delle  zone  necessarie  per  i  contributi  nazionali\nall\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile  per  il\n2030 ai sensi del paragrafo 1 dell\u0027art. 15-ter della  direttiva  (UE)\n2018/2001, «Gli Stati membri favoriscono l\u0027uso polivalente delle zone\ndi cui al paragrafo 1. I progetti in materia di  energia  rinnovabile\nsono compatibili con gli usi preesistenti di tali zone» (art. 15-ter,\npar. 3). \n    Come gia\u0027 rilevato, il considerando (27) della direttiva  precisa\nche «Gli Stati membri dovrebbero  esplorare,  consentire  e  favorire\nl\u0027uso polivalente delle zone individuate a seguito  delle  misure  di\npianificazione territoriali adottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile  che\ngli Stati membri agevolino, ove necessario,  i  cambiamenti  nell\u0027uso\ndel suolo e del  mare,  purche\u0027  i  diversi  usi  e  attivita\u0027  siano\ncompatibili tra di loro e possano coesistere». \n    Il divieto  introdotto  dall\u0027art.  5  del  del  decreto-legge  n.\n63/2024 istituisce, invece, un insanabile  conflitto  tra  l\u0027utilizzo\ndella tecnologia fotovoltaica con moduli collocati a  terra  e  l\u0027uso\ndel suolo a fini agricoli che, tuttavia,  non  sussiste  (o  sussiste\nsolo in parte) quantomeno per la tecnologia agrivoltaica  (anche  non\navanzata). \n    15.18 - Nella misura in cui  puo\u0027  ostacolare  il  raggiungimento\ndegli obiettivi di potenza installata delle tecnologie per le energie\nrinnovabili, il divieto in questione  presenta  inoltre,  profili  di\ncriticita\u0027 rispetto alla  strategia  di  adattamento  ai  cambiamenti\nclimatici dell\u0027Unione. \n    Come  precedentemente  ricordato,  ai  sensi  dell\u0027art.   5   del\nregolamento (UE) 2021/1119, «Le istituzioni competenti dell\u0027Unione  e\ngli Stati membri assicurano il costante progresso  nel  miglioramento\ndella capacita\u0027 di adattamento, nel rafforzamento della resilienza  e\nnella riduzione della  vulnerabilita\u0027  ai  cambiamenti  climatici  in\nconformita\u0027 dell\u0027art.  7  dell\u0027accordo  di  Parigi».  Essi,  inoltre,\n«garantiscono [...]  che  le  politiche  in  materia  di  adattamento\nnell\u0027Unione e  negli  Stati  membri  siano  coerenti,  si  sostengano\nreciprocamente, comportino  benefici  collaterali  per  le  politiche\nsettoriali e si  adoperino  per  integrare  meglio  l\u0027adattamento  ai\ncambiamenti climatici in tutti i settori di intervento,  comprese  le\npertinenti politiche e azioni in ambito socioeconomico e  ambientale,\nse del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna dell\u0027Unione». \n    15.19  -  Come  precisato   dalla   Commissione   europea   nella\nComunicazione COM (2021) 82 final sulla nuova Strategia  dell\u0027UE  per\nl\u0027adattamento ai cambiamenti climatici, \"Il Green  Deal  europeo,  la\nstrategia di crescita dell\u0027UE per  un  futuro  sostenibile,  si  basa\nsulla consapevolezza che la trasformazione verde e\u0027 un\u0027opportunita\u0027 e\nche la mancata azione ha un costo enorme. Con esso l\u0027UE  ha  mostrato\nla  propria  leadership  per  scongiurare  lo  scenario  peggiore   -\nimpegnandosi a raggiungere la neutralita\u0027 climatica - e prepararsi al\nmeglio - puntando ad azioni di  adattamento  piu\u0027  ambiziose  che  si\nfondano sulla strategia dell\u0027UE di adattamento del 2013. La visione a\nlungo termine prevede che nel 2050 l\u0027UE sara\u0027 una societa\u0027 resiliente\nai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti\ndei cambiamenti climatici. Cio\u0027 significa che entro il 2050, anno  in\ncui l\u0027Unione aspira  ad  aver  raggiunto  la  neutralita\u0027  climatica,\navremo rafforzato la capacita\u0027 di adattamento e ridotto al minimo  la\nvulnerabilita\u0027 agli effetti dei cambiamenti climatici, in  linea  con\nl\u0027accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima\". Il\nraggiungimento dei target  di  potenza  installata  delle  tecnologie\nrinnovabili  costituisce,  all\u0027evidenza,  un  elemento  centrale  per\nconseguire nel lungo termine l\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica,\nche potrebbe essere posto seriamente a  rischio  da  una  disciplina,\ncome quella censurata, che vieta sul tutto il territorio nazionale la\ntecnologia fotovoltaica con pannelli collocati a  terra  su  tutti  i\nterreni classificati agricoli, corrispondenti a oltre la meta\u0027  della\nsuperficie nazionale. \n    15.20 - Il divieto sembra anche contrastare con il  principio  di\nintegrazione  di  cui  all\u0027art.   11   Trattato   sul   funzionamento\ndell\u0027Unione europea e all\u0027art. 37 della Carta di Nizza,  secondo  cui\n«Le esigenze connesse  con  la  tutela  dell\u0027ambiente  devono  essere\nintegrate nella  definizione  e  nell\u0027attuazione  delle  politiche  e\nazioni dell\u0027Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo\nsviluppo sostenibile». \n    L\u0027integrazione ambientale in tutti i settori politici  pertinenti\n(agricoltura,  energia,  pesca,  trasporti,  ecc.)  e\u0027  funzionale  a\nridurre le pressioni sull\u0027ambiente derivanti dalle politiche e  dalle\nattivita\u0027 di altri settori e per raggiungere gli obiettivi ambientali\ne climatici. \n    Il divieto introdotto dall\u0027art. 5 del decreto-legge  n.  63/2024,\nnel contesto di una disciplina di  attuazione  della  direttiva  (UE)\n2018/2001 sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili\nquale obiettivo della politica energetica  dell\u0027Unione,  solleva  sul\npunto notevoli perplessita\u0027: \n        da  un  lato,  infatti,  si  inserisce  nel  complesso  delle\nprevisioni dell\u0027art. 20 del decreto  legislativo  n.  199/2021  quale\ncorpo tendenzialmente estraneo, tant\u0027e\u0027 che  le  relative  previsioni\nnon  risultano  neppure  adeguatamente  coordinate   con   il   resto\ndell\u0027articolato (v., ad esempio, il comma 3  del  medesimo  art.  20,\nladdove prevede che i decreti di cui  al  comma  1  verifichino,  tra\nl\u0027altro, «l\u0027idoneita\u0027 di aree non utilizzabili per altri  scopi,  ivi\nincluse le superfici agricole non utilizzabili»); \n        dall\u0027altro lato, la norma  non  istituisce  alcuna  forma  di\npossibile   bilanciamento   tra   i   valori   in   gioco,   sancendo\nun\u0027indefettibile prevalenza dell\u0027interesse alla  conservazione  dello\nstato dei luoghi  dei  terreni  classificati  agricoli  senza  alcuna\nconsiderazione    finanche    della    loro    possibile,    concreta\nutilizzabilita\u0027 a fini agricoli, in  contrasto  con  l\u0027obiettivo  del\ndecreto stesso di promuovere l\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili. \n    15.21 -  Da  quanto  precede  risulta  anche  che  la  disciplina\ncensurata  confligge  con  il  principio  di  proporzionalita\u0027,   con\nviolazione anche dell\u0027art. 3 Cost. \n    Come la Corte di giustizia ha piu\u0027 volte ribadito, «il  principio\ndi proporzionalita\u0027 e\u0027 un principio generale del diritto  comunitario\nche dev\u0027essere rispettato tanto dal  legislatore  comunitario  quanto\ndai legislatori e dai giudici nazionali» (sentenza  11  giugno  2009,\nC-170/08, 41). \n    Il sindacato di proporzionalita\u0027 costituisce, inoltre, un aspetto\ndel  controllo  di  ragionevolezza   delle   leggi   condotto   dalla\ngiurisprudenza costituzionale, onde verificare che  il  bilanciamento\ndegli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato\ncon modalita\u0027 tali da determinare il sacrificio o la compressione  di\nuno di essi in misura  eccessiva  e  pertanto  incompatibile  con  il\ndettato costituzionale. \n    Come la stessa Corte ha precisato, «Tale giudizio deve  svolgersi\n«attraverso ponderazioni relative  alla  proporzionalita\u0027  dei  mezzi\nprescelti dal legislatore nella  sua  insindacabile  discrezionalita\u0027\nrispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle  finalita\u0027  che\nintende  perseguire,  tenuto  conto   delle   circostanze   e   delle\nlimitazioni concretamente sussistenti» (sentenza n. 1130  del  1988).\nIl test di proporzionalita\u0027 utilizzato da questa Corte come da  molte\ndelle giurisdizioni costituzionali europee, spesso insieme con quello\ndi ragionevolezza, ed essenziale strumento della Corte  di  giustizia\ndell\u0027Unione europea per il controllo giurisdizionale di  legittimita\u0027\ndegli atti dell\u0027Unione e degli Stati membri, richiede di valutare  se\nla norma oggetto di scrutinio,  con  la  misura  e  le  modalita\u0027  di\napplicazione stabilite, sia necessaria e idonea al  conseguimento  di\nobiettivi legittimamente  perseguiti,  in  quanto,  tra  piu\u0027  misure\nappropriate,  prescriva  quella  meno  restrittiva  dei   diritti   a\nconfronto  e  stabilisca  oneri  non   sproporzionati   rispetto   al\nperseguimento di detti obiettivi» (Corte cost.,  sentenza  n.  1  del\n2014). \n    15.22 - Innanzitutto, la misura censurata consiste in un  divieto\ngeneralizzato  e  assoluto  all\u0027utilizzo,  su  un\u0027ampia   parte   del\nterritorio  nazionale,  di  una  determinata   tecnologia   a   fonti\nrinnovabili. Si tratta di una soluzione del tutto diversa rispetto  a\nquella adottata in funzione di tutela di tutti gli altri  valori  che\nentrano in bilanciamento con il principio di massima diffusione delle\nfonti  rinnovabili:  le  esigenze  di  tutela  dell\u0027ambiente,   della\nbiodiversita\u0027, dei beni culturali e  del  paesaggio  passa,  infatti,\nattraverso  l\u0027individuazione  di  aree  non  idonee  che,   come   in\nprecedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi\u0027  zone  in\ncui, in ragione delle esigenze di protezione in  concreto  esistenti,\ne\u0027 altamente  verosimile  un  esito  negativo  della  valutazione  di\ncompatibilita\u0027 dei progetti. \n    Cio\u0027, peraltro, non osta  alla  possibilita\u0027  di  verificare,  in\nconcreto  e  nell\u0027ambito  dei  singoli  procedimenti   autorizzativi,\neventuali margini di compatibilita\u0027 degli interventi proposti. \n    L\u0027art. 5 del decreto-legge n.  63/2024  stabilisce,  invece,  una\nprevalenza   assoluta   e    incondizionata    dell\u0027interesse    alla\nconservazione dei suoli classificati agricoli, valutata in astratto e\na monte dal legislatore e che non consente la pur minima possibilita\u0027\ndi contemperamento con gli altri interessi in gioco, anche di rilievo\ncostituzionale. \n    Sotto  tale  profilo,  occorre  rilevare,  in  disparte  i   gia\u0027\nevidenziati profili di contrasto con  il  diritto  unionale,  che  ai\nsensi  dell\u0027art.  9  Cost.  la  Repubblica  tutela   l\u0027ambiente,   la\nbiodiversita\u0027 e gli ecosistemi  «anche  nell\u0027interesse  delle  future\ngenerazioni»,  con  cio\u0027  incorporando  il  principio   di   sviluppo\nsostenibile nell\u0027ambito  dei  principi  fondamentali  in  materia  di\ntutela ambientale. \n    L\u0027incondizionato sacrificio di tale principio, quale  sotteso  al\ndivieto in esame, contrasta, pertanto, con l\u0027art.  3  Cost.,  nonche\u0027\ncon  l\u0027art.  9   citato   e   con   la   consolidata   giurisprudenza\ncostituzionale secondo cui «Tutti  i  diritti  fondamentali  tutelati\ndalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e\nnon e\u0027 possibile pertanto  individuare  uno  di  essi  che  abbia  la\nprevalenza  assoluta  sugli  altri.  La  tutela  deve  essere  sempre\n«sistemica e non frazionata in una serie di norme non  coordinate  ed\nin potenziale conflitto tra loro» (sentenza  n.  264  del  2012).  Se\ncosi\u0027 non fosse, si verificherebbe l\u0027illimitata espansione di uno dei\ndiritti,  che  diverrebbe  «tiranno»  nei   confronti   delle   altre\nsituazioni  giuridiche  costituzionalmente  riconosciute  e  protette\n[...].  La  Costituzione  italiana,  come   le   altre   Costituzioni\ndemocratiche e  pluraliste  contemporanee,  richiede  un  continuo  e\nvicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali,  senza\npretese di assolutezza  per  nessuno  di  essi.  [...]  Il  punto  di\nequilibrio, proprio perche\u0027 dinamico e non  prefissato  in  anticipo,\ndeve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle  norme\ne dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo  criteri  di\nproporzionalita\u0027 e di  ragionevolezza,  tali  da  non  consentire  un\nsacrificio del loro nucleo essenziale» (Corte cost., sentenza  n.  85\ndel 2013). \n    15.23 - Sotto altro  profilo,  il  divieto  cosi\u0027  introdotto  e\u0027\noperativo  sulla  base  della  mera  classificazione  dell\u0027area  come\nagricola secondo i piani  urbanistici,  senza  che  alcuna  rilevanza\nassumano il suo concreto utilizzo o la  sua  utilizzabilita\u0027  a  tali\nfini. Anche per tale riguardo la disposizione si mostra irragionevole\ne sproporzionata, in quanto la dichiarata finalita\u0027 di contrastare il\nconsumo di suolo agricolo non e\u0027 riscontrabile (o quantomeno non  nei\ntermini incondizionati e assoluti previsti dalla norma) in  relazione\nalle superfici agricole non utilizzabili o degradate. \n    Manca, inoltre,  qualsivoglia  considerazione  della  qualita\u0027  e\ndell\u0027importanza delle colture. \n    In  raffronto,  le  attuali  linee  guida  di  cui   al   decreto\nministeriale 10 settembre 2010 prevedono che: \n        le zone classificate agricole dai vigenti  piani  urbanistici\nnon possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; \n        l\u0027individuazione delle aree e dei siti non  idonei  non  puo\u0027\nriguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente\nsoggette a tutela  dell\u0027ambiente,  del  paesaggio  e  del  patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027  tradursi  nell\u0027identificazione  di  fasce  di\nrispetto di dimensioni non  giustificate  da  specifiche  e  motivate\nesigenze  di  tutela.  La  tutela  di  tali  interessi   e\u0027   infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore  ed  affidate\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche,  alle\nRegioni, agli enti  locali  ed  alle  autonomie  funzionali  all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno  del  procedimento\nunico e della procedura di valutazione  dell\u0027impatto  ambientale  nei\ncasi previsti; \n        le regioni possono procedere ad indicare come aree e siti non\nidonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree\nparticolarmente  sensibili  e/o   vulnerabili   alle   trasformazioni\nterritoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da\nproduzioni agricolo-alimentari di  qualita\u0027  (produzioni  biologiche,\nproduzioni  D.O.P.,  I.G.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,  produzioni\ntradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto   al   contesto\npaesaggistico-culturale, anche con riferimento alle aree, se previste\ndalla  programmazione   regionale,   caratterizzate   da   un\u0027elevata\ncapacita\u0027 d\u0027uso del suolo. \n\n    Una siffatta, contestualizzata disciplina risulta  conforme  alle\nindicazioni emergenti in sede europea,  per  cui  «Gli  Stati  membri\ndovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui\nnon  puo\u0027  essere  sviluppata   l\u0027energia   rinnovabile   (\"zone   di\nesclusione\").  Essi  dovrebbero   fornire   informazioni   chiare   e\ntrasparenti,  corredate  di  una  giustificazione   motivata,   sulle\nrestrizioni  dovute  alla  distanza  dagli  abitati  e   dalle   zone\ndell\u0027aeronautica militare o civile. Le restrizioni dovrebbero  essere\nbasate su dati concreti e concepite in modo da rispondere allo  scopo\nperseguito massimizzando la disponibilita\u0027 di spazio per lo  sviluppo\ndei progetti di energia rinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli\ndi  pianificazione  territoriale»  (cfr.  la   Raccomandazione   (UE)\n2024/1343 della Commissione del  13.5.2024  sull\u0027accelerazione  delle\nprocedure autorizzative  per  l\u0027energia  da  fonti  rinnovabili  e  i\nprogetti infrastrutturali correlati). \n    La disciplina posta dall\u0027art. 5 del decreto-legge n.  63/2024  si\ntraduce,  invece,  nell\u0027esatto  opposto,  ponendo  un   divieto   che\nmassimizza le zone di esclusione, non  fondato  su  dati  concreti  e\ncertamente   non   rispondente   all\u0027obietto   di   massimizzare   la\ndisponibilita\u0027 di spazio per lo  sviluppo  dei  progetti  di  energia\nrinnovabile. \n    16 - I rilevati profili di  incostituzionalita\u0027  vanno  del  pari\nriferiti all\u0027art. 5, comma 2, del decreto-legge n.  63/2024,  laddove\npone una disciplina di  salvaguardia  che  ha  quale  presupposto  il\ndivieto di cui al  comma  1,  nonche\u0027  all\u0027art.  2,  comma  2,  primo\nperiodo,  del  decreto  legislativo  25.11.2024,  n.   190,   recante\nDisciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia  da\nfonti rinnovabili», ove prevede che «Gli interventi di  cui  all\u0027art.\n1, comma 1, sono considerati di pubblica  utilita\u0027,  indifferibili  e\nurgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate  agricole\ndai vigenti  piani  urbanistici,  nel  rispetto  di  quanto  previsto\nall\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n.\n199». \n    Tale disposizione, infatti, riproduce il divieto di cui al citato\ncomma 1-bis dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021. \n    17 - Questioni da sottoporre alla Corte costituzionale. \n    17.1 - In ragione di tutto  quanto  sopra,  sono  rilevanti  (per\nquanto  illustrato  al  punto  13  della  presente  sentenza)  e  non\nmanifestamente infondate (secondo quanto evidenziato al punto 15)  le\nquestioni di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 5, commi  1  e  2,\ndel decreto-legge n. 63/2024, convertito,  con  modificazioni,  dalla\nlegge n. 101/2024, nonche\u0027 dell\u0027art. 2, comma 2, primo  periodo,  del\ndecreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190,  per  violazione  degli\narticoli 3, 9, 11 e 117,  comma  1,  Cost.,  anche  in  relazione  ai\nprincipi espressi dalla direttiva (UE) 2018/2001  e  dal  regolamento\n(UE) 2018/1999,  come  modificati  dalla  direttiva  (UE)  2023/2413,\nnonche\u0027 dal regolamento (UE) 2021/1119. \n    17.2 - Le predette questioni vengono sollevate  con  la  presente\nsentenza non definitiva, anziche\u0027 con  ordinanza,  in  ragione  della\nstretta connessione delle statuizioni che definiscono parzialmente in\ngiudizio con i profili oggetto di rimessione, nonche\u0027 in  conformita\u0027\nalla giurisprudenza costituzionale secondo la  quale  «Alla  sentenza\nnon definitiva puo\u0027 essere [...] riconosciuto, sul piano sostanziale,\nil carattere dell\u0027ordinanza di rimessione, sempre che  il  giudice  a\nquo - come nel caso in esame  -  abbia  disposto,  in  conformita\u0027  a\nquanto previsto dall\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme\nsulla costituzione e sul funzionamento della  Corte  costituzionale),\nla sospensione del procedimento  principale  e  la  trasmissione  del\nfascicolo alla cancelleria di questa Corte,  dopo  aver  valutato  la\nrilevanza e la non manifesta infondatezza della questione (in  questi\ntermini, tra le altre, sentenze n. 112 del 2021 e n. 153  del  2020)»\n(Corte cost., sentenza n. 218/2021). \n    18 - Conclusioni. \n    18.1 - In conclusione, il  Collegio,  in  ordine  al  ricorso  in\nesame, cosi\u0027 statuisce: \n        dichiara il ricorso inammissibile, per  carenza  d\u0027interesse,\nin relazione ai motivi da I a II.3; \n        rigetta il ricorso quanto ai motivi III.1 e III.2; \n        dichiara   manifestamente   infondata   la    questione    di\ncostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024,\nconvertito,  con  modificazioni,  dalla  legge   n.   101/2024,   per\nviolazione dell\u0027art. 77 Cost.; \n        dichiara  rilevanti  e  non   manifestamente   infondate   le\nquestioni  di  costituzionalita\u0027  dell\u0027art.  5,  comma  1  e  2,  del\ndecreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla  legge\nn. 101/2024, nonche\u0027 dell\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto\nlegislativo n. 190/2024, per violazione degli articoli  3,  9,  11  e\n117, comma 1, Cost., anche in relazione ai  principi  espressi  dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001  e  dal  regolamento  (UE)  2018/1999,  come\nmodificati dalla direttiva (UE) 2023/2413,  nonche\u0027  dal  regolamento\n(UE) 2021/1119. Il giudizio va quindi sospeso per  le  determinazioni\nconseguenti alla definizione dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027. \n    19 - Sospende il giudizio in attesa della pronuncia  della  Corte\ncostituzionale. \n    20 - Rinvia il regolamento delle  spese  di  lite  all\u0027esito  del\ngiudizio. \n\n \n                              P. Q. M. \n \n    Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio Roma - Sezione\nTerza parzialmente e non definitivamente  pronunciando  sul  ricorso,\ncome in epigrafe proposto, cosi\u0027 dispone: \n        a) lo dichiara inammissibile, per carenza d\u0027interesse, quanto\nai motivi da I a II.3; \n        b) lo rigetta, nei sensi di cui  in  motivazione,  quanto  ai\nmotivi III.1 e III.2; \n        c)  dichiara  manifestamente  infondata   la   questione   di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 5, comma 1,  del  decreto-legge\nn. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  101/2024,\nper violazione dell\u0027art. 77 Cost.; \n        d) dichiara rilevanti e  non  manifestamente  infondate,  nei\ntermini  espressi  in  motivazione,  le  questioni  di   legittimita\u0027\ncostituzionale del richiamato art. 5, commi 1 e 2, del  decreto-legge\nn. 63/2024, nonche\u0027 dell\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, del  decreto\nlegislativo n. 190/2024, per violazione degli articoli  3,  9,  11  e\n117, comma 1, Cost., anche in relazione ai  principi  espressi  dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001  e  dal  regolamento  (UE)  2018/1999,  come\nmodificati dalla direttiva (UE) 2023/2413,  nonche\u0027  dal  regolamento\n(UE) 2021/1119; \n        e) sospende il giudizio  per  le  determinazioni  conseguenti\nalla definizione dell\u0027incidente  di  costituzionalita\u0027  e,  ai  sensi\ndell\u0027art. 23 della legge 11.3.1953, n. 87,  dispone  la  trasmissione\ndegli atti alla Corte costituzionale; \n        f) dispone la  comunicazione  della  presente  sentenza  alle\nparti in causa,  nonche\u0027  la  sua  notificazione  al  Presidente  del\nConsiglio dei ministri, al Presidente del Senato della  Repubblica  e\nal Presidente della Camera dei deputati; \n        g) rinvia ogni ulteriore statuizione all\u0027esito  del  giudizio\nincidentale promosso con la presente sentenza. \n    Ordina che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall\u0027autorita\u0027\namministrativa. \n        Cosi\u0027 deciso in Roma nella Camera di consiglio del  giorno  5\nfebbraio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n          Elena Stanizzi, Presidente, estensore; \n          Luca Biffaro, referendario; \n          Marco Savi, referendario. \n \n                 Il Presidente, estensore: Stanizzi","elencoNorme":[{"id":"63134","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dl","denominaz_legge":"decreto-legge","data_legge":"15/05/2024","data_nir":"2024-05-15","numero_legge":"63","descrizionenesso":"convertito con modificazioni 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